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VERDINI: PAROLE AUTOLESIONISTICHE

Pubblicato il 4 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Lo scontro tra il governo e i suoi affossatori ha fatto registrare ieri un episodio che non esitiamo a deplorare. Uno dei coordinatori del PDL, Denis Verdini, forse  (e sarebbe l’unica sua scusante) provocato dalla arrogante dichiarazione di Fini che dopo aver sostenuto la “fine del governo” si è anche avventurato a dichiarare con la spocchia che lo contraddistingue che comunque “non si  vota perchè il Capo dello Stato sa quel che deve fare”. Una dichiarazione che forse (e, ripetiamo, sarebbe unica scusante ) Verdini  ha letto come una sorta di intesa già sottoscritta tra Napolitano e Fini per cui il Quirinale in virtù delle sue prerogative costituzionali si avvierebbe a favorire un governo affidato ai “traditori e ai perdenti”.  Non è così ed infatti il Capo dello Stato ha diffuso una nota con cui rivendica le sue prerogative ma chiaramente si sottrae ad una sorta di “padrinato” che Fini pare voglia esercitare su di lui. Prima che il comunicato del Qurinale fosse noto Vedini ha manifestato una insofferenza rispetto alla ipotesi di un accordo sottobanco di Napolitano con Fini e l’ha esplicitata con frasi francamente sopra le righe la cui gravità non è venuta meno dopo la frettolosa retromarcia dello stesso Verdini.  Peccato. In queste ore bisogna mantenere la calma ed evitare che traditori e perdenti possano ritrovarsi nel loro arco frecce offerte dallo stesso asse governativo, raccogliendo le provocazioni di chi sta usando l’attacco per difendersi. Lo scrive oggi sul Corriere della Sera uno dei più lucidi commentatori della politica italiana, Massimo Franco, in nota che pubblichiamo di seguito. Comunque,  occorre calma e sangue freddo. g.

L’articolo di Massimo FRANCO

L’episodio di ieri sera lascia intravedere quali pressioni è destinato a subire il Quirinale, fino al rischio di scontro.

E’ stupefacente il modo rozzo e autolesionistico col quale uno dei coordinatori del Pdl ha ritenuto di rivolgersi al Quirinale. Una frase da comizio, che aveva preceduto una nota con la quale Giorgio Napolitano si era limitato a far sapere ufficiosamente che «nessuna presa di posizione di qualsiasi parte» poteva oscurare le sue prerogative: poche parole interpretate come un altolà a chi dà per scontato il voto anticipato; ma anche a Fini, che ieri ha attribuito al capo dello Stato l’intenzione di formare un altro governo se cade quello di Berlusconi. Lo stentoreo «ce ne freghiamo delle prerogative» del Quirinale, gridato ieri sera da Denis Verdini, non è soltanto un atto di volgarità istituzionale: è un autogol politico per il governo, che sembra Berlusconi abbia subìto, perché si dice non ne sapesse nulla. Il coordinatore del Pdl ha trasformato un possibile vantaggio rispetto a Fini in un danno, insultando un Napolitano che ha sempre mostrato rare doti di equilibrio. Ed ha rivelato la tentazione di una parte del Pdl di arrivare anche allo scontro col Quirinale pur di avere le elezioni. Per un «terzo polo» che procede verso la resa dei conti contro Berlusconi quasi a tappe forzate, si tratta di un aiuto insperato. Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini sono decisi a picconare il presidente del Consiglio nella speranza vana di indurlo alle dimissioni prima del 14 dicembre. La mozione di sfiducia con 85 firme, depositata ieri, dovrebbe preannunciare la crisi di governo.

Ma l’episodio di ieri sera lascia intravedere quali pressioni è destinato a subire il Quirinale. Fini ieri ha sostenuto che «il capo dello Stato sa cosa deve fare nel rispetto della Costituzione». Ed ha escluso il voto anticipato, facendo insorgere il resto del centrodestra e creando malumori anche al Quirinale. Per il Pdl era una scorrettezza istituzionale che richiedeva l’intervento di Napolitano. Il problema è che quando il Colle si è mosso, qualcuno nel Pdl già aveva reagito attaccandolo: quasi un’anticipazione dello sfondo di veleni sul quale Napolitano sarà presto chiamato a svolgere il suo ruolo cruciale di arbitro.

Il «terzo polo» e il centrosinistra insistono sulla possibilità di allargare la maggioranza dopo la crisi. Il fronte berlusconiano contempla le urne. Fra questi due estremi c’è una terra di nessuno che il capo dello Stato sarà costretto a percorrere armato solo della bussola della Costituzione. Il problema è che ognuno la vuole piegare ai propri obiettivi. E, se li manca, rischia di cedere alla tentazione di scaricare il proprio fallimento sul Quirinale. Berlusconi cerca di esorcizzare la seduta del Parlamento del 14 dicembre, definendo la mozione di Udc, Fli e Api «una bufala»; e i 317 voti teorici contro il governo una massa destinata a frantumarsi. Casini gli risponde con durezza, invitandolo a «prendersela con se stesso per avere dilapidato la più grande maggioranza del dopoguerra».

Ma perfino l’ideologo di Farefuturo, Alessandro Campi, avverte che «una maggioranza parlamentare antiberlusconiana ed un governo tecnico sarebbero un regalo al premier ed un obbrobrio politico-istituzionale». Sono segnali di perplessità, che, almeno in apparenza, non affiorano nell’«asse del Nord»: almeno non ancora. Casini e Fini si rendono conto che l’idea di essere usati dalla sinistra per abbattere il governo può danneggiarli. E replicano di volere solo «un vero centrodestra. La premessa comune è che l’era berlusconiana si è esaurita. E dietro le loro manovre ed i loro ultimatum si indovina un calcolo azzardato: sperano che se si dovesse aprire davvero la crisi, il Pdl si squagli e la Lega si smarchi. Per il momento gli indizi sono a dir poco labili, sotto traccia: al punto da fare apparire l’offensiva una corazza che nasconde molte inquietudini. Probabilmente una fase è finita davvero, ma la fretta di archiviarla può in realtà prolungarla in maniera imprevedibile: nonostante il contributo maldestro di alcuni berlusconiani. Massimo FRANCO, Il Corriere della Sera, 4 dicembre 2010

IL TRADIMENTO DI FINI HA UN SOLO NOME

Pubblicato il 3 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

In queste  ore si sta consumando il tradimento di una pattuglia di voltagabbana agli ordini di Fini ai danni del centro destra e dell’Italia. Fini e i suoi “compagni” consumati da un odio irrefrenabile nei confronti di chi li aveva issati sugli scranni di Montecitorio e Fini addirittura su quello più alto, non si fanno scrupoli a tentare di consegnare il Paese, per rancore personale e forse per insuperabile invidia nei confronti di Berlusconi,  nelle mani della sinistra più becera e più rancorosa, la stessa che gli italiani hanno bocciato più volte negli ultimi due anni, alle elezioni parlamentari del 2008, alle elezioni amministrative ed europee del 2009, alle elezioni regionali del 2010. Lo scorso aprile, nonostante la defezione, anzi la calcolata e vergognosa  diserzione di Fini dalla battaglia elettorale, il centro destra guidato da Silvio Berlusconi , ha stravinto le elezioni regionali, consegnando al centrodestra regioni che da decenni erano nlle mani della sinistra. La sinistra,  perdente nelle competizioni elettorali,  spera di ritrovarsi al governo della nostra Italia non per volontà degli elettori ma contro la loro volontà,  grazie a Fini e compagni che stanno consumando uno squallido tradimento, con la spocchiosa e ridicola pretesa di essere pure considerati “salvatori” della Patria. Povera Patria nostra se dovesse pensare e sperare di essere salvata da siffatti figuri, guitti della politica e della vita, che potrebbero al più esibirsi   sul palcoscenico di qualche  polveroso avanspettacolo. Fini e i suoi compagni, benchè tentino di gettarla sul ridicolo, in verità appaiono come  tragiche comparse in un dramma di quart’ordine. Del resto Fini non è nuovo a metafore che hanno ad oggetto il ridicolo, pretendendo,  proprio lui, di farne motivo di scherno per gli altri. Appena tre anni fa, mentre Berlusconi annunciava la nascita del Popolo della Libertà, issato sul predellino di un’auto nella piazza simbolo della operosità italiana, la Piazza Duomo di Milano,  Fini commentò l’annuncio come una “comica finale”, intendendo, ovviamente, definire Berlusconi appunto come un comico che fa ridere e di cui ridere. Bastarono poche settimane perchè  lo stesso spocchioso fustigatore delle comiche altrui, compisse, proprio lui, una comica retromarcia  decidendo di sciogliere il suo partito, suo in tutti i sensi, come la storiaccia di Montecarlo ha dimostrato, conflluendo nel Popolo della Libertà in cambio della sua “elevazione”, novello santo, al ruolo di cofondatore. E in questa veste ha potuto ottenere l’ambita poltrona di presidente della Camera, istituzione che mai era scesa così in basso come in queste ultime settimane, essendo stata trasformata nel bivacco dei manipoli che stanno tentando di sovvertire le  libere istituzioni della Repubblica con un colpo di mano che assomiglia ad un vero e proprio “golpe” per  ridure ad oppositori i vincitori e i perdenti in governanti. Grazie al tradimento di Fini, ma guai a chiamarli traditori. Anzi, secondo Bocchino, fidato scudiero di Fini, è da irresponsabili non condividere  la scelta di chi si appresta a tentare il ribaltone in Parlamento, peggio ancora definirlo tradimento. A Bocchino hanno risposto alcuni parlamentari del PDL, molti ex AN,  fra questi un caro e indimenticato amico, Riccardo De Corato, andriese di nascita, milanese di adozione, vicesindaco di Milano negli ultimi dieci anni, senatore della Republica, con cui negli  anni ormai lontani della nostra giovinezza,  condividemmo  appassionanti  battaglie che forgiarono in quegli anni lontani  il nostro impegno di una vita.

Hanno risposto  questi amici a Bocchino, che contesta l’accusa di tradimento, che scegliesse lui il termine ma pur sempre tradimento è, perchè, hanno sottolineato siamo certi che il termine tradimento  ben si presti a definire l’atteggiamento di quanti, infischiandosene della volonta’ degli elettori, hanno prima costituito un gruppo parlamentare diverso da quello per cui sono stati votati, ed ora, poche settimane dopo aver approvato i 5 punti programmatici del governo, votano la sfiducia d’intesa con gli sconfitti. Poi, se proprio il termine tradimento fa irritare il Bocchino bizzoso, gli suggeriamo di chiedere all’Accademia della Crusca un sinonimo piu’ gradito che definisca chi e’ passato da Le Pen a Rutelli; dal piu’ grande statista del secolo al male assoluto; dall’etica della responsabilita’ al revisionismo sul ‘68; dalla lotta alla droga agli spinelli in Jamaica; dall’impossibilita’ di insegnare per gli omosessuali alle nozze fra gay; dal Dio Patria e Famiglia al laicismo piu’ becero; dal diritto alla vita alla dolce morte; dalla legge Bossi-Fini al voto agli immigrati; dal Presidenzialismo all’abolizione del premio di maggioranza; dai valori etici a quelli immobiliari; dalla difesa del merito alle scalate sui tetti delle Universita’; dalla terza carica dello Stato che non puo’ partecipare alla campagna elettorale al presidente della Camera che ospita nel suo studio una riunione di capigruppo ribaltonisti. Senza dimenticare che si è passati da Tatarella Granata….”. Cos’altro aggiungere… Già Tatarella, Pinuccio, ovviamente. Lo abbiamo già scritto, lo ribadiamo. Se Pinuccio Tatarella fosse stato vivo, mai avremmo assistitito al miserevole spettacolo che Fini e i suoi stanno offrendo al Paese e agli italiani, sopratutto agli italiani  che da sempre  hanno sognato di vedersi governati da chi ama e pratica la libertà. In nome della quale nutriamo speranza che il vergognoso obiettivo di Fini si infranga sulle scogliere dell’intelligenza della maggioranza del Parlamento. g.

IL DIRITTO ALLO STUDIO NELLA PUGLIA DI NIKI VENDOLA

Pubblicato il 3 dicembre, 2010 in Cronaca, Notizie locali | No Comments »

La giunta della Regione Puglia delibera:Vitalizi ai consiglieri con soldi libri di testo

di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - Sarà un ricco Natale per i poveri consiglieri regionali che ad aprile non sono stati rieletti, e che – legge alla mano – hanno diritto ad un assegno di fine mandato e ad un vitalizio. Parliamo di una liquidazione a tutti gli effetti e di una pensione che per i politici pugliesi è la più alta d’Italia. Bene: siccome quest’anno il turn over è stato incredibilmente alto, le casse di via Capruzzi non ce la facevano a pagare. E dunque martedì alla giunta è toccato aprire i cordoni della borsa, raschiando il fondo del barile: due milioni e seicentomila euro attinti dal fondo di riserva, ma azzerando la disponibilità «di competenza» del capitolo dedicato all’acquisto dei libri di testo per gli studenti.

Certo, è solo un passaggio tecnico. Ma il segnale è quello che è: i comuni mortali (chi ha un’impresa, chi aspetta una borsa di studio) possono aspettare, gli ex consiglieri no. Nell’assestamento di bilancio, in agosto, la Regione riconobbe al Consiglio (cioé a se stessa) altri 4,5 milioni per spese di funzionamento, soldi che però non erano mai stati erogati. Il 23 novembre, la Ragioneria ha messo a disposizione di via Capruzzi i primi 2,8 milioni. Per trovare il resto, è invece stata necessaria la variazione di bilancio.

Così, con due delibere consecutive, martedì la giunta ha autorizzato il prelievo di 900mila euro da ciascuno dei fondi di riserva (quello per le spese obbligatorie e quello per le spese impreviste). Per effettuare il riequilibrio in termini di competenza, è stata azzerata la disponibilità del capitolo dedicato al contributo ai Comuni per la fornitura dei libri di testo.

«A fine anno – spiega l’assessore regionale al Bilancio, Michele Pelillo – si rastrella tutto quello che è possibile, quindi si vanno a individuare tutti i soldi che non sono stati spesi». Però quello di impadronirsi pure dei pochi spiccioli destinati ai libri di testo non è un bel segnale. «Attenzione – precisa Pelillo – perché si tratta solo di un adempimento tecnico. Avevamo in bilancio una certa cifra iscritta solo come competenza (cioè riferita all’anno in corso, ndr), perché i fondi del ministero per il contributo ai libri transitavano da noi: su quel capitolo non c’è mai stata alcuna disponibilità di cassa. Poi ad agosto abbiamo fatto un accordo con il ministero per l’erogazione diretta del contributo ai Comuni, quindi quella partita non aveva più ragione d’essere in bilancio e l’abbiamo azzerata».

Nel frattempo, il 22 settembre, il presidente del consiglio regionale Onofrio Introna ha scritto a Pelillo per chiedere altri 3 milioni necessari – guarda un po’ – a pagare vitalizi e gli assegni di fine mandato. Dagli uffici del Bilancio fanno sapere che per il momento non se ne parla. Così come non si parla dell’annunciato taglio del 10% delle retribuzioni e delle indennità dei consiglieri.

Il disegno di legge che lo prevede, intitolato «Norme in materia di ottimizzazione e valutazione della produttività del lavoro pubblico e di contenimento dei costi degli apparati amministrativi nella Regione Puglia», è stato rinviato dalla giunta per la seconda volta. Ma non – spiegano i bene informati – per quel taglio del 10%: in quel disegno di legge c’è un articoletto che renderebbe impossibili certe nuove stabilizzazioni…

La Gazzetta del Mezzogiorno del 3 dicembre 2010

…….ovviamente nessuno si straccierà le vesti contro gli affossatori del diritto allo studio,nessun collettivo studentesco occuperà scuole, farà cortei, ingiurierà Vendola per aver dirottato i fondi per il diritto alo studio a favore dei suoi colleghi consiglieri che, poveretti, muiono di fame. Queste cose si fanno solo contro i govfenri di centrodestra. Così va il mondo, bellezza….

IL GOSSIP SU BERLUSCONI: ANCHE QUESTI SONO MALATI?

Pubblicato il 3 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Le ultime “rivelazioni” di Wikileaks: Berlusconi sarebbe politicamente indebolito da problemi di salute. La prova? Talvolta si appisola. Ma allora guardate qui sotto

Ogni giorno ha la sua dose di antiberlusconismo. Non ci facciamo mancare proprio niente, anche se ormai si sta raschiando davvero il barile. Così, mentre Fini completa il tradimento degli elettori bloccando insieme alla sinistra l’approvazione definitiva della riforma dell’Università (se ne riparlerà dopo il voto di fiducia) e annuncia trionfante il patto ammazza Cavaliere (sfiducia) con Casini, Bersani e Di Pietro, le agenzie di stampa sfornano gli ultimi due gossip made in Wikileaks. Il primo riguarda una nota dell’ambasciata americana sul rapporto tra Berlusconi e Putin che raccoglie una serie di pettegolezzi infamanti che circolano in ambienti politici italiani e georgiani.

Secondo i quali è possibile che Berlusconi prenda tangenti da Putin per gli affari che le aziende italiane (Eni in primis) fanno con la Russia. Una malignità che, senza il ben che minimo riscontro, è stata fatta circolare negli ultimi mesi con insistenza guarda caso da ambienti molto vicini a Gianfranco Fini. Questa davvero mancava. Berlusconi è stato accusato più volte di aver pagato per ottenere qualche cosa, mai di essersi fatto pagare. L’uomo più ricco d’Italia e tra i primi settanta al mondo tornerebbe quindi dai suoi viaggi a Mosca con una valigetta piena di dollari. Che per quanti siano difficilmente gli basterebbero a pagare le bollette della luce delle sue trenta case.

Altri politici hanno bisogno di svendere al cognato la casa del partito, di farsi comperare la fuoriserie o di mantenere la suocera con un appalto Rai. Altri hanno necessità di farsi pagare i loro giornali dallo Stato. E sono probabilmente questi altri che, applicando a Berlusconi i loro modi ambigui di agire, vedono imbrogli dove invece ci sono solo grandi affari per le nostre aziende e quindi per la nostra economia.
Ancora più imbarazzante è il secondo gossip. L’ambasciata Usa, sul finire dello scorso anno, raccoglie preoccupazioni di amici di Berlusconi sullo stato di salute del premier: è stanco, dorme poco, addirittura ogni tanto si appisola durante occasioni pubbliche. Gli americani legano questo alle polemiche giornalistiche sui presunti festini, ai problemi giudiziari e concludono che il nostro primo ministro è malato, bollito, non più in grado di governare. Le preoccupazioni degli amici sono certamente vere. In quei mesi Berlusconi era afflitto da un lacerante male cronico al collo. Mi era capitato di incontrarlo, era molto sofferente, si lamentava di non riuscire neppure a dormire, il suo umore era intaccato dagli effetti collaterali degli antidolorifici e un medico gli stava al fianco giorno e notte. Ciò nonostante, a 74 anni e in quelle condizioni, ha continuato a lavorare sedici ore al giorno, non aiutando certo una sua veloce ripresa.

Ma siccome il fango non ha più limite, e il rispetto umano neppure, la notizia è diventata: Berlusconi si addormenta perché passa le notti con le ragazze. Bene. Allora diamo il Pulitzer a Roberto D’Agostino, in arte Dagospia, e al suo grande fotografo Umberto Pizzi. Le foto che pubblichiamo su questa prima pagina sono tratte dal loro ultimo libro «Ultra Cafonal» (acquisto consigliato) e rendono Wikileaks un sito di dilettanti. Guardate: da Napolitano a D’Alema, dalla Marcegaglia ad Antonio Di Pietro, quanti politici hanno fatto un pisolino pubblico. Vogliamo aprire inchieste sul loro stato di salute fisico e mentale, indagare su come e con chi hanno trascorso la notte precedente? Ci sarebbe da divertirsi. Noi siamo pronti. Chissà se i moralisti mascalzoni che ieri hanno sollevato il problema sulla salute del premier avranno il coraggio di farlo.

IL GIORNALE, 3 DICEMBRE 2010

DA FINI UNO SCHIAFFO ALLA CAMERA

Pubblicato il 3 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Rutelli, Casini e Fini La notizia, anzi lo scandalo, non è l’incontro di ieri tra Fini, Casini e Rutelli per cercare di fare la festa al governo, ma il luogo dove si è svolto: l’ufficio del presidente della Camera. Che non ha ritenuto di salvare la faccia sua e dell’istituzione che rappresenta dando appuntamento ai suoi interlocutori in un posto diverso, più consono ad una riunione di quel tipo, che più di parte e di lotta non poteva essere. Bisognava infatti discutere e predisporre la presentazione di una comune mozione di sfiducia a Berlusconi. È mancato al presidente della Camera quel senso di pudore istituzionale da lui rivendicato, per esempio, nella scorsa primavera per sottrarsi alla manifestazione conclusiva della campagna elettorale regionale del Pdl. O per dare poi appuntamento conviviale al presidente del Consiglio in un albergo, anziché alla Camera, per discutere dei problemi del loro ancora comune partito e, più in generale, della situazione politica.

Il rispetto di Fini per la carica che ricopre, la terza dopo quelle del presidente della Repubblica e del presidente del Senato, è stato a giorni o a periodi alterni durante la sua lunga e defatigante polemica con il presidente del Consiglio, sino a finire ieri letteralmente nel cestino. Dove continuo a ritenere, magari con l’ingenuità o la dabbenaggine di un ormai vecchio cronista politico, che l’eccellentissimo signor presidente della Repubblica debba decidersi a dare un’occhiata, o a mettere le mani, non foss’altro per evitare di rimanere personalmente coinvolto, alla sua età e con la sua storia, in una vicenda come questa. Stupisce, ma forse fino a un certo punto, che all’insolito spettacolo di ieri abbiano partecipato senza avvertire alcun disagio due uomini dai trascorsi istituzionali come Casini e Rutelli. Il primo ha infatti presieduto la Camera dal 2001 al 2006, non rinunciando certo a fare politica neppure lui ma lasciandone i riti peggiori fisicamente fuori dal suo ufficio di Montecitorio.

L’altro ha presieduto per un po’ in questa legislatura la più delicata e istituzionale delle commissioni bicamerali. Che è il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, oggi guidato purtroppo da D’Alema con uno spirito e un ghigno che gli saranno magari abituali ma non mi sembrano francamente appropriati a uno statista quale egli vorrebbe essere considerato per avere diretto una importante, seppure sfortunata, commissione bicamerale di riforma della Costituzione, due governi avventurosamente succedutisi in meno di due anni, fra il 1998 e il 2000, e il Ministero degli Esteri del secondo ed ultimo Gabinetto di Prodi. Per la Farnesina, in verità, è passato anche Fini prima di approdare al vertice della Camera su designazione non dello Spirito Santo, come qualche suo amico mostra di ritenere, ma di quella carogna politica, o quasi, che viene oggi considerato da quelle parti il povero Berlusconi. Che si aspettava di ricevere in cambio non dico un po’ di gratitudine, perché la politica ne prescinde, ma almeno un po’ di rispetto istituzionale e diplomatico. Gli è venuta invece da Fini già il 7 novembre scorso una perentoria e plateale richiesta di dimissioni alla vigilia di una sessione parlamentare di bilancio, messa in salvo per fortuna da un intervento del capo dello Stato, e di un vertice internazionale come il G20 in Corea. Di cui un presidente della Camera ed ex ministro degli Esteri non avrebbe dovuto ignorare l’importanza. Lo stile, come si sa, fa l’uomo.Nicola D’Amato, Il Tempo, 3 dicembre 2010

……………e di stile l’on. Fini ne ha davvero poco, benchè si atteggi a quel che non è, ad oracolo unico dei tempi che viviamo, tempi scanditi da merluzzi che si credono pescecani, e da unti da Dio , che appena messi alla prova mostrano tutti i loro limiti, politici,  umani, morali. Morali, innazitutto. Fini si è mostrato un volgare traditore di una comunità,  non quella di A.N. ben poca cosa,  ma quella più vasta del centrodestra, il popolo dei moderati e degli anticomunisti, si, anticomunisti, non abbiamo nè vergogna, nè remora a definirci tali, finchè ci saranno in Italia e nel mondo, gli epigoni e gli eredi del mostro politico che ha infettato il 900 e ha mietuto milioni di vittime innocenti, senza pagare il conto, nè con la storia, nè con se stessi. Proprio con gli eredi e gli epigoni  del comunismo, responsabili, ultima ammissione sugli orrendi crimini del bolscevismo,   del  massacro di Katyn, ordinato da Stalin per distruggere, uccidendo 20 mila ufficiali polacchi, l’anima stessa della martoriata Nazione polacca, proprio con costoro l’on. Fini, senza neppure arrossire, come capita a chi non ha nè valori nè Fede, intende unirsi, insieme ad altri suoi pari,  per far cadere il Governo di Silvio Berlusconi, per capovolgere  la volontà del popopo sovrano, per consentire a chi ha perso di sostituire chi ha vinto, stravolgendo le regole, le più elementari,  della democrazia. Chi non ha stile, come Fini, che predica moralità e in Sicilia ha favorito la nascita di un governo che è la riedizione del peggior milazzismo, che predica legalità e sempre in Sicilia sostiene un governo capeggiato da un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, proprio come l’ex sottosegretairo Cosentino per il quale, però,  non è valsa la presunzione di innocenza e dai suoi adempti è stato costetto a dimettersi, che predica  la competenza e in RAI ha voluto per la suocera, casalinga,  un contrattino di un milione e mezzo di euro per una produzione televisiva, che predica il merito e al cognato ha svendut una casa di proprietà del suo ex partito, chi come Fini non ha stile,  non poteva che concludere la sua storia politica nel peggiore dei modi, svendendosi ai nemici storici, nemici, non avversari, della parte politica di cui pretende di avere rappresentanza. Fini non rappresenta più, se mai l’abbia rappresetnata in passato, la destra, nessuna destra di questo Paese, è solo uno dei tanti che senza particolari doti vive da nababbo all’interno del Palazzo contro il quale blaterava negli anni della prima repubblica,  che ora ritorna, con i suoi riti e i suoi colpi alla schiena, per ripetere all’infinito le capriole cui gli italiani speravano di non assistere più. Riprendono, riprenderanno, se il tradimento di Fini e dei suoi adempti, quelli che sono stati eletti due anni addietro sotto il simbioo della libertà e del nome di Berlusconi, dovesse andare in porto. Ci auguriamo di no, ci auguriamo che molti di loro, avvertano il peso dell’ignominia che ricadrà su di loro per sempre e sappiano trovare la forza, il coraggio, la volontà, di sottrarsi al ricatto di Fini, salvando il governo e il Paese. g.

RIFORMA UNIVERSITARIA: ECCO I PUNTI ESSENZIALI DELLA RIFORMA

Pubblicato il 2 dicembre, 2010 in Cultura, Politica | No Comments »

La Camera dei Deputati, in seconda lettura, ha approvato il disegno di legge del Ministro Gelmini relativo alla riforma della Università. Ora il disegno di legge ritorna al Senato per la definitiva approvazione.

La riforma è stata oggetto di violente contestazioni da pate di una sparuta minoranza di studenti, strumentalizzati dalla opposizione. Il disegno di legge, invece, merita approvazione e condivisione perchè affronta i problemi della Università con l’intento di restituirla al centro del sistema scolastico italiano. Perchè chi voglia possa approfondirli, pubblichianmo i punti essenziali della riforma.

Adozione di un codice etico – Attualmente non ci sono regole per garantire trasparenza nelle assunzioni e nell’amministrazione. La riforma prevede il varo di un codice etico per evitare incompatibilita’ e conflitti di interessi legati a parentele. Alle universita’ che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti ministeriali.

Parentopoli – Divieto di chiamata, da parte delle universita’, per docenti che abbiano un grado di parentela “fino al quarto grado compreso con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un consigliere di amministrazione dell’ateneo”.

Tetto ai rettori - Un rettore potra’ rimanere in carica un solo mandato, per un massimo di sei anni, inclusi quelli gia’ trascorsi prima della riforma. Allo stato attuale ogni universita’ decide il numero dei mandati possibile.

Organi accademici – La riforma introduce una distinzione netta di funzioni tra Senato e consiglio d’amministrazione. Il Senato avanzera’ proposte di carattere scientifico ma sara’ il cda, cui e’ affidato anche compito di programmazione, ad avere la responsabilita’ chiara delle assunzioni e delle spese, anche delle sedi distaccate. Il consiglio di amministrazione non sara’ elettivo, avra’ il 40 per cento di membri esterni e il presidente potra’ essere un esterno. Al posto del direttore amministrativo verra’ istituita la figura del direttore generale, che si configurera’ come un vero e proprio manager dell’ateneo.

Valutazione – Molti nuclei di valutazione sono oggi in maggioranza composti da docenti interni. Con la riforma dovranno avere una maggiore presenza di membri esterni per garantire una valutazione oggettiva e imparziale. Prevista anche la valutazione dei professori da parte degli studenti, determinante per l’attribuzione dei fondi del Miur agli atenei.

Fusioni - Agli atenei sara’ dato modo di fondersi tra loro o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e abbattere costi inutili a favore della qualita’ della didattica e della ricerca.

Didattica – Attualmente ogni professore e’ rigidamente inserito in settori scientifico-disciplinari spesso molto piccoli, anche con solo 2 o 3 docenti. In futuro saranno ridotti per evitare che si formino micro-settori, passando dagli attuali 370 alla meta’, con una consistenza minima di 50 ordinari ciascuno.

Riorganizzazione interna – Per evitare la moltiplicazione di facolta’, ogni ateneo potra’ averne al massimo 12 per ateneo.

Concorsi - Il ddl introduce l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione e’ attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualita’. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole universita’, cui potranno accedere solo gli abilitati.

Commissioni - Le commissioni di abilitazione nazionale saranno composte di autorevoli con membri italiani e, per la prima volta, anche stranieri; avranno cadenza regolare annuale in modo da evitare lunghe attese e incertezze; attribuzione dell’abilitazione, a numero aperto, secondo criteri di qualita’ stabiliti con decreto ministeriale, sulla base di pareri dell’Anvur e del Cun.

Reclutamento docenti – Distinzione tra reclutamento e progressione di carriera, con l’intenzione di porre fine ai “finti” concorsi banditi per promuovere un interno; entro una quota prefissata (1/3), i migliori docenti interni all’ateneo che conseguono la necessaria abilitazione nazionale al ruolo superiore potranno essere promossi con meccanismi chiari e meritocratici; messa a bando pubblico per la selezione esterna di 2/3 delle posizioni di ordinario e associato per ricreare una vera mobilita’ tra sedi, oggi quasi azzerata; procedure semplificate per i docenti di universita’ straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia.

Accesso per i giovani studiosi – Revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti piu’ giovani; revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa sulla docenza a contratto, con abolizione della possibilita’ di docenza gratuita se non per figure professionali di alto livello.

Ricercatori – Riforma del reclutamento, con l’introduzione di un sistema di tenure-track: contratti a tempo determinato di sei anni (3+3). Al termine di questo periodo se il ricercatore sara’ ritenuto valido dall’ateneo sara’ confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario, per evitare il fenomeno dei “ricercatori a vita”, terminera’ il rapporto con l’universita’ ma il ricercatore maturera’ titoli utili per i concorsi pubblici. Inoltre, il provvedimento abbassa l’eta’ in cui si entra di ruolo in universita’, da 36 a 30 anni, con uno stipendio che passa da 1300 euro a 2100.

Gestione finanziaria – Introduzione della contabilita’ economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra MIUR e Tesoro. Oggi i bilanci delle universita’ non sono chiari e non calcolano la base di patrimonio degli atenei; con l’applicazione della riforma i bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi piu’ chiari nel bilancio.

Borse di studio – Sara’ costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore.

Mobilità e aspettativa – Sara’ favorita la mobilita’ all’interno degli atenei. Possibilita’ per chi lavora in universita’ di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.

AMICI SUOI, di Filippo Facci

Pubblicato il 2 dicembre, 2010 in Costume, Cronaca | No Comments »

I funerali di Mario Monicelli, il grande regista che a 95 anni si è suicidato gettandosi dal balcone della clinica in cui era ricoverato, è stata occasione  da una parte di  polemica tra  fautori e contrari   dell’eutanasia e dall’altra per consentire ai soliti noti di tentare di usare la morte del regista come estremo atto di accusa del Monicelli, uomo di sinistra, contro il govenro della destra. Sciocchezza, quest’ultima che si commenta da sè ma come por freno alla logorrea della direttrice dell’Unità ceh di questa tesi si è fatta portavoce con una lettera aperta al defunto Monicelli suo suo giornale? Solo con l’ironia di Filippo Facci. Eccola.

Cara Conchita,

ciao, sono il Monicelli, sono l’anima de li mortacci tua, sono il Mario, quello hai evocato nel tuo editoriale sull’Unità che hai titolato «Caro Mario» per scassarmi i coglioni – scusami – anche da morto: sono qui in Purgatorio che sbrigo scartoffie (stavo per entrare in Paradiso, ma la Binetti e la Roccella hanno fatto ricorso) e voglio dirti che no, ascolta, la devi piantare di associarmi a ’sti giovinastri che occupano stazioni e autostrade spaccano vetrine e rovesciano autoblindi, tu non l’hai letta la mia ultima intervista che ho rilasciato per il libro «Gioventù sprecata» nel giugno scorso: dico che oggi i giovani sono «disinteressati a tutto, gran mammoni viziati, isolati, adagiati sul consumismo, senza interessi, senza il coraggio di dire niente, incapaci di avere qualcosa da dire in contrasto con gli altri».


E tu mi associ a ’sti pecoroni con lo zainetto firmato, a me che di sinistra lo fui davvero, a me che Benigni mi sta qua, a me che sdoganai l’Alberto Sordi che voi morettiani avete snobbato esattamente come Totò e Pietro Germi, a me che già nel ’77 vi spiegai tutto di quel «Borghese piccolo piccolo» che non vi votava e non vi vota, a me che l’odiato maschilismo l’ho fatto trionfare in «Amici miei», a me che devo pure leggermi i tuoi editoriali, adesso,  in cui spieghi che terapia tapioco come se fosse Antani. A me: che io so’ io, e voi siete Conchita.

02/12/2010

CAMERA CHIUSA PER GUERRA

Pubblicato il 2 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Il conto alla rovescia per conoscere i desti­ni di governo, mag­gioranza e quindi del­la legislatura, è iniziato. Il segnale di ieri è stato chiaro. La Camera dei de­putati ha sospeso i lavori fino al 13 dicembre, gior­no nel quale Silvio Berlu­sconi chiederà la fiducia. Un ramo del Parlamento quindi chiude per evita­re che le tensioni politi­che possano mettere a ri­schio l’approvazione, da parte del Senato, della manovra finanziaria, co­sì come chiesto dal presi­dente Napolitano: prima si mettono al sicuro i con­ti, poi si affrontano le be­ghe politiche. Evidente­mente era alto il rischio che alcuni passaggi par­lamentari (per esempio la sfiducia al ministro Bondi) potessero decre­tare anzitempo l’apertu­ra di una crisi formale.

In politica le trattative non finiscono mai (e le seconde linee continua­no a farlo), ma, fotogra­fando la situazione, a og­gi emerge che non c’è più spazio per ricompat­tare la vecchia maggio­ranza. Il tradimento di Fi­ni si è spinto oltre la linea di un possibile ritorno e ieri Berlusconi lo ha riba­dito: o ci sarà una fiducia ampia oppure si va a vota­re. Toccherà quindi ai fi­niani decidere se render­si complici delle dissen­nate scelte del loro capo. Col passare dei giorni an­c­he loro hanno abbando­nato le residue speranze di un ribaltone (tutti, ma proprio tutti alleati con­tro Pdl e Lega) privo di senso politico, incom­prensibile agli occhi del­l’opinione pubblica, tec­nicamente impossibile per divergenze di strate­gia e interessi tra le varie componenti.

Allora si va certamente a votare? Sì, a meno che non si verifichino due condizioni. La prima è che venga allo scoperto il malessere di molti fi­niani, disposti sì a pren­dere le distanze dal grup­po dirigente del Pdl, ma non a fare cadere il gover­no mettendo fine alla le­gislatura. La seconda è che un certo numero di parlamentari ora all’op­posizione (tra radicali, Udc e delusi di sinistra) il 14 dicembre votino la fi­ducia. E non è detto che questa seconda ipotesi, anche se si realizzasse, sia sufficiente a evitare poi il ricorso alle urne. Quella che Berlusconi sta cercando e chieden­d­o in queste ore non è in­fatti soltanto una mag­gioranza numerica ma un patto politico in gra­do di sostenere la gover­nabilità e le riforme non più rinviabili.

Con la Camera chiusa, la guerra di Fini e dell’op­posizione si sposterà sul fronte mediatico. Fallito l’assalto Wikileaks (ieri la Clinton ha detto che Berlusconi è l’alleato più affidabile per l’Ameri­ca), l’obiettivo è semina­re il panico sulla tenuta dei conti dello Stato per creare un clima ostile al­le elezioni anticipate e convincere quindi Napo­litano prima e lo stesso Berlusconi poi a trovare soluzioni alternative. È un gioco sporco, che crea turbativa sui merca­ti finanziari internazio­nali, che baratta la tenu­ta della nostra economia con questioni di potere e interessi personali. Pre­pariamoci a questo assal­to finale ma non cadia­mo nel trabocchetto. Non siamo nella situazio­n­e nella quale si sono tro­vate la Grecia e l’Irlanda. Lo dicono tutti meno Fi­ni, Bersani, Vendola, Di Pietro e i giornali di sini­stra. Un motivo ci sarà.

Il Giornale, 2 dicembre 2010

SILVIO BERLUSCONI: NOI SIAMO IL GOVERNO DEL “FARE”

Pubblicato il 1 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

LA LETTERA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO  SUL SITO “FORZA SILVIO”

Carissimi,

noi siamo “Il Governo del fare”. Lo abbiamo dimostrato anche in queste ultime difficili settimane, lavorando per portare a compimento i cinque punti di programma sui quali abbiamo avuto la fiducia alla fine di settembre, conseguendo importanti successi in politica estera, intervenendo, tra mille difficoltà, per risolvere la nuova emergenza rifiuti di Napoli, approvando alla Camera la riforma dell’università.

Lasciamo agli altri le manovre e gli agguati di palazzo. Lasciamo agli altri le chiacchiere e le polemiche inutili. Noi continuiamo a lavorare e a cercare di comunicare ai cittadini le cose realizzate dal governo.

Per questo oggi sono lieto di annunciare nuove iniziative volte a informare direttamente i nostri sostenitori e tutti coloro che vogliono sapere la verità.

1. E’ online la nuova, rinnovata, aggiornata e interattiva versione del sito www.governoberlusconi.it, per conoscere in tempo reale tutte le cose fatte dal governo e la relativa pagina su Facebook.

2. Da lunedì è disponibile il nuovo servizio per iPhone e iPad  “Le news del Governo del fare”, scaricabile gratuitamente on line, per avere ogni giorno informazioni, commenti e notizie sull’attività di governo.

3. In Forzasilvio.it sono attive nuove possibilità di mobilitazione attraverso il passaparola via e-mail dei materiali che illustrano l’attività del governo.

Sono in fase di completamento il libro che spiega le realizzazioni della prima metà della legislatura e un servizio di news per tutti i cellulari “intelligenti”.
Useremo tutte queste iniziative per comunicare sempre meglio quanto abbiamo fatto e continueremo a fare. Se il 14 dicembre non avremo una forte e consistente fiducia e ci sarà impedito di continuare a governare, useremo queste iniziative nella prossima campagna elettorale. Saranno un esempio della “moralità del fare” che è il marchio del nostro stare in politica e che consiste essenzialmente nel rispettare il programma e nel non tradire il mandato avuto dagli elettori.

Grazie per il sostegno, l’impegno e la vicinanza che tutti i sostenitori riuniti in www.forzasilvio.it mi stanno dando in queste settimane. È corroborante per me e di buon auspicio per le impegnative settimane che ci attendono.

Silvio BERLUSCONI

OMICIDIO SULL’AUTOSTRADA, 9 ANNI E 4 MESI AL POLIZIOTTO CHE SPARO’: FU OMICIDIO VOLONTARIO

Pubblicato il 1 dicembre, 2010 in Cronaca | No Comments »

Gabriele Sandri
E’ stato condannato a 9 anni e 4 mesi, Luigi Spaccarotella, il poliziotto ritenuto responsabile dell’omicidio di Gabriele Sandri, il tifoso laziale morto nell’area di servizio di Badia al Pino nei pressi di Arezzo l’11 novembre 2007. L’agente è stato ritenuto colpevole di omicidio volontario (sconto di un terzo della pena per rito abbreviato) dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze che ha ribaltato così la sentenza di primo grado pronunciata dalla Corte di Assise di Arezzo.
La prima sentenza aveva inflitto, infatti, a Spaccarotella una condanna a sei anni per omicidio colposo. Decisione contro cui si era fortemente schierata la famiglia Sandri.
Il ricorso, contro quella discussa condanna, è stato presentato dalla procura generale e da quella di Arezzo. Il procuratore generale Aldo Giubilaro ha chiesto la condanna per l’imputato a 14 anni di reclusione, tradotta poi in 9 anni e 4 mesi dalla corte che si è riunita in camera di consiglio poco dopo le 14:30.
Il procuratore aggiunto ha presentato la richiesta di condanna per omicidio volontario con dolo eventuale e con le attenuanti generiche. Assente in aula, l’agente Spaccarotella. A sostenere l’accusa – su sua richiesta – è stato anche il pm Giuseppe Ledda che aveva coordinato l’inchiesta aretina. L’avvocato del poliziotto ha già annunciato ricorso in Cassazione che deciderà in ultimo grado.
Presenti fin dal mattino, invece, entrambi i genitori di Gabriele Sandri. Giorgio e Daniela, in lacrime alla lettura della sentenza, hanno poi espresso la loro soddisfazione ai cronisti presenti: “E’ una giustizia – ha commentato Giorgio – che era dovuta. A differenza di quanto ho detto dopo il primo grado, la decisione dei giudici di oggi (mercoledì, ndr) mi fa sentire orgoglioso di essere italiano”.
.……La sentenza rende giustizia ai genitori del povero ragazzo che incrociò la sua vita con la pistola di un poliziotto che sparò senza ragione, dall’altra parte dell’autostrada, senza avere alcuna cognizione di quello che stava accadendo, ma per il solo gusto di fare il rambo. Una spacconata che è costata la vita a un ragazzo che aveva la sola colpa di  seguire  la sua squadra del cuore. Ora tocca alla società Autostrade rimuovere il divieto di apporre una targa ricordo nell’area di servizio che fu teatro di un delitto tanto assurdo. g