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GIOVANILISMO E ROTTAMAZIONE, di Giovanni Sartori

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Se Berlusconi non ride (perlomeno sino al 15 dicembre) la sinistra di Bersani e dintorni può solo piangere. Quando il Pd era il Pc—da Togliatti a Berlinguer — il cursus honorum, la carriera, era rigidamente disciplinata: prima una esperienza nelle amministrazioni locali, poi, per i più bravi, il parlamento nazionale. Il tutto era deciso dalla segreteria del partito e, in ultima istanza, dal suo segretario. Allora nessuno osava dire, e nemmeno pensare, che i Pajetta e i Terracini di quel tempo fossero da «rottamare», da pensionare perché vecchi. E se Togliatti non fosse deceduto anzitempo, nessuno lo avrebbe contestato nemmeno a 90 anni. Eppure quel Pc, nel complesso «anzianotto», arrivò a conseguire un terzo del voto degli italiani e quasi a sorpassare la Dc.

Rispetto alla sua epoca d’oro la nostra sinistra post-comunista di oggi esibisce leader relativamente giovani, da D’Alema a Fassino a Veltroni e Bersani. Nessun vegliardo. Eppure il sindaco di Firenze Matteo Renzi (35 anni) e il governatore della Puglia Vendola (52 anni) li definiscono «roba vecchia», materiale da pensione. La loro parola d’ordine è avanti i giovani, e cioè sé stessi. Nella storia, da sempre e dappertutto, il giovanilismo è raro. Le irrequietezze giovanili cominciano con lo Sturm und Drang (tempesta e assalto) dei primi romantici e, in Italia, con il futurismo e il fascismo. Ma furono fuochi fatui. Le rivoluzioni sono spesso promosse dai giovani; giovani che però si attaccano al potere sino alla morte. Quando l’Urss si dissolse esibiva la più straordinaria gerontocrazia (governo dei vecchi) al mondo.

Dicevo che il giovanilismo non dura. È così per forza, perché i giovani diventano vecchi. Ma è anche bene che sia così. I giovani apportano un elemento — l’energia — che gli anziani non hanno più, mentre gli anziani apportano l’elemento che i giovani ancora non hanno, e cioè esperienza e conoscenze. Insomma, gioventù è energia senza sapere, anzianità è sapere senza energia. Le civiltà decadono per senescenza e quando diventano gerontocrazia. Però, nessuna civiltà è mai emersa da una paidocrazia, dal potere dei giovani. In questo momento la scuola è in subbuglio e i giovani si battono contro la riforma dell’Università. È una riforma senza soldi, e questo è il suo più grave limite. Ma, soldi a parte, la riforma Gelmini non è una cattiva riforma. Ed è una riforma necessaria perché affronta le insensatezze legislative e gli abusi «baronali » degli ultimi decenni.

Non so se la generazione in agitazione sia, come scrive Barbara Spinelli su Repubblica, una «generazione bruciata». Ma è certamente una generazione allevata dalla promessa insensata delle «aspettative crescenti». Sì, i giovani di oggi avranno una vita dura. Ma fu dura anche la vita dei giovani che si trovarono, dopo la fine dell’ultima guerra, con un Paese distrutto e un avvenire che sembrava senza avvenire. Noi, i giovani di allora, ce la siamo cavata. Ma i giovani di oggi che si battono contro la riforma universitaria Gelmini si battono a proprio danno e per il proprio male. Giovanni SARTORI, Il Corriere della Sera, 11 dicembre 2010

……..Per una volta ci troviamo perfettamente d’accordo con Sartori. Per una volta Sartori riesce ad essere savio ed equilibrato, per una volta riesce anche a dire la verità superando la faziosità (la riforma Gelmini dell’Università, è una buona riforma…). E benchè nutriamo il dubbio che il suo equilibrio sia dovuto alla sua vecchiaia e quindi sia interessato,  ciònonostante ci riconosciamo nelle sue parole a proposito di “giovanilismo e rottamazione”, senza nascondere il nostro…di interesse. g.

SCANDALI ITALIANI: SUPER PENSIONE AL CATTIVO MAESTRO TONY NEGRI

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Costume, Cronaca | No Comments »

Tony Negri, per chi l’abbia dimenticato o per i più giovani che nulla ne sanno, è il “cattivo maestro”, l’ideologo delle Brigate Rosse, condannato a 30 anni dicarcere per associazione sovversiva, ridotti in appello a 17. Eletto deputato nelle file dei radicali, fece in tempo a partecipare a sole 9 sedute, prima di scappare all’estero, in Francia, per non essere arrestato e in Francia è rimasto fino a quando è rientrato in Itali per scontare un minimo residuo di pena. Ebbene, a questo signore, sovversivo con sentenza passata in giudicato, lo Stato versa ogni mese un vitalizio di circa 3000 euro al mese che ovviamente il prof. Negri, accanito oppositore dello stato borghese e dei suoi benefici, si guarda bene dl rifiutare. Su quyesta vicenda ecco un commneto di Francesco Borgonovo (Libero, 11 dicembre 2010).

Ai tranquilli lettori padovani dev’essere andata di traverso la brioche intinta nel cappuccio sfogliando al bar la copia del quotidiano Il Mattino. Il giornale ha inteso ricordare – nel bel mezzo del clima da fine dei giochi, mentre qualcuno le prova tutte pur di mandare all’aria  la legislatura – che un tempo i parlamentari ci pensavano bene, prima di abbattere un governo. Se non altro perché dopo due anni, sei mesi e un giorno maturavano il diritto alla pensione.

Facendo un riepilogo degli onorevoli che tra la prima e la seconda Repubblica hanno ottenuto il vitalizio, Il Mattino ha pescato anche Toni Negri, il cattivo maestro per eccellenza, il grande nemico dello Stato borghese e capitalista. Questo signore – come riporta il sito internet dell’Espresso – incassa ogni mese dai contribuenti 3108 euro e questo dal 1993, anno in cui varcò la soglia dei sessanta.
Non solo. Questa ragguardevole cifra, superiore alla retribuzione di molti nostri connazionali, se l’è guadagnata col sudore della fronte. Fu eletto infatti nelle liste radicali, uscendo dal carcere dove era stato rinchiuso dal 7 aprile 1979, dopo un processo in cui gli venivamo mosse pesanti accuse per legami col terrorismo rosso.
Fece il suo ingresso in Parlamento il 12 luglio del 1983 e prima che gli onorevoli colleghi autorizzassero il suo arresto, fuggì in Francia e tanti saluti. Dunque la sua esperienza in aula durò 64 giorni. In realtà, però, per via del periodo estivo e delle relative ferie, a Montecitorio vennero convocate soltanto 9 sedute.
La notizia non è nuova, in sé. Anzi, è stata scritta e riscritta, campeggia pure in La Casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, saggio vendutissimo ma forse non abbastanza letto, almeno dai politici. Nel libro, fra l’altro, viene citato un memorabile intervento dell’on. Negri, nel quale afferma: «Mi hanno accusato di aver vissuto in cento bande clandestine, ma l’unico corpo separato in cui mi è toccato di vivere è proprio questo Parlamento».
Però la pensioncina mica gli fa schifo. Anche se è “proprietà privata”.
Quel che sorprende è notare che nonostante tutte le segnalazioni, a Negri continui ad arrivare lo stipendiuccio da ex rappresentante del popolo italiano, garantitogli da quella democrazia borghese e padronale da lui tanto disprezzata.
Soprende ancor di più poiché Negri continua a pubblicare – anche con un certo successo negli ambienti salottieri che contano – i suoi libroni rivoluzionari. L’ultimo dei quali è uscito proprio qualche mese fa e si intitola Comune. Oltre il privato e il pubblico. Nel tempo libero, dicono, Negri si diletta a consigliare sinceri democratici come il caudillo venezuelano Hugo Chávez.
Vero, il professore padovano non è il solo a godere delle prebende da ex politico. Tanti come lui incassano e continuano ad approfittare di scandalosi benefici. Il suo però è un caso abbastanza clamoroso. Sia per il numero di giorni di “lavoro” in Parlamento sia per le dichiarazioni che il maestro rosso ancora sparge in giro.
Fosse così duro e puro come sembra, potrebbe anche fare un bel gesto e rinunciare all’assegno, ma del resto, come scrive nel suo più recente saggio, il mondo va preso com’è, tanto vale approfittarne.
«Dobbiamo renderci conto che, per quanto lo si giudichi con intelligenza critica e radicalità», teorizza,  «siamo destinati a vivere in questo mondo, non solo perché siamo sottomessi al suo dominio, ma anche perché siamo contagiati dalla sua corruzione. Abbandoniamo dunque i sogni di una politica incontaminata e i “grandi valori” che ci permetterebbero di restarne fuori!».  Ecco, basta coi valori, meglio i privilegi.

Ma visto che in Parlamento è accomodato qualcuno che con la scusa dei valori intende ribaltare Berlusconi – il presidente della Camera Gianfranco Fini – ci permettiamo di rivolgergli un appello, anzi un appellino. Lei che di Montecitorio è il massimo rappresentante, faccia una cosa di destra. Tolga queste pensioni ridicole. E, magari, inizi dal rivoluzionario Toni Negri.di Francesco Borgonovo

TUTTE LE REGOLE CHE FINI HA CALPESTATO

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

La crisi di governo tanto reclamata da Fini e dalle opposizioni è marcita prima ancora di aprirsi, se mai si aprirà davvero dopo le votazioni di fiducia in programma martedì prossimo in Parlamento. Essa è marcita nelle mani del presidente della Camera un po’ per i tempi lunghi imposti da Napolitano a tutela della legge di bilancio, della cui “inderogabilità” Fini si era dimenticato chiedendo il 7 novembre le dimissioni del presidente del Consiglio, e un po’ per l’ostinata resistenza opposta da Berlusconi a minacce e lusinghe. L’ultima delle quali è stata «il reincarico entro 72 ore» che il presidente della Camera ha fatto offrire al Cavaliere dallo sprovvedutissimo Bocchino in cambio delle dimissioni prima, anzi senza le votazioni di martedì. Come se fosse diventata sua la prerogativa del capo dello Stato di affidare, in caso di crisi, il mandato di formare un nuovo governo.
Ormai non si contano più le regole che Fini ha calpestato nella sua guerra a Berlusconi, cominciando col restare al vertice di Montecitorio. Dove di solito si accantonano le insegne di partito, non se ne creano di nuove abusando della visibilità e del prestigio di una carica di garanzia e di equilibrio. Penso con sgomento, fra l’altro, alla disinvoltura con la quale Fini, se non avvertirà il buon gusto di astenersene, presiederà lunedì e martedì le sedute della Camera in cui si svolgerà la partita contro il governo da lui stesso promossa. In un paese normale uno al posto suo si sarebbe dimesso almeno adesso, non foss’altro per assumersi direttamente l’onere e l’onore dell’assalto, intervenendo nel dibattito e votando. Lui evidentemente indossa abiti di stoffa e taglio diversi da quelli immaginati dai nostri cosiddetti padri costituenti. Alcuni dei quali, per esempio Scalfaro, sono ancora vivi ma stranamente tacciono.
Nella lunga vigilia della fiducia o sfiducia al governo tutti gli avversari del Cavaliere hanno perduto per strada credibilità e pezzi, persino Di Pietro. Che anche in questa vicenda ha chiesto aiuto alla solita Procura della Repubblica, dove continua a ritenersi di casa, per cercare di sbattere alla sbarra d’imputato i parlamentari che hanno osato voltargli le spalle e tentennare all’idea di una crisi al buio mentre incombe quella che viene descritta dalle stesse opposizioni come una possibile tempesta finanziaria. Bersani, si sa, è già salito sui tetti e teme di scenderne per non essere preso a pernacchie dai vari Renzi e Vendola. Quel campione di furbizia che sembrava Casini è corso dal medico per l’attacco di bile procuratogli dalla notizia della missione di Bocchino dal Cavaliere.
Fini infine, sempre lui, non sa se temere di più la fiducia della Camera a Berlusconi o la sfiducia. La fiducia, prevedibilmente frutto anche di una divisione fra i suoi, segnerebbe l’umiliazione di Fini. La sfiducia certificherebbe il suo passaggio dalla destra ad uno schieramento opposto, capeggiato per incontrovertibili ragioni numeriche dal Pd-ex Ds-ex Pds-ex Pci. È proprio a questa imbarazzante, direi nefasta certificazione, premessa di una sua scomparsa o quasi al primo appuntamento con le urne, che il presidente della Camera ha cercato di sottrarsi reclamando le dimissioni di Berlusconi prima e senza voto di fiducia. Ma al tempo stesso egli ha partecipato autolesionisticamente, su istigazione di Casini, alla presentazione delle mozioni contro il governo: un’autentica pazzia politica. Senza un manicomio dove poterla curare. Francesco Damato, Il Tempo, 11 dicembre 2010


IL CORTO CIRCUITO POLITICA-GIUSTIZIA FA ANCORA SCINTILLE

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Sulla intromissione, anomale e pericolosa, della Magistratura nella vicenda dei cambi di casacca parlamentare, pubblichimo l’editoriale di questa mattina del direttore de Il Tempo, Mario Sechi, i cui giudizi collimano, salvo il linguaggio,  sempre elegante quello di Sechi, con i nostri. g.

Le lancette dell’orologio sono ferme. La sabbia nella clessidra cristallizzata. La politica italiana continua ad essere inchiodata al 1992, agli anni di Mani Pulite e della (finta) rivoluzione giudiziaria. Finché un buon elettricista parlamentare non ripara il cortocircuito tra politica e giustizia questo Paese non farà alcun passo in avanti. E dunque non mi sorprende che sulla scena del voto di fiducia del 14 dicembre compaiano anche le toghe, sarebbe un’eccezione il contrario.


Tutta la storia dell’era berlusconiana è costellata dai colpi di tacco, di punta, di petto, di testa e di piede della magistratura. Il vero giocatore che in questi sedici anni ha avuto campo libero per fare le sue manovre, dare spesso dei calcioni e non beccare mai un cartellino giallo. La storia si ripete. Anche negli errori. E mentre la Corte Costituzionale saggiamente e con spirito di collaborazione e rispetto tra poteri dello Stato, rinvia la decisione sul legittimo impedimento, la procura della Capitale indaga sul passaggio dei parlamentari da uno schieramento all’altro. E naturalmente lo fa a senso unico, controllando cioè quelli che dall’opposizione pensano di votare la fiducia al governo.


Quella della magistratura è una sortita molto pericolosa. Interviene a piedi uniti nel processo parlamentare e rischia di coartare la libera volontà di deputati e senatori. Non si era mai visto niente del genere. E chi si straccia le vesti per i cambi di idea, opinione e casacca è non solo un ipocrita ma anche un cattivo interprete della Costituzione alla quale si richiamano i presunti Padri della Patria. La nostra Carta, sul divieto di mandato imperativo, è molto chiara. L’articolo 67 spiega che «ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato», cioè non può essere sottoposto ad alcuna pressione da parte del partito, le sue opinioni e idee sono libere e se sono in difformità dal suo gruppo la sanzione può essere solamente politica. Sarà l’elettore a giudicarlo quando si vota. Non un magistrato di turno con qualche idea approssimativa e faziosa della politica.


Il trasformismo può essere criticato duramente, ma è rigorosamente bipartisan. La lista che pubblichiamo a pagina 3 parla da sola. Si vuole ridurre la politica a roba da cancelleria e verbale di questura? Benissimo. Allora si apra un fascicolo anche sugli eroi che sono passati dalla maggioranza all’opposizione. Scopriremmo di che pasta umana sono fatti i liberatori dal Regime dei Regimi. E non ci sarebbe da ridere, ma da piangere.

Mario Sechi, Il Tempo, 11 dicembre 2010

SI INFIAMMA IL CLIMA ALLA VIGILIA DELL’ORA X

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Mentre si avvicina l’ora X, si fa sempre più incandescente il clima tra i contendenti che si affronteranno maretì alla Camera sul voto di sfiducia (o fiducia?) al governo Berlusconi. Ad infiammare il clima, già acceso, la notizia che il governo Berlusconi sta recuperando consensi da parte di parlamentari che, secondo gli irritati capataz del fronte del no, sarebbero stati acquistati.  Come rileva Sallusti nel suo editoriae di oggi, sinora sono stati 89 i parlamentari che hanno cambaito casacca e ben 50 sono quelli che hanno abbandonato il PDL conteggiando i 36 che con Fini hanno dato vita al FLI. Cambi di casacca che sono stati deplorati e stigmatizzati, ma nessuno ha mai detto che gli 89 sis arebbero venduti per danaro. Per scelte politiche sbagliate, certo, m anon per danaro. Invece,  ora che alcuni parlamentari,  alla luce del sole hanno deciso di non ritrovarsi fra quanti in un momento così gravido di problemi per il Paese, per la sua economia, per il rischio di diventare oggetto di speculazioni internazionali, vogliono far cadere il governo con una ammucchiata che non è un buon viatico per il futuro immediato,   e hanno deciso di sfilarsi da questa sorta di sicidio cllettivo e di sostenere il govenro, apriti cielo, si è scatenata la caccia con la chiamata in soccorso della Magistratura alla quale non è parso vero di poter ancche in questo caso svolgere il ruolo, anomalo, di sostituto dei soggetti delegati dalla Costituzione a governare il Paese. E’ sceso in campo anche l’ex procuratore di Milano, Borrelli, del quale si ricorda l’invio a Berlusconi, a Napoli, nel 1994, durante il vertice mondiale contro la criminalità, dell’avviso di garanzia che si rivelò una bufala per reati dai quali Berlusconi fu assolto senza peraltro che Borrelli che prima del racapito dell’avviso di garanzai a Berlusconi, lo fece tenere al Corriere della Sera. Ebbene Borrelli, cavallerizzo pensionato, si è affrettato a dire la sua sulla questione sostenendo che il cambio di casacca in cambio di soldi è corruzione: ecco, appunto, in cambio di soldi ma di ciò non c’è nè traccia, nè prova. E allora perchè mai la Magistratura si è lanciata nella mischia, dimenticando che per gli 89 casi precedenti, senza dimenticare le centinaia di altri casi che pure si sono registrati nella storia parlamentare e non del Paese, mai era scesa in campo? Alla fine degli anni 50, a Napoli, 7 consigleiri comunali monarchici eletti nelle lista del Comandante Lauro, dalla sera alla mattina cambiarono casacca, aderirono alla DC e firmarono la siducia al mitico comandante che fu costretto alle dimisisoni. I “sette puttani”,  come li chiamò all’indomani Alberto Giovannini, grande giornalista e direttore del quotidiano laurino Roma, storica testata del giornalismo meridionale, non ancora caduto nelle mani di Bocchino, decretarono la fine del laurismo e mai nessuno, al di là delle deploraszioni politiche, acnhe forti, come appunto quella di Giovannini, si sognò di scomodare la Magistratura, nè la Magistratura, allora e dopo, si è mai sognata di scendere in campo sulla scorta di dichiarazioni che hanno più sapore diffamatorio che probante. D’altra parte, e vienme ricordato, la Costituzione non vincola al mandato i parlamentari che rispondono solo alla loro coscienza. E’ così solo quando si tratta di votare contro Berlusconi e non è così quando si tratta di votargli a favore? Davvero c’è da rimanere stupefatti dinanzi a questa distorsione applicatica della Carta Costituzionale a secona di chi sia il soggetto destinatario o vittima dei cambiamenti di casacca. Certo, anche questa previsione costituzionale meriterebbe una rivisitazione e una riparapetrazione nell’ambito del contesto attuale rispetto al momento in cui la Costituzione fu scritta. Ma in questo caso il signor Fini, il regista principale della crisi atraverso la quale si vuole  porre fine, traumaticamente, alla esperienza non solo del governo Berlusconi, mapiù vastamente  alla sua esperienza politica e ancor più al grande sogno di un fronte conservatore capace di opporsi e di vincere il fronte pseudoprogressista, non avrebbe avuto la possibilità di realizzare il suo progetto. Ma abbiamo fondata speranza che nonostante tutto il progetto di getare nel caos il Paese e la democrazia rappresentativa che sta nella testa di Fini comunque non si realizzerà. Anche grazie al libero pensiero di uomini liberi. g.

….E’ di poche minuti fa la notizia  che una decina di parlamentari del FLI (8 deputati e 2 senatori) hanno sottoscritto una lettera insieme a dieci parlamentari del PDL con cui chiedono a Fini e ovviamente  a Berlusconi di avviare una seria trattativa, previo rinuncia di Fini a votare la sfiducia. Anche questi dieci parlamentari del FLI sono “venduti”?

IL FLI (e Fini) ORA CHIAMANO IN CAMPO I PM

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

L’ultimo assalto, come spesso accade, è il più violento, cattivo, colpisce sul piano personale. A quarantotto ore dal voto di sfiducia che davano per scontato e che invece scontato non è, gli uomini di Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro e i vertici della sinistra minacciano di fare arrestare chi martedì non alzerà la mano per fare cadere il governo e Silvio Berlusconi. Sono alla frutta, con la bava alla bocca, come direbbe Bocchino, si sono accorti che potrebbero aver sbagliato conti e progetto politico. Così, in zona Cesarini, chiamano in loro soccorso i magistrati: indagate su chi sta dalla parte del premier, è il loro appello trasformato in iniziativa giudiziaria. Un atto di terrorismo messo in campo da gente che, tra l’altro, in vita ha tradito e rinnegato tutto e tutti per calcolo e convenienza. D’Alema, Fassino e Bersani negano di essere mai stati comunisti, Fini, Bocchino e Granata hanno rimosso dal loro curriculum prima il fascismo e poi il berlusconismo. Tutti politici di professione che del calcolo personale e dei benefici della politica hanno fatto una religione, traendone vantaggi economici non irrilevanti per loro stessi, amici e parenti.

Adesso tutti questi signori fanno le vergini: in politica non è lecito cambiare idea, dicono, e se lo fai sei per forza corrotto. Oggi pubblichiamo un’intervista a Clemente Mastella, uomo che di salti di alleanze se ne intende. Ci racconta come da sempre la politica sia anche questo. La prassi fu inaugurata nel 1882 da un uomo della sinistra, Agostino Depetris, il premier che per primo governò convincendo parlamentari della destra conservatrice a passare dalla sua parte. Così nacque il trasformismo, pratica non disdegnata neppure dai suoi successori, tali Crispi e Giolitti. Tutta gente a cui abbiamo intitolato strade e piazze.

I trasformisti, poi, sono traditori e mascalzoni quando abbandonano, eroi quando arrivano. Dall’inizio della legislatura 89 parlamentari hanno cambiato casacca senza tanto clamore. Il Pdl ne ha persi 50, il Pd 18, l’Idv 7. Casini ieri ha detto che lui non vende, però evidentemente gli piace comperare, e ha un saldo attivo: in due anni di campagna acquisti ha fatto crescere l’Udc di 5 parlamentari, uno strappato (oggi si direbbe corrotto) al Pdl, Gabriella Mondello.
Vogliamo che la magistratura indaghi su tutti questi 89 casi? Apriamo le porte del Parlamento a carabinieri e pm d’assalto? Noi siamo per il libero arbitrio degli eletti, così come prevedono la Costituzione e la legge ordinaria. Qualcuno dei transfughi avrà fatto i suoi calcoli? Non sarebbero diversi da quelli, per esempio, di Roberto Rosso che ha lasciato il Pdl per diventare coordinatore regionale del Fli in Piemonte. Nelle prossime ore il pressing psicologico si farà ancora più pesante. Prepariamoci a insulti, nuove minacce, il fango girerà a fiumi. E tutto non per un sussulto di moralità. È solo paura delle conseguenze personali del fallimento. La verità è che non c’è mai stato un progetto politico alternativo a questa maggioranza capace di aggregare uomini e idee. Chi di dovere ne prenda atto e si rassegni. IL GIORNALE 11 DICEMBRE 2010

LA PROCURA INDAGA SUI PARLAMENTARI:FARSA O TRAGEDIA

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

La notizia è su tutti i giornali. La Procura della Repubblica di Roma ha aperto due – non uno,ma due – fascicoli sulla presunta compravendita di deputati alla vigilia del dibattito parlamentare e della conta all’ultimo voto sulla sfiducia al governo Berlusconi. E’ una barzelletta si sono chiesti in tanti, una bufala, un pesce d’aprile anticipato? Macchè! La notizia è vera, verissima, con la precisazione che i fascioli risultano aperti con la velocità della luce a seguito di una denuncia presentata dal capataz dell’Italia dei Valori, Di Pietro, che lamenta il fatto che due deputati eletti nelle sue liste hanno deciso di cambiare idea e mentre uno ha già annunciato che voterà la fiducia a Berlusconi essendo rimasto deluso dalle posizioni di Di Pietro, l’altro si è unito ad altri due parlamentari con i quali ha costituito un nuovo movimento, l’ennesimo da quando ci si è messi a sbraitare, Casini in testa,  contro il falso bipolarismo, annunciando una posizione di attesa circa l’atteggiamento che assumerà il 14 dicembre. Ebbene Di Pietro ha denunciato in Procura che i due sarebbero stati “acquistati”, ovviamente da Berlusconi, perchè, ovviamente, quando si tratta di deputati che da sinistra vanno verso destra, ciò non può che essere conseguenza di corruzione e non già di libera determinazione delle coscienze dei singoli,  mentre, al contrario, quando avviene l’esatto opposto, quando cioè parlamentari vanno da destra sinsitra, essi, come D’Annunzio, il primo trassfuga parlamentare della  nostra storia unitaria, “vanno verso la vita”. E a Di Pietro ha fatto eco il solito Fini che riemergendo da alcune ore di  misterioso letargo ha sentenziato che “ormai siamo al calcio mercato”, ovviamente reagendo così, senza stile, come è nel suo costume,  alla insolita – per lui! – notizia che parlamentari sul cui voto da peones  egli faceva affidamento per completare l’opera di disarcionamento del Cavaliere, stanno invece mandando all’aria i piani e dissovendo nell’aria i sogni del numero uno dei traditori, cioè lo stesso Fini. Il quale, ci pare, che un paio di mesi fa ha spaccato il partito del PDL, ha convinto una trentina di parlamentari a formare un nuovo gruppo parlamentare, con i benefici economici che questo comporta, a schierarsi contro il govenro facendone dimettere alcuni componenti  e a presentare in concorso con altri una mozione di sfiducia al governo per farlo cadere. E questa cos’è per la Procura della Repubblica di Roma e per la  sua zelante  informatrice cioè il quotidiano Repubblica? E’ libera articolazione di idee? Mentre al contrario,  il fatto che singoli parlamentari decidano autonomamente di sostenere il governo diviene atto penalmente perseguibile? La Procura di Roma sa benissimo che non v’è reato, perchè altrimenti dovrebbe anzi avrebbe già dovuto aprire fascicoli per i  tanti cambiamenti di casacca che si sono registrati in Parlamento, sia alla Camera che al Senato, in questi due anni e mezzo di legislatura, e i più numerosi sono stati da destra verso sinsitra e non il contrario. Nè va dimenticato quanto è accaduto anche nelle precedenti legislature e i numerosi cambiamenti di casacca che si sono registrati senza che ciò destasse alcuna azione punitiva salvo una deplorazione verso chi cambia casacca, che per altro verso ha la copertura costituzionale visto che i parlamentari,  secondo la Costituzione,  operano senza vincolo di mandato, cioè non sono legati ad alcun obbligo di conservare le posizioni nell’ambito delle quali sono stati eletti ma sono liberi di mutarle a proprio insindacabile piacimento. E’ quanto è sempre accaduto senza che nessuno si sia sognato di scomodare la Magistratura, è quanto sta accadendo anche ora, con la differenza che certi signori che si riempiono la bocca di democrazia da quando sorge il sole a quando tramonta, non riescono a mandare giù il fatto che tutti i loro sogni stanno per infrangersi  sulle scogliere della realtà e perciò, come i bambini cui è stata strappata via la marmellata, corrono dalla mamma – in questo caso dalla Magistratura – perchè gli si renda la marmellata e anche il pane. Lo ha fatto Di Pietro, lo hanno solo bofonchiato  i pieddini di Bersani e naturalmente, sia pure con la saccenza che gli è consueta, anche Fini che si è rifatto alla metafora del mercato calcistico. E sin qui siamo alla politica. Ma quel che è sicuramente poco “politico” è l’intromissione, sia pure considerata “atto dovuto”, della Magistratura,  la quale scendendo in campo potrebbe finire col nutrire la voglia di risultare condizionante anche delle libere e autonome volontà dei cittadini. E questo  francamente è inaccettabile perchè da qui alla Iran il passo sarebbe breve. g.

P.S. Ovviamente anche questo ultimo disperato tentativo di Fini di non finire impiccato all’albero della sua boria risulterà fallace.

BRUTTE NOTIZIE PER FINI

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

E’ sempre più ingrugnito il capataz del FLI, l’abusivo presidente della Camera dei Deputati, per via delle notizie che gli piovono sul tavolo nelle ultime ore. Pochi minuti,  fa il nuovo presidente della Corte Costituzionale, De Servo, eletto con un solo voto di scarto rispetto all’altro candidato,  ha annunciato che la udienza per discutere la presunta incostituzionalità della legge sul legittimo impedimento è stata rinviata d’ufficio a gennaio, senza precisare la data. Doveva svolgersi il 14 dicembre ma il neo presidente, la cui indicazione alla Corte venne  da sinistra per cui non può essere tacciato di essere al servizio del premier, ha dichiarato che la decisione di rinviare l’udienaza è da ricercarsi dal desiderio della Corte di evitare che sulla udienza si scarichi il clima  teso che precede il dibattito sulla fiducia che come è noto si svolgerà appunto il 14 dicembre. Decisione saggia quella del neo presidnete della Consulta che certamente non sarà piaciuta al N.M. (leggasi nuovo messia) Fini il quale tra le altre cose non ha mai nascosto, da quando sussurrava nell’orecchio di un procuratore della Repubblica che stava per scoppiare la “bomba Spatuzza”, il  desiderio che ad azzoppare il Cavaliere che in anni lontani lo sdoganò dal campo di concentramento politico in cui era rinchiuso e man mano lo ha fatto partecipe del potere, lo ha fatto diventare vicepresidente del Consiglio, ministro degli esteri e infine presidente della Camera dei Deputati, fossero eventi legati alla persecuzione giudiziaria di cui Berlusconi è vittima da quando è disceso in campo. Il N.M. sperava anzi che il 14 dicembre la Consulta avrebbe reso vulnerabile dalle togfhe rosse il Cacvaliere e la Camera lo avrebbe mandato a casa. La prima speranza del traditore non si è per il momento avverata, quanto alla seconda le notizie spaiono esserepeggiori. Infatti nella giornata di ieri ben 4 deputati della opposizione hanno assunto la decisione di sostenere Berlusconi il 14 dicembre assottigliando la nota linea del Volga bocchiniana di 317 deputati che erano stati contati contro Berlusconi. Ora non sono più 317 e man mano che passano le ore si rafforza il convincimento che anche la Camera darà la fiducia al premiere alla faccia di tutte le congiure e l’uso anomalo, per usare un eufemismo, che Fini sta facendo della presidenza della Camera, al cui pulpito, sempre abusivo, ha commentato la notizia “stigmatizzando, dicono le agenzie, la compravendita dei deputati”, riuscendo ad un tempo ad offendere e diffamare persone che liberamente hanno deciso di sostenere Berlusconi. Ma si sa, quelli che sono andati con lui sono dei martiri mentre quelli che vanno con Berlusconi sono solo servi e venduti.  E non basta. A rendere poco liete queste ore a Fini ci si è messo anche Casini che sebbene pubblicamente non fa commenti è noto non aver gradito l’incontro segreto svoltosi negli uffici del premier tra Berlusconi e il più fidato scudiero di Fini, Bocchino, che era andato a proporre a Berluscon, a nome di Fini,  un reincarico a condizione che si dimettesse prima del 14 dicembre. L’offerta, ancorchè respinta da Berlusconi, non è piaciuta a Casini, non solo per il merito, ma anche per la forma, perchè dell’incontro non ne sapeva nulla e Fini lo aveva tenuto all’oscuro degli accordi proposti a Berlusconi. A peggiorare la situazione ci si è messo anche Bocchino che quando si è visto scoperto ha accusato Berlusconi di aver reso noto l’incontro e il contenuto allo scopo appunto di allertare Casini sul doppio gioco di Fini. Il che può anche essere vero ma non cambia la sostanza, cioè non smentisce che Fini stava giocando di nuovo Casini, come aveva fatto alla vigilia delle elezioni politiche del 2008, quando,  dopo aver giurato che mai più sarebbe andato con Berlusconi, firmò invece  il patto di confluenza di A.N. nel PDL e solo dopo averlo firmato,   informò Casini con una fredda telefonata mentre Casini era in treno. E le brutte notizie potrebbero non s fermarsi qua se è vero che tra molti parlamentari finiani cche non hanno partecipato al vertice che ieri mattina ha deciso di confermare il voto di sfiducia il 14 dicembre ce ne sono molti che stanno valutando la possibilità di sfilarsi da una decisione che ha sapore di suicidio. Per loro, non per Fini che novello Tarzan troverà una fune per trarsi in salvo fregandosene altamente di quelli che cadranno nel burrone. g.


BERLUSCONI VERSO LA FIDUCIA ANCHE ALLA CAMERA

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi È a meno uno. A Silvio Berlusconi manca giusto un voto per ottenere la fiducia anche alla Camera. Almeno stando ai numeri su carta e alle dichiarazioni fin qui rese dagli indecisi, il pallottoliere segna per il governo 313 voti a favore, 314 contro. A favore del governo, si sono espressi solo ieri altri quattro deputati, tra gruppo misto e opposizione. Ed è per questo che nel centrosinistra si grida allo scandalo, alla corruzione dei parlamentari, alla compravendita, alla campagna acquisti e a chi più ne ha più ne metta. Girano addirittura i prezzari. Il punto è che il governo può contare sui 294 deputati di Pdl e Lega, sugli 11 di Noi Sud, sui due Repubblicani-Andc (Pionati e Nucara), sul futurista (o ex) Catone e sul quartetto composto dagli ex rutelliani Calearo e Cesario e gli ex dipietristi Scilipoti e Razzi. Esclusi i tre delle minoranze linguistiche che hanno annunciato l’astensione, con l’opposizione votano i restanti 314 deputati. Tra cui, però, vanno contate tre deputate in dolce attesa (Mogherini del Pd, Cosenza e Buongiorno di Fli). In questo quadro, basterebbe un’assenza, una malattia, un raffreddore, un mal di pancia per far saltare il piano che mira a sfiduciare il Cavaliere. Mentre già si parla di altri due deputati dell’Idv, Zazzera e Porcino, e persino due senatori (si fa il nome di Di Nardo) pronti a cambiare casacca.
È per questo che Berlusconi in serata vede lo stato maggiore del Pdl e si mostra più che ottimista: avremo una maggioranza ampia, anche se possibile senza i finiani, Fini si ricorderà a lungo la giornata del 14 dicembre… In pubblico, non è meno esplicito. Intervenendo telefonicamente a una manifestazione del Pdl a Verona, il premier afferma: «Sul voto di martedì sono sereno, non penso che siano molti che vogliano tradire gli elettori. È irresponsabile aprire la crisi in un momento così delicato. Sono sicuro che il 14 avremo la fiducia in entrambe le Camere». Quindi sembra anticipare qualche tema del discorso che terrà in aula: «Federalismo fiscale, sicurezza dei cittadini, contrasto all’immigrazione dall’Africa, e più in generale clandestina, piano per il Sud, la riforma tributaria per i lavoratori, e riforma della giustizia». In serata nel vertice con il partito spiega: «Siamo sicuri di avere la maggioranza, solo dopo possiamo trattare, ma sarò io a dare le carte e a porre le condizioni. L’apertura, quindi, è sul programma, ma si dovrà partire da questo governo e dai risultati raggiunti in questi due anni». E ancora: «Non c’è alcuno spazio per un altro governo, io farò un appello e sono sicuro che Casini non si potrà sottrarre».

Sono due elementi che giocano in queste ore a favore di Berlusconi. Il primo è l’incontro a pranzo che il premier ha avuto con i nuovi cardinali, a cui ha donato una croce pettorale. Al meeting, era presente anche il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Il secondo dato è una certa insofferenza da parte dell’Udc nei confronti di Fli. Finora il percorso era stato comune, ma l’incontro segreto tra Bocchino, emissario di Fini, e Berlusconi ha creato tensioni. Bocchino ha prima smentito, poi in un videomessaggio ha fornito la sua versione. Casini sapeva poco ed è stato colto di sorpresa. A questo punto, comunque vada dopo martedì, è sempre più probabile un allargamento della maggioranza ai centristi, che potrebbero entrare nel governo indicando loro tecnici. Mario Monti, per esempio, sarebbe un ministro per l’Europa perfetto.Fabrizio dell’Orefice, Il Tempo, 10 dicembre 2010

SONO PAZZI QUESTI FINIANI? A SENTIRLI SEMBRA DI SI

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

TRATTARE:  E’ troppo tardi. Anzi, perché no? Si può trattare

Metà novembre. Neanche un mese fa. Gianfranco Fini incontra Giorgio N a­politano e Gianni Letta, poi tara il suo me­tronomo: «Ora il Cavaliere pare intenzio­nato ad accettare ciò che gli avevamo chiesto e che ha rifiutato, il Berlusconi­bis. Ma le proposte politiche hanno un loro tempo e la nostra ormai è scaduta». Fine? Fine della presunta trattativa? Fini rincara la dose: «Se votassimo un nuovo esecutivo guidato dal Cavaliere la gente finirebbe per non capire più nulla».

In effetti, la giostra gira e Italo Bocchi­no afferma: «Per noi servono l e dimissio­ni, ma siamo disponibili a un reincarico anche 7 2 ore dopo». Il tempo per il Berlu­sconi- bis, dunque, non è scaduto. Si può fare, si può ancora fare, anche nell’arco di 72 ore. E Silvano Moffa scavalca an­che l’ostacolo delle dimissioni che i suoi compagni di Fli avevano innalzato sulla strada del Cavaliere: «Un nuovo patto di legislatura si può siglare anche senza le dimissioni del premier». Ricapitolan­do: Berlusco­ni bis mai, Berlusconi bis sì, e sì pu­re al Berlusco­ni Berlusco­ni. Berlusco­ni con rima­sto. Ma sem­pre incollato alla sedia di Palazzo Chi­gi.

Giuseppe Consolo, av­voc­ato e parla­mentare futu­rista, sposa le parole di Mof­fa: «Dal punto di vista politico Moffa ha ragione; le dimissioni non sono indispen­sabili se viene offerto u n patto di legisla­tura che rimetta in moto il Paese. Sono d’accordo con Moffa e con me, lo sono in molti». Molti?

Luca Barbareschi prende l a strada o p­posta, per di più nelle stesse ore, quasi in simultanea: «Siamo tutti coesi. Se esiste u n calciomercato? C’è e d è una cosa ver­gognosa. Berlusconi manca di serietà, pensa di avere a che fare con un gruppo di persone in vendita e invece di riflette­r e e fermarsi v a avanti con la logica muo­ia Sansone con tutti i Filistei». Insomma, la trattativa sul Berlusconi bis c’è o no? E chi lo sa. Però Carmelo Briguglio , altro colonnello finiano, è tranchant : «Non c’è nessuna trattativa. Siamo compatti e c’è unanimità nel chiedere le dimissioni di Berlusconi». Saranno pure «compat­ti » m a Briguglio e Moffa affermano l’uno il contrario dell’altro.

LA COLLOCAZIONE: Siamo di destra, anzi con Vendola

Siamo di destra, no siamo di sinistra. No, sono tutto e il contrario di tutto. I finiani procedono una capriola dopo l altra. Basta mettere a confronto il Granatapensiero con il Bocchinopensiero per farsi venire i sudori freddi. Ecco il sogno di mezza estate di Fabio Granata: «Fini è molto gradito a sinistra. È un politico trasversale, capace fuori dal Palazzo, di mettersi alla testa di una rinascita nazionale. Fini-Vendola secondo me vincono perché la gente è molto più avanti di quello che si pensa».
Fini & Vendola? Certo, è il 13 agosto e Granata dilaga: «Sono saltati gli schemi destra-sinistra. E poi cosa ci divide dalla sinistra e da Vendola sulla legalità, il contrasto alle mafie, la cittadinanza, l’immigrazione, la coesione sociale, i problemi del Mezzogiorno, l’evasione fiscale, il federalismo solidale?». Che manca? Nulla, in questa chilometrica lista. Insomma, la destra può andare braccetto con la sinistra, addirittura con quella vendoliana, sua gemella. Ancora Granata, il Granata di mezza estate: «Io non voglio stare cinque anni all’opposizione. Per questo non escludo un’intesa con la sinistra e con Vendola. Questa potrebbe essere l’extrema ratio di fronte ad una rottura traumatica del centrodestra».

Si va sinistra. Anzi, no. Ecco Italo Bocchino, il 20 novembre scorso: «Futuro e libertà è un partito culturalmente e politicamente ancorato al centrodestra. C’è il tentativo di chi ci teme di dire: hanno tradito, stanno andando con la sinistra, hanno cambiato idea su tutto»: A chi si riferisce Bocchino? Forse a Granata? «Noi – prosegue il braccio destro di Fini – non abbiamo cambiato idea su niente, a differenza di altri ci siamo evoluti. Diciamo le cose scritte nei documenti del Partito popolare europeo, della destra francese, tedesca, spagnola». E Vendola? No, nell’elenco di Bocchino non c’è posto per la sinistra pugliese. E neppure c’è nel pantheon di Silvano Moffa: «Fini ha detto chiaramente nel discorso di Bastia Umbra che Fli è nel centrodestra. E non credo sia utile scommettere su una sinistra in crisi d’identità, che non sa decidersi fra l’estremismo di Vendola e il buonismo di Veltroni. Così come è un controsenso sia inseguire il mito di un falso ’68 sia inseguire sui tetti Bersani. Questo crea soltanto incertezza e imbarazzo fra i nostri elettori»

Il Cavaliere? E’ un genio. Anzi, se ne vada

Berlusconi è un genio, parola di Italo Bocchino. Un Bocchino recente, di qualche mese fa, non archeologia repubblicana. Sentite cosa dice al Riformista Bocchino, sì proprio lui, il primo di aprile. E non è un pesce. «Berlusconi ha dimostrato di essere il maggiore interprete del sentimento comune degli italiani. Solo un forte impegno berlusconiano poteva determinare il risultato ottenuto. Un vero e proprio colpo di genio». C’è da stropicciarsi gli occhi. Più berlusconiano di Berlusconi. Più stupito di noi è l’intervistatore. Ma Bocchino insiste: «Il nostro obiettivo è 1’armonia nel partito e lavorare per continuare a vincere».

Tutto vero. Anzi no, Berlusconi va rottamato. Però può restare come capo del governo. Sfidano le leggi della fisica le acrobazie dei finiani sul Cavaliere. L’ex viceministro per il commercio Adolfo Urso il 16 novembre celebra il funerale politico del Cavaliere: «Ormai il Cavaliere si è bruciato i ponti alle spalle. Toccherà a lui – concede generoso Urso – per il bene del Paese, indicare il suo successore per guidare un nuovo governo di centrodestra aperto all’Udc. Che sia Letta o Alfano, Tremonti o Maroni, noi siamo disponibili a parlarne». Disponibili a cercare un capo nuovo di zecca, uno che non cominci per Ber.

Basta, quella è archeologia. Luca Barbareschi, nei giorni scorsi, è categorico: «A noi va bene Tremonti, va bene Alfano e va bene Draghi. Basta che Berlusconi non ci sia più perché Berlusconi è finito e non ha più credibilità». Chiaro? Del resto, il categorico Barbareschi il 12 novembre è stato ancora più categorico. Dopo aver ascoltato una battuta del Cavaliere sui gay, l’attore parlamentare ha sentenziato: «Al posto di Berlusconi mi vergognerei. Fossi in lui, per lui stesso, per la sua famiglia, per i suoi figli, me ne andrei dal Paese». Altro che leader. Ma Silvano Moffa, altro colonnello di Fli, non sembra condividere la linea del collega. «Ma il prossimo leader del centrodestra chi sarà?», gli chiede Il Tempo. «Non c’è nessuno oltre i due leader attuali», risponde Moffa. il giornalista insiste: il nuovo centrodestra può farlo Berlusconi? «Certo – replica Moffa – può farlo anche lui». Degli altri leader virtuali, dei Tremonti e dei Maroni, non c’è più traccia.