Archivi per febbraio, 2011

SENZA POLITICA RESTANO I PM

Pubblicato il 15 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi Tutto scorre, panta rei, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume e la legge inesorabile del tempo governa ogni nostra azione, e proprio per questo penso che le lancette dell’orologio della nostra piccola storia non possono restare ferme ai primi anni Novanta e alla rivoluzione in toga. È ora di voltare pagina. Anzi, è giunto il momento di cambiare libro. Per farlo ci sono molte strade, ma una sola in realtà è la via maestra: riportare l’articolo 68 della Costituzione alle sue origini, a quello che i padri Costituenti avevano saggiamente deciso agli albori della Repubblica per impedire al potere giudiziario di esondare o di essere utilizzato per far fuori l’avversario politico. Senza un’immunità parlamentare attiva c’è spazio solo per il ricatto e la sopraffazione.
Il martellamento giudiziario del Cavaliere sarà in futuro il destino di qualche altro. A destra o a sinistra, poco importa. Tutti i poteri senza un argine diventano naturalmente dispotici, per questo c’è bisogno di un bilanciamento. La Giustizia non fa eccezione, anzi non essendo i magistrati eletti, sono naturalmente irresponsabili. E in Italia per giunta si autogovernano.
Dovrebbe essere il centrosinistra per primo a capire che così non si va avanti, che il rischio concreto è quello dell’implosione del sistema. E invece niente, si attende che la magistratura porti a casa lo scalpo di Berlusconi e questo può bastare per cominciare un’altra partita. Che errore. Non si costruisce una nuova stagione sulle ceneri di una rivoluzione in toga. Non c’è futuro se non c’è più politica. Mario Sechi, Il Tempo, 15 febbraio 2011


Mario Sechi

15/02/201

BARBARESCHI A FINI: MEGLIO VENDOLA DI BERLUSCONI?

Pubblicato il 15 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Libero-news.it
Se Fini preferisce Vendola e il Pd a Berlusconi e al centrodestra, evidentemente Futuro e Libertà non sarà più il mio partito. E come me, molti”. Ne è sicuro Luca Barbareschi, deputato di Futuro e Libertà ospite del direttore di Liberto Maurizio Belpietro a ‘La telefonata’ su Canale 5.

Barbareschi, lei è stato l’uomo che ha scritto il manifesto di Fli presentato a Bastia Umbra, ma non era presenta a Milano. Perché?
“Diciamo che al manifesto ho partecipato insieme ad altre persone… Non sono d’accordo sulla linea, non è un problema di nomine, Fini può decidere la sua classe dirigente. Io pensavo però a un partito che funzionasse da stimolo a Berlusocni, non a quello che sta accadendo. Accordi a sinistra, un partito cavallo di Troia per una magistratura che combatto da Tangentopoli ad oggi…”.
Quindi crede che dietro le parole del presidente di Futuro e Libertà ci sia l’intenzione di allearsi col Pd e Vendola?
“Non è un sospetto, è già un dato di fatto. Alcuni, come me, Viespoli e Urso hanno un’altra linea. Se la linea è quella di allinearsi con la sinistra, il partito non farà più parte della mia storia. Si può criticare Berlusconi ma bisogna tener conto anche delle cose buone fatte dal governo di centrodestra, come la riforma Gelmini che tra l’altro abbiamo votato”.
Urso e Viespoli hanno minacciato l’addio. Cosa succederà?
“C’è molta perplessità, ognuno di noi ha storie diverse, alcuni di lungo corso devono misurarsi con una nuova classe dirigente che li sta scavalcando”.
Usciranno dal partito?
“Tutto è possibile. A Bastia Umbra ricordo 7-8.000 persone, mi sono emozionato. A Milano invece c’è stata una scarsa affluenza e freddezza generale. Anzi, la standing ovation è arrivata sì, ma per Urso. Mi auguro che i leader ascoltino la base e non la prendano in giro”.
Ci crede al Terzo polo?
“Sinceramente no, non è possibile una trasversalità così ampia”.
In pratica, dalla ex Democrazia Cristiana agli eredi del Movimento sociale…
“Io, tra l’altro, del Terzo polo ho saputo in tv. Questo per dire della trasparenza del partito”.
Non la convince l’organizzazione di Futuro e Libertà?
“Siamo andarti via in polemica con il ‘partito del predellino’. Volevamo una classe dirigente scelta con più giustizia, ma se avremo il ‘Predellino 2, la vendetta’ non va bene. C’è molta confusione. Quando sul Secolo d’Italia ho letto interventi di Scalfari, Gad Lerner, Travaglio, lì ho capito che non era più il mio partito, qualcuno evidentemente voleva la benedizione culturale della sinistra al caviale…”. LIBERO, 15/02/2011

FINI SI FA ELEGGERE PRESIDENTE E SI …AUTOSOSPENDE

Pubblicato il 14 febbraio, 2011 in Gossip, Politica | No Comments »


FINI VISTO DA….. VINCINO

ANCHE IN IRAN DILAGA LA PROTESTA POPOLARE: IL REGIME DEGLI AYATOLLAH LANCIANO I LORO PRETORIANI CONTRO I DIMOSTRANTI PER FERMARE LA RIVOLTA.

Pubblicato il 14 febbraio, 2011 in Politica estera | No Comments »

Le motociclette nere dei bassiji sono tornate nelle strade di Teheran, ieri, per disperdere la manifestazione organizzata dall’opposizione al regime degli ayatollah. Lacrimogeni, spari, un morto secondo l’opposizione, decine di arresti hanno scandito il pomeriggio della capitale iraniana, mentre le strade si riempivano di giovani e meno giovani, i “reduci” dell’Onda verde che provò a forzare il Palazzo di Teheran nell’estate del 2009. Secondo un reporter della Bbc, in poche ore s’è creato “un caos totale”, mentre ai leader del movimento d’opposizione è stato impedito di scendere in piazza. Il governo aveva respinto la richiesta, già settimana scorsa, di manifestare: Mehdi Karroubi era stato messo agli arresti domiciliari giovedì scorso; la stessa sorte è toccata ieri a Mir Hossein Moussavi: l’accesso alla sua abitazione sarebbe stato bloccato, così come il collegamento telefonico (secondo altre fonti avrebbe tentato di uscire con i manifestanti, assieme alla celebre moglie Zahra Rahnavard). La polizia avrebbe arrestato anche il console spagnolo a Teheran, Perez Cambra. Il segretario di stato americano, Hillary Clinton, ha espresso già ieri sostegno alle “aspirazioni” della piazza iraniana, chiedendo al governo di non ricorrere alla violenza contro i manifestanti.

Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, e la Guida suprema, Ali Khamenei, si sono schierati a favore dei “rivoluzionari” di Tunisi e del Cairo che hanno tolto di mezzo i loro leader “corrotti e schiavi dell’occidente”. Dietro all’improvvisa e inusuale simpatia per le piazze c’è naturalmente un disegno strategico: la destabilizzazione degli alleati di Israele e degli Stati Uniti crea un vuoto di potere nella regione di cui la Repubblica islamica d’Iran potrebbe facilmente approfittare, per non parlare del grande sogno sciita che prenderebbe forma ai danni delle odiatissime leadership sunnite. “Il governo iraniano ha dichiarato illegale per gli iraniani ciò che considera legittimo per gli egiziani”, ha sottolineato Tom Donilon, consigliere per la Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Obama. All’Onda verde – che nell’ultimo anno e mezzo non ha avuto tregua da parte del regime: le uccisioni, le sparizioni e le persecuzioni non sono certo finite una volta che la piazza è stata sconfitta dalle manovre del Palazzo – non è sfuggita l’opportunità: torniamo in strada anche noi a sostegno delle rivolte che tanto piacciono ai nostri governanti, e vediamo quel che succede. La reazione delle forze di sicurezza del regime era scontata: la grande differenza tra la piazza iraniana e quella degli altri paesi sta proprio lì. In Tunisia e in Egitto, l’esercito si è rifiutato di sparare sulla folla e anzi ha fatto da mediatore tra i governi e le proteste. In Iran, le Guardie della Rivoluzione e i bassiji hanno già mostrato di non avere alcuna remora nel reprimere nel sangue ogni dissenso: l’ultima volta che l’Onda verde ha ufficialmente manifestato, nel dicembre del 2009, è finita con una decina di morti, e già nell’estate dello stesso anno, in cui sembrava che le fratture del Palazzo avrebbero sancito la vittoria della piazza, ci fu almeno un centinaio di morti, per non parlare di quelli che finirono nella prigione di Evin.

Alcuni analisti sperano che il contagio arrivi in Iran, ma prevale la preoccupazione. La retorica del regime non si è mai fermata né contro l’opposizione, né contro l’occidente. Così come non si è fermata la corsa all’atomica. Ieri il capo dell’Aiea, Yukiya Amano, ha detto al Washington Post che l’Iran produce uranio arricchito “in modo sistematico”. E da domani è prevista una visita in Italia di una delegazione iraniana.

.…………Il presidente americano Obama, nella logica tipica dei liberal americani, nei giorni scorsi ha favorito la caduda di Moubarak, storico alleato degli americani, sostenendo la rivolta popolare contro l’ultimo faraone d’Egitto e consentendo la consegna del paese delle Piramidi all’Esercito che ha sciolto il Parlamento e sospeso la Costituzione. Farà la stessa cosa ora che la protesta dilaga anche in Iran? Avrà il coraggio Obama di sostenere apertamente la rivolta degli oppositori degli ayatollah e dei capi dello stato islamico, vera e autentica minaccia per l’Occidente? Vedremo.g.

LA PROPOSTA INDECENTE DI FINI, di Marcello Veneziani

Pubblicato il 14 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Su, moriamo abbracciati. È questa la proposta costruttiva che Fini ha saputo fare a Berlusconi, come quegli uxoricidi-suicidi. Io mi dimetto se tu ti dimetti, dice Fini, ma dietro il kamikaze si nasconde il furbetto: se si dimette Berlusconi si va alle urne, le Camere si sciolgono e loro, i presidenti, vanno comunque a casa. Il suo appello sa di falso. E pure di indecente, quando si appella all’etica.

La parabola incresciosa di Fini sembra quella di un Nicolazzi della Seconda Repubblica. Chi di voi ricorda Nicolazzi, uno degli ultimi segretari del sole malato, come da noi a Sud si chiamava l’estrema stagione del Partito socialdemocratico? Forse nessuno, ed è una ragione in più per accostarlo alla parabola di Fini. Un alleato minore, di basso profilo. La parabola di Fini ricorda quasi un racconto di Buzzati: da direttore a vice, da vice a impiegato, da impiegato a usciere. Da delfino di Berlusconi a vice di Casini, da leader della destra a iscritto del partito di Bocchino, da riferimento per un terzo degli italiani a riferimento per un trentesimo dei medesimi, stando alle previsioni a lui favorevoli. Fini somiglia davvero a Mariotto Segni, che, come tutti dissero, vinse la lotteria ma perse il biglietto vincente. Al di là dei suoi meriti, Fini era destinato per la legge del vuoto e del video a diventare l’erede di Berlusconi. Era stato con lui per sedici anni e la sua scelta di sciogliere An e di confluire, di malavoglia, nel Popolo della libertà, diversamente da Casini, lasciava intuire un ragionamento: stringo i denti perché poi toccherà a me. Certo, non tutti sarebbero stati d’accordo, a cominciare dalle Lega, ma il numero 2 del Pdl, anche nei sondaggi, era comunque il favorito. Anche perché si era tolto di mezzo il concorrente diretto, Casini. E invece cominciò a rendere vistosa e radicale la sua opposizione interna. Attacchi inconcepibili da chi aveva sottoscritto tutto quel che fino allora si era fatto. Eccetto una critica, a mio parere fondata, all’evanescenza del Pdl, che poteva essere un buon punto di partenza per ricucire il dissidio, dandogli ragione e chiedendo a lui di occuparsi del partito, lasciando immune il governo e la leadership. Ma i due ormai non si sopportavano più e il lato personale prevalse sul calcolo politico. Ora la collocazione extraterrestre del Fli, il suo forzato alloggio in un seminterrato del Terzo polo, i suoi ondeggiamenti tra la sinistra e la ritirata, fotografano un partito avvitato nella tattica e incapace di strategia. Diviso in quattro-cinque correntine, peggio dei vecchi partitini, con Granata che gode perché così «ci liberiamo della zavorra»: ma sì, continuate a liberarvi della zavorra, fino alla scissione finale, quella dell’atomo. Il distacco di alcuni intellettuali lo conferma; ma anche il giudizio critico che della creatura finiana danno tutti i più significativi esponenti della destra pensante e della nuova destra. I più motivati del Fli, e vorrei dire i migliori, sono tutti di estrazione antifiniana, exrautiani, vecchi seguaci della nuova destra, tardivi sessantottini, trentennali sognatori di andare al di là della destra e della sinistra… C’è chi spolvera un nemico storico di Fini, il grande Beppe Niccolai, e lo usa per dare nobiltà al rancore; chi si impossessa di Giano Accame che con Fini non ha nulla da spartire, c’è chi ruba a Giorgio Pisanò la definizione di fascismo e libertà e viene elogiato dal Corriere della sera; c’è chi scippa a Generoso Simeone la paternità dei campi hobbit degli anni Settanta… E c’è persino chi aderisce a Fini nel nome di colui che è dal profilo umano, etico e ideale la sua Antitesi Radicale: Berto Ricci… Tutto un piccolo mondo antifiniano che, approfittando della proverbiale vacuità del suo leader, crede di poter riempire la scatola vuota finiana di ciò che a loro piace. Tra loro c’è anche gente di qualità e in buona fede, che identifica il berlusconismo con l’americanizzazione, il consumismo, il degrado del tempo nostro e lo avversa. Ma combattere una battaglia di civiltà sotto Fini, con Casini e Rutelli, e inevitabilmente dentro la santa alleanza antiberlusconiana, con Vendola e Bersani, con Di Pietro e Santoro, e contro un popolo misto ma nel complesso destrorso, mi pare una follìa. Le scelte realiste, dal loro punto di vista, a me sembrano due: proiettarsi nel futuro, e lavorare nel centro-destra perché dopo Berlusconi vi sia una presenza significativa di quelle idee che An di Fini non ha saputo rappresentare. O ritirarsi dalla politica perché il degrado è generale e non lascia speranze. Ma scegliere Fini, liquidatore di tutte le destre e manovrato da loschi burattinai, ieri alleato del Male Berlusconiano e oggi complice del Peggio Antiberlusconiano, mi pare idiota. Fini persegue un suo disegno e un suo rancore personale. Lasciatelo friggere. Quando parlava Fini è salito un mitomane sul palco. Ho avuto l’impressione che i mitomani sul palco fossero due. Fonte: Il Giornale, 14 febbraio 2011

QUANDO VENDOLA SFILAVA NUDO CONTRO LA DC

Pubblicato il 14 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Nudo! Nudo! Il leader è nudo! Sì, ma è Vendola, peccato. La foto vale meno, gira libera su internet, nemmeno un ricattatore che provi a venderla sotto­banco. Se la destra è in mutande, il nuovo (nuovo?) centrosinistra è mol­to avanti: le ha tolte da un pezzo. Si è liberato da pregiudizi e ideologie, e già che c’era anche del costume da ba­gno, per meglio espletare lo storico compito di giudicare l’avversario, il drago che mangia le fanciulle. Dal nu­dismo dei gay camp, col motto «Nudi sì ma contro la Dc: occhio, malocchio, diventerai finocchio», alla crociata del pudore tradito.

Che bei ricordi di libertà e sfida al conformismo bac­chettone quelle giornate a Capo Rizzu­to nel ’79, con il movimento gay italia­no che si ritrovava sulla spiaggia calabrese, pelle al sole e nudità al vento dello Ionio, per disfarsi di un’etica pubblica ritagliata sull’abito delle beghine. Sulle onde del progresso civile, tra cotanti liberi pensatori e omosex finalmente coscienti di sé, anche tanti etero «che hanno aperto gli occhi, gli slip o entrambi », «una sfilata di Wande Osiris, femministe d’avanguardia, maestre e puttane», molti «maschi in crisi che sublimavano in droghe e rock & roll, e una ventina di compagne lesbiche ». Così racconta una memoria storica del movimento gay, Felix Cossolo, sul sito di gay.tv. Con lui «c’era anche un giovane timido e un po’ velato che passeggiava nudo sulla spiaggia con me, il carissimo Nichi Vendola, oggi Presidente della Regione Puglia».

Trent’anni di battaglie nude e crude (con foto) per poi essere acclamato dalla piazza delle donne scandalizzate dalle nudità (ma ancora senza foto) di Arcore, al grido «Grande Nichi, salvaci tu!», il puro che può emendare la vita pubblica dal turbinio dei sensi e dagli appetiti carnali. Ma è lui o non è lui il ventenne totally naked che, felice come un animale marino, cammina sulla battigia tra le amorose braccia di due compagni di libertà, ripreso in copertina dalla rivista “Lambda” (poi Babilonia), primo mensile di «controinformazione gay», in quel ’79? A dire di sì sono «i nostri più attenti lettori», quelli di gaytv. it, che non hanno dubbi (e gli autori neppure quando dicono «commenti e mail ci hanno fatto notare un giovane Nichi Vendola nudo sulla copertina di Lambda») sull’identità del giovane virgulto saltellante, antico militante del movimento omosessuale e novella promessa della sinistra che non vuole più perdere. A quel tempo la sfida alla pruderie borghese si faceva in semiclandestinità, con meeting o su riviste, una delle quali aveva un nome che oggi, nel vendolismo anti-peccato, parrebbe uno scherzo: «Re nudo».

Sarà che le battaglie sono state per buona parte vinte tanto che un gay può fare il presidente di una grande regione senza scandalo, e studiare da candidato premier di una coalizione fatta anche di cattolici, sarà per questo che la morale, una volta parola evocatrice di censure e violenze, è diventata una bandiera per Nichi, star delle folle dalla morale ferrea. Vendola, che batte tutti a sinistra per capacità magnetica e appeal personale, si è fatto custode dei codici etici repubblicani e, da ex nudista per troppa virtù libertaria, bolla come «patetiche» le mutande di Ferrara. Si scioglie per «l’onda di bellezza» della protesta contro le «puttane», parola che negli anni duri dell’Arcigay era un complimento, per dire donna che fa di sé quel che vuole. Che sia invecchiato? La sua storica base, radicale nella lotta per i diritti gay, parla una lingua diversa, o così almeno sembra quando, nei commenti al pezzo su lesbian.tv («Esclusivo! Nichi Vendola nudo sulla spiaggia di Capo Rizzuto»), un lettore plaude al «modello vincente» dell’«uomo politico che con la sua personalità impone alla società civile di ritenere oramai del tutto ininfluente per il giudizio sull´uomo pubblico, le sue inclinazioni sessuali. Avercene di esempi così». Ma no, non parlava di Berlusconi. Fonte: Il Giornale, 14 febbraio 2011

LE ADUNATE DI MINORANZA, l’editoriale di Mario SECHI

Pubblicato il 14 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Quanti erano a manifestare contro Berlusconi? L’opposizione parla di un milione di persone. Quanti sono i votanti in Italia? Oltre 47 milioni. Ecco, in piazza ieri c’era una moltitudine che di fronte alla massa complessiva dei cittadini è una minoranza. Chi fa politica non deve dimenticare la presenza di una «forza tranquilla» che sta a casa, osserva e poi vota. Per questo il centrodestra non deve cadere nella sindrome dell’assedio, una cattiva consigliera che fa compiere gravi errori. Il più macroscopico è quello di imputare a Giorgio Napolitano un disegno per cui il Presidente della Repubblica è pronto a sciogliere le Camere con la motivazione di un blocco istituzionale che impedisce l’attività parlamentare.

Ho buoni motivi per pensare che non sia questo il quadro reale. Napolitano ha dimostrato finora di saper ponderare la realtà parlamentare con la volontà popolare. La sua nota dell’altro ieri mi pare il tentativo di frenare la corsa verso l’autodistruzione del sistema politico. Non riguarda solo la maggioranza, ma anche l’opposizione e gli altri soggetti istituzionali, non ultimo il presidente della Camera Gianfranco Fini che continua a comportarsi come il capo di una ditta di demolizioni e non come la terza carica dello Stato che ha la responsabilità di far funzionare il Parlamento e favorire un clima di collaborazione tra i partiti, senza i tatticismi di cui s’è visto il segno nel congresso fondativo di Futuro e Libertà. Aprire una crisi senza concordarne i passaggi con Berlusconi può condurre verso il caos. E non penso che Napolitano sia un ingenuo.
Il Presidente della Repubblica sa benissimo cosa c’è in palio e al posto del centrodestra mi preoccuperei di non consegnare il Quirinale alle lusinghe pelose del Bersani di turno. Al contrario, sosterrei la linea di moral suasion del Colle per trovare una via d’uscita da questa spirale d’odio e conflitto permanente che sta divorando il Paese. Il governo ha il diritto-dovere di restare in carica finché ha i numeri e dimostra di poter assolvere al meglio la sua missione. Il resto dello scenario, la ghigliottina mediatica e le minoranze idrofobe, fanno parte di una fiction dello sfascio che abbiamo già visto. L’Italia – con buona pace dei rivoluzionari muniti di servitù e carrozza – è ancora una solida democrazia: non sono le piazze a eleggere o far cadere i governi, ma gli elettori. Mi pare un ottimo punto di partenza per far valere le proprie ragioni e prendere l’iniziativa, cioè fare politica. Mario Sechi, Il Tempo, 14 febbraio 2011

LE PIROETTE DI FINI

Pubblicato il 13 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Fini ha concluso la tre giorni del FLI a Milano e non ci ha risparmiato le consuete piroette all’interno del solito  discorso intriso di principi e valori che egli stesso non sa quali siano, ma si limita  solo astrattamente  ad enunciarli. Dei presunti  valori di Fini  quindi non vale parlare, piuttosto è interessante  l’ennesima piroetta che, forse, nelle sue intenzioni, doveva essere o almeno apparire una bomba. Fini, rivolto a Berlusconi, gli ha lanciato una sfida: dimettiamoci entrambi e poi andiamo al voto. Il furbetto di Bologna  ha lanciato una sfida che nasconde due o tre carte truccate. Intanto, una eventuale doppia dimissione di entrambi risolverebbe il caso personale di Fini che è insieme una barzelletta e una ignominia: egli è stato eletto, per acclamazione, guarda un pò, proprio alla Berlusconi, presidente del suo partito ma si è immediatamente autospeso perchè anche lui si rende conto che  è inconcepibile che uno possa fare in prima persona il capo di un partito di opposizione  stando seduto anche sullo scranno più alto di Montecitorio, dove chi vi siede deva assicurare la massima imparzialità e non solo deve esserlo imparziale  ma deve anche apparirlo. Sono stati in molti nelle settimane scorse a dirgli chiaro e tondo che non poteva ricoprire entrambi i ruoli e fra i più duri i due intellettuali di punta del finismo, cioè il prof. Campi e la dott.ssa Ventura. Entrambi sono rimasti inascoltati per cui hanno disertato l’assemblea di Milano, denunciando  anche la irresponsabile scelta del terzo polo fatta in solitudine da Fini. Fini ha scelto la strada politicamente e istituzionalmente più azzardata della elezione e della autospensione per almeno due motivi: da una parte non ha voluto rinunciare agli onori della terza carica dello Stato e dall’altra non ha voluto correre il rischio di fare per la seconda volta la figura del pirla, come quella che ha fatto con Berlusconi al quale ha dovuto lasciare buona parte della ex AN,  più del 70%, portandosi dietro solo la parte residuale e certamente la peggiore. E questa è la prima carta truccata. La seconda è tutta politica. Fini chiede a Berlusconi di dimettersi pur sapendo bene che Berlusconi ha almeno una  buona e solida ragione per non farlo.   Dopo lo strappo di Fini, il capo del governo si è presentato in Parlamento ben 7 volte e per tutte le 7 volte il Parlamento, Camera e Senato, gli ha riconfermato la fiducia. Fini invece eletto nel 2008 da una maggioranza che egli ha rinnegato non si è mai sottoposto ad una  solo verifica dopo lo strappo con il PDL per constatare se c’è ancora una maggioranza che lo elegge, non lo ha fatto e si guarda bene dal farlo. Anzi, alla Lega e al PDL che gli avevano chiesto un dibattito in Aula sulla sua anomala posizione ha risposto, come sempre  spocchioso e prepoetente, picche. Ecco allora la seconda carta truccata. Propone, anzi sfida Berlusconi alle dimissioni simultanee di entrambi, dimenticando che mentre il premier è stato più volte riconfermato, è  lui  semmai che prima di sfidare deve almeno porsi nelle stesse posizioni di Berlusconi perchè la sfida sia equa. Ma Fini ha solo fatto l’ennesima piroetta con le parole, perchè, ed è questa la terza carta truccata, lui è il primo a non voler votare ora  perchè oggi come oggi al più farebbe la ruota di scorta a Casini, rischiando, andando da solo come FLI alle votazioni, di fare la fine di Bertinotti. Ed ecco allora la sfida, inaccoglibile  che però  serve, nelle sue intenzioni, a farlo apparire come un novello Orlando mentre al massimo è un don Chisciotte avendo come scudiero un certo Bocchino.  A proposito di quest’utimo, non è riuscito a fare il salto verso la segreteria unica, stoppato da tutti gli altri, ad iniziare da Urso, che proprio non se l’è sentita di fare da portavoce a…Bocchino. E forse questa è la vera novità della prima assemblea del partito di Fini: che Fini è stato stoppato. g.

PIETRANGELO BUTTAFUOCO INTERVISTATO SULL’ASSEMBLEA DEL FLI

Pubblicato il 12 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Paolo Bracalini per Il Giornale

«La pesca delle occasioni», ecco la linea politica del «signor Fini», dice uno che lo conosce bene. Pietrangelo Buttafuoco è eretico per vocazione. «Io nel Msi stavo dalla parte che Fini avversava, quella di Beppe Niccolai, di Tabula rasa. Mentre noi facevamo una proposta politica di rottura lui faceva già il fascista del Duemila. Il bello è che la crème di quel mondo lì ora è dentro Fli, a partire da Bocchino, uno che Fini non poteva vedere».

Però, Buttafuoco, ora gli bacia la pantofola.
«Ma è perché quel mondo ha voglia di fare politica, e siccome il Pdl o come si chiama tutto fa tranne politica, questi hanno aspettato qualsiasi cosa per aggrapparcisi, fosse pure uno come Fini».

Ma che leader è Fini?
«È uno che è sempre stato a ruota di qualcun altro. Fa la pesca delle occasioni. Sarebbe stato meraviglioso a fare le televendite: parla bene, è convincente, telegenico, porta anche le cravatte sbagliate per far sentire a proprio agio l’italiano medio».

Sembra un Berlusconi riuscito male.
«Ma sono molto diversi. Berlusconi è perfetto per il pop di un Andy Warhol, Fini per gli acquarelli coi paesaggi tzigani che vendono le bancarelle. Sono sicuro che in questo momento si sta mangiando le mani, perché sarebbe toccato a lui. Fosse rimasto, Tremonti non si sarebbe sognato di fare il viaggio in treno».

Era destinato a succedere a Berlusconi, poi che gli è successo?
«Solo motivi personali, ma su quelli non si costruisce un progetto politico».

Questo Fli, che si dà le arie di partito nuovo della destra per bene, come lo vede?
«Finirà peggio dell’Elefantino, quello con Mario Segni. È un gigantesco errore. Ma è un danno anche per Berlusconi».

Doveva tenersi in casa un tipo come Fini?
«La politica è fatta anche di fardelli da sopportare, in cambio non avrebbe privato il Pdl di una classe di intelligenze e di talenti,  che in queste ore, in cui si decidono vent’anni di berlusconismo, sarebbero stati utili».

Però hanno seguito immediatamente Fini e parlano da antiberlusconiani convinti.
«Il gioco è stato portato troppo avanti e si sono rotte le possibilità. Per questo Fini ha colpe storiche enormi: ha massacrato gli uomini migliori della destra italiana e li sta consegnando ad un fallimento».

Lo molleranno?
«Quella è gente cresciuta nell’etica del “boia chi molla”, è antiestetico lasciare una persona che sta cadendo».

Ma ci credono?
«Non lo so… So che ogni volta che incontro una bandiera come Roberto Menia, non facciamo altro che abbracciarci. Senza dire una parola, per non creare imbarazzo per le cose che ci potremmo dire…».

L’eredità del Msi è nel Fli o nel Pdl?
«Se uno storico del futuro vorrà fare una storia della destra dovrà semplicemente recuperare la sim del telefonino di Gasparri, lì c’è tutto. Lui e La Russa tengono acceso quel focolare».

Ma perché gli intellettuali fuggono sempre da Fini?
Non vorrei fare una battutaccia, ma già la ‘Settimana Enigmistica’ a Fini  fa venire l’emicrania, figuriamoci gli intellettuali…”

……………che gli scrivono i libri!

FERMIANO PUTTANOPOLI: LA MANIFESTAZIONE A MILANO INDETTA DA GIULIANO FERRARA RIUNISCE MIGLIAIA DI PERSONE

Pubblicato il 12 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Milano - Le mutande contro i puritani funzionano. Migliaia di persone hanno aderito all’appello lanciato da Giuliano Ferrara: “In mutande, ma vivi”. Una manifestazione contro la crociata dei neomoralisti, contro la politica e le inchieste che origliano, spiano dai buchi delle serrature e alzano le lenzuola. L’Italia che ha le scatole piene del bunga bunga si è radunata a Milano, al teatro dal Verme, alla corte dell’Elefantino. Sul palco, insieme al fondatore del Foglio, Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, Piero Ostellino, editorialista del Corriere della Sera, Iva Zanicchi, eurodeputata, Camillo Langone, scrittore e Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista. In platea, e fuori dal teatro, un popolo diverso, non abituato a riunirsi, composto ma emozionato, e molto indignato. Quando Ferrara tuona dal palco che “Berlusconi deve tornare quello del ‘94″, la platea scatta in piedi e deflagra in un boato. Dal cattolico erotomane Camillo Langone al fascio-islamico Pietrangelo Buttafuoco, passando per il liberali Ostellino, Sallusti e Ferrara, la voce che si è alza è una sola: basta con la politica del giudizio morale sul comportamento altrui, basta con i pruriti moralistici. Berlusconi ha vinto le elezioni – sottolineano tutti gli oratori -, e solo il popolo può mandarlo a casa. Non una Procura della Repubblica.

“Prima Tangentopoli e ora vogliono anche Puttanopoli” Ferrara fa da anfitirione e introduce al pubblico il senso della manifestazione.
Dietro di lui, in fondo al palco, un maxischermo trasmette le immagini del Palasharp: il comizio del tredicenne. Dal pubblico parte una salva di fischi. Inizia lo “spettacolo” delle mutande. “Per noi lo scandalo non è nelle intercettazioni. Ciascuno deve seguire la sua storia più intima. Cosa ne so di cosa ha significato per lui il divorzio e la morte della madre? Chi sono io per giudicare moralmente? Lo scandalo è nelle procedure giudiziarie con cui si inventano i reati per incastrare Berlusconi”. E’ un fiume in piena il direttore del Foglio e lancia le sue accuse contro il puritanesimo, l’accanimento giudiziaro e lo spionaggio dal buco della serratura. “Ma che cosa stiamo facendo del diritto? Della libertà delle persone, della privacy, dei sacri diritti di una democrazia liberale? Persino Violante ha detto di frenare. Come ha detto Ostellino oggi capita a Berlusconi, ma domani può succedere a ciascuno di noi. Io a Buttafuoco dico sempre cose da ergastolo. Ci vuole senso della realtà e dell’ironia. Invece dopo Tangentopoli vogliono Puttanopoli”, ha detto Ferrara.

Il disegno della procura “Siamo tanti gruppi uniti dall’avversione verso un modo disgustoso di combattere il Cavaliere. Siamo a un passaggio molto delicato. Abbattere Berlusconi con ogni mezzo, questa è il loro obiettivo. Per loro il paese è rincretinito e gli italiani non sono degni di esercitare la loro sovranità. Vorrebbero mettersi tutti insieme da Vendola a Fini per mandare a casa il Cavaliere. Ma non ce la fanno. E allora chi può portare avanti questo progetto? La Procura della Repubblica di Milano”.

L’appello al Cavaliere “Presidente, noi la sosteniamo, ma deve ascoltarci. Non riduca le sue giornate alle giornate di un imputato. Lei deve fare il presidente del Consiglio, il capo dell’Italia. Lei è l’uomo più ricco d’Italia…presidente, lei ha tre televisioni, le usi in modo creativo. Basta con queste cose ingessate, vogliamo il vero Berlusconi, quello capace di rilanciare questo Paese”.

Sallusti: “Siamo in mutande, ma non ci vergognamo” Molti applausi e un’accoglienza da padrone di casa anche per il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti: “Sono curioso di vedere come Giuliano Ferrara ci tirerà fuori da questo casino. Lui dice che siamo tutti in mutande, ma se ci tolgono anche quelle sono cazzi… Io ritengo di avere dato, perché il 23 dicembre sono andato nel santuario di Arcore per gli auguri… Ero da poco orfano e vedevo di Feltri e il Cavaliere mi disse ‘dimmi di cosa hai bisogno?’ E io gli risposi: ‘Di una cosa; Giuliano Ferrara’. Il presidente era terrorizzato. Berlusconi credo non abbia fatto nulla per non esaudire il mio desiderio, ma il caso ha voluto non solo che ci onorasse con la sua firma, ma anche che tornasse il Ferrara che ci aspettavamo da qualche anno… Iniziavo ad aver paura che gli intellettuali liberali cadessero nel tranello dei Santoro, Che si vergognassero di quello che stava succedendo. Invece mi sbagaliavo e siamo qui, fieri di esserci, siamo in mutande ma non ci vergogniamo”.

Langone e il Vecchio testamento Parla anche Camillo Langone, giornalista e scrittore, autore del ‘Manifesto della destra divina. Intrattiene il pubblico del dal Verme con un’orazione sui testi sacri del cristianesimo. Langone parla di Salomone e del suo amore per i piaceri vita, racconta di Davide e della sua relazione con una donna sposata e poi legge, direttamente dal Vecchio testamento, un lungo albero genealogico di trisavoli, nonni e figli. Tutti frutto del “peccato”. “Io come cristiano non voglio sentire accuse sulla base di attività erotiche – chiosa Langone -. Se Dio ha fatto nascere suo figlio da una catena di re porci, adulteri e omicidi una ragione c’è e devo rispettarla…”

Note a margine di una manifestazione Mentre il pubblico defluisce i giornalisti assaltano gli oratori e i molti politici che sono venuti in teatro. Tra gli altri ci sono Roberto Formigoni, Daniela Santanchè e Ignazio La Russa. Nella calca il ministro La Russa viene raggiunto da Formigli, un giornalista di Annozero, che inizia a tempestarlo di domande sul caso Ruby. La Russa cerca di sottrarsi e dice di non essere interessato alle domande. Formigli lo pressa e poi scoppia il giallo. Il giornalista sostiene di essere stato preso a calci dal ministro, La Russa nega e raggiunge Formigli fuori dal teatro per continuare la discussione. Fonte: Il Giornale, 12 febbraio 2011