Archivi per febbraio, 2011

“SCUSA FINI, TI VOGLIO LASCIARE….” E IL FLI RIMANE SENZA CERVELLI

Pubblicato il 8 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Se ne è andato anche il “cervello” di Fini. Ieri l’annuncio: Alessandro Campi non parteciperà all’imminente congresso fondativo di Fli. Gianfranco è rimasto solo con i suoi amici del Fatto. Continua l’emorragia tra i finiani, questa volta ad andarsene è un pezzo da novanta dell’intellighentia fillina: l’ala pensante del partito, il consigliori che ha indorato di cultura le svolte del presidente della Camera. Ma non è il primo a lasciare la neonata formazione. Fli è nato da pochi mesi ma la sua biografia è già il racconto di un lungo addio. Prima della “testa” lo avevano già lasciato le “gambe”, i deputati: Catone, Moffa, Siliquini e Polidori. Poi il valzer di Luca Barbareschi, la gita ad Arcore, le dichiarazioni, le smentite e il lancio in tv del film che molti interpretano come autobiografico: Il trasformista.

Ora anche i docenti universitari hanno bocciato il nuovo corso senza possibilità di appello: Alessandro Campi (università di Perugia) è alla porta e Sofia Ventura (università di Bologna) non crede più nel progetto politico. La nascita del Terzo polo e la virata verso un antiberlusconismo con il coltello tra i denti non è stata gradita: “Dopo aver impostato un lavoro in profondità per un’alternativa politico-culturale al berlusconismo ma dall’interno dello stesso campo, si è virato verso un Terzo polo nel quale si rischia una posizione da comprimari”, ha dichiarato Campi in un’intervista al sito l’inkiesta. Aleggia sul partito l’incubo del gregario, il timore di dover sempre portar acqua al mulino altrui. Con la sensibile differenza che il leader, in questo caso, sarebbe Pierferdinando Casini.

Stessa delusione anche per la Ventura, una fillina della prima ora, quella, per intenderci, che due anni fa sollevò dalle colonne della fanzine di Farefuturo lo scandalo veline. “Fini? Insiste nel restare seduto alla poltrona di presidente della Camera – ha dichiarato l’accademica -, ma invece dovrebbe dimettersi perché il partito che nasce è senza traino”. Rimangono solo gli strali lanciati dall’appendice informativa della fondazione presieduta da Fini, FFwebmagazine. Un pensatoio dove ribolle l’antiberlusconismo, dove il premier diventa un drago “subdolo che cerca di assumere sembianze umane” dedito alla “prostituzione fisica e intellettuale”. Sono parole di Filippo Rossi, direttore della rivista on line, e blogger del Fatto quotidiano. Perché persi gli amici a destra Fli cerca di sfondare a sinistra.

Chi rimane allora alla corte di Gianfranco? Gli antiberlusconiani tout court. Perché ora la destra finiana corre verso il suo vero scopo: essere sdoganata a sinistra. Nel 1993 ci pensò il Cavaliere e oggi la patente di circolazione intellettuale per questo viaggio dall’estrema destra alla sinistra lo danno i vari Saviano, Santoro e Travaglio. Una voglia di sinistra populista e giustizialista che traspare ovunque: dal manifesto d’Ottobre con cui è stata inaugurata la rivoluzione finiana, ai compulsivi riferimenti culturali di area progressista. Persino il Secolo d’Italia, lo storico quotidiano fondato negli anni 50 da Franz Turchi, è diventato una copia carbone del Fatto Quotidiano. Fonte. Il Giornale, 8 febbraio 2011

.………….Mentre gli intellettuali  se ne vanno dal FLI, a Fini rimane pur sempre il trio comico dell’anno: Bocchino, Granata e Briguglio. Ciascuno ha quel che merita e quel che vale.

MENTRE FINI SLITTA ANCORA A SINISTRA, BERLUSCONI APRE LE PORTE DEL GOVERNO

Pubblicato il 8 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi Lo chiamano «allargamento variabile». Sarà forse l’ultima bizzarra formula partorita dalla politica italiana. Dopo le maggioranze variabili, l’allargamento a seconda dei provvedimenti e delle condizioni. Silvio Berlusconi è tranquillo sui numeri della Camera. In settimana dovrebbe essere ufficializzato il passaggio di Aurelio Misiti nel gruppo dei Responsabili. Si attende l’arrivo anche dei due liberaldemocratici Melchiorre e Tanoni. E per il momento non ci saranno altri ingressi. Gli uomini del Cavaliere aspetteranno il fine settimana, il congresso di Fli per la precisione, convinti come sono che segnerà un ulteriore slittamento a sinistra. I vertici del Pdl sono certi che Fini risponderà positivamente all’ipotesi di accordo lanciata da Massimo D’Alema, ovvero la «santa alleanza»: tutti assieme contro il Cavaliere. Forse da qui a domenica il presidente della Camera potrebbe scegliere formule più soft, tipo «stare assieme ma solo per archiviare Berlusconi e per varare riforme condivise, poi ognuno per la sua strada». Se così sarà Fli abbandonerà i lidi del centrodestra. Chi lo ha capito bene è il direttore di FareFuturo, Alessandro Campi, che ieri ha fatto sapere che non andrà a Milano: «Non sono un uomo per tutte le stagioni. Siamo passati dalla critica a Berlusconi all’invettiva, e mentre sulla critica lo abbiamo messo in difficoltà, con l’insulto sposiamo tesi su cui la sinistra perde da quindici anni», ha dichiarato al sito linkiesta.it.

Al di là delle parole che Fini userà (negli artifici dialettici è un maestro), lo spostamento a sinistra è già nei fatti in alcune realtà fondamentali. A Benevento, il capogruppo al Senato Pasquale Viespoli si appresta a lanciare come candidato a sindaco Carmine Nardone, ex deputato Ds. A Torino si prepara un appoggio soft a Piero Fassino, ipotesi che sta mandando su tutte le furie Roberto Rosso che aveva mollato il Pdl per i futuristi. Discorso diverso per Napoli dove Silvio Berlusconi ha appena ricevuto un sondaggio che darebbe vincente alla grande Mara Carfagna, ben oltre il 50% dei consensi. Ma il Cav non vuole bruciarla per una partita così dura e complessa come il governo di quella polveriera che è il capoluogo partenopeo. Se fosse lei Fli non avrebbe problemi a sostenerla. In alternativa Berlusconi potrebbe calare l’industriale Gianni Lettieri, che pure piace ai finiani.

Piccole partite che hanno un peso nello scacchiere nazionale. Perché se effettivamente il fine settimana consegnerà un Fini nelle braccia di D’Alema (sabato hanno pronunciato le stese parole sul decoro delle istituzioni e l’identica difesa del Quirinale) altri all’interno di Futuro e Libertà avrebbero serie difficoltà a rimanere dentro. I nomi sono sempre quelli anche se lo strappo più dirompente potrebbe arrivare al Senato, dove il gruppo dei finiani ha giusto dieci membri, la soglia minima per avere una propria formazione. Basta che Pontone, Digilio, Menardi o qualcun altro decida di uscire e Fli si scioglie al Senato.

Berlusconi per ora sta a guardare. Tira dritto. Domani il consiglio dei ministri varerà la scossa economica (in attesa che arrivi quella giudiziaria). E già quella servirà in Parlamento a provare l’allargamento variabile. Ovvero a trovare numeri oltre l’attuale maggioranza. Con i Radicali o con i finiani che non se la sentono ancora di uscire dal loro partito. Anche se con Pannella Berlusconi vorrebbe fare un discorso più ampio nella partita più complessa della Giustizia. Spera che magari non direttamente, viste le resistenze pesanti di Emma Bonino, ma indicando un suo uomo capace di mettere mano alla riforma della Giustizia.

Intanto va avanti sul processo breve. Altro capitolo è quello del biotestamento che sta per riprendere il suo cammino alla Camera. E su quel provvedimento è possibile che Pdl e Lega vadano oltre i loro confini abituali aprendosi anche a spezzoni di cattolici che sono nell’Udc o nel Pd. Silvio dunque prova a giocare su più tavoli, e proprio per questo il rimpastino lo varerà in più tempi. Prima Saverio Romano ministro (al posto di Ronchi) e Massimo Calearo viceministro (al posto di Urso) e qualche sottosegretario come Nunzia De Girolamo all’Agricoltura (al posto di Buonfiglio). Poi il resto. Fabrizio dell’Orefice, Il Tempo, 8 febbraio 2011

ANCHE OCCUPARE UNA SCUOLA PER I PM POLITICIZZATI NON E’ REATO

Pubblicato il 8 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia | No Comments »

Agli studenti del liceo artistico Caravaggio che nel novembre scorso occuparono la scuola la giustizia mostra la sua faccia meno scontata: quella che sa capire e giustificare, adilà delle asprezze del codice, anche le ragioni degli inquisiti. Denunciati dalla loro preside per avere invaso i locali della scuola e avervi pernottato senza autorizzazione, i quaranta liceali vedono riconoscere la loro innocenza da due pubblici ministeri noti per la loro severità come Grazia Pradella e Ferdinando Pomarici, che chiedono l’archiviazione dell’indagine. Secondo la Procura, mancano i requisiti «soggettivi e oggettivi» del reato contestato ai ragazzi del Caravaggio, ovvero l’occupazione abusiva di edificio pubblico.

Fuori dal gergo giuridico, la decisione della Procura si basa su due elementi. Il primo è un dato di fatto: essendo durata una sola notte (la mattina arrivò la Celere e mandò tutti quanti a prendere un tè caldo) l’occupazione non ha interrotto le lezioni del liceo di via Prinetti, e non ha causato danni alla struttura nè agli arredi. Il secondo elemento è meno scontato, ed è una valutazione che riconosce la liceità del comportamento degli occupanti alla luce di alcune delle sentenze degli anni Settanta, quando manifestazioni di questo genere erano assai frequenti. Secondo tali sentenze (confermate anche dalla Cassazione), gli studenti non sono semplici «utenti» della scuola ma suoi protagonisti: la scuola, insomma, appartiene anche a loro. E se decidono di pernottarvi per rivendicare i loro diritti non invadono un bene altrui.

La decisione della Procura, che ora dovrà passare al vaglio del giudice preliminare, sconfessa la linea dura seguita da Ada Mora, preside del Caravaggio, e dagli altri presidi di scuole medie superiori che nello scorso autunno decisero il pugno di ferro nei confronti degli occupanti. Al Caravaggio le prime denunce erano partite già all’inizio di novembre, quando la Mora aveva indicato ai poliziotti del commissariato di zona i nomi di tre studenti responsabili dell’occupazione del liceo. Dopo la metà del mese, in contemporanea con altre scuole milanesi, gli allievi del Caravaggio avevano deciso una nuova occupazione. A quel punto la preside non ci aveva pensato due volte e aveva chiamato la Celere. La mattina di buon’ora una ventina di studenti erano stati svegliati, identificati e sgomberati dalla polizia. Per tutti era scattata la denuncia, e nei giorni successivi l’elenco degli inquisiti si era arricchito di altri venti nomi. Fonte: Il Giornale, 8 febbraio 2011

ARRIVA IL BOMBA BOMBA, l’editoriale di Mario Sechi

Pubblicato il 8 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Non credevo ai miei occhi. Ho letto il lancio dell’agenzia Ansa un paio di volte. È tutto vero, o meglio, queste parole sono reali: «Matteo Messina Denaro potrebbe essere tentato da un nuovo progetto stragista. Non voglio fare la Cassandra ma siamo in una fase molto delicata, di difficoltà politico-istituzionale, alla vigilia di quella che può essere una terza repubblica ed è questo il momento in cui in genere il potere mafioso cerca di far sentire la sua voce ed incidere in qualche modo». Queste parole affiorano dalle labbra del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia. Un magistrato. Dove ha pronunciato questa frase? In commissione parlamentare Antimafia? Durante un vertice tra investigatori della Cupola? No, a Radio24, emittente che irradia di notizie la nazione. Bene, a questo punto un cittadino si chiede: Ingroia ha elementi seri sui quali poggiare il suo allarme? Sta indagando su qualcosa? E perché mai dovrebbe rivelare un simile scenario senza ricorrere al principio di precauzione? Cari lettori de Il Tempo, sono stupito come voi e non trovo una risposta, spero solo che Ingroia sia un po’ meno Cassandra e un po’ più servitore dello Stato rigoroso e discreto. Attendiamo delucidazioni in merito, magari di fronte al Parlamento.

Detto questo, il dibattito pubblico del Paese sta facendo un grande salto di qualità dialettico: stiamo passando dal Bunga Bunga al Bomba Bomba. E il problema serio e grave per noi poveri cittadini è che non c’è niente da ridere. Ieri il Presidente Giorgio Napolitano – per noi in questo caos è un punto di riferimento – ha detto che la manifestazione di Arcore è un cattivo esempio per il Paese: manifestare senza violenza questa è la rotta. Il Quirinale ha certificato quel che scriviamo da mesi: c’è chi sorseggia champagne in salotto, sogna la rivoluzione e soffia sul fuoco della piazza. Occhio, cari rivoluzionari in carrozza, qui rischia davvero di bruciarsi l’Italia.  Mario Sechi, Il Tempo, 8 febbraio 2011

A MONZA LIBERATI I GUERRIGLIERI ANTIBERLUSCONI

Pubblicato il 7 febbraio, 2011 in Giustizia, Politica | No Comments »

L’esultanza dei rivoltosi dopo la sentenza beffa di Monza

Ha rumore di pernacchia la decisione del giudice di Monza che ha prontamente liberato i due guerriglieri che ieri hanno aggredito le forze dell’ordine nei pressi della casa privata del premier. Non suoni vilipendio ma quella pernacchia sembra avere un preciso indirizzo: il Quirinale. Era stato il Capo dello Stato ha stigmatizzare con forza, anzi con inusitata e più che giustificata veemenza la guerriglia contro la abitazione privata del premier ed era sato il ministro dell’interno, Maroni, ad auspicare una ferma e dura condanna nei confronti dei facinorosi che tracimano la lotta politica nella guerriglia urbana. Il Capo dello Stato e il Ministro dell’Interno sono serviti. Il giudice di Monza ha stabilito che i due non debbano rimanere in galera perchè il loro comportamento durante i disordini “non è stato connotato da pariticolare gravità“. Chissà perchè allora la polizia che ha dovuto respingere l’assalto in assetto antiguerriglia li ha arestati. Poverini, i due mangiavano un panino o bevevano una coca e quindi non erano particolarmente violenti. E quindi…e quindi va da sè che la polizia ha compiuto un abuso, ha arrestato due poveri figli di mamma che stavano lì ad Arcore per i fatti loro. La verità è quella che a tutti balza agli occhi: contro Berlusconi tutto si può e chi tenta di  assaltare la sua residenza privata, pochi facinorosi eccitati dalle violenza verbali che maneggioni di professione gli scagliano addosso dalla mattina alla sera, la fanno franca grazie ad una Magistratura che è tutta intenta a spiare come fanno i guardoni  cosa fa Belrlusconi in casa sua dal buco della serratura e non si accorge di quel che accade alla luce del sole e sotto gli occhi di tutti. Può ancora qualcuno dubitare del fatto che la legge è uguale per tutti meno che per Berlusconi? g.

P.S- Ci auguriamo di non dover leggere dichiarazioni ipocrite e false da parte di soliti Fini e Casini come quelle che abbiamo letto stamani di condanna della guerriglia. Se dichiarazioni debbono fare siano di condanna per la decisione della Magistratura che ha mandato liberi gli aggressori, fornendo una specie di passaporto “morale” ai futuri aggressori del premier a casa sua. Ma anche questa suonerbebe falsa e ipocrita. Ce le risparmino! g.

NUOVA GIRAVOLTA DI BARBARESCHI: “RESTO CON FINI”, MA FINI LO GELA: “CI SONO ATTORI E PAGLIACCI. I PAGLIACCI NON FANNO SEMPRE RIDERE, TALVOLTA FANNO PIANGERE”

Pubblicato il 7 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Ha stupito tutti coi suoi cambiamenti repentini. Ora Luca Barbareschi, deputato del Fli, torna ad allinearsi coi finiani. E, a chi gli chiede conto delle sue mosse, risponde con tono un po’ infastidito: “Resto in Futuro e Libertà, non ne sono mai uscito. Questa settimana ho messo in atto la più grande e più bella provocazione mediatica: senza aver detto nulla, perché non esiste alcuna mia dichiarazione in cui dico che lascio il Fli”. Così il politico-attore ad Agorà su Rai Tre, è intervenuto sulle polemiche dei giorni scorsi in merito al suo rientro nel Pdl. Rientro che poi, almeno sino ad ora, non c’è stato. “Se la politica diventa gossip o spettacolo, la politica non esiste più. Era una grande provocazione – ha aggiunto Barbareschi – non sono mai uscito dal Fli, l’unico momento di ambiguità me lo sono giocato giovedì col voto, astenendomi sull’autorizzazione a procedere per il caso Ruby”.

“Io non vorrei mai appartenere – prosegue Barbareschi – nel centrodestra a un gruppo di moralisti che pensano di vincere politicamente con le censure morali. Non sono giustizialista, ma garantista e sono una voce libera. Anche per questo però sono offeso per quello che mi ha detto Fini, perché pagliaccio non me lo dice nessuno. E quindi vorrei le sue scuse”.

Nel corso di una riunione del comitato promotore dell’assemblea costituente del Fli, nei giorni scorsi, sono volate parole grosse. Fini ha chiesto conto Barbareschi delle sue ultime dichiarazioni pubblichee, in particolare, del suo incontro ad Arcore con Berlusconi. Pare che gli abbia detto: “Sei poco serio, come ti viene in mente, che stai facendo?”. Barbareschi avrebbe risposto negando ogni accusa e rivendicando la presidenza della commissione Cultura dell’assemblea costituente del Fli. Il presidente della Camera ha risposto picche e la discussione è andata avanti, con toni molto accesi. A quel punto Fini ha gelato il suo compagno di partito con questa frase: “Ti dico qui, davanti a tutti, quello che ti avevo già detto in privato. Ci sono attori e pagliacci. I pagliacci non fanno sempre ridere, a volte fanno anche piangere”. Ora che la pace tra i due pare tornata, manca solo un dettaglio. Barbareschi vuole le scuse di Fini. Arriveranno? Lo sapremo solo alla prossima puntata…Fonte: Il Giornale, 7 febbraio 2011

………….Per una volta, una sola, siamo completamente d’accordo con Fini: ci sono attori e pagliacci e questi non sempre fanno ridere, talvolta fanno piangere”. E’ un vero e proprio epitaffio per Barbareschi che si considera un grande  attore che ora resta nel FLI e pretende le scuse di Fini. Son cose loro,  solo  ci chiadiamo se a Fini passa per la testa che di Barbareschi in casa sua, cioè nel FLI, ce ne sono tanti e forse sono a sua stessa immagine e somiglianza. Perchè anche lui, come Barbareschi, non scherza in materia di giravolte e capriole. Sino al 14 dicembre sosteneva che le elezioni anticipate erano un male assoluto, ora , dopo la batosta inflittaglia dall’Aula, forse ritornata ad essere  mussolinianamente “sorda e grigia”, afferma che le elezioni s’hanno da fare. Che differenza c’è fra lui e Barbareschi? Che Barbareschi è andato ad Arcore e lui no? Barbareschi ci è andato una sola volta ed è diventato “pagliaccio” e lui che ci è andato per 15 anni come si autodefinisce? g.

DEBENEDETTI AMILANO, COMPARSATA DA 800 MILIONI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 7 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Più che fare paura, l’assalto di ieri ad Arcore suscita com­passione. Un pu­gno di ragazzotti e signori patetici mai cresciuti che giocano per un paio d’ore all’intifada. Quale diritto avrebbe violato Silvio Berlu­sconi, quale sopruso avreb­be compiuto nei confronti del popolo sovrano? Nessu­no, e in effetti tra le tante pa­role d’odio riversate nei suoi confronti non una de­nuncia, un abuso, un solo centesimo di euro sottratto alla comunità. Questi fru­strati in cerca di emozioni forti non hanno nulla a che fare con i rivoluzionari ai quali si ispirano. Sono mol­t­o più simili agli ultrà del cal­cio, quelli che intonano i co­ri razzisti contro Balotelli per vedere l’effetto che fa, che sfasciano tutto e mena­n­o tutti a fine partita soltan­to perché la squadra del cuore le ha buscate.

Gli scontri di ieri hanno mandanti precisi che si guardano bene dallo spor­carsi le mani o rischiare in piazza una manganellata. Sono i signori che sabato hanno aizzato la piazza con­tro Berlusconi al caldo del Palasharp di Milano e che hanno assistito alle cariche nelle loro case lussuose, sor­seggiando champagne ser­vito da filippini sottopagati e in molti casi in nero. Tra questi c’è sicuramen­te Carlo De Benedetti, l’edi­tore di Repubblica, che sa­bato ha tenuto a battesimo il nuovo movimento-parti­to di Saviano e soci. In molti si sono chiesti come mai De Benedetti, uno che ha am­messo di aver pagato tan­genti e commesso falso in bilancio, fosse in prima fila ad applaudire i giustiziali­sti. Le risposte possibili so­no due. La prima: era gratis, cosa non ininfluente per chi lo conosce. La seconda: tra pochi giorni il Tribunale di Milano dovrà decidere se confermare o no il risarci­mento di 800 milioni di eu­ro che un giudice, quello con i calzini azzurri per in­tenderci, gli ha concesso nella causa da lui intentata contro la famiglia Berlusco­ni sulla vicenda del passag­gio di proprietà della Mon­dadori. Va da sé che farsi ve­dere pubblicamente come sponsor del duo Boccassini-Saviano può agevolare la benevolenza della corte.

Cosa non si fa per ottene­re ingiustamente e con l’aiuto dei giudici 800 milio­ni. Come non capirlo. Che se poi, seguendo il suo esempio, fuori da Arcore ci fosse scappato il morto du­rante gli scontri, pazienza. Sicuramente i parenti non avrebbero visto neppure un euro di solidarietà. Ma Repubblica avrebbe dato dei fascisti a Berlusconi e al­la Polizia. Fonte: Il Giornale, 7 febbraio 2011

RIVOLUZIONE ALLE VONGOLE, l’editoriale di Mario Sechi

Pubblicato il 7 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Antonio Di Pietro Dopo Gad Lerner in tv e Umberto Eco sul palco, anche Eugenio Scalfari ha cantato il ritornello «Berlusconi come Mubarak». Posso comprendere le esigenze di spettacolarizzazione del piccolo schermo, il bisogno impellente di accendere la massa durante un comizio, ma sulla nobile carta su cui si elevano le colonne di Repubblica il Fondatore aveva la possibilità di staccarsi dagli slogan e volare un po’ più alto per cercare di spiegare come finisce un regime. Invece no, Scalfari s’è unito al coretto dei rivoluzionari in carrozza, svolgendo un compitino che per un grande giornalista come lui è un’autoriduzione a strofa sanremese delle sue capacità di analisi politica.
Proviamo lo stesso a prendere sul serio Scalfari? Massì, così vediamo dove ci conduce questo ragionamento che EuGenio ha lasciato in sospeso, accontentandosi di giocherellare con le metafore senza riempirle di una sostanza che a lui non è mai mancata: il fosforo.
La parabola di Berlusconi è certamente nella sua fase calante, ma questo non ha nulla a che vedere con l’Egitto, piuttosto ha molto a che fare con il letale cortocircuito tra politica e giustizia, con la disinvoltura del Cavaliere nel ricoprire un ruolo istituzionale che gli imporrebbe più sobrietà e con la carta d’identità del Presidente del Consiglio.

Berlusconi ha 73 anni, è chiaro che il dato anagrafico ha un suo significato. Se sposiamo quest’ultimo elemento all’età media del Parlamento italiano e dei presunti aspiranti leader del prossimo futuro, non possiamo non vedere che prima o poi l’elettorato – sottolineo, l’elettorato – si porrà il problema di come cambiare un regime gerontocratico. A destra, al centro e a sinistra. Berlusconi non ha perso il suo consenso, piuttosto ha consumato parte del suo smalto, ma come sa bene lo stesso Scalfari, l’uomo seppur colpito e ammaccato, ha ancora una capacità di reazione enorme. Sottovalutarlo è un gravissimo errore che già in passato ha sottoposto i suoi oppositori alla dura legge della sconfitta.
Anche questo non ha niente a che fare con l’Egitto, dove Mubarak sta resistendo nel palazzo presidenziale contro tutta l’opinione pubblica. Il presidente egiziano ha altissime probabilità di finire deposto dalla folla in mezzo ai tumulti. Qui a piazza Colonna, mentre scrivo, non si sente il fischio dei proiettili, non s’ode un coro che urla al regime di levare le tende, non c’è una folla che schiuma rabbia, c’è il solito via vai domenicale di turisti e famiglie che vanno a mangiare il gelato da Giolitti e fare shopping da Cenci. Se è l’inizio di una fase rivoluzionaria, illuminista e democratica, allora è griffata e ha il sapore di vaniglia.
Nonostante il dato generale sia questo, nell’opposizione colta e vagamente letteraria si sta diffondendo l’idea che Berlusconi sia pronto per l’esilio in un’isola caraibica. In quota periscopica ci sono forze che questo scenario non solo lo auspicano, lo sognano, lo desiderano ardentemente, ma in qualche maniera lo cercano. La carnevalata organizzata di fronte alla villa di Berlusconi ad Arcore fa parte di questo scenario da prova di forza. E siccome accanto a chi manifesta pacificamente c’è anche un po’ di marmaglia a cui piace menare, ecco il primo «incidente». Ne seguiranno altri. Vedrete. Bastava leggere ieri una dichiarazione di Antonio Di Pietro per capire che qualcuno sta facendo bollire un pentolone di magma: «La maggioranza politica non esiste più, Berlusconi se ne faccia una ragione e si dimetta. Se non lo farà lui ci penseremo noi a mandarlo a casa. Continueremo a protestare in piazza, insieme ai cittadini, e ci sarà una nuova presa della Bastiglia per riappropriarci della democrazia».
Tonino prima di pronunciare una frase del genere in realtà dovrebbe prendere una pastiglia. Ora a Di Pietro rinfreschiamo la memoria: la presa della Bastiglia avvenne il 14 luglio del 1789 a Parigi, agli insorti serviva la polvere da sparo per caricare i 28 mila fucili di cui disponevano. Lo scontro con le guardie fu violento, alcuni soldati vennero decapitati e le loro teste infilzate su pali appuntiti. Fu l’inizio della rivoluzione francese. Mi fermo qui. Penso sia sufficiente per comprendere che quando si usano le parole, occorre sapere che cosa significano e dove conducono. Vale anche per Di Pietro che, en passant, fa parte di un Parlamento democraticamente eletto. Ma torniamo all’Egitto evocato da Scalfari. Ripassate quanto detto da Di Pietro e leggete ora quanto affermava ieri uno dei leader della rivolta del Cairo, Mohammed el Baradei: «Più Hosni Mubarak continua a rimanere al potere, più l’Egitto rischia di esplodere in quella che potrebbe diventare una guerra civile».
Ecco, basta la parola, e si materializza in tutta la sua straordinaria dimensione storica e filosofica lo scenario evocato da Scalfari e compagni di salotto e caminetto: l’Egitto alle vongole, il premio nobel El Baradei come Di Pietro. Mario Sechi, Il Tempo, 7 febbraio 2011


PM COLPEVOLI PERCHE’ NON INCASTRANO BERLUSCONI

Pubblicato il 6 febbraio, 2011 in Costume, Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

L’intervista di Emiliano, sindaco di Bari, alle Invasioni Barbariche commentata sul filo dell’ironia e del sarcasmo da Filippo FACCI sulle pegine di LIBERO.

L’ex magistrato Michele Emiliano è il sindaco di Bari e viene descritto come un uomo savio e addirittura filo-berlusconiano, uno che peraltro tende a rifuggire le interviste. Diciamo pure che possiamo smentire tutto quanto, vista l’intervista che ha rilasciato venerdì sera alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, su La7. È durata venti minuti, ma a noi interessa soltanto un passaggio. Vediamolo. A un certo punto la conduttrice gli chiede se la magistratura in Italia non abbia qualche colpa, ed eventualmente, accennando a Berlusconi, di fare un’autocritica togata. Ecco la sua risposta testuale: «Credo che tutti i magistrati che fanno molti processi e non arrivano a una condanna vera, alla fine, rischiano di consumare il potere che devono amministrare, nel senso che la reiterazione impotente dell’azione penale nei confronti di Berlusconi ora viene utilizzata da Berlusconi come un’arma contro la magistratura stessa».


L’USCITA DELL’EX PM

E fin qui potrebbe non fare una piega. Ha detto che la magistratura, se indaga per 17 anni su un singolo cittadino e alla fine non cava un ragno dal buco, finisce per delegittimarsi da sola e per offrire ottimi pretesti alle reazioni di questo cittadino. Oddio, nel fatto che Berlusconi  «utilizzi» gli errori della magistratura «come un’arma» il sindaco Emiliano tradisce quasi un fastidio, come se la reazione pubblica di un uomo pubblico fosse un’opzione che si potrebbe anche non esercitare, standosene buoni per 17 anni ad aspettare che le toghe di tutto un Paese finiscano di fare i loro comodi. Ma non sottilizziamo. Prosegue Emiliano: «Ricordo i tempi in cui questo accadeva per la mafia; noi facevamo i processi [...] e poi c’era sempre qualcuno, qualche avvocato, qualche politico che riusciva a infilarsi in meccanismi che portavano a drammi. Ieri abbiamo intestato una strada a Bari ad Antonino Scopelliti, il procuratore generale che doveva reggere l’accusa in Cassazione contro per il maxiprocesso di Palermo: quest’uomo fu ucciso perché in quella sezione della Cassazione ne succedevano di tutti i colori». Ecco, qui il ragionamento comincia a farne parecchie, di pieghe. Emiliano, per farsi capire meglio, paragona Berlusconi alla mafia: perché pure con la mafia  si tentarono processi che poi non arrivarono in fondo. Cioè: Berlusconi non è un cittadino innocente sino a prova contraria, peraltro incensurato a dispetto di un numero impressionante di procedimenti: è un colpevole non ancora scoperto, e comunque è sicuramente un male, tipo Cosa Nostra, di cui è difettata la cura. Mentalità molto interessante, quella di Emiliano, considerata la sua precedente professione.  Dopodiché il sindaco di Bari passa a fare l’esempio del magistrato Antonino Scopelliti che fu trucidato con un calibro 12 caricato a pallettoni, fa cioè una presuntissima analogia con ciò che per 17 anni è sempre riuscito a scongiurare le condanne di Berlusconi, tipo, chessò, il suo diritto di difesa. Ma vediamo la conclusione di Emiliano: «Quindi», dice, «se una critica io ho da fare alla magistratura, è quella di non essere stata sempre compatta – in passato per i magistrati per bene è stata dura, durissima – e soprattutto di non avere considerato che, nel reiterare qualche volta anche in maniera a volte un po’ troppo isterica le azioni penali nei confronti di Berlusconi, in definitiva finivano per favorirlo.

LA VECCHIA REGOLA

Questa è una vecchissima regola: quando fai un processo a qualcuno devi essere in grado di arrivare alla fine, sennò il tuo avversario esce rafforzato dal tuo fallimento».  Cioè: il problema è che la magistratura anti-berlusconiana – che è per bene – non è stata sufficientemente unita e compatta, non che ciascuno degli innumerevoli procedimenti a carico del Cavaliere – peraltro concentrati, spesso, in procure che erano sempre le stesse e che erano compattissime – evidentemente non stavano in piedi. Il problema insomma è che Berlusconi ha resistito, lo hanno lasciato respirare e riprendersi, non che talvolta potesse aver ragione. È come per un muro che non si è riusciti a sfondare, perché le forze non erano concentrate, concordi: ecco, Berlusconi era quel muro, se non lo butti giù rischi solo che qualche mattone ti precipiti sul cranio. Servono commenti? No, resta solo un dilemma: se sia più disperante che un uomo come Michele Emiliano sia diventato un politico o se sia più rinfrancante che non sia più un magistrato. Filippo Facci, Libero, 6 febbraio 2011

……………..Forse sarebbe stato meglio che non avesse fatto nè l’uno nè l’altro.

BERLUSCONI: GOVERNEREMO PER ALTRI DUE ANNI

Pubblicato il 6 febbraio, 2011 in Politica | No Comments »

Il Presidente del Consiglio ha rivolto un nuovo messaggio agli Italiani. Ecco il testo del messaggio.

Carissimi,

Mentre da noi alcuni magistrati perseverano nell’intromettersi in modo illegittimo nella vita privata dei cittadini e i giornali appaiono concentrati solo a guardare queste vicende, come dal buco della serratura, nel mondo, e più precisamente alle nostre frontiere, stanno avvenendo cambiamenti epocali.

La frustrazione, la disillusione, il risentimento che nascono dalla povertà e dalla mancanza di regole democratiche, potrebbero incanalare le proteste che si sono manifestate in Tunisia e in Egitto verso le posizioni dell’integralismo islamico e del rigetto dei valori dell¹Occidente.

Per questo anche noi abbiamo grandi responsabilità: dovremo impegnarci per estendere i benefici del progresso economico a tutti i Paesi del mondo; dovremo assecondare e sostenere una ordinata evoluzione democratica anche in quei Paesi che riescono faticosamente ad uscire da regimi e non possono contare su consolidate tradizioni liberali.

Per quanto ci riguarda difficilmente potremo vivere a lungo in un’isola tutto sommato felice, come la nostra Europa, il nostro Occidente, che sono circondati da acque tempestose e da ogni tipo di pericoli e di minacce.

Per queste ragioni saranno molto importanti le decisioni che verranno prese dai prossimi vertici europei, dal G8 e dal G20.

E veniamo ai problemi del nostro Paese. Durante questa settimana, dicevo, sono avvenuti alcuni fatti importanti.

Innanzitutto, il Parlamento ha respinto, in una sola giornata, con una maggioranza ampia e qualificata, la richiesta della procura di Milano di perquisire gli uffici della segreteria politica di un parlamentare, ­ un certo Silvio Berlusconi, sempre lui, ­ mentre il Governo ha fatto un ulteriore passo in avanti nell’approvazione del federalismo fiscale, approvazione che completeremo in Parlamento nel pieno rispetto delle procedure previste dalla stessa legge di riforma (e delle indicazioni del Capo dello Stato). Si tratta di un risultato estremamente positivo, di una riforma fondamentale per rendere l’Italia più moderna e efficiente.

E’ la conferma che il governo sta procedendo senza esitazioni nella realizzazione del nostro programma, del quale il federalismo rappresenta un punto essenziale.

Questa riforma garantirà che una parte consistente delle risorse rimangano sul territorio che le ha prodotte, pur senza venir meno ai doveri di solidarietà nazionale che ci impone il fatto stesso di vivere uno Stato del quale fra breve celebreremo i 150 anni dell’unità.

E’ significativo che proprio questo anniversario coincida con una riforma così importante e profonda dell’assetto del nostro Stato. Grazie al federalismo fiscale i cittadini potranno infatti meglio controllare l’impiego delle risorse, e gli amministratori locali saranno più responsabilizzati. Questo significherà meno costi, servizi più efficienti, una competizione virtuosa fra le regioni per garantire al cittadino migliori condizioni di vita.

Significherà anche per le regioni più forti la possibilità di gestire al meglio la ricchezza prodotta dai loro cittadini. Per le regioni più deboli significherà la possibilità di liberare e mettere in gioco tutte le loro risorse e le loro capacità passando da un regime di sovvenzioni e sperperi ad uno di responsabilità. E’ una sfida impegnativa per le regioni sia del Nord che del Sud, che potranno e dovranno dimostrare di avere una classe dirigente all’altezza del proprio compito.

Mercoledì prossimo, infine, terremo un consiglio dei ministri, in seduta straordinaria, per il varo di importanti provvedimenti in materia di sviluppo economico.

Dall’inizio della legislatura ad oggi la nostra ottima squadra di governo ha lavorato con grande energia, con una determinazione e con una compattezza che ha pochi precedenti. Abbiamo ottenuto in questo modo risultati straordinari, che nessun governo è mai stato capace di conseguire in così poco tempo.

Purtroppo, inaspettatamente, si è verificata nella maggioranza la diaspora del Fli. Il paradosso è che il germe della divisione è stato inoculato all’interno del Popolo della Libertà da uno dei fondatori del nuovo partito, l’on. Fini, eletto, proprio con il voto della maggioranza, a Presidente della Camera.

Così uno stillicidio di polemiche, di critiche e di distinguo pressoché quotidiani ha finito per offuscare i meriti dell’azione del nostro governo e alla fine ha condotto alla nascita di un nuovo gruppo parlamentare e di un nuovo partito, passato all’opposizione in alleanza con la sinistra, tradendo il voto degli elettori e consegnandosi ad un futuro di consensi, valutato dagli esperti all’1,6%.

Nonostante questa scissione, che ha diminuito logicamente i numeri della nostra maggioranza, negli ultimi 2 mesi il nostro governo si è presentato per ben 8 volte consecutive di fronte al Parlamento che ci ha confermato sempre la sua fiducia.

Al contrario l’opposizione, mentre il governo si è consolidato e si è rafforzato, l’opposizione si è sgretolata, si è divisa, si è indebolita, ma continua a cercare di intralciare l’azione del governo e a chiedere le nostre dimissioni ed elezioni anticipate.

Ma noi non abbiamo cambiato la nostra posizione. Abbiamo sempre ritenuto e riteniamo che le elezioni anticipate siano un danno per il nostro Paese.L’Italia ha bisogno di stabilità, di governabilità, cioè di un governo capace di governare e di realizzare le riforme che sono necessarie. Questo è tanto più necessario in un momento di perduranti difficoltà dell’economia e di gravi rivolgimenti a livello internazionale.

Il nostro governo in questa prima metà della legislatura, nonostante la crisi economica internazionale e le difficoltà derivanti dalla particolare conflittualità della politica italiana, ha conseguito molti risultati: ha tenuto i conti in ordine, ha abrogato l’ICI, ha preservato la pace sociale aiutando tutti i lavoratori che hanno perso il lavoro, ha condotto con successo un’azione di forte contrasto alle organizzazioni criminali come non era mai successo nella storia della Repubblica, ha fermato l’immigrazione clandestina, ha realizzato molte riforme a partire dalla scuola all’università, al federalismo, ha aiutato le aziende con la diminuzione delle imposte sugli straordinari, con la moratoria sui debiti, con lo spostamento del versamento dell’IVA al ricevimento del pagamento della fattura, ha difeso bene gli interessi dell’Italia in Europa e nel mondo, ha procurato importanti commesse internazionali alle nostre aziende, e infine non ha mai aumentato le tasse, non ha mai messo le mani nelle tasche dei cittadini.

Sono assolutamente certo che il nostro governo sia in grado di operare in modo altrettanto efficace per i due anni abbondanti che mancano alla conclusione della legislatura e sono convinto che a questo governo non vi siano alternative perché c’è una buona maggioranza che lo sostiene sia alla Camera che al Senato e anche perché la sinistra, da tempo, non rappresenta nessuna credibile alternativa di governo.

E se andassimo a nuove elezioni, ad un nuovo governo si ripresenterebbero gli stessi problemi di oggi, per di più aggravati da una lunga e feroce campagna elettorale.

Abbiamo quindi il dovere di continuare a governare qui e ora.

Non ci faremo distogliere dalle polemiche e non ci faremo intimidire da un’opposizione che continua a perseguire il tanto peggio tanto meglio.

Sono sicuro che i cittadini hanno ben chiaro chi è che lavora per il bene dell¹Italia e chi invece fa il contrario.

Siate dunque sereni, diffondete come sempre, e ve ne ringrazio molto, il nostro messaggio e prendetevi da me un forte, fortissimo abbraccio.  Silvio Berlusconi