Archivi per marzo, 2012

“INFURIA LA BUFERA” CONTRO IL MINISTRO RICCARDI: IL PDL NE PRETENDE LE DIMISISONI

Pubblicato il 8 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

Le scuse non bastano. Le dichirazioni, violente e avventate, pronunciate ieri mattina dal ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi durante un tête-à-tête con la Guardasigilli Paola Severino, non sono passate inosservate.

Il segretario Angelino Alfano con il premier Mario Monti e il ministro Andrea Riccardi

E le scuse tardive e poco convincenti, pronunciate ieri sera dal padre fondatore della Comunità di Sant’Egidio, sono cadute nel vuoto. Contro il ministro è scoppiata la rivolta del gruppo del Pdl a Palazzo Madama. È stato l’ex titolare della Giustizia Francesco Nitto Palma a raccogliere le firme di 45 senatori per presentare una mozione di sfiducia individuale, sebbene Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello frenino nella speranza di riuscire a mediare per risolvere la situazione.

Tutto ha inizio ieri mattina quando trapelano i contenuti di un incontro tra Riccardi e la Severino. Al centro del colloquio, captato da un giornalista, il forfait del segretario del Pdl Angelino Alfano al vertice con il presidente del Consiglio Mario Monti che si sarebbe dovuto tenere ieri sera a Palazzo Chigi. “Volevano solo creare un caso – ha detto Riccardi alla Guardasigilli – in realtà il Pdl ha problemi a trovare un accordo sulla legge elettorale”. Secondo il ministro dell’Integrazione, Alfano avrebbe voluto soltanto “strumentalizzare ed è la cosa che mi fa più schifo della politica, ma quei tempi sono finiti”. Il Pdl ha subito fatto quadrato attorno al segretario chiedendo al ministro per l’Integrazione di chiedere immediatamente scusa e riferire in Aula. Il ministro si è limitato alle scuse: “Sono solo battute estrapolate nel corso di una conversazione informale e captate a distanza e forzate, per le quali mi scuso se qualcuno si possa ritenere offeso…”.

Le scuse, appunto, non sono bastate. Il peso delle parole di Riccardi grava pesantemente sul Pdl che non ha tollerato l’attacco frontale al segretario del partito. Così, in una lettera inviata al presidente del gruppo Maurizio Gasparri, Nitto Palma (come primo firmatario) insieme ad altri 45 firmatari ha confermato la propria lealtà nei confronti del governo Monti, ma ha puntato il dito contro le esternazioni di Riccardi. Esternazioni, “a dir poco scomposte e sguaiate“, che hanno spinto l’ex Guardasigilli a ricorrere alla mozione individuale di sfiducia. Un gesto che Nitto Palma ha definito “necessario ed urgente”. “Può darsi – ha fatto presente l’ex titolare del dicastero di via Arenula – che lo strumento regolamentare sia discutibile, può darsi che le scuse di Riccardi siano apprezzabili, ma per evitare che un governo del quale faccia parte il professore in oggetto abbia la nostra fiducia ci è parso imprescindibile puntare su un’iniziativa ad hoc del nostro gruppo”.

Se a Riccardi facciamo schifo può benissimo prendere definitivamente le distanze da noi dimettendosi, aveva spiegato ieri sera Fabrizio Cicchitto portando avanti i mal di pancia interni al partito per una presa di attacco frontale al segretario del maggior partito che sostiene il governo tecnico. D’altra parte, come faceva notare Renato Brunetta, “il disprezzo della politica è anche il disprezzo della democrazia”. Se poi viene da un ministro in carica che non ha mai ricevuto alcun mandato popolare…Il Giornale, 8 marzo 2012

………..Non può finire a tarallucci e vino questa squallida esibizione del ministro Riccardi che dimentico di essersi seduto sulla poltrona di ministro senza aver mai, ammesso che l’abbia, un solo voto da parte degli italiani si è messo ad insultare il segretario di un partito – si tratta di Alfano ma potrebbe essere chiunque – che esercitando il suo libero diritto di non essere d’accordo aveva annunciato di non voler parteciapre al vertice indetto da Monti per discutere di Rai e giustizia, tra l’altro spiegandone le ragioni politiche e tecniche. Ebbe, questo Riccardi sino a tre mesi ignoti ai più, ha preteso di criticare queste decisioni di Alfano defindendole uno schifo. Chi è Riccardi per usare questa terminologia da scaricatore di porto nei confronti del segretario del maggior aprtito italiano senz ai cui voti al più Riccardi potrebbe fare il portinaio a Palazzo Chigi? Si è afferettato a porgere le scuse – a chi si fosse senetito offeso! -  assicurando di essere stato frainteso. Ma le scuse non bastano e se il PDL ha un briciolo di rispetto per i suoi elettori deve chiedere, pretrendere, ottenere che Riccardi torni da dove è venuto. Dal nulla. g.

IL PARLAMEBNTO E’ SOVRANO SUI TECNICI, di Mario Sechi

Pubblicato il 8 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

Il segretario del Pdl Angelino Alfano, il premier Mario Monti e il ministro Andrea Riccardi L’Angelino e furioso. E fa bene ad esserlo. Qual è la missione del governo tecnico? Battere il partito dello spread, tenere in ordine i conti pubblici e mettere al sicuro i risparmi degli italiani. Mario Monti è arrivato a Palazzo Chigi -senza passare per le urne- con questi compiti e non altri. Tutto il resto, non è fuori dalla portata del governo, ma non è neppure scelta esclusiva del consiglio dei ministri. Ancor meno è possibile immaginare che il governo Monti sia espressione dell’opposizione, della tecnocrazia, della massoneria o della Spectre jamesbondiana: il professore ha la fiducia del Pdl, del Pd, dell’Udc e di chi ci sta. Senza il partito di Berlusconi Monti non c’è. Così come senza il Pd il prof evapora. Potrebbe invece esistere senza i voti dell’Udc. Ma non sarebbe coerente per un governo tecnico. La politica è fatta di rapporti di forza. Monti agisce in una condizione straordinaria che gli ha consentito finora di governare per decreto, laddove a Berlusconi e a Prodi fu reso difficile e a tratti impossibile.È bene ricordarlo, perché l’eccezionalità prima o poi finisce. Come ben sanno i nostri lettori, ho sostenuto la necessità del governo di transizione e non cambio idea, ma quando Angelino Alfano scoperchia il pentolone dell’accordo sottobanco per commissariare la Rai e fare qualche giochino sulla giustizia, penso che abbia fatto bene. Il Pd dovrebbe dedicare più tempo alla sua riorganizzazione (altrettanto deve fare il Pdl) e alle riforme istituzionali di cui il Paese ha necessità, e lasciar perdere la lottizzazione vecchia-nuova sulla tv e gli aggiustamenti sulla giustizia, da qualsiasi parte siano ispirati. La Rai non è oggetto di scambi con il governo. Lo dice la legge: è il Parlamento sovrano. E la giustizia, con tutta la storia che c’è dietro e gli ultimi diciotto anni di guerra che parlano da soli, forse merita qualche approfondimento a Palazzo Madama e a Montecitorio. Mettere in discussione il primato della politica è un errore. Sottovalutare il Pdl e il suo segretario anche. La prima vittima? Sarà Bersani, che di mestiere fa il politico e non il tecnico.  Mario Sechi, Il Tempo, 8 marzo 2012

…..Se Monti ha tentato di sottovalutare il segretario del PDL, un suo ministro, tale Riccardi, è anddato oltre. Lo ha insultato ed ha insultato un pò tutti avendo dichiarato ad un collega di governo, come lui non eletto da nessuno, che la politica fa schifo e che Alfano  la cecisione di Alfano era una mera strumentalizzazione. E’ insorto il PDL invitandolo a dimettersi. Perchè se il signor Riccardi, sconosciuto travet che ora grazie alla politica fa il ministro e percepisce 200 mila euro all’anno di stipendio che agigunge ad una non miserabile pensione che si aggira intorno ai 10 miula euro mensili, prova schifo della politica se nevada a casa, perchè nessuno lo trattiene. Ovviamente, come un consumato politico, di quelli che gli fanno schifo,  Riccardi è corso ai ripari dicendo di essere stato malinterpretato e che le frasi sono state estrapolate dal contesto dando loro un significato diverso. Ecco, quessto sconosciuto ex travet di quel singolare mondo del “volontariato” che prima pensa a se stesso e poi agli altri, ha fatto ricorso alla abusata tesi dei politici di professione che mettano la toppa aprendo buchi più larghi. Perchè le cose dette nella sostanza sono quelle riportate dalle agenzie di stampa e il loro significato non cambia, nè servono le scuse di rito che non mettono alcuna toppa: perchè le parole, dovrebbe saperlo il super cattolico Riccardi, sono come pietre. g.

BERLUSCONI NON VA DA VESPA E ALFANO NON VA DA MONTI

Pubblicato il 7 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

Poche ore dopo che Berlusconi ha deciso di disertare il salotto di Vespa alla Rai, Alfano ha deciso di non andare al “vertice” convocato da Monti per stasera con Bersani e Casini. Nel vertice si sarebbe dovuto parlare di giustizia e di RAI, ed appunto per questo Alfano non ci va. Perchè, ha detto, i problemi di cui dobbiamo discutere sono quelli dell’economia, e non invece quelli della giustizia e della RAI che non sono ora prioritari. Ha fatto bene Alfano a non andare’?  E cosa c’è dietro questa decisione? Dietro, aleano a leggere senza doppi occhiali le parole di Alfano, c’è la semplice sottolineatura che se Monti “monta” in cattedra per fare il regolo anche su materie che esulano da quelle dell’economia gli si riconosce una sorta di “normalità governativa” che azzera le ragioni dell’eccezionalità per cui la politica ha fatto ( a nostro avviso ingiustificatamente)  un passo indietro rispetto ai cosidetti tecnici che ora pare vogliano fare qualcosa di più dei tecnici. Se questa chiave di lettura della decisione di Alfano è giusta, allora ha fatto benissimo Alfano ad assumere questa decisione che, anzi, andava assunta anche quando il governo ha intrapreso iniziative legislative  su terreni diversi da quelli dell’economia. E’ ovvio pensare che  questa decisione di Alfano sia stata influenzata da quella di Berlusconi ma è comunque apprezzabile e sicuramente utile a chiarire i molti equivoci che si stanno affollando intorno a questa inusuale esperienza di governo, che vede insieme il centrodestra e il centrosinistra, su cui tenta di mettere il cappello il cosidetto centro di Casini,  a sostegno di Monti  che si dice un liberale ma è abbastanza sornione da far dubitare della sua presunta lealtà,  e dei suoi ministri, alcuni dei quali, Passera in primo piano, non hanno lasciato lucrose e potenti posizioni di potere solo per qualche mese, per lasciare poi il posto a coloro che in cuor loro disprezzano, cioè i politici. D’altra parte non si poteva discutere di giustizia e Rai, due dei più complicati problemi italiani, con un primo ministro che  non può contare su una sua autonoma rappresentanza parlamentare e che per rimanere a galla deve per forza fare l’equilibrista tra le forze che innaturalmente lo sostengono. Poteva mai venir fuori una riforma della giustizia nella direzione che da sempre auspica il centrodestra? E poteva mai un vertice  montiano sulla RAI risolvere il permanente dissidio che intorno  ad essa contrappone le forze politiche ? Di quella Rai che consente ad una giornalista che più che parlare bofonchia, che catoneggia  sui morti (Lucio Dalla) e sulle sue  esequie celebrate, come era sacrosanto, nella Chiesa bolognese di fianco  alla commossa e strapiena  “piazza grande” che piangeva il suo concittadino, il suo poeta-musicista, l’ indimenticabile alfiere della migliore bolognesità? Ha fatto bene Alfano a non andare al vertice indetto da Monti. Solo che poteva ingaggiare Crozza e mandarlo per fare il  doppione  di Bersani. g.

PRESIDENZIALI USA: NEL SUPERMARTEDI’ ELETTORALE ROMNEY VINCE SEI STATI, MA L’ITALO AMERICANO E ULTRA CONSERVATORE SANTORUM NE VINCE TRE E RESTA IN CORSA.

Pubblicato il 7 marzo, 2012 in Il territorio | No Comments »

Vittoria ai punti per Mitt Romney nel Super martedì delle primarie repubblicane. In palio c’erano dieci stati: Santorum ne ha vinti tre, Gingrich uno.

Mitt Romney festeggia la vittoria nel Super martedì

Mitt Romney festeggia la vittoria nel Super martedì
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Tutto il resto all’ex governatore del Massachussets, compreso lo stato-chiave dell’Ohio, considerato decisivo perché sempre in bilico. Romney si impone anche in Virginia, Vermont, Idaho, Massachusetts e Alaska. L’italo-americano vince in Oklahoma, Tennessee e North Dakota. A Gingrich la sua Georgia. Messo da parte il pallottoliere Romney può esultare.

E ai suoi sostenitori in Massachussets urla una frase che è un programma: “Vado a prendermi la nomination”.

In una competizione dove alla fine vince chi prende più delegati (ne servono 1.144 per ottenere la nomination) Romney continua ad avanzare. Ma non riesce ad assestare il colpo decisivo, quello del ko. Ancora una volta vince ma non convince. Nell’elettorato più conservatore Santorum ha la meglio su Gingrich. La sfida, dunque, va avanti. E di questo non può che essere contento Obama.

L’Ohio, uno dei cosiddetti swing state (che non sono tradizionalmente a maggioranza democratica o repubblicana e il cui voto è considerato decisivo per l’esito delle elezioni) ha premiato Romney, ma con un distacco minimo: si parla di qualche migliaio di voti. Il candidato mormone ha avuto vita facile nel Vermont di tendenza liberale, e in Idaho, dove lo hanno aiutato i mormoni. Ha vinto facilmente anche in Virginia, dove però Santorum non era in corsa. Le vittorie di Santorum in Tennessee, Oklahoma e North Dakota confermano che è lui il candidato più forte – e apprezzato – dallo schieramento più conservatore. Gingrich però non demorde e, pur essendosi affermato solo in Georgia, lo Stato che lo ha fatto entrare al Congresso, promette battaglia. Fonte ANSA, 7 marzo 2012

DA ROMA LADRONA A LEGA LADRONA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 7 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

Agli inizi degli anni Novanta Bossi lanciò lo slogan più fortunato e vincente del marketing politico italiano, quel «Roma ladrona» che diventò la colonna sonora della discesa del Nord nei palazzi del potere.

Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia

Davide Boni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia

Oggi, esattamente vent’anni dopo, proprio al Nord, purtroppo si ipotizza un’altra musica: «Lega ladrona», sostengono i pm di Milano che accusano il presidente del consiglio regionale lombardo, Davide Boni, leghista, di essere il collettore di tangenti (almeno un milione di euro) destinate al partito.

Non crediamo sia vero, ma il solo fatto che un’accusa simile possa essere per la prima volta ufficializzata (se si esclude l’ormai archiviato caso Enimont) azzera presunte differenze che erano state spacciate addirittura per antropologiche. Anche per la Lega è arrivato il momento di fare i conti forse con debolezze umane oppure, sarà la storia a dirlo e noi ci auguriamo che sia così, con la follia di magistrati politicizzati. Si sa, le malattie colpiscono più facilmente quando il fisico è debole e stressato.

E oggi quello della Lega è un corpo vulnerabile, provato da lotte intestine soffocate per mesi, forse anni, appesantito da un leader confuso diventato una macchietta dell’eroe che fu, azzoppato da una linea politica senza sbocco. Perché stare all’opposizione di Monti può essere cosa nobile e coraggiosa, ma mandare all’aria per sempre, a prescindere, con rabbia e rancore l’alleanza storica con il Pdl è da suicidio.

Fuori dal governo, tra poco fuori dalle amministrazioni locali chiamate alle urne, è un lusso che si può permettere un movimento giovane e corsaro, non il partito più anziano del Parlamento, che in vent’anni è diventato un apparato vero e proprio e sul quale anche i moderati di tutta Italia contavano per non perdere terreno. Chi dentro la Lega ha convinto Bossi a rompere con Berlusconi facendo sponda sul gioco spregiudicato dei magistrati (caso Papa e non solo) oggi mastica amaro.

Non credo, e non spero, che Maroni ora voterebbe per autorizzare l’arresto di uno dei suoi che si proclama innocente. E mi chiedo con chi si immagina di votare un domani il federalismo. Torna presto, Lega, che non tutto è perduto. Alessandro Sallusti, Il Giornale 7 marzo 2012

TRE SINGLE SOTTO IL TETTO DI CASA MONTI, l’editoriale di Mario Sechi

Pubblicato il 7 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

    Il Presidente del Consiglio Mario Monti Oggi Mario Monti rivede l’ABC, non l’abecedario, ma il trio Alfano-Bersani-Casini, i segretari dei partiti che sostengono il governo, votano le sue leggi, e non hanno deciso come presentarsi alle elezioni del 2013. Il presidente del Consiglio svolge il suo lavoro con diligenza – possiamo discutere e obiettare sulla natura e qualità dei provvedimenti – ma non ci sono dubbi che la «pax parlamentare» produca risultati non trascurabili sul piano della governabilità. Alfano,Bersani e Casini cercano di rivendicare il primato della scelta di appoggiare l’arrivo di Monti a Palazzo Chigi, ma tra Pdl, Pd e Udc vi sono sfumature nel giudicare il governo che in realtà svelano a cosa puntano davvero i partiti «filomontiani». Il Pdl è il partito del leader che ha fatto «il passo indietro» e Alfano questo lo sottolinea spesso. Richiama il senso di responsabilità del movimento e la scelta saggia del Cavaliere di dar vita a una nuova esperienza di governo. Incalza l’esecutivo quando serve, ma Monti è un premier che al Pdl in fondo va bene, è un liberale che prova a fare quelle riforme che il partito di Berlusconi non ha mai potuto varare per l’opposizione sistematica dell’alleato forte, la Lega, oggi avversario sul terreno del voto del Nord. L’Udc è in movimento verso un’idea di «partito della nazione» che Casini accarezza come un sogno e di cui Monti è chiaramente la metafora istituzionale. Pier è un consumato manovratore e per i suoi piani sarebbe perfetto un bis di «SuperMario», la mossa apripista di un risiko che potrebbe portare Casini al Quirinale, previo accordo di legislatura con il Pdl di Alfano che non nasconde – dopo la rottura con la Lega – di voler ritrovare il dialogo interrotto con i centristi nel 2008. Il Pd è in una situazione delicata. Bersani è sotto il fuoco incrociato dei veltroniani e degli ex popolari, ha perso le primarie in maniera catastrofica a Genova e a Palermo, la sua linea politica è schiacciata a sinistra da Vendola, incalzata a destra da Di Pietro e senza sbocchi credibili rispetto al governo Monti che deve sostenere ma senza condividere le riforme che un pezzo ampio dell’elettorato e la nomenklatura del partito non digeriscono. Basta questo rapido esame per comprendere quanto sia complicato il quadro politico e soprattutto perché i prossimi mesi saranno un vero e proprio laboratorio di chimica esplosiva. Tutte le vecchie alleanze, a destra e a sinistra, sono saltate: Berlusconi non fa più le cene del lunedì con Bossi, Bersani vede la foto di Vasto con Vendola e Di Pietro sempre più ingiallita, Casini sta al centro ma per andare da qualche parte ha bisogno di una nuova legge elettorale. Sono tutti single, hanno una certa età e stanno sotto lo stesso tetto. Così non durano. Mario Monti, Il Tempo, 7 marzo 2012

    …………..Intanto il presidente Berlusconi ha dato forfait a Vespa annunciando all’ultimo secondo la non partecipazione questa sera a Porta a Porta, in prima serata, la prima in TV, dopole dimisisoni. Ufficialmente Berlusconi, che è in partenza per Mosca per partecipare ai festeggiamenti per la rielezione di Putin, ha deciso di disertare la “terza camera”  per evitare di porre in ombra il segretario del PDL, Alfano, dopo le polemiche dei giorni scorsi sul rapporto di Berlusconi con lo stesso Alfano. Ci pare che la scusa non regga. Berlusconi è pur sempre il presidente del PDL e, comunque, non solo è suo diritto, ma è suo dovere spiegare le ragioni – vere – per cui si è dimesso per lasciare il posto a Monti. E’ dovere di un capitano di una nave in avaria (l’Italia del 2011-2012) non solo non abbandonare la nave nel mare in tempesta, ma allorquando lo decida, di darne  di conto ai passeggeri (gli elettori del 2008) del perchè  di questa decisione che mette in discussione il rapporto fiduciario che c’era con il comandante, non anche con il vice, quaantunque bravo e meritevole di stima. Riteniamo che abbia sbagliato Berlusconi a sottrarsi alle domande di Vespa (certamente buoniste!) e  a quelle dei suoi interlocutori (certamente meno buoniste) e che abbiano sbagliato coloro che eventualmente lo hanno consigliato in tal senso, perchè non hanno reso un buon servigio nè a Berlusconi nè alla causa del centrodestra sempre più in affanno. g.

    I NOSTRI MARO’ IN CARCERE. E MONTI FA L’INDIANO…

    Pubblicato il 6 marzo, 2012 in Politica estera | No Comments »

    Due nostri soldati, marò del San Marco, da ieri sono in carcere in India. Li hanno presi con l’inganno, in spregio ai trattati internazionali.

    India, i marò italiani in cella

    Fessi noi che ci siamo fatti intortare. Ma questo non può giustificare un affronto all’Italia intera. I fatti sono noti. I due erano a bordo di una nave italiana che navigava in acque internazionali al largo delle coste indiane. Ce li aveva mandati il nostro governo per proteggere un pezzo di Italia dagli assalti dei pirati che infestano quelle zone. C’è stato un incidente, una sparatoria in cui sono rimasti uccisi due pescatori probabilmente scambiati per pirati. I nostri negano di aver fatto fuoco, altre navi incrociavano in quel momento poco lontano. Gli indiani non hanno dubbi: hanno sparato gli italiani, ma non forniscono alcuna prova. Ma al di là della dinamica una cosa è chiara: l’inchiesta deve essere svolta da un tribunale militare italiano e, se ritenuti colpevoli, i marò dovranno scontare la pena in un carcere italiano.

    Siamo quindi di fronte a un sequestro di militari italiani da parte di un Paese straniero. I marò devono essere subito liberati e consegnati ai nostri. Il problema non riguarda solo l’Italia ma l’intera alleanza politica e militare della quale facciamo parte e alla quale abbiamo dato un tributo di sangue non indifferente sui fronti di crisi aperti nel mondo. Un Paese non vive di solo spread, e un governo che non sa difendere i suoi uomini, che non ottiene il rispetto dei trattati, è meglio che si faccia da parte. La presunta autorevolezza internazionale del nuovo premier e della nuova Italia va dimostrata innanzi tutto su questo piano. Monti non può fare anche lui l’indiano, il suo silenzio fa male. Non siamo tutti come Pisapia e la sua maggioranza che ieri a Milano hanno negato l’esposizione sulla facciata del Comune della foto dei due marò in segno di solidarietà, come avviene con i civili italiani sequestrati nel mondo. Noi non ci stiamo. A pagina tre trovate il poster dell’orgoglio. Facciamone buon uso. Alessandro Sallusti, 6 marzo 2012

    LE LEGGE ELETTORALE AGITA IL PDL

    Pubblicato il 6 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

    Quando domani sera andrà in onda la puntata di Porta a Porta con ospite Silvio Berlusconi (il 21 toccherà a Pierluigi Bersani), il Cavaliere, racconta un ex ministro del Pdl, potrebbe già essere a Mosca.

    Silvio Berlusconi e Vladimir Putin

    Silvio Berlusconi e Vladimir Putin
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    Ad aspettarlo Vladimir Putin, fresco del successo alle presidenziali russe. I due si sono ovviamente sentiti al telefono, con Berlusconi che ha voluto complimentarsi per la vittoria ottenuta al primo turno e con Putin che lo ha invitato a partecipare alle cerimonie in programma a Mosca per festeggiare il suo ritorno al Cremlino.

    D’altra parte, che i due siano legati da un rapporto che va oltre la politica non è certo una novità e dunque il Cavaliere ha accolto di buon grado l’invito a Mosca.

    Magari, per Berlusconi («sull’ex numero uno della politica lei si sbaglia», ha detto ieri in diretta telefonica a Biscardi) sarà anche l’occasione per tirare un po’ il fiato, visto che in questi ultimi giorni il Pdl di crucci gliene ha dati non pochi. A parte la querelle su Angelino Alfano, infatti, è da giorni che sottotraccia monta una certa agitazione in molti dirigenti sull’ipotesi che nel 2013 ci si possa presentare alle elezioni con una grossa coalizione. Una soluzione che il vicecapogruppo del Pdl alla Camera Massimo Corsaro non esita a definire un «pateracchio» non nascondendo la sua forte contrarietà all’ipotesi di un Monti bis. Sulla stessa linea è ovviamente anche Ignazio La Russa, ma questa volta la linea di demarcazione non è quella della solita differenziazione tra ex An ed ex Forza Italia visto che sono molti i dirigenti azzurri che la pensano allo stesso modo. E forse anche a loro si rivolge Alfano quando dice che il Pdl ha pagato «un dazio molto salato» per permettere la nascita del governo Monti, «rompendo» l’alleanza con la Lega pur non avendo ancora stretto accordi con l’Udc. Una scelta, spiega, fatta «nell’interesse dell’Italia».

    E in questa situazione – incrinato il rapporto con il Carroccio e ancora per aria un’eventuale intesa con l’Udc – è chiaro che qualsiasi ragionamento sulla legge elettorale è prematuro. Ecco perché il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello si affretta a dire che quella pubblicata ieri dal Corriere della Sera è solo «una bozza provvisoria» e «non definitiva» visto che il risultato del lavoro dei tecnici «dovrà prima essere sottoposto ai competenti organi dei partiti». Insomma, spiega il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, «se c’è un accordo sostanziale sulle riforme istituzionali, ancora non c’è alcuna intesa sulla nuova legge elettorale». Perché, è chiaro che la questione resterà congelata fino a dopo le amministrative, visto che – ipocrisie a parte – non c’è partito che non valuti la modifica del sistema di voto anche in base alle sue esigenze. E finché il Pdl non saprà dove e con chi andare è chiaro che prendere decisioni sarà dura.

    Certo, pare che qualche mugugno l’uscita della bozza l’abbia causato. Anche perché il sistema che ne viene fuori sembrerebbe disegnato su misura per l’ipotesi grande coalizione. Ma lo stop arrivato da tutto il Pdl, pare abbia rimesso la situazione nei binari giusti. D’altra parte, a via dell’Umiltà nessuno ha interesse ad accelerare sulla riforma elettorale. Anzi, come dice un dirigente del Pdl, «faremo il possibile per congelare la questione fino a dopo le amministrative».

    Poi si vedrà. E se ancora i rapporti con Lega e Udc saranno fumosi come adesso, allora il Pdl si focalizzerà davvero sul modello tedesco (o spagnolo) e con uno sbarramento alto, magari al 10%. Questione di pragmatismo.Il Giornale, 6 marzo 2012

    .………..Quanto scrive Il Giornale conferma quanto avevamo facilmente anticipato ieri nella nostra nota sui “nuovi gattopardi”. Troppo facile! g.

    TESSERE E VOTI NON BASTANO. OCCORRONO IDEE, l’editoriale di Mario Sechi

    Pubblicato il 6 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

    La crisi di Pdl e Pd sta arrivando rapidamente a un punto di svolta. Il centrodestra fa i conti con la fase finale del berlusconismo, mentre il centrosinistra è alle prese con il cortocircuito dell’illusione democratica. Entrambi i partiti sono elementi portanti del sistema, senza questi due soggetti salta quel che resta del bipolarismo, ma il loro deficit di fiducia presso l’elettorato e la barocca organizzazione interna ne stanno minando l’esistenza. Il Pdl con la scelta di affidare la segreteria a un giovane come Angelino Alfano ha cominciato a separare il ruolo del leader carismatico da quello dell’interprete della linea politica. Operazione difficile ma non impossibile, a patto che si evitino strappi, la linea sia una sola e non si dia l’impressione che il Delfino è impigliato nella rete del Cavaliere. Il Pd è uscito dalla stagione di Walter Veltroni – le cui dimissioni appaiono oggi precipitose e sbagliate – con un nuovo segretario, Pier Luigi Bersani, che sbanda a sinistra, fatica a tenere la guida al centro della corsia e si fa mangiare il battistrada dai dragster Di Pietro e Vendola. A poco più di un anno dalle elezioni del 2013 lo scenario è a dir poco magmatico. Nei partiti c’è bisogno di aria nuova, serve un rinnovo radicale della classe dirigente ma, nel cercare una soluzione intermedia tra innovazione e autoconservazione, si espongono a gravi errori (la gestione dei congressi nel Pdl ha scoperchiato il problema del falso tesseramento e dei ras locali) e mostrano masochistiche strategie sulla selezione dei candidati (le ultime sconfitte dei democratici nelle primarie di Genova e Palermo). Non sono crisi speculari, ma il contesto è comune: a Palazzo Chigi c’è un governo tecnocratico, la recessione sta innescando movimenti di protesta che trovano un clima favorevole per alimentare l’antipolitica. Dov’è la risposta di Pdl e Pd? Tutti sembrano camminare a tentoni nel buio, mentre piano piano si sta realizzando un paradosso tipico dell’Italia: il provvisorio «SuperMario» dell’emergenza rischia di diventare il permanente Monti della normalità.  Mario Sechi, Il Tempo, 6 marzo 2012

    .…………….Nel PDL le tessere anche se non sono false, sono strumentali e quasi mai frutto di scelte autonome degli interessati. Nel PD si sconta l’avventuristica unione di dottrine diverse, anzi da sempre alternative fra loro. La crisi dei due maggiori contenitori (chiamarli partiti è eccessivo!) favorisce o la peggiore  deriva qualunquistica o la consacrazione del tecnicismo quale nuova filosofia dell’amministrazione dello Stato. Non ci piace e ci auguriamo che l’uno e l’altro riescano a trovare in se stessi gli anticopri necessari a riappropriarsi dei ruoli che la politica assegna loro. g.

    BENZINA SENZA FRENI: LA VERDE TOCCA IL PICCO DI EURO 1,86 A LITRO. E IL GOVERNO TACE!

    Pubblicato il 6 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

    Benzina: nuovi record per la verde, picco a 1,86 ROMA – Ancora record sulla rete carburanti italiana che naviga ormai senza freni verso i 2 euro al litro per la benzina. Secondo Staffetta Quotidiana si e’ raggiunto un picco di 1,861 euro presso i distributori Ip con un rialzo di 4 centesimi. La verde e’ sotto 1,8 euro soltanto in Veneto e Lombardia.

    Le medie ponderate nazionali, salgono a 1,826 euro/litro per la benzina (+0,8 centesimi) e a 1,761 euro/litro per il diesel (+0,2 centesimi). Stando alla consueta rilevazione della Staffetta Quotidiana, questa mattina il market leader Eni ha messo a segno il diciassettesimo rialzo dell’anno: +0,7 centesimi sulla benzina (media nazionale Eni calcolata dalla Staffetta a 1,830 euro/litro), +0,4 centesimi sul diesel (media a 1,766 euro/litro). Sale anche Esso, i cui prezzi restano sempre al di sotto della media di mercato: +0,6 centesimi sulla benzina a 1,813 euro/litro. Per quanto riguarda IP viene messo in evidenza che la compagnia del gruppo Api “é in questo momento la più esposta agli umori dei prezzi e dei mercati internazionali, priva, fra l’altro, di attività di estrazione di idrocarburi”. ANSA, 6 marzo 2012

    ..……..Sin qui il comunicato dell’ANSA, asciutto ed estremamente chiaro. La benzina verde tocca il picco di 1 euro e 86 centisemi a litro, con pnte ancor più alte in alcune regione dove arriva a 2 euro a litro, cioè qualcosa come 4000  delle vecchie lire. L’aumento così vertiginoso e senza freni della benzina è il segnale di una economia che non cresce alla faccia di tutti i decreti di Monti trasformati in legge dopo essere stati retoricamente denominati “salva Italia”, “cresci Italia”, semplifica Italia”. L’aumento della benzina è di per sè indicatore dell’aumento generalizzato dei costi  delle merci perchè in Italia il 90% della merce viaggia su gomma,  a causa della scarsa qualità ed efficienza  dei trasporti alternativi – treni e navi – e per quanto attiene i treni a causa del quasi del tutto assente  carente miglioramento della rete ferroviaria che è ancora quella del primo dopoguerra. E ciò a differenza degli altri Paesi europei le cui vie di trasporto sono essenzialmente le ferroviarie. In Spagna, dieci anni fa, nel 2002,  la rete ferroviaria era stata rimodernata e in tutte le tratte, anche quelle interne  o meno frequentate, si viaggiava   su binari ad alta velocità ma mezzi altamente  moderni, nonostante la Spagna fosse giunta alla democrazia con 30 anni di ritardi rispetto all’Italia. E’ di questi giorni l’ennesima discesa in piazz<a dei cosiddetti No Tav, quelli che per giustificare la loro contrrarietà alla linea ferroviaria Torino-Lione obiettano che andarci in 4 ore piuttosto che in sette non è importante, ed è vero, ma è importante che siano le merci a viaggiare in metà temtpo e metà costi, il che favorirebbe sia l’interscambio, sia contribuirebbe alla riduzione dei costi. Per quanto rigiuarda il costo della benzina, sul quale grava pesantemente la tassazione dello Stato, qualsiasi economista punta il dito proprio sull’alta tassazione che fa lievitare il costo e determina l’aumento dei prezzi. Eppure Monti, il più illustre degli economisti italiani,  tanto che per fargli assumere il comando della nave Italia lo si è dovuto pagare con 25 mila euro al mese sino a fine vita, fa orecchi da mercante ed ignora il “grido di disperazione” che si alza da ogni parte d’Italia e da parte di ogni categoria del nostro Paese, meno quella dei boiardi di Stato e dei componenti delle numerose caste le quali o viaggiano gratis  o guadagnano abbastanza per non doversi preoccupare di “non farcela più″.   g