Archivi per luglio, 2012

INTERCETTAZIONI: NAPOLITANO CONTRO I PM DI PALERMO SOLLEVA IL CONFLITTO TRA POTERI DELLO STATO DINANZI ALLA CORTE COSTITUZIONALE

Pubblicato il 16 luglio, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Dopo le polemiche delle ultime settimane per la mancata distruzione delle intercettazioni delle telefonate con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, passa al contrattacco.  Il Capo dello Stato dà incarico all’Avvocato Generale dello Stato di rappresentare il Quirinale nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, per le decisioni che questa ha assunto sulle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Capo dello Stato.

Decisioni, queste, che il Presidente considera lesive delle prerogative attribuitegli dalla Costituzione.

Alla decisione di sollevare il confitto, il presidente Napolitano è arrivato perché considera “dovere del Presidente della Repubblica”, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, “evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”.

.……………La notizia non sarbbe neppure una notizia se non fosse che a sollevare il conflitto tra  poteri  (Presidenza della Repubblica e procura di Palermo) sia stato in prima persona proprio lui, Giorgio Napolitano, che in tutti questi anni dinanzi alle sconcezze di tante procure d’Italia che non hanno esitato a sciorinare al vento le intercettazioni telefoniche, spesso neppure utili e talvolta del tutto irrilevanti ai fini delle indagini, non ha mai trovato il tempo sia di condannarle, sia di favorire il varo di u na legge che mettesse fine alla barbarie di vite distrutte dalla pubblicazione di intercettazioni, spesso uscite chissà come dai cassetti dei tribunali d’Italia. Ora che la sconcezza ha lambito proprio lui, il grande capo, Napolitano s’arma di sciabola e pugnale e scende in campo. Meglio tardi che mai, potremmo dire, ma non possiamo non sottolienare la doppiezza ipocrita di chi scopre solo quando la cosa lo riguarda,  quanto grave sia stato l’uso indiscriminato da parte di disinvolti magistrati delle intercettazioni telefoniche. E ‘ proprio vero: non fare agli altri ciò che non vuoi venga fatto a te! g.

CRONACHE DELL’ISTITUTO LUCE, di Mario Sechi

Pubblicato il 16 luglio, 2012 in Politica | No Comments »

È domenica. E la politica italiana mostra il suo «lato b» occupandosi di molte cose che stanno in cima all’agenda politica e nella testa degli italiani. Fa un caldo terribile e la prova non è nel termometro, ma nelle dichiarazioni e nei fatti del Palazzo. Quando il sole batte sulle zucche, i risultati di sceneggiatura e plot narrativo raggiungono livelli straordinari. Ecco un florilegio autentico della giornata festiva sulle notizie d’agenzia. Il segretario del Pdl Angelino Alfano si impegna nella titanica lotta per defenestrare la signora Nicole Minetti dal Consiglio regionale della Lombardia. Antonio Di Pietro scende dalla mietitrebbia e dichiara con il suo modo maschio di essere favorevole ai matrimoni gay. Anche Grillo fa sapere di essere d’accordo. Lamberto Dini – classe 1931 – informa il popolo trepidante di appoggiare in futuro sempre Berlusconi. Il democristiano per sempre Gianfranco Rotondi chiede al Cavaliere di potersi prendere cura del Pdl in caso di rottamazione. Si cerca lo sfasciacarrozze più economico. Berlusconi deve scrivere una nota ufficiale per dire a uno sconosciuto da lui conosciuto, tal Volpe Pasini, di non spacciarsi per suo consigliere e di non spargere programmi politici in giro per il Palazzo. Giancarlo Lehner, onorevole del Pdl, chiede le dimissioni di Alfano. Altero Matteoli, onorevole del Pdl, applaude Alfano. Il quale dice di non avere notizie di un addio di Giulio Tremonti al Pdl. Matteo Renzi non crede che Montezemolo correrà. Mentre Renzi corre, ma Bersani non lo fa correre. Adriana Poli Bortone attacca «gli ingrati» che non capiscono la generosità del Cav quando ha deciso di ricandidarsi. Rocco Buttiglione nel frattempo assicura il suo impegno per la grande coalizione. I radicali assicurano il loro impegno per disciplinare orari e luoghi della prostituzione. Samuele Piccolo, consigliere del Pdl a Roma si dimette dalla vicepresidenza dell’assemblea della Capitale. I pm sostengono che è un furbo che ruba. Carmelo Briguglio twitta e si lancia in voli politico-pindarici che capisce solo lui: «Inserire la preferenza unica e il Porcellum si trasforma in magnifico Cavallo alato, basta questo». Osvaldo Napoli, parlamentare del Pdl, lancia il suo messaggio imperdibile: «Ottimale il ritorno di Forza Italia». Giorgia Meloni, ex ministro del Pdl, ha un punto di vista non proprio osvaldonapoliano: «Vorrei segnalare a quegli apologeti del ritorno al passato, che in queste ore propongono la ricostituzione di Forza Italia, che in tutta la sua storia quel partito ha ottenuto al massimo il 21% dei consensi, a fronte del 38% raggiunto al suo debutto, nel 2008, dal Pdl». Daniela Santanchè, onorevole del partito Santanchè, dà l’interpretazione autentica del pensiero del Cav: «Il nuovo partito si chiamerà Forza Italia». Ma non c’era già nel 1994? Francesco Storace twitta più chiaramente di Briguglio e sfodera il suo pensiero sul tema dei temi: «Ci sono gay che non arrivano alla fine del mese. Pensano più a come campare che a sposarsi. Evidentemente quelli del Pd sono ricchi». Cronache dell’Istituto Luce: «Il presidente di Confindustria in bici sullo Stelvio batte l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi». Davvero interessante, ma l’Italia che pedala è un’altra. E anche questa domenica, complice il caldo, nelle dichiarazioni del Palazzo quel Paese che lavora e tira a campare non c’è mai. Si va di Minetti in peggio.  Mario Sechi, Il Tempo, 16 luglio 2012

.……………….Non è il caldo che dà alla testa, è la confusione  (che regna sovrana)  a  spargere calore, avvolgendo nelle fiamme del terrore quelli che avevano vissuto all’ombra di Berlusconi ed ora si accorgono di esser nudi, più loro che il re! g.

VA IN ONDA LA SOAP DELLE LIBERTA’ di Mario Sechi

Pubblicato il 14 luglio, 2012 in Politica | No Comments »

Sono trascorse appena 48 ore dal vertice del Pdl che ha confermato ufficialmente la ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi. Due giorni sufficienti per dare alla soap delle libertà tutti gli ingredienti di un’opera un po’ scosciata e rifatta, un misto tra le gesta di Pierino e le acrobazie chirurgiche del sordiano dottor Guido Tersilli, primario della clinica Villa Celeste. La politica ha bisogno di una gran sceneggiatura per reggere il confronto del botteghino quando un divo tenta di tornare sulle scene dopo uno stop. Berlusconi tenta il rientro in pista mentre è in corso il Gran Premio Monti. Scelta che non condivido perché penso che per il Cavaliere ci sia molto da perdere e ben poco da guadagnare, ma so che difficilmente tornerà sui suoi passi. Ha deciso di affrontare un’altra sfida, ma l’ha cominciata male. Giuliano Ferrara, una delle poche persone che con Berlusconi usa il fosforo, ha già spiegato che un ritorno non prevede lo stesso menù degli ultimi anni: serve moderazione, un sacco di “tienimi da conto Monti”, una linea politica ferma e autorevole con l’Europa, l’abbandono delle tentazioni grillesche e dei Tea Party che intorno al Pdl assumono irrimediabilmente il tono di sbronze collettive. Insomma, il direttore del Foglio ha tracciato un programma minimo per non far naufragare l’ultima traversata di Silvio non sugli scogli, ma in qualcosa di più temibile: il ridicolo. Dalle parti di Palazzo Grazioli dovranno applicarsi parecchio, perché la partenza è un disastro. E la narrazione ricalca finora tutti i «luoghi» dell’ultima parte dell’avventura di Berlusconi a Palazzo Chigi. Così nel partitone sono scattate le interviste di consiglieri e dame di potere, parole sconnesse dal cervello, ma volete mettere l’emozione. E si riparla di donne, in due versioni. La prima nella parte della lady che dovrebbe affiancare Silvio nella campagna elettorale del 2013. Il famoso ticket con l’Angelino non c’è, si cerca l’Angelina Jolie de’ noantri. L’identikit della Dominatrix dagli occhi magnetici cattura-voti è la cosa più gettonata nel Palazzo e tra i furbastri del sottobosco azzurrino è già partito il gioco del cerino: fare il nome di una candidata al ruolo, significa bruciarla dalla pellicola azzurrina o tricolore che sia. La seconda parte della rappresentazione appena iniziata è quella della signora Minetti, le cui dimissioni fantasma e mancate testimonianze in tribunale sono fonte di imbarazzo più dei suoi travestimenti privati. Accanto al totalizzatore delle scommesse in rosa, si è aperta una fiera campionaria di nomi, simboli, invenzioni, pozioni e animazioni da spiaggia sul nome e il logo del nuovo partito, il Pdl che fu, figlio del trapasso di Forza Italia e del matrimonio fallito con i destri di An. Da cherchez la femme a cercate un simbolo disperatamente, il copione dell’improvvisazione continua, con in scena jolly di corte e ciarlatani di strada. Il risultato è quello che ci vuole per confondere anche il più granitico degli elettori: ascoltiamo Alfano parlare di tutto senza poter più dire niente, mentre Berlusconi pensa bene di disertare una riunione di arzilli sostenitori perché la riscossa di un Cavaliere non può essere annunciata dall’ospizio che se applaude fa giusto tremare le dentiere. Avanti così. Tutto fila liscio come l’olio. Bollente. Mario Sechi, Il Tempo, 14 luglio 2012

.…………….Irriverente, irridente, irrispettoso, anche insolente e sconveniente, questo commento all’acido sulfureo di Mario Sechi,  direttore de Il Tempo, un giornalista e un giornale non certo sospettabili di complicità con la sinistra, sull’annunciata (ri)discesa in campo di Berlusconi, ma non lontano dal vero e, quel che è peggio, non troppo lontano dal comune sentire degli elettori di centro destra del nostro Paese. I quali, non v’è dubbio, sono disorientati e spaventati,  mentre si avvicina, inesorabile, il momento del big ben, cioè del ritorno alle urne e quindi delle decisioni di tutti e di ciascuno, dalle quali dipenderà il futuro prossimo,  e non solo,  dell’Italia e delle generazioni future. A questi elettori, che sono milioni, e che sono la maggioranza degli elettori italiani, non si può pensare di offrire, come soluzione “nuova”,   la medesima  proposta politica che pochi mesi fa ha gettato la spugna, si è arresa senza combattere,  secondo alcuni (tra cui  chi scrive) ha disertato,   lasciando  sul campo promesse non mantenute, impegni non onorati, bandiere e valori dimenticati, talvolta traditi. Questi milioni di elettori, giovani e meno giovani,  uomini e donne, dai meno colti  a quelli cui non fa difetto il sapere,   hanno diritto in primo luogo a non essere considerati un “esercito di bambini vestiti da cretini”  come si diceva  dei boy scouts, e perciò la proposta politica da offrire loro deve avere il carattere dell’eccezionalità, quale il momento richiede, coniugata con il carattere della novità che non significa necessariamente nuovo ma almeno fresco. Ebbene,  questa riproposizone di Berlusconi, salutata troppo veloecemente dai giullari di corte come assolutamente percorribile,  si caratterizza, dopo tutto ciò che è accaduto in questi mesi,  proprio per mancanza di eccezionalità e di freschezza,  e perciò destinata a non scuotere più di tanto l’elettorato cui essa si propone.    Ciò non  vuole in alcun modo costituire  dimenticanza del ruolo che Berlusconi ha svolto nel corso di questi ultimi 18 anni, ruolo straordinario ed eccezionale che proprio per questo deve avere   continuità ideale con una proposta politica che abbia gli stessi caratteri che ebbe quella di Berlusconi 18 anni fa: appunto, eccezionalità e freschezza. Altrimenti i milioni di voti dell’elettorato di centrodestra si disperderanno consentendo alla attuale  modesta macchina da guerra della sinistra di fare ciò che non le fu possibile fare 18 anni fa. g.

BERLUSCONI SCENDE SUL CAMPO MINATO, di Mario Sechi

Pubblicato il 12 luglio, 2012 in Politica | No Comments »

Ha giurato di non ritornare a fare il candidato premier e in realtà ci sta lavorando. Silvio Berlusconi di professione continua a fare lo spiazzista. I suoi avversari se lo ritroveranno in mezzo al guado per Palazzo Chigi, ma stavolta anche il suo partito avrà il problema del leader che non vuol mollare la presa. Il tema ha precedenti storici illustri: il generale De Gaulle e i gollisti, la Thatcher e i tories, la saga dei Kennedy e i democratici, la famiglia Bush e i repubblicani. Con una differenza: in quei casi, il sistema democratico ha vinto le resistenze dei leader e prodotto la successione. Dalla nomina di Alfano ad oggi, si è sprecato un anno senza creare un’alternativa. I sondaggi del Pdl con Angelino candidato non sono buoni, per cui Berlusconi usa le vie brevi: ci riprova lui, nella speranza di mobilitare un blocco di elettori che sta alla finestra. Invece di scegliere la via logica e virtuosa delle elezioni primarie, invece di aprirsi all’imprevisto, cioè alla nascita di un nuovo leader «dal basso», il Cavaliere rilancia se stesso. Gli conviene? Ho i miei dubbi. E provo a spiegare perché. In realtà questa mossa moltiplica il fattore motivazione a sinistra: un Pd che non cresce nei sondaggi, ritroverà slancio perché riappare il suo avversario di sempre, la figura che fino a ieri ne aveva giustificato l’esistenza. Gli elettori di sinistra che si sentivano in libera uscita verso Grillo torneranno a casa per votare contro il «mostro». Altre conseguenze : la macchina giudiziaria – ora in standby – si rimetterà in moto a pieno regime, mentre i mercati cominceranno ad assestare colpi di spread sull’incerta governance dell’Italia, danneggiando Monti. Con Berlusconi di nuovo nell’arena, inoltre, la tentazione di votare con l’attuale legge elettorale per Bersani e soci diventerà un’opzione concreta: con l’alleanza di Vasto, infatti, gli anti- resuscitati dal ritorno del Cav hanno i numeri per governare sia la Camera che il Senato. Dulcis in fundo, Casini, avrà una formidabile motivazione per allearsi anche con una forza politica culturalmente distante. Può darsi che Berlusconi abbia valutato questi fattori, ma resta la domanda chiave: si candida per fare cosa? Vuole tornare in pista nel 2013 pensando di giocare la partita del governo di larghe intese con Monti che fa il bis? Vuole contaminare il “montismo” con una politica pragmatica e seria come quella proposta da Giuliano Ferrara? O con le proteste fiscali (flop) di Daniela Santanchè? E la classe dirigente del Pdl che fa? Sta a guardare cosa decide il capo o mette qualche idea sul tavolo della politica? Senza risposte chiare, il Pdl nel 2013 rischia di confinarsi nell’ombra di un’opposizione senza idee, confusa e senza numeri. Mario Sechi, Il Tempo, 12 luglio 2012

.……………Sopratutto senza numeri, come è accaduto un pò ovunque in Italia alle scorse amministrative, con l’  ex grande partito di centrodestra, il PDL,  costretto a fare il figurante sulla scena della politica dove la faceva da padrone un guitto come Grillo. Ma quel che è peggio è che questo ex grande partito è senza idee e  quelle poche che ha,  sono,  ome dice Sechi, abbastanza confuse. La prova è la Gazzetta del Mezzogiorno di questa mattina, che nelle pagine regionali pubblica la opinione dei big del PDL di Puglia sulla ridiscesa in campo di Berlusconi: ce ne fosse stato uno che abbia dissentito …tutti, ma proprio tutti a dirsi più che felici dell’annuncio, e a dichiararsi convinti che questa ridiscesa in campo è la mossa giusta per riprendere fiato e…voti. Eppure, pochi giorni fa, l’ex ministro Fitto, a cui si rifannotutti  i big pugliersi del PDL, salvo qualcuno,  intervistato (prima che Berlusconi  annunziasse il ritorno in campo) sulle primarie per scegliere il  candidato premier del PLD, si diceva più che convinto della opportunità di questo percorso, precisando che Berlusconi avrebbe dovuto svolgere nel futuro il ruolo del “padre nobile” , lasciando ad Alfano o a chiunque altro fosse stato scelto dalla base come leader,  il ruolo di primo attore. Ha cambiato idea Fitto? Non è dato sapere, ma nel frattempo i tanti suoi sottoposti   si sono affrettati a dirsi più che felici del nuovo (vecchio) corso del PDL. Magari in attesa di qualche nuovo colpo di scena, o, come avrebbe chiosato l’indimenticato Govannino Guareschi, : “contrordine compagni……”. g.

L’EREDITA’ DEGLI IGNAVI, di Mario Sechi

Pubblicato il 10 luglio, 2012 in Politica | No Comments »

Quando il passato metterà la giusta distanza con il presente, questa stagione italiana verrà raccontata dagli storici come l’era degli ignavi. Chi sono? Nel terzo canto della Divina Commedia Dante li piazza nell’Antinferno e sulla riva del fiume Acheronte, il luogo dove sono punite le anime «sanza ’nfamia e sanza lodo», quelli che in vita non hanno scelto né il bene né il male, scacciati dal Cielo perché ne offuscherebbero lo splendore, rifiutati dall’Inferno perché non hanno avuto neppure il coraggio di abbracciare il male: anime senza la speranza di morire. Il Parlamento corre sulla via degli ignavi, ma a differenza di Dante, che nel suo viaggio con Virgilio, udendo il loro lamento, si mise a piangere, noi non verseremo neppure una lacrima. Un Parlamento che dichiara in coro di voler fare la legge elettorale e dopo mesi non ha prodotto nient’altro che un fastidioso ronzìo di voci, merita di finire come gli ignavi. Mancano pochi mesi alla campagna elettorale e né a destra né a sinistra traspare la volontà di restituire lo scettro al popolo. Il Pdl ha ancorato – sbagliando – la riforma della legge elettorale a un’utopistica revisione della Costituzione in senso presidenziale, il Pd fa i suoi calcoli da partito con la vittoria in tasca ma il governo in forse. Il risultato è una palude su cui il Presidente della Repubblica ha lanciato ieri un sasso. L’ultima parte del settennato di Giorgio Napolitano somiglia sempre più a quella di Francesco Cossiga che aveva avvertito lo sfacelo del Palazzo prima che scoppiasse Tangentopoli e in un drammatico messaggio alle Camere chiese – inascoltato – le riforme. Vent’anni dopo, siamo punto e a capo. La lettera spedita dal Quirinale ai presidenti delle Camere è l’urlo di un uomo di Stato che vede il pericolo alle porte: la minaccia di un voto irrazionale e distruttivo, l’Armageddon della politica e l’apertura di una stagione di caos istituzionale. Invece di interrogarsi su «cosa ha in testa Napolitano» i partiti dovrebbero cogliere l’ultima possibilità che hanno per riprendere il cammino verso la democrazia. Senza una nuova legge elettorale che dia al cittadino la possibilità di scegliere i suoi candidati non ci sarà alcun futuro. I sondaggi parlano chiaro: c’è un partito anti-tutto (il Movimento 5Stelle) destinato a raccogliere vasti consensi e in mezzo l’incertezza e la confusione ideologica il cui risultato è la somma di due debolezze (il Pdl e il Pd) e un centro con qualche discreta idea ma poca forza (l’Udc di Casini) per reggere lo tsunami in arrivo. Quelli che teorizzano una larga coalizione prima del voto sbagliano, ma chi la ipotizza come soluzione per «il dopo» è vicino alla realtà. All’orizzonte c’è l’ingovernabilità. L’eredità degli ignavi. Mario Sechi, Il Tempo, 10 luglio 2012

…………Tutto giusto, meno l’accostamento di Napolitano a Cossiga. Quest’ultimo piconò il sistema senza avere nulla del  suo passato  di cui doversi dolere, anzi  fu l’unico che in un Paese di politici incollati alla  poltrona, diede prova di essere diverso: si dimise da ministro dell’Interno subito dopo l’assassinio di Aldo Moro, e di dimise da presidentre della Repubblica per tentare di dare uno scossone al sistema che stava crollando. Napolitano, che del suo passato ha tanto di cui doversi dolere, si è autoincaricato del ruolo di predicatore ma le prediche non servno a nulla, specie in materia elettroale quando si è commissariata la demiocrazia e si è  favorio l’insediamento di  un governo privo di legittimazione da parte del popolo che secondo la Csotituzione “è sovrano”.  Per il resto,  ci stupisce lo stupore di Sechi di fronte alla vacuità politica dei parlamentari, deputati e senatori, in carica  solo perchè nominati  dai capipartiti e privi del tutto di autonomia e sopratutto di fantasia. A dire il ver, e cio è ciò che maggiormente ci stupisce,  nessuno ha mai creduto che ci fosse un solo partito disponibile a modificare la legge porcata, varata dal governo Berlusconi e che reca ingiustamente il nome di Calderoli, avendola, di fatto, suggerita nel 2006 il duo Casini-Fini, perchè i capipartito di ciò che resta del sistema varato all’indomani della guerra l’ultima cosa che vogliono è rinunciare a gestire le nomine dei parlamentari per assicurarsene l’obbedienza. Naturalmente a discapito della democrazia.  Ma questa è un’altra storia. g.

ECCO I TAGLI CHE NESSUNO VUOL FARE: NIENTE TETTO ALLE “PENSIONI D’ORO”.

Pubblicato il 3 luglio, 2012 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

Ritirato l’emendamento che le riduceva a 6mila euro al mese, consentendo un risparmio di 2,3 miliardi di euro l’anno solo sulle pensioni pubbliche e se esteso al settore privato consentirebbe un risparmio di 15 miliardi l’anno. Conflitto di interessi dei ministri e sottosegretari “tecnici.”

Lungi da noi dire che, nel dire no al taglio delle pensioni d’oro, i membri dell’esecutivo Monti abbiano guardato in primis alle loro tasche, presenti o future. Ma, come si dice, i numeri non mentono. E in questo caso dicono che alcuni membri dell’esecutivo si troverebbero la pensione che già percepiscono severamente decurata dal proposto tetto di 6mila euro netti al mese. E altri, secondo quanto scrive Il Fatto quotidiano, se la troverebbero in futuro, visto quanto guadagnano oggi.

L’emendamento taglia-pensioni d’oro, presentato dal parlamentare del Pdl Guido Crosetto e che consentirebbe un risparmio di 2,3 miliardi solo sulle pensioni pubbliche e di 15 se fosse applicato anche al settore privato, è stato ritirato dopo le insistenti “pressioni” da parte del governo e degli stessi colleghi di Crosetto. “Smuovi un campo troppo ampio” gli aveva detto in Commissione il sottosegratario all’economia Gianfranco Polillo. Proprio lui che è titolare di una pensione di 9.541,13 euro netti al mese percepita dall’ottobre del 2006 dopo oltre 40 anni di servizio come funzionario della Camera. E che col tetto fissato a 6mila euro si troverebbe a perdere 3.541 euro al mese.

Tra i beneficiati dal mancato tetto ci sarebbe anche Elsa Fornero. Il ministro del Lavoro nel 2010 ha dichiarato un reddito di 402mila euro lordi annui, per cui non è difficile prevedere per lei una pensione al limite della “soglia Crosetto”. Il ministro Anna Maria Cancellieri dal novembre 2009 è titolare di una pensione di 6.688,70 euro netti al mese, frutto di una lunga carriera nell’amministrazione statale con l’ingresso al ministero degli Interni nel 1972. Il ministro della Difesa, Ammiraglio Giampaolo Di Paola, percepisce 314.522,64 euro di “pensione provvisoria”, pari a circa 20mila euro mensili. Il sottosegretario allo Sviluppo economico Massimo Vari percepisce 10.253,17 euro netti al mese, frutto di una lunga attività di magistrato fino a ricoprire la carica di vice-presidente emerito della Corte costituzionale. da Libero, 3 luglio 2012

PRENDELLI FINGE DI AVER VINTO: NON SI SCUSA, FA IL TROMBONE, ANZICHE’ IL TROMBATO.

Pubblicato il 3 luglio, 2012 in Politica, Sport | No Comments »

Prandelli finge di aver vinto:  non si scusa e fa il trombone

Messaggio al commissario tecnico della nazionale di calcio, Cesare Prandelli:  all’indomani di uno 0-4 non si possono dare lezioni. Quella subita dai suoi azzurri è la più umiliante disfatta mai registrata nella storia delle finali degli Europei e dei Mondiali e senso del pudore imporrebbe di scendere dal piedistallo prima di commentarla. Così non è andata però ieri a Cracovia. Rinfrancato dagli applausi con cui i giornalisti lo hanno accolto, Cesare ha gonfiato il petto e dato fiato al trombone: «Grazie, avete capito il nostro sforzo. Sono orgoglioso. In un Paese vecchio come l’Italia, noi abbiamo avuto la forza di cambiare e di portare avanti le nostre idee senza farci condizionare dal risultato».

Eh no, questo è troppo. Intendiamoci, nessuno vuol criticare l’opera del ct: è arrivato alla finale contro ogni previsione e gli intenditori giurano che ha fatto un eccellente lavoro e pertanto merita di restare sulla panchina azzurra.  Però non è un eroe; non è ancora Pozzo, Bearzot, Lippi e neppure Valcareggi, che l’Europeo riuscì a vincerlo. Prandelli ha giocato due partite entusiasmanti contro l’Inghilterra (senza però fare neanche un gol e spuntandola a quella che vien detta «la lotteria dei rigori») e soprattutto la Germania, ma la figura di domenica sera è stata barbina e i toni del giorno dopo devono tenerne conto. Forse Cracovia è troppo lontana per avvertirlo, ma gli italiani si sentono più umiliati che «orgogliosi» di com’è andata con la Spagna. Non dico chiedere scusa; sarebbe, per usare un’espressione dello stesso Prandelli, «vecchio», eccessiva cortesia, ma almeno non parlare come se si fosse vinto, questo si poteva fare.

Anche sull’evocato «cambiamento» ci sarebbe poi da ridire. E non solo perché prima di elogiare i cambi, bisognerebbe almeno averne azzeccato uno sul campo, altrimenti si rischia il ridicolo. Ma anche perché se il cambiamento è giocare senza badare al risultato ma solo alla coerenza delle proprie idee, allora – e solo per questo – vien da chiedersi se in vista del Mondiale brasiliano del 2014 non sia il caso di ringraziare Cesare, rendergli l’onore delle armi e cambiare subito cavallo.

O forse no: basta non prender troppo sul serio quelle parole. O meglio, prenderle per quel che sono: l’autodifesa di un onesto lavoratore di talento portato su dalle sue molte qualità e da un pizzico di fortuna e schiantatosi rovinosamente contro qualcosa di più grande di lui, un avversario e un evento che l’hanno travolto e non gli hanno fatto capire più nulla. Da qui, il «vecchio» vizio italico di cercare di trasformare una sconfitta in una vittoria e di giustificare la debacle con la moralità delle idee. Uno spettacolo più da politici che da sportivi, anche quando Prandelli scarica le sue responsabilità sui giocatori e afferma: «Dovevo cambiare formazione ma avrei mancato di rispetto a chi mi aveva portato fin lì»;  come a dire «avrei saputo cosa fare ma son troppo gentiluomo…». Ma più che da gentiluomo sembrano parole da marpione navigato, che alla vigilia con il vento in poppa detta le condizioni e minaccia: «Non so se resto» ma quando il sogno è finito raccoglie i cocci e scivola sulla palta come nulla fosse: «Fatemi lavorare, ho rivoluzionato il calcio italiano». Un’incoerenza, un gioco di parole, una finzione, come quella della Nazionale etica che ci ha venduto per due anni ma che sul campo schierava uno scommettitore  in porta, un indagato in difesa e due svitati in attacco che prima di arrivare a Varsavia ne hanno combinate di ogni. Poco male, non è certo per questo che Prandelli è da cacciare; a patto che da domani smetta di pontificare e di voler rieducare l’Italia attraverso il calcio e inizi a inseguire il risultato almeno quanto le sue idee. Libero, Pietro Senaldi, 3 luglio 2012

…………….Peggio di Prandelli solo un altro trombettiere, cioè il Presidente della Repubblica che prima ancora dellla partita aveva fissato per lunedì sera il ricevimento al Quirinale per i reduci da Kiev.  In cuor suo Napolitano,   che è ormai diventato un alfiere della retorica più bolsa, suggestionato dal risultato con la Germania, aveva di certo sognato di ricevere i campioni di Europa, invece ha ricevuto i birilli che nel campo di Kiev se le sono fatte dare di santa ragione senza neppure tentare di opporsi. E siccome la retorica, benchè, orrore!,  retaggio fascista,  è l’ultima a morire, Napolitano li ha ricevuto ugualmente, i birilli, al Qurinale per dir loro che “essi sono come l’Italia…. da rifare”, facendo il verso a Prandelli che a sua volta, ha accusato l’Italia di essere vecchia. Proprio come Napolitano che a 87 anni suonati  vuole apparire un ragazzino di primo pelo. g.

MONTI, MENAGRAMO, E’ ANDATO A KIEV PER NON CANTARE L’INNO NAZIONALE. PERCHE’ NON E’ RIMASTO A CASA?

Pubblicato il 2 luglio, 2012 in Politica, Sport | No Comments »

La gioia non si addice a Mario Monti. Il premier ha voluto essere a Kiev pur essendo notoriamente allergico al pallone, e qui giunto non ha dovuto nemmeno indossare il sorriso trionfale portato per l’occasione.

Mario Monti a Kiev per la finale degli Europei

Mario Monti a Kiev per la finale degli Europei
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Chi era curioso di conoscere la versione esultante del professore dovrà aspettare un’altra occasione. E per il poverino la sentenza sui social network è già scritta: porta sfiga. Una condanna che Monti si è anche andato un po’ a cercare senza ribellarsi al suo destino. Seduto vicino a Michel Platini, presidente dell’Uefa, il Prof ha ascoltato l’inno senza cantarlo, ma muovendo un po’ la bocca tanto per, poi ha assistito alla disfatta degli azzurri con l’aria cupa del prozio invitato al battesimo del nipotino che rimugina su chi glielo ha fatto fare e su quanto gli è costato il regalo.

Il medagliere di Euro 2012 è questo: alla Spagna l’oro,all’Italia l’argento, agli esponenti del governo italico il bronzo delle loro facce. Perché se avessero avuto mezzo etto della coerenza mostrata nei due anni da ct da Cesare Prandelli, Monti e il suo ministro Piero Gnudi allo stadio Olimpico di Kiev non avrebbero dovuto mettere piede. Monti è l’uomo che al termine del match con la Spagna ha accettato in dono la maglia di Balotelli, ma è lo stesso che il 29 maggio, dopo gli arresti di calciatori invischiati nel calcioscommesse, propose uno stop al calcio di due o tre anni, confessando di trovare «inammissibile che vengano usati soldi pubblici per ripianare i debiti delle società » e meritandosi la piccata replica del presidente della Figc Giancarlo Abete: «Il calcio professionistico non riceve un euro di fondi pubblici». Monti, che nel suo smunto curriculum di tifoso vanta solo una tiepida militanza milanista nella immaginiamo turbinosa giovinezza, è sempre quello che il 15 giugno, per dimostrare il suo sovrano disprezzo per le sorti azzurre, non si preoccupò di sovrapporre il vertice bilaterale con il presidente francese François Hollande alla partita Italia- Croazia e si infastidì non poco al sommesso boato dei giornalisti alla notizia del gol di Pirlo che interruppe per pochi secondi la successiva conferenza stampa, porgendo imbarazzate scuse all’inquilino dell’Eliseo. Monti è di nuovo quello di cui la ministra Elsa Fornero alla vigilia di Italia-Germania disse che non sapeva per chi avrebbe tifato. Una battuta. Forse.

E Gnudi? Anche il ministro del Turismo e dello Sport avrebbe fatto miglior figura a restare a Roma. L’11 giugno visitando il quartier generale degli azzurri a Cracovia, valutando l’improbabilità di una controprova, fece il duro e puro: «Chi offende la democrazia, offende i cittadini», disse a proposito del governo ucraino che tiene in galera l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko. E quindi scolpì nel marmo delle agenzie queste improvvide parole: «Quanto alla partecipazione alle partite che l’Italia potrebbe giocare in Ucraina, io sono intenzionato a rinunciare». Ops. Del resto Gnudi avrebbe preferito evitare questa patata bollente. Lo si arguisce da una lettura psicanaliticamente piuttosto elementare di una sua dichiarazione-lapsus rilasciata alle televisioni alla vigilia della semifinale con la Germania: «Stiamo facendo un bellissimo europeo e sono sicuro che stasera lo concluderemo nel migliore dei modi». Concluderemo? Ariops. In attesa all’ultima fermata del carro dei vincitori poi soppresso, Monti e Gnudi hanno smentito loro stessi e sono saliti su quell’aereo per Kiev. Mal gliene incolse: hanno dovuto parlare di «magnifica avventura» e di un secondo posto «che all’inizio avremmo sottoscritto al buio». Poi certo, c’era da salvare un po’ la faccia.

Così Monti ha escogitato un viaggio lampo (come se le gaffe si misurassero con l’orologio) e soprattutto si è inventato con il collega spagnolo Mariano Rajoy una lettera al presidente ucraino, Viktor Yanukovich, per trasmettere«il continuo sostegno sia dell’Italia che della Spagna alle aspirazioni europee dell’Ucraina» con tanto di richiesta di «visitare la signora Tymoshenko».

Dopo la partita, il Prof ha spiegato che «non c’era ragione per non venire a Kiev: è stata l’occasione per richiamare l’Ucraina a doveri di civiltà». Per non sembrar troppo maleducati, Monti e Rajoy hanno ringraziato nella loro missiva «il popolo ucraino per la calorosa accoglienza riservata alle nazionali e ai tifosi». Il Giornale, 2 luglio 2012

Riceviamo da Toronto:

Chi e’ stato l’idiota che ha invitato Monti allo stadio. Appena l’hanno inquadrato subito dopo l’Inno Nazionale mi sono reso conto che avremmo perso. Infatti i nostri hanno giocato con una totale mancanza di riflessi. Pareva fossero stonati cosi come Monti pareva di esserlo.

Quando tutti applaudivano il nostro Inno,  lui e’ sembrato come un pesce fuori dall’acqua. Un becchino qualsiasi avrebbe fatto una piu’ bella figura.  Carissimi, la prossima volta tenetevelo a casa.

Indubbiamente gli Spagnoli hanno meritato di vincere anche se in campo, dall’altra parte,  non c’era nessuno!

Nick Pinto