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ELEZIONI POLITICHE: UN MARE DI LISTE, IN ATTESA DI MONTI

Pubblicato il 20 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

A febbraio rischiamo di trovarci anche 20 simboli da poter votare. L’elenco completo, dai “tradizionali” ai neonati Fermare il declino, Centrodestra Nazionale, movimento Arancione

elezioni,lista montiIn attesa che  il supoer incompetente economico Mario Monti dica che cosa vorrà fare da grande, e quindi se e come scendere in campo e con che lista e tutti gli annessi e connessi, il panorama delle prossime elezioni politiche di febbraio non è certo monotono, anzi. Rischiamo di trovarci sulla scheda fino a una ventina di simboli, tra i vecchi e i neonati o, comunque, quelli non presenti nel 2008. Una lenzuolata, insomma. Nel migliore italian style.

E’ Il Giornale, servendosi di un’infografica riassuntiva, a stilare le (per ora) potenziali liste. Per leggere l’elenco, c’è da prendere fiato prima. Abbiamo infatti 15 liste “reduci della seconda Repubblica”, più 3 “battitori liberi” e, infine, l’area centrista che dovrebbe essere sotto il cappello di Monti. Pronti, via.I 15 “reduci della seconda Repubblica” sono: Pdl, Lega, La Destra, Grande Sud, Udc, Pd, Idv, Api, lista Bonino, Mpa, Sel, Federazione della Sinistra, Psi, Verdi, Fli. Quindi, un mix di partiti tradizionali e di “new entry” di formazioni non presenti nel 2008, come appunto il Grande Sud di Micciché o Fli di Fini e suoi reduci dello strappo con Berlusconi.

I 3 “battitori liberi” sono i neonati Centrodestra Nazionale, by Ignazio La Russa, e movimento Arancione, by Giggino De Magistris e altri soggetti, compreso forse l’ “uomo da Guatemala city”  Antonio Ingroia. E, naturalmente, il Cinquestelle di Beppe Grillo, al netto delle epurazioni.

Infine, l’area centrista, ad oggi composta da una lista facente capo a Montezemolo, da Fermare il declino di Oscar Giannino e dal prodotto che risulterà dall’area cattolica che sposa l’agenda Monti e che ha, tra le teste di serie, il ministro Riccardi e Andrea Olivero, che ha lasciato la presidenza delle Acli per appunto impegnarsi a tempo pieno in questa avventura politica.

Tutto qui? Temiamo di no. Alla faccia del bipolarismo a cui la seconda Repubblica voleva puntare. Stiamo andando, invece, verso una terza Repubblica iper frammentata e con una legge elettorale che tutti vogliono cambiare e nessuno cambia e che, facilmente, promette poca governabilità. Rebus sic stantibus, viene spontaneo dire: aridatece la prima….. Repubblica. Fonte Virgilio.it, 20 dicembre 2012

BERLUSCONI RITORNA IN TV E FA IL MATTTORE

Pubblicato il 19 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Sicuro dell’appoggio della Lega, convinto che il Paese abbia bisogno di lui e fiducioso che il voto degli italiani confermerà le attese. Silvio Berlusconi, ospite a Porta a Porta, ribadisce il suo impegno per l’Italia.

Rischio di finire come la Grecia

“Ho avuto inviti pressanti dal mio partito e da altre persone a non lasciare che la situazione, nel Paese che amo, degradi“, ha spiegato il Cavaliere, paventando il rischio di far la fine della Grecia perché “siamo in una situazione in Italia e in Europa molto negativa, c’è una spirale recessiva senza fine e se continua così aumenteranno qui 3 milioni di disoccupati, il governo dovrà aumentare le tasse e potremmo andare a finire come è accaduto in Grecia, dove c’è quasi una guerra civile”.

“Tassi più bassi o usciamo dall’euro”

Il differenziale di tassi tra Italia e Germania frena lo sviluppo, l’emergenza non è finita, quindi, o “la Germania si convince che la Bce deve fare la banca centrale a tutti gli effetti e noi possiamo trovare il denaro all’1% o noi saremo costretti, disgraziatamente e sfortunatamente a uscire dall’euro” per tornare a essere competitivi”, ha spiegato Berlusconi, aggiungendo che “io sono anche un imprenditore e vedo il calo di pubblicità sui giornali e nelle aziende, cosa si deve fare? Oggi c’è una morsa su di noi che è data dal rafforzamento dell’euro e quindi i prodotti Ue sono meno convenienti e poi c’è il costo del denaro”.

“Ecco come toglierò l’Imu”

Il Cavaliere è poi è tornato sul tema dolente di questi giorni, cioè l’Imu, spiegando come provvederà ad abolirla.
“La casa è sacra, non si tocca, è il pilastro su cui ogni famiglia ha il diritto di costruire la sicurezza del suo futuro. Quindi, la prima casa non si tocca e toglierò l’Imu”. L’ex premier ha spiegato dove reperire le risorse necessarie per coprire i 3,4 miliardi dell’Imu: “1,8 miliardi dai giochi (Lotto, lotterie pubbliche, ecc.), 1 miliardo dai tabacchi; 241,2 milioni dalla tassa sugli alcolici; 500 milioni dal riordino e efficientamento dei trasferimenti alle imprese; 258,8 milioni dalla tassa sui diritti di imbarco aeroportuali (+4 euro a passeggero)”.

“Gli italiani hanno bisogno di me”

Nella sua analisi della situazione politica attuale, l’ex premier ha evidenziato che “gli italiani si sono stancati della politica e si rifugiano nel non voto: in Sicilia il 50% non ha votato. Dentro c’era il 18% di Grillo che è un voto all’antipolitica”. Insomma, Berlusconi si dice sicuro che gli italiani abbiano bisogno di lui e “quindi non mi astengo quando sento il dovere di prestare il soccorso a chi ha bisogno”. E se questa sia la scelta giusta, gli italiani “lo dimostreranno con il voto, adesso…”. L’ex presidente del Consiglio è rassicurato dai sondaggi che, dopo le sue ultime apparizioni televisive, lo danno in risalita.

Aumento dei consensi per il Pdl

“Io punto ad essere il partito che prenderà più punti e credo che abbiamo possibilità di farlo. Dopo le mie dimissioni io sono stato lontano dalla politica e dalla comunicazione e il partito ha avuto un degrado nei consensi. Quando sono tornato, grazie alle mie apparizioni il partito è salito di 4 punti percentuali”, ha rivendicato Berlusconi.

“La Lega farà parte della coalizione dei moderati”

Quanto al gioco delle alleanze, Berlusconi si è detto certo che “la Lega sarà con noi nella coalizione dei moderati, ne sono sicuro. Il contrario sarebbe illogico e un disastro per l’Italia e non credo che per la Lega possa esserci un’altra soluzione se non un’alleanza con noi. Io credo che la Lega ci tenga moltissimo alla macroregione del Nord e quindi deciderà per un’alleanza con noi. I partiti sono anche realisti, non possono andare dietro a voglie sradicate dalla realtà. Il Pdl non potrebbe sopportare di essere al governo in Veneto e Piemonte e non essere supportata a livello nazionale. Io credo che la Lega darà il suo supporto e noi sosterremo Maroni alla Lombardia”.

Il rinvio delle elezioni

Quando Bruno Vespa ha chiesto conto della nota del Pdl che chiede un rinvio di due settimane delle elezioni, Berlusconi ha annuito: “Sì, abbiamo proposto di spostare le elezioni perché questa fretta di andare al voto dà un impulso di fretta alla costituzione delle liste e dà un impulso di fretta alle elezioni. È una forzatura inutile”.

Il tema dell’ingovernabilità

Il sunto del discorso politico di Berlusconi è racchiuso nelle sue parole: “Disperdendo il voto sui piccoli partiti che inseguono solo i propri particolari interessi, portati avanti dai loro piccoli leader, l’Italia non potrà essere governata e la crisi diventerebbe più profonda. Aumenteranno i disoccupati, chiuderanno le aziende, il governo aumenterà le tasse e andremo incontro al disastro con il rischio di una guerra civile sociale come si è quasi verificato in Grecia”.

“Fini e Casini persone orrende”

Fini e Casini sono due persone orrende, anzi, orrendissime. A chi vota per Casini conviene votare per il Pd, perché il ruolo di Casini è quello di fare il cavallo di Troia del Pd per avere un tornaconto”, ha affermato Berlusconi, aggiungendo che Fini e Casini sono “le mie due più grandi delusioni, Tremonti ha le sue idee, ma non è confrontabile con questi due: sono due persone orride. Anzi, di più: orridissime”.

“Se Monti accetta, io faccio un passo indietro”

Il Cavaliere ha poi ribadito che “se Monti sciogliesse il dubbio e dicesse di essere disposto a fare il candidato premier di tutti i moderati, io farei un passo indietro da candidato premier e sarei felicissimo. Lui avrebbe sotto di sé un Pdl che è sempre stato leale al governo tecnico e non gli ha mai votato contro”. Tuttavia, ha precisato l’ex capo del governo, “ho offerto a Monti di essere federatore dei moderati, ma dopo quello che ha detto Casini si mette fine a questa possibilità. Non credo che a Monti convenga mettersi in un partito con Casini e Montezemolo, passerebbe da deus ex machina a piccolo protagonista della Repubblica”.

Su Monti, Berlusconi ha affermato: “Ne ho stima e penso che possa essere una ottima riserva della Repubblica, per essere presidente della Repubblica se
vincesse Bersani, o potrebbe essere chiamato se il governo Bersani portasse le sorti del Paese al disastro economico e sarebbe richiamato per salvare il Paese e dovrebbe essere ancora Monti. O potrebbe essere chiamato a essere il presidente della Commissione europea: credo che davanti a lui ci siano posizioni non di parte né di particine”.

“Gli italiani imparino a votare”

Facendo infine un salto nel passato, Berlusconi ha spiegato che “bisogna profittare dei mezzi della comunicazione, soprattutto della tv”, per spiegare di aver “governato al massimo della positività, pur essendo frenato dall’architettura istituzionale” e dal fatto di avere “avuto i partiti minori” che l’hanno costretto a mediare.

“Ho passato anni a trattare con i signori Fini, Casini e Follini e non sono riuscito a presentare un disegno di legge per la riforma della giustizia da inviare al Parlamento”, ha precisato il Cavaliere, aggiungendo come lo stesso sia avvenuto sulla “riforma delle pensioni fermata dalla Lega”. “Per cambiare il Paese occorre che gli italiani imparino a votare e a dare il voto al partito della sinistra o al Pdl, dimenticandosi dei piccoli partiti perché dare loro il voto è inutile e dannoso”, ha concluso Berlusconi.

“Ingroia si candida? Già faceva politica”

Berlusconi ha speso pure due parole in merito alla presunta candidatura del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia: “Già faceva politica prima. Non c’è un grande cambiamento rispetto a quando era magistrato”. 19 dicembre 2012

MAGISTRATI IN POLITICA, MANI SPORCHE SULLE ELEZIONI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 18 dicembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Che pena, che tristezza. Il magistrato simbolo della lotta al berlusconismo, una persona triste e arrogante al tempo stesso, si mette in politica e si candida alle imminenti elezioni politiche contro Berlusconi.

Si chiama Ingroia, è il grande accusatore, insieme alla Boccassini, di Silvio Berlusconi, è il padrone di Travaglio, Santoro e di quella schiera di giornalisti e buffoni che hanno cercato di spacciare per giustizia una persecuzione giudiziaria.

Come fanno i piccoli uomini, Ingroia non ha neppure il coraggio di dimettersi dalla magistratura. Si mette in aspettativa, pagata da noi, perché nell’urna non si sa mai. Male che gli vada, grazie a un Csm complice e alla mancata riforma della giustizia, potrà tornare a fare le sue farneticanti inchieste su mafia e Forza Italia.

Altro che magistratura Mani Pulite. Qui siamo alle Mani Sporche. Sporche di intrighi, di ingiustizie, di campagne giornalistiche basate su teoremi. E guarda caso la compagnia di giro è sempre la stessa. Con Ingroia c’è Di Pietro, quello che ha tolto il nome dal simbolo del partito ma avrebbe fatto meglio, come ha detto qualcuno, a toglierlo dai citofoni delle case comprate non si sa bene come. C’è quel De Magistris, sindaco di Napoli, che da magistrato fece cadere un governo, quello di Prodi, con una inchiesta farlocca e si sostituì ai suoi indagati facendosi eleggere parlamentare europeo. E c’è tutto il blocco comunista al gran completo, gente espulsa dalla storia che tenta di rientrare in Parlamento all’ombra di pm manettari.

Con la candidatura di Ingroia c’è la prova definitiva che ci hanno imbrogliato. Altro che inchieste su mafia e politica. Falcone e Borsellino si stanno rivoltando nella tomba nel vedere come la loro magistratura sia diventata uno strumento politico, per di più alleata con quel Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, che fu proprio l’uomo che per primo delegittimò all’epoca il loro lavoro con le tragiche conseguenze che conosciamo.
Non è un tormentone autoassolutorio di Berlusconi. La magistratura è un problema enorme di questo Paese. Più dello spread, più dell’insipienza della classe politica. Io, nel mio piccolo, ne so qualcosa. Alessandro Sallusti, 18 dicembre 2012

.…………….In attesa di conoscere che farà il salvatore della patria, ovvero Monti Mario, godiamoci la discesa in campo di Ingroia che  in due o tre settimane ha trasvolato l’Oceano non si sa quante volte. Chissà chi ha pagato! g.

MONTI? NO, GRAZIE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 17 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Usciamo da metafore e tatticismi, altrimenti la gente non capisce più nulla. Monti non è e non può essere il candidato premier del popolo del centrodestra.

Almeno che non abiuri a una politica sciagurata, che non si ricreda sulla moralità e legittimità di un popolo, il nostro, che nell’ultimo anno ha mortificato, ignorato, snobbato con l’arroganza del professore a cui fa schifo sporcarsi le mani stringendo le nostre. Sembra che lo vogliano tutti, dalla Germania ai banchieri fino ai benpensanti dei salotti miliardari. Piccolo particolare: secondo i sondaggi l’80 per cento degli elettori del Pdl non ne vogliono sentire neppure parlare, mentre la metà del popolo di sinistra sbava per lui. Un motivo ci sarà. Obiezione. Anche Berlusconi e Alfano lo implorano di fare il loro capo. Non prendiamoci in giro. Pensate davvero che Berlusconi sia in cerca di un capo? È una contraddizione in termini, solo gli allocchi ci possono cadere. È che Berlusconi, credo io, sta solo smontando il giochino, il grande imbroglio di Monti salvatore della Patria. Sei dei nostri? Dimostralo, scegli, rischia, noi ci siamo. È che non c’è lui, Monti, l’uomo che si è fatto nominare senatore a vita come polizza sul suo futuro: ventiduemila euro al mese per poi rubarci le nostre tredicesime con l’Imu e tutto quel che sappiamo.
Possiamo affidare il nostro futuro a uno così? Se ce lo chiede in ginocchio, forse. Altrimenti si arrangi col suo amico ministro Riccardi che ieri lo ha definito uomo «di alta moralità». Già, perché è morale far chiudere le aziende, creare disoccupazione e disperazione con leggi che piacciono alla Merkel. Meglio un Berlusconi a cento Monti. Lo dico agli amici della Lega, ai pidiellini attratti dalle sirene del loden, a quei cattolici moralisti che già hanno barattato fin troppo, principi evangelici in cambio di poltrone. Lo dico da detenuto. Mi fa paura mettere la mia libertà nelle mani di Monti. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 17 dicembre 2012

.……………..Per questo ci piace Sallusti, perchè dice pane al pane e vino al vino. Per questo non piace (agli altri) Sallusti perchè dice pane al pane e vino al vino. In questo caso, Sallusti ci piace quanto non ci piace Monti, moltiplicato per mille milioni di euro. Piace, Monti,  alla Germania, piace alle banche, piace ai superburocrati superpagati dell’Europa che nulla ha a che vedere con quella che abbiamo sognato nella nostra giovinezza,  l’Europa dei popoli e delle nazioni, non certo l’Europa dei burocrati e dei tecnici, quelli che nei popoli non ne vedono l’anima, ma solo corpi da strizzare.  Non piace a noi, agli italiani che lavorano, che si stringono nelle spalle, e stringono la cinghia, per far quadrare i conti, facendo sempre e comunque il proprio dovere. Non ci piace e per questo dubitiamo che mai potremo accettare  patteggiamenti che innalzino sugli scudi chi senza meriti vorrebe governare per svenderci ai momentanei padroni dell’Europa dei banchieri. Meglio una onorevole disfatta che un’umiliante ritirata. g.

IMU: I 3 MILIARDI IN PIU’ INCASSATI SULLA PRIMA CASA DEGLI ITALIANI SPESI DA MONTI PER PAGARE IL FONDO SALVA STATI

Pubblicato il 17 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Appuntamento in cassa per l’Imu. Il saldo della tassa sulla casa dovrebbe portare un gettito di circa 15 miliardi di euro, che sommati ai 9 pagati a giugno in acconto porterebbero l’incasso a 23-24 miliardi di euro, un po’ più rispetto ai 21 che erano stati stimati nel decreto “salva Italia”.

Ma che fine hanno fatto i soldi incassati dall’erario pubblico grazie all’imposta sulla prima casa? “Il buon Monti ha deciso di anticipare la seconda rata del Fondo Salva Stati, che l’Italia avrebbe dovuto pagare l’anno prossimo, a quest’anno – ha spiegato il senatore leghista Massimo Garavaglia – in questo modo si è trovata a dover sborsare 2,7 miliardi in più, cifra che ha potuto coprire grazie ai 3 miliardi incassati grazie all’Imu sulla prima casa”.

Sin dalle primissime battute i lumbard hanno preso le distanze dalla politica economica portata avanti dai tecnici. Lo stesso Silvio Berlusconi ha spiegato che la sfiducia del Pdl al premier Mario Monti sia dovuta all’eccessivo rigore applicato in questi tredici mesi di governo. In poco più di un anno i contribuenti italiani hanno dovuto far fronte a nuove tasse per oltre 40 miliardi di euro. E la pressione è schizzata, stando ai dati del Centro studi della Confindustria, al 53,9%. “Il risultato è stato che il prodotto interno lordo è calato di tre punti percentuali – ha spiegato Garavaglia ai microfoni di Porta a Porta – e, solo in Lombardia, almeno 3mila aziende hanno trasferito la sede in Lugano”. Tra tutte le tasse introdotte dall’esecutivo tecnico, l’Imu è sicuramente la più odiata perché va a colpire un bene essenziale come la casa. E, adesso, ci si trova a dover mettere nuovamente mano al portafoglio per far fronte all’ultima rata. Secondo la Confedilizia, per il saldo dell’imposta si arriverà in alcuni casi a pagare anche il doppio rispetto all’acconto .

Tanto che tre italiani su cinque sono ricorsi ai risparmi realizzati negli scorsi anni per pagare l’imposta sulla prima casa.

L’Imu grava pesantemente sulle tasche dei contribuenti: ciascuna famiglia italiana proprietaria di almeno un immobile dovrà versare in media 1.216 euro di tasse di proprietà nelle casse del fisco, a fronte dei 437 del 2011, con un aggravio di costi pari a 780 euro. Più in generale, si calcola un gettito complessivo di 23,4 miliardi. Chi per qualsiasi motivo non riuscisse a saldare l’Imu entro domani potrà comunque pagare la tassa sugli immobili nei giorni successivi con una mini-sanzione. Nonostante la pressione fiscale sia passata dal 48,6% al 53,9%, i conti dello Stato non sono certo migliorati. Anzi, settimana scorsa il debito pubblico ha sfondato la soglia psicologica dei 2mila miliardi. E ancora: nel giro di un anno il rapporto tra debito e pil è passato dal 120% al 128%. “Durante gli anni del pentapartito il rapporto tra debito e pil era aumentato di quattro punti percentuali – ha spiegato Garavaglia nello studio di Bruno Vespa – Monti è riuscito a fare ben peggio”. A pesare sui conti pubblici ha contribuito, sicuramente, gli impegni che il governo ha deciso di assumersi nei confronti dell’Unione europea. Oltre ad aver sottoscritto il “Meccanismo europeo di stabilità” (Esm), meglio conosciuto come “Fondo Salva Stati”, il governo italiano è corso in aiuto quei Paesi (come la Grecia, la Spagna e il Portogallo) che si trovavano sull’orlo del default. Un esborso che è venuto a costarci la bellezza di 46 miliardi di euro, la metà dei quali a fondo perduto. “È possibile che il governo può versare 46 miliardi di euro agli altri Stati dell’Ue – si è chiesto Garavaglia – e non riesce a prestarli alle nostre imprese?”. A differenza di tutti gli altri Paesi membri, il Professore ha infatti pensato bene di anticipare la seconda rata dell’Esm alleggerendo le casse dello Stato di altri 2,7 miliardi di euro. “Ecco dove sono andati a finire i 3 miliardi di euro raccolti con la tassa sulla prima casa”, ha concluso l’esponente del Carroccio. Il Giornale, 17 dicembre 2012

……………..Una prova di più del ruolo di servio delle Banche e della Germnaia di Monti. Sbaglia Berlusconi a chiedergli di capeggiare la federazione dei moderati italiani: chi capeggia i moderati non può essere nè un servo degli interessi altrui nè uno statalista che scioccamente crede dio poter risolvere i problemi mettendo tasse a go-gò, come ha fatto Monti in questo anno di potere assoluto esercitato senza alcuna legittimazione popolare. Sbaglia Berlusconi e se ne accorgberebbe il giorno delle votazioni. g.

BERLUSCONI NON RIDE, MA GLI ALTRI PIANGONO, di Giuliano Ferrara

Pubblicato il 16 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Dire che Berlusconi si comporta in modo confuso, oscillante, incomprensibile è un’ovvietà. Ma come si comportano gli altri? Bersani sembra ragionevole. Ha scommesso sulle primarie e con l’aiuto di Renzi gli è andata benone.

Il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini

Ha mantenuto i nervi a posto nel rapporto con il governo Monti, anche sotto la ferula severa di Giorgio Napolitano, facendo però crescere l’idea che all’agenda del premier occorra aggiungere due cose di una certa importanza, la democrazia elettorale e l’attenzione al lavoro in fase di recessione. Ma questa ragionevolezza si scontra con il fatto che il principale alleato è un partito di sinistra radicale ostile per principio a compromessi con quanto fatto da Monti, Fornero e dagli altri del gabinetto tecnico. Il che sarebbe ancora poco: fatto è che sui fondamentali del riformismo europeo non c’è accordo né tra il Pd e Vendola né dentro il Pd. E allora? Tutta questa ragionevolezza dove mette capo? Eppoi, alla prima curva, si osserva un gruppo dirigente democratico con tendenza all’imbroglio. D’Alema manovrava per un’alleanza con Casini, e diceva di Monti e dei suoi ministri che stavano lì, poi se ne sarebbero andati, e ben altri tecnici, un Padoa-Schioppa, un Ciampi, avevano governato con il suo Ulivo: sprezzante. Poi, all’improvviso, se ne esce accusando Monti di immoralità per la sola possibilità che si candidi alle elezioni. Non è pazzesco, almeno quanto le giravolte del Cav?

Pier Ferdinando Casini non sembra l’immagine della lucidità politica. Va bene che non voleva avere niente a che fare, «mai più», con Berlusconi, ma con ogni evidenza il suo compito, la sua missione, era quella di federare in tempo un’area di riformismo popolare capace di essere competitiva con la sinistra da una parte e con Berlusconi, se rimasto in campo, dall’altra. Ha fatto ben poco, tardi e male. È un uomo di partito, non un leader per una fase di ricostruzione e ristrutturazione del sistema politico. Deve badare a liste e clientele, si federa forse con i nuovi venuti della cosiddetta società civile, un’impresa rispettabile ma intrinsecamente minoritaria, centrista nel vecchio senso del termine e della collocazione parlamentare, sempre che Monti non la benedica o addirittura non la faccia sua, il che non è probabile allo stato. Casini poteva proporre uno schema di gioco interessante agli italiani, era il ponte naturale tra un’esperienza di centrodestra, vissuta contraddittoriamente ma per lungo tempo e con alti consensi, e una necessaria evoluzione in senso popolare ed europeo, con la figura di Monti e la scelta del governo di emergenza e di impegno nazionale sullo sfondo; ma vuole assolutamente morire di tattica, come gli ha ricordato Bersani, vuole che si pensi questo: la sua preoccupazione è di puro potere, un posto influente per sé, e questo è tutto.

Non voglio parlare di Grillo e Vendola, figure grottesche, il cui successo peraltro molto aleatorio è legato a fattori meramente emotivi.
Per non menzionare un Di Pietro, corteggiatissimo anche lui dai mass media e poi gettato come un limone spremuto, o quell’accozzaglia di mozzorecchi giustizialisti che si traveste di arancione in permanente dialogo televisionista con l’espatriato guatemalteco, l’inventore di una trattativa che non esiste, in trattativa lui stesso per uno sbocco politico-professionale fuori della magistratura, ma da ottenere usando dei poteri della magistratura penale.
Veniamo a Monti. Rischia parecchio in fatto di stile. Dire e non dire, ciò che sta facendo da qualche tempo, non è da lui.
Anche la sua immagine sta diventando quella di una personalità parecchio confusa. La sua legittimazione è nelle cose che ha sempre detto e in quelle che ha sempre evitato di dire, oltre che nella sua terzietà quasi naturale, quasi una seconda pelle. Mai dalla parte della chiacchiera fumosa, moralistica, puritaneggiante, mai Solone, mai in cattedra politica ed etica, ma sempre fisso su quelle due o tre idee di economia sociale di mercato e di sistema politico moderato, con il centro che governa e il taglio delle ali per fare le riforme europee in un quadro di stabilità e funzionalità istituzionale.

Tutto questo può fondare una leadership elettorale? In molti ci auguriamo che Monti abbia delle carte nascoste, non solo in termini di personalità ma di idee, e che ove lo decida possa fare un salto nella lotta politica diretta. Però sembra difficile, e questo traccheggiare nell’incertezza non aiuta a sovrapporre un profilo di trascinatore, necessario nella politica popolare diretta, a quello di amministratore e governatore di un sistema in stato di eccezione.
Ora dovrei riaprire l’articolo e riparlare di Berlusconi, dei suoi cento pronunciamenti contraddittori su tutto, sulla forma-partito, sulle alleanze, su Monti, su se stesso, sui suoi e il suo partito.
Ma non c’è bisogno. Tutto questo è, come sempre per il Cav, iperbolico e chiaro, eccessivo e visibile in piena trasparenza. La sua confusione mi sconforta, ma quella degli altri mi fa una certa paura, alla vigilia delle elezioni. Giuliano Ferrara, 16 dicembre 2012

..………………Per non parlare delle tante anime in pena del PDL, da Alfano, oscillante tra la fedeltà al Capo e suo inventore politico, ai tanti ex missini che impadronitisxi del potere fanno di tutto per tenerselo, disperandosi all’idea di poter (dover!) tornare dal’altgra parte della barricata e infine agl inventati di Berlusconi, Formigoni intesdta che invede di pensioanrsi lui ha pensionato oggi Berlusconi assegandogli il ruolo di “fondatore”, come se potesse mai toglierglielo. Siamo in biena babele, specie, per quel che ci interressa, nel PDL parte del quale è tentato di federarsi agli ordini Monti: se ora il PDL rischia di perersi i cifre elettorali a due numeri, sotto i 20, se facesse questo si ritroverebbe con cifre da prefisso telefonico. g.

I FANTASMI DEL CENTRO

Pubblicato il 15 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Il casiniano, il montezemoliano, l’ipermontiano, l’eterno scissionista. Catalogo delle anime vaganti alla perenne ricerca di un grande rassemblement (e magari di un leader)

Quella che vi proponiamo in questa pagina è una fotografia di tutto quello che in questi giorni si muove nell’inafferrabile (eufemismo) mondo del centro montiano italiano. Un mondo che, come vi sarete accorti, è impegnato da mesi a portare avanti una missione non proprio semplice che più o meno corrisponde al voler creare un grande partito che non si chiama partito e che si ritrova con un numero indefinito di leader che sono riusciti nella non facile impresa di essere allo stesso tempo in campo senza però essere tecnicamente in campo. In queste righe troverete insomma un catalogo con cui orientarvi quando nelle prossime ore sentirete tirare fuori dai giornali e dalle televisioni e dai politici espressioni non sempre perfettamente inquadrabili come “Lista per l’Italia”, “Grande rassemblement”, “Patto per il centro”, “Movimento per l’Italia” e tutte le altre complicate parole che ci accompagneranno fino alla formazione di quella che (forse il 20 dicembre) presto si trasformerà in un “grande listone nazionale” – all’interno del quale dovrebbero riconoscersi molti dei così detti montiani. Troverete quindi, in queste righe, a diverso titolo, il casiniano, il montezemoliano, l’ipermontiano e lo scissionista che non si scinde mai ma che stavolta forse potrebbe scindersi davvero. In realtà, avevamo provato a scrivere qualcosa anche su un’altra categoria che fa parte delle anime centriste ma dovendo approfondire in modo non superficiale la figura del finiano e del rutelliano abbiamo incontrato difficoltà a descrivere due correnti che un tempo rappresentavano sì una parte significativa del centro ma che invece oggi rappresentano, più che una corrente di pensiero, grosso modo il singolo pensiero del fondatore di quella corrente, e dunque siamo andati avanti e ci siamo concentrati su queste altre categorie dell’essere centrista. Cominciamo con il primo: il casiniano.

Il casiniano. Il casiniano puro è molto impaurito ma anche molto determinato, è molto travagliato ma anche molto esaltato, è molto agitato ma anche molto elettrizzato e solitamente passa le sue giornate a lanciare il suo “ultimatum”, a proporre il suo “patto”, a porre il suo “veto” e a ripetere un numero indefinito di volte frasi come “responsabilità delle istituzioni”, “accelerazioni nelle riforme”, “sintonia con Napolitano”, “unione dei moderati”, “andare oltre i poli”, “ascoltare i mercati”; citando in tutto questo le espressioni “Ppe” e “agenda Monti” con la stessa commozione con cui i nativi digitali scandiscono la parola “app”. Il casiniano puro – che come è noto non vende sogni ma solide realtà – con una certa costanza dice di voler correre da solo, di non voler allearsi con nessuno, di non voler stringere nessun accordo per carità e di volersi soltanto occupare di essere all’avanguardia nel nobile progetto di aggregare le famose forze moderate. Il casiniano puro però conosce i sondaggi e conosce le regole, conosce i numeri e conosce le proiezioni, conosce le leggi e conosce il Porcellum (ah, quello sbarramento…) e sa che oggi correre da solo senza avere un partito e senza avere un candidato e soprattutto senza avere neppure un granaio (siculo) potrebbe essere davvero molto rischioso. E per questo, il casiniano non passa giorno senza che lasci intendere – più o meno con la stessa abilità con cui Walter Veltroni da sindaco di Roma lasciava intendere di essere contemporaneamente tifoso della Roma, della Lazio senza nulla togliere alla Juventus – di non avere nulla in contrario a un’alleanza con un governo guidato da Pier Luigi Bersani; fermo restando di non avere però nulla in contrario a un’alleanza con un governo guidato da Mario Monti; fermo restando di non avere però nulla in contrario a un’alleanza con un governo guidato da Luca Cordero di Montezemolo; fermo restando però di non avere nulla in contrario a un’alleanza con un governo guidato da un nome a scelta tra Corrado Passera, Andrea Riccardi ed Emma Marcegaglia. Il casiniano puro solitamente stravede per Massimo D’Alema, partecipa almeno una volta a settimana ad appassionanti convegni sui “cattolici e la politica”, parla in politichese stretto, ha le fibrillazioni ogni volta che sente nominare la parola “Colle”, studia a memoria i moniti del presidente, riempie le pagine dei giornali con dichiarazioni malignamente studiate per essere comprese solo da una cerchia ristretta di fortunati eletti, chiede sempre di non tirare nessuno per la giacchetta, promette sempre di aprire molti “cantieri”, annuncia almeno una volta al mese la nascita di un grande “soggetto” per andare “oltre i poli”, proclama ogni ora la fine del bipolarismo (preferibilmente con un’intervista al Corriere della Sera), chiede ogni fine settimana di andare oltre gli schieramenti (preferibilmente con un’intervista al Corriere della Sera) e assicura anche qui grande costanza e, ridendo sotto i baffi, di non voler rifare una nuova Dc, no no. Ogni giorno, poi, quando si sveglia, per capire se è il giorno delle aperture a sinistra o delle aperture al centro o delle aperture a destra, non disponendo di un mattinale il casiniano è lì che fruga e che rovista tra le rassegne stampa per cercare un’intervista, una chiacchierata, una dichiarazione o quantomeno un colloquio rilasciato da Casini a questo o quel giornale per capire meglio il senso da dare alla lunga giornata parlamentare (nel dubbio, se non ci sono interviste, si imparano a memoria le prime tre pagine del Messaggero). Il casiniano puro poi – che solitamente è molto belloccio, molto curato, molto ingessato, molto brizzolato e con la cravatta e il dopobarba da statista provetto – pur non potendolo dire, e pur non potendolo direttamente condannare, osserva sempre con un pizzico di avversione l’altra grande tipologia del casiniano: quello cioè di rito meridionale, quello con accento marcato, quello che i suoi antipatizzanti chiamano “casiniano modello Felice Caccamo”, e quello che in cuor suo (pur sapendo che il casiniano impuro magari non porterà bene la cravatta ma porta comunque in dote quei due o tre voti indispensabili per avere due cristiani al Senato) il casiniano doc consideran troppo lontano anche esteticamente dal cerchio magico Calta-familiare e per questo ogni tanto tratta con la stessa sufficienza con cui nei grandi giornali i grandi inviati si rivolgono al povero martire di turno che passa i giorni a battere le dita sulla famosa macchina. Il casiniano puro, infine, sogna naturalmente un Monti dopo Monti, ma essendo anche uomo di sostanza ogni mattina, prima di cercare l’intervista sul giornale, tra sé e sé pensa che certo, va bene tutto, va bene andare da soli, va bene il Terzo polo, va bene la coerenza, va bene Monti, ma se poi quelli lì prendono tutta la maggioranza e ci lasciano le briciole, oltre a sognare un Monti dopo Monti chi ci assicura di avere un seggio dopo un seggio e di avere una solida realtà dietro a quel magnifico sogno?

Il montezemoliano. Il montezemoliano perfetto è molto cauto, molto prudente, molto misurato, molto controllato, molto acconciato, molto pettinato e abitualmente passa le giornate a muoversi con circospezione e con ponderatezza per dare l’impressione a tutti gli osservatori di essere pronto ad annunciare da un momento all’altro qualcosa di davvero molto importante. Il montezemoliano perfetto solitamente sta sempre attento però a non annunciare mai qualcosa di decisivo o qualcosa di importante perché sa che la sua forza è proprio quella di essere percepito come il portatore sano di una verità misteriosa la cui rivelazione deve essere sempre abilmente rimandata per non interrompere così all’improvviso l’emozione di una grande attesa. Il montezemoliano perfetto – che vive dunque come se fosse impegnato a descrivere ogni giorno il grande avvento di qualcosa di così alto e così elevato che ai più solitamente risulta essere ai limiti dell’indecifrabile e dell’inafferrabile – è tendenzialmente un uomo o una donna di sinistra che, forte anche della sua grande e decantata esperienza internazionale, non si rassegna a fare i conti con questa sinistra e sogna di avere un’altra sinistra così diversa dalla sinistra che spesso tende a non avere nulla a che fare con la parola sinistra. Il montezemoliano perfetto, inoltre, tra una citazione e un’altra della parola “rassemblement” (scandita sempre con gvande consapevolezza e gvande senso di pvofondità), passa buona parte delle sue giornate a spiegare perché l’Unione di Bersani rischia di trasformarsi nell’Unione di Prodi, imposta molte delle sue accurate analisi sul centrosinistra come se il ballottaggio di qualche domenica fa fosse stato vinto non da Pier Luigi Bersani su Matteo Renzi ma da Maurizio Landini su Oliviero Diliberto, e pur essendo intrinsecamente e inconfessabilmente e profondamente simpatizzante del sindaco di Firenze, quando Bersani ha vinto il secondo turno il montezemoliano ha tirato un bel sospiro di sollievo e ha ricominciato a giocare nuovamente con le figurine dei parlamentari e dei sottosegretari del secondo governo Prodi (tra parentesi, il montezemoliano cita almeno una volta al mese il nome di Franco Turigliatto). Il montezemoliano perfetto, inoltre, si muove solitamente come se fosse pronto da un momento all’altro a salire al Colle per giurare da ministro e – pur sapendo di essere costantemente sotto la luce del riflettore, e pur sapendo che per un montezemoliano anche la scelta di prendere un aereo al posto di un treno potrebbe essere letta come un segnale di insofferenza per il proprio capo – si fa spesso coraggio e anche a costo di sembrare banale prova ad affermare ogni giorno una verità elementare: che la sinistra per essere una vera sinistra non deve essere come questa sinistra; che la destra per essere una vera destra non deve essere come questa destra; che gli imprenditori che vogliono fare politica non possono fare come hanno fatto finora tutti gli imprenditori che hanno fatto politica; e che le forze politiche che vogliono fare un salto nel futuro devono necessariamente “aprirsi alla società” e naturalmente (qualsiasi cosa significhi) “superare gli steccati”. Il montezemoliano perfetto, infine, ha spesso il terrore di essere confuso con Fini e con Rutelli, ripete quando ne ha occasione che il nostro paese deve fare i conti con un grande “fallimento della politica”, indica periodicamente come unica e necessaria prospettiva per l’Italia la costruzione di (sic) “un edificio che abbia come pietra angolare la fiducia e il coraggio” e, pur essendo molto ottimista, pur essendo molto fiducioso, pur non fidandosi dei sondaggi e pur ripetendo giorno e notte che-però-ci-sono-gli-astenuti-e-gli-indecisi-da-considerare, vive con una certa serenità e una certa eleganza la sua piccola (eufemismo) contraddizione di fondo. Il fatto cioè di essere parte di uno dei pochi partiti in Italia che non si chiama partito che ha un leader che non è un leader che sponsorizza un partito che in realtà è una lista e che sogna di mettere a capo di questa lista un leader che non si è ancora candidato e che forse non si candiderà mai.

Lo scissionista. Lo scissionista di sinistra che sogna di essere centrista pur non essendo in grado di lasciare il proprio orticello coltivato da tempo lì a sinistra è un politico anomalo che non si sente né di centro né di destra né tantomeno di sinistra e che ha costruito il suo consenso e il suo profilo dando sempre l’impressione di essere pronto da un momento all’altro a fare il gesto clamoroso e prendere il passaporto e trasferirsi in un altro stato. Lo scissionista di sinistra che sogna di essere centrista ma continua per forza di cose a chiedere un posto nelle liste di sinistra descrive il suo partito come fosse ancora guidato da Achille Occhetto; parla sempre di “Pds” al posto di “Pd”; mostra dei mancamenti di fronte al nome di “De Gasperi”; chiede spesso al suo segretario di non farsi dettare l’agenda da Nichi Vendola; ripete con costanza che con Di Pietro e con Vendola non si può governare; dice dalla mattina alla sera che al paese serve “un’innovazione e un cambiamento”; parla spesso di “valori”, di “etica”, di “patto sociale”, di “rotta da invertire”; sostiene di essere costantemente “in contatto” con Corrado Passera e con Raffaele Bonanni (ma vanta anche consuetudini con Savino Pezzotta); ha ottimi e indecifrabili “rapporti” con il mondo americano; sostiene di avere ottime e indecifrabili “entrature” nell’universo vaticano; e tra una cosa e un’altra nel corso degli anni ha imparato a indossare perfettamente i panni della famosa guardia di confine: quella cioè che minacciando ogni giorno di superare il valico ottiene spesso laute ricompense per posare in terra la valigia e aspettare almeno un altro giro. Lo scissionista di sinistra che sogna di essere centrista ma senza rinunciare al suo orticello lì a sinistra oggi però si trova in difficoltà e, pur essendo sempre pronto a minacciare in qualsiasi momento del giorno e della notte (preferibilmente con un’intervista al Corriere) di uscire fuori dal recinto del proprio partito, adesso, osservando il nuovo messia bocconiano, inizia a fare due calcoli e quasi quasi un pensierino ce lo fa. Pensa che con Monti in campo un nuovo mondo è possibile. Pensa che con Monti in campo una nuova Dc è possibile. Pensa che con Monti in campo una nuova fase è possibile. E pensa soprattutto che se Monti si candida prima che il Pd faccia le sue parlamentarie allo scissionista di sinistra potrebbe persino convenire questa volta emigrare per evitare di farsi contare e sperare così di continuare a pesare. Lo scissionista di sinistra che sogna di essere centrista ma senza rinunciare al suo tesoretto di parlamentari ben protetto lì a sinistra sa però che una sua scissione non è cosa così elementare, e preferisce dunque immaginare un altro scenario su cui provare a ragionare. Lo scissionista di sinistra non lo può ammettere ma sa perfettamente che il modo migliore per valorizzare il suo tesoretto è quello di non muoversi dal suo partito, di continuare a presidiare il confine, di non far cadere dalla mano il passaporto e di sperare che alle prossime elezioni non esca alcun vincitore ed esca invece dal cilindro di nuovo il nome del grande professore. Lo scissionista di sinistra che sogna di essere centrista pur non essendo in grado di lasciare il proprio orticello coltivato lì a sinistra sa però di correre il rischio di fare la fine di Rutelli e di Fini e di vedersi insomma un giorno non solo bocciato e criticato da un qualsiasi Lorenzo Dellai ma anche di ritrovarsi – dopo avere per anni criticato le scelleratezze del “partito solido” – in un partito così liquido da sembrare magnificamente gassoso. E dunque, nel dubbio, per non diventare come l’amico Rutelli, lo scissionista di sinistra incoraggia Monti a scendere in campo, incoraggia gli amici del centro a organizzare il campo ma sempre stando bene attento a non perdere i posti preziosi conquistati negli anni a forza di minacciare continuamente di cambiarlo lui, il campo.

L’ipermontiano. L’ipermontiano genuino si distingue da tutte le altre creature di centro per essere riuscito nella non facile impresa di ritrovarsi in campo senza essere davvero lì in mezzo al campo. L’ipermontiano solitamente ha molte cattedre, molti cognomi, molti titoli di studio, si muove con lo stile di chi è pronto a occupare in qualsiasi momento della giornata un qualsiasi sottosegretariato di un qualsiasi governo e in buona sostanza si divide in due grandi categorie di spirito. Da una parte esiste l’ultrà del montismo che si nasconde in ogni dove e in ogni schieramento e che in nome del terzismo non perde occasione per ringraziare pubblicamente il presidente del Consiglio per avere dato dignità a tutta quella nobile fetta del paese abituata a confrontarsi più con gli editoriali dei grandi giornali che con i voti degli elettori; e che oggi non può che rallegrarsi dall’avere un candidato che potrebbe essere candidato a qualsiasi cosa e che potrebbe fare qualsiasi cosa senza avere neppure bisogno di verificare se esiste qualche italiano davvero disposto a votarlo. L’ultrà del montismo, paradossalmente, quello cioè che senza respirare sa recitarti a memoria l’elenco dei Barroso dei Van Rompuy degli Juncker delle Merkel dei Martens dei Münchau e di tutti gli altri endorsement ricevuti in Europa dal professor bocconiano, lo noti più che al centro negli schieramenti alternativi a quella che un domani dovrebbe essere la famigerata Lista di Centro. A destra, l’ultrà del montismo lo noti perché è quello che in nome dell’Europa, dei mercati, dello spread, delle riforme, dell’autorevolezza e del prestigio internazionale (pur avendo idee profondamente diverse da quelle del professore e pur avendo costruito parte della propria carriera spiegando perché la politica non può essere schiava delle banche, dei mercati e del capitalismo), utilizza il nome di Monti per criticare indirettamente il fondatore del proprio partito (nel frattempo però diventato montiano) e per dimostrare che, pur non avendo un nuovo leader, un leader loro ce l’hanno, eccome se ce l’hanno. Dall’altra parte, il montiano di sinistra sostiene di essere montiano prima che Monti stesso si scoprisse montiano e mentre osserva con distacco il Monti che partecipa a braccetto con la Merkel alle riunioni del Ppe è lì che prova a dimostrarti con coraggio che il Monti che viene pubblicamente elogiato da tutti i grandi leader di centrodestra d’Europa è in realtà il simbolo di un nuovo riformismo squisitamente di centrosinistra. Accanto all’ultrà del montismo esiste poi una categoria assai sofisticata e assai diffusa di montiani in sonno che, pronunciando con orgoglio e con dubbia consapevolezza la frase “diciamo sì all’agenda Monti”, si dice genericamente montiana ma senza entrare nel merito e facendo anzi dell’assenza di argomentazioni rispetto alla famosa “Agenda Monti” un proprio personalissimo punto di forza. Accanto a queste due tipologie, gli ipermontiani hanno poi imparato a conoscere anche un’altra curiosa creatura cresciuta all’ombra del governo del professore. Una creatura che ha passato gli ultimi anni della sua vita a parlare con tono solenne di “vizi della casta”, “malcostumi della casta”, “privilegi della casta” e che dopo avere insomma trascorso molto tempo a spiegare perché la politica ha fallito (cfr. montezemoliano) oggi che finalmente ha scovato l’editorialista giusto cui affidare la risoluzione di tutti i problemi creati dalla famigerata “casta” si ritrova nella strana condizione di osservare i sondaggi e vedere molto in alto uno strano politico che ha fatto propria la battaglia contro la casta ma che non si chiama Mario Monti ma si chiama semplicemente Beppe Grillo. L’ipermontiano però, pur essendo un vecchio romanticone che più che ai dati pensa agli ideali e soprattutto ai valori (cfr. scissionista), ogni tanto però uno sguardo ai numeri glielo dà: ed è proprio quando fa due calcoli che si rende conto che una discesa in campo del proprio beniamino sarebbe più che necessaria per evitare un rischio concreto che tormenta i montiani di ogni rito. Un rischio riassumibile con una buona battuta che ogni montiano pronto a spendersi per Monti in queste ore non manca di fare. Che va bene fare di tutto per creare attorno a Monti una grande e formidabile aura da riserva della Repubblica, ok, ma se poi la riserva della Repubblica non entra in campo che fine faranno tutti questi meravigliosi panchinari con tutti quei doppi cognomi? Nel dubbio però il montiano prepara la strada al suo beniamino e si spende ogni giorno per dimostrare che Monti non è una parentesi, che il montismo non si può superare e che qualsiasi cosa succederà nei prossimi mesi l’Italia semplicemente – voti o non voti, elettori o non elettori – non potrà fare più a meno dell’agenda del professore. Il tutto però sempre con la convinzione che in fondo in fondo al Prof. convenga non contarsi troppo per continuare un domani a pesare molto nel futuro del paese. Claudio Cerasa,  FOGLIO QUOTIDIANO, 15 dicxembre 2012

.………………………Il “pezzo” è lungo ma dato che oggi è sabato e si ha anche la domenioca a disposizione lo si può leggere e magari riuscire a capire qualcosa di quel che sta accadendo in quel posto chiamato “centro” nella politica italiana a poche sedttimane dal voto. Non è facile, forse non lo capiscono neppure i protagonisti, pardon, i “centristi”, da quelli d’annata a quelli appena arrivati, trafelati, da destra, da sinistra e anc he dall’Anmgola dove pare ci sia una vera e propria clinica dove si sfornano centristi doc, di origine controllata. A parte gloi scherzi, mentre il Paese e il popolo vivcono ore di ansia e di paura, mentre le tasse si manginao il 50% di quel che si guadagna, mentre il 58% degli artigiani chiwede soldi in prestio per pagare le tasse, mentre il mercato del mattone si è bloccato, mentre le banche non fanno più mutui e gli italiani non comprano più nulla, dalle auto alle salsiccie, in tutto questo marasma c’è chi dalla mattina alla sera giochicchia con numeri, sigle, pronostici, previsioniu e porospettive nelle quali gli unici che non trovano posto sono appunto il Paese e il suo Popolo 8questa volta con la p maiuscola!)g.

IL DEBITO PUBBLICO, DOPO LA “CURA” MONTI SFONDA IL TETTO DEI 2MILA MILIARDI

Pubblicato il 14 dicembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

In un anno di cura Monti solo lo spread Btp-Bund è migliorato, tutti gli altri indicatori fotografano un Paese sull’orlo del baratro.

La campagna elettorale è iniziata. E, come sempre, c’è il rischio di annegare nella burrasca di dichiarazioni, denunce e promesse senza capire dove sta la verità. L’accusa mossa da Silvio Berlusconi al governo dei tecnici è stata durissima: “Non voglio dire che ci sono stati degli errori ma Monti ha seguito una politica troppo germanocentrica.

Gli indicatori economici sono tutti peggiorati, non sta a me dare giudizi, ma i dati sono tutti negativi”. Il governo si è difeso tacciando l’ex presidente del Consiglio di populismo. Eppure basterebbe andare a guardare i report trimestrali che l’Istat, la Banca d’Italia, il Centro studi di Confindustria e la Cgia di Mestre pubblicano per capire che il Cavaliere ha ragione: eccetto lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi, tutti gli altri indicatori sono pesantemente negativi e il sistema Italia sta peggio rispetto a un anno fa (guarda il grafico). Basta dare un’occhiata al supplemento “Finanza pubblica” al bollettino statistico della Banca d’Italia: il debito pubblico italiano sfonda quota 2mila miliardi e a ottobre si attesta a 2.014 miliardi, in valore assoluto il livello più alto di sempre.

La cura Monti non ha funzionato. Adesso che il premier è in piena campagna elettorale preferisce non dire i fatti come stanno: accusa senza mezzi termini il precedente governo e spiega che i numeri non dicono tutto. Eppure siamo andati proprio a spulciare tutti quei numeri che ogni settimana vengono snocciolati dall’istituto di statistica per capire come sta l’Italia. Una sorta di screening del Belpaese. A insospettirci è stato il cambio di casacca fatto dalla Goldman Sachs nel giro di una sola settimana: se qualche giorno fa assicurava che l’Italia si stava tranquillamente avviando fuori dal tunnel della crisi economica, questa settimana la banca statunitense ha rivisto le previsioni minacciando una catastrofe economica. Cos’è cambiato? Il Pdl ha “sfiduciato” i tecnici e Berlusconi ha sciolto le riserve annunciando la propria candidatura alle politiche del 2013. Basta dare un’occhiata ai numeri sull’economia italiana per capire che le accuse mosse dalla Goldman Sachs, dai poteri forti di Bruxelles e dalla sinistra italiana non sono basati su dati concreti. Ci siamo fatti dare una mano dalla Cgia di Mestre i cui dati non fanno certo ben sperare. Nel 2011 il prodotto interno lordo era in crescita (+0,4%), quest’anno è letteralmente crollato (-2,3%). Una contrazione che ha subito inciso sui consumi che sono passati da +0,1% a -3,4%. “Indubbiamente in questo ultimo anno le cose sono peggiorate”, ha spiegato il presidente della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi che, però, non se la sente di “dare tutta la responsabilità” ai tecnici. Una cosa è certa: la pressione fiscale è lievitata a livelli da record. Secondo il rapporto del Centro studi della Confindustria, la pressione fiscale effettiva è “insostenibilmente elevata”: il 53,9% del pil al netto del sommerso dal denominatore. Nel 2011 si parlava di una pressione al 42,8%.

“Con Monti la tassazione è aumentata in maniera ingiustificata penalizzando soprattutto le famiglie e le piccole imprese – ha continuato Bortolussi – a mio avviso doveva avere più coraggio nel tagliare la spesa improduttiva che invece è stata solo sfiorata”. L’Imu non è, infatti, l’unica tassa che è stata introdotta dal governo tecnico. Convivere con una pressione fiscale tanto alta significa avere poche risorse per fare nuovi investimenti, creare occupazione e rafforzare sul mercato i prodotti o i servizi. “Se a questo si aggiunge la stretta creditizia che continua a penalizzare proprio il mondo dell’impresa – continua il presidente della Cgia – il quadro generale è disastroso”.

Tra gli indicatori economici solo lo spread è a favore di Monti. Viene, però, da chiedersi che utilità ha avere il differenziale sotto la quota psicologica dei 300 punti base, se il debito pubblico continua a salire. Lo stesso Berlusconi ha fatto notare che l’uso che viene fatto dai poteri forti dello spread è “un imbroglio” per “abbattere una maggioranza votata dagli italiani”. Anche in questo caso ci vengono incontro i dati della Banca d’Italia. Secondo gli analisti di va Nazionale, il debito pubblico italiano, che a ottobre ha superato i 2mila miliardi, è aumentato da inizio anno (a gennaio 2012 era pari a 1.943,455 miliardi) di 71,238 miliardi. Il 3,7% in più dall’inizio dell’anno. Non solo. Anche il mercato del lavoro ha visto un netto peggioramento, nonostante la riforma portata avanti dal ministro del Welfare Elsa Fornero che avrebbe appunto dovuto favorire l’occupazione. Durante il governo Berlusconi, la disoccupazione era addirittura scesa passando dall’8,4% nel 2010 all’8% nel 2011, per poi balzare di nuovo in avanti con Monti toccando il 10,6%. Secondo la Cgia di Mestre, il calo parte dalla contrazione dei consumi interni. “Le famiglie non spendono più, pertanto hai voglia di produrre di più e meglio – ha continuato Bortolussi – se la gente non compra più, le imprese devono ridurre la produzione e conseguentemente occorre meno personale. Non è un caso che le uniche filiere produttive che ancora reggono la sfida sono quelle che operano nei mercati esteri”.

Insomma, tutti gli indicatori a nostra disposizione decretano il fallimento del governo tecnico. In molti, adesso, chiedono di voltare pagina. Le parti sociali tornano a lanciare un appello al prossimo governo affinché si impegni a ridurre le tasse e a rendere la pubblica amministrazione meno costosa e più efficiente. “Paghiamo troppo per avere in cambio poco o nulla – ha concluso Bortolussi – abbiamo punte di eccellenza nella sanità, nell’università, nel mondo della ricerca che tutti ci invidiano. Tuttavia dobbiamo invertire la tendenza, con meno spesa improduttiva possiamo conseguentemente ridurre anche le tasse, combattendo così anche l’evasione che oggi è indotta da una pressione tributaria che ormai non ha eguali nel resto d’Europa”.

Ecco i fallimenti dei tecnici: guarda l’infografica

Risultati governo Monti

SONO QUESTI I MERITI DEL SIGNOR MONTI….PEGGIO NON SI PUO’…VADA A CASA, TORNI A STUDIARE L’ECONOMIA E POI SI VEDRA’

SALLUSTI ASSOLTO DALL’ACCUSA DI EVASIONE. POTRA’ TORNARE A “FIRMARE” IL GIORNALE

Pubblicato il 14 dicembre, 2012 in Costume, Giustizia | No Comments »

“Il reato non sussiste”. Alessandro Sallusti è innocente dell’accusa di evasione, per cui era stato arrestato e per cui il pubblico ministero Piero Basilone aveva avanzato questa mattina al termine della sua requisitoria la richiesta di sei mesi e venti giorni di carcere.

Sallusti era accusato di avere lasciato sabato scorso la casa della sua compagna Daniela Santanché, dove era stato appena portato dalla polizia per scontare agli arresti domiciliari una condanna per diffamazione.

Oggi, davanti al giudice Gaetano La Rocca, il primo a prendere la parola é stato il pubblico ministero Piero Basilone, lo stesso che sabato scorso ha disposto l’arresto di Sallusti per evasione, chiedendo e ottenendo nei suoi confronti un ordine di custodia (anche questo convertito in arresti domiciliari). Dopo la requisitoria del pm hanno parlato i legali di Sallusti, Valentina Ramella e Ignazio La Russa, che hanno chiesto l’assoluzione di Sallusti “perché il fatto non sussiste”, spiegando che la presunta evasione é stato solo un gesto simbolico di protesta. I legali hanno depositato al giudice la copia di un filmato in cui si vede chiaramente che Sallusti non aveva alcuna intenzione di darsi alla fuga, ma semplicemente di compiere un gesto simbolico di protesta contro gli arresti domiciliari disposti d’autorità e contro la sua volontá su richiesta della Procura di Milano. Sallusti aveva invece manifestato fin dall’inizio – dopo che la condanna per diffamazione era divenuta definitiva – la sua determinazione di andare ad espiare la pena in carcere come qualunque altro detenuto.

Oggi, evidentemente, il giudice La Rocca ha ritenuto impossibile condannare per evasione un arrestato che voleva a tutti i costi andare in carcere.

Sallusti, visibilmente soddisfatto ed emozionato, ha lasciato il tribunale senza rilasciare dichiarazioni ed è tornato a casa agli arresti domiciliari. La vittoria nel processo di oggi é fondamentale anche perché fa decadere automaticamente la sospensione dall’Ordine dei giornalisti che era stata notificata a Sallusti mercoledì. Da oggi Sallusti può tornare a firmare il Giornale come direttore responsabile. E la possibilità di azzerare la sua condanna per diffamazione con una grazia del presidente Napolitano torna all’ordine del giorno. Fonte ANSA, 14 dicembre 2012

.……Finalmente in un’Aula del Tribunakle di Milano si respira un pò di buon senso. Auguri Direttore e buona battaglia. g.

ITALIA, RISCHIO COLONIA

Pubblicato il 14 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Tutti vogliono Monti, tranne gli italiani. Lo vuole l’Europa, lo vuole il Ppe, lo vuole la Merkel, lo implora Obama, gli lascia spazio Berlusconi, lo vogliono i vescovi, lo evoca perfino il francese e socialista Hollande, che a pensarci bene dovrebbe tifare per Bersani, ma a quanto pare neppure lui se la sente di controfirmare la vittoria della coalizione vendoliana.

Perché se Bersani è il candidato premier, il buon Nichi con la sua sola presenza definisce l’identità del futuro e ipotetico governo.
Il pranzo dei popolari europei a Bruxelles diventa insomma un brindisi a Monti e l’improvvisata del rettore sa tanto di un outing sul quello che vuole fare nel 2013. Monti fa capire che è pronto a mettersi in gioco per tornare a Palazzo Chigi e indica anche da che parte stia. La sua casa è il Ppe. Questo significa che in chiave italiana lui non può essere che alternativo a Bersani. È una rinuncia alla poltrona di ministro dell’economia in un governo colorato Pd. Forse ha anche capito che le promesse sul Quirinale erano un pour parler e di fatto con questa investitura popolare è difficile che a sinistra continuino a vederlo come un personaggio super partes e istituzionale.
Monti è pronto al grande passo, ma prima di farlo davvero deve risolvere una questione non marginale. Per vincere le elezioni servono i voti. I suoi sponsor internazionali sono molto influenti ma ancora non possono prenderlo di peso e piazzarlo sulla poltrona di premier. I partiti centristi che ogni secondo sbandierano la loro fede montiana fanno invidia ai farisei per salamelecchi e devozione, ma con il loro patrimonio elettorale in Parlamento possono piazzarci un paio di tende. Si sbracciano tanto e raccolgono poco. Gli italiani, oltretutto, non sbavano per i tecnici come fanno i potenti di mezzo mondo. La partita insomma è tutta da giocare. C’è una novità che arriva però da Bruxelles. Merkel e Berlusconi si sono trovati d’accordo su una cosa. E questa cosa è Monti candidato premier. La cancelliera lo fa per spirito coloniale, vuole un’Italia allineata a Berlino e un’Europa a vocazione tedesca. Il Cavaliere è indispensabile per dare un’alternativa alla vittoria scontata di Bersani. Monti può chiedere in prestito al Cavaliere i voti per sfidare la coalizione delle sinistre. Perfino in Europa sanno che battere Bersani con Casini e Fini è impossibile. È come presentarsi al blocco di partenza con due zavorre ai piedi. Salvatore Tramontano, Il Giornale, Ven, 14/12/2012

……………….Ci pare che si facciano i conti senza l’oste, cioè senza i voti e sopratutto senza chi i voti li deve dare, cioè gli elettori. Tutti vogliono Monti e lo incensano sino al punto che si corre il rischio che una mattina Monti esca di casa vestito da Gesù Bambino (magari il giorno di Natale) per effetto dell’incenso con cui lo si sta investendo. Ma chi lo vuole, all’estrero e in casa  nostra, lo vuole solo per meri calcoli opportunistici: la cosiddetta Europa perchè il signor Monti è uno zelante esecutore di ordini il primo fra i quali è impovbgerire gli italiani e sottrarre alle aziende italiane la capacità d concorrere sul mercato dell’impresa, in Italia  perchè i resti di quella che fu  chiamata seconda Repubblica e che in verità è stata una brtuttissima  fotocopia della prima non solo non hanno  saputo rifondarsi prima di essere investiti dal ciclone dell’antpolitica ma non hanno mostrato alcuna prova di pentimento rispetto al recente passato.Prova ne è la legge elettorale. Chi ci segue sa che abbiamo sempre sostenuto che la legge elettorale dei nominati non sarebbe stata  cambiata perchè va bene sia per chi vince che può governare (traditori permettendo) con qualche margine di sicurezza, sia per chi perde che può contare su un solido drappello di “pronti a tutto” e va bene anche a chi da mane a sera, in questi anni,l dopo averla inventata, l’hanno9 tanto vitupoerata, cioè i Casini, i Fini, i Di Pietro. Tutti insieme appassionatamente,da destra a sinistra, hanno evitato di fare una legge elettorale che consentisse agli elettori di scegliere i proprio rappresentanti  e gli elettori se la sono legata al dito e gliela faranno pagare. Ma non  può essere  Monti, ammesso che questi tirato per la giacchetta asccettasse di sottoposri al giudizio elettorale, che potrebbe salvarli. Sia perchè il “messia”a szua volta ha già tanto da farsi pwerdonare,l sia perchè gli italiani, mutuando per una volta il signor Monti e la sua retorica a buon mercato, sanno bene cosa fare. g.