Archivi per febbraio, 2013

NAPOLITANO SCOPRE L’ACQUA CALDA: IL COMUNISMO E’ FALLITO (CON UN POST SCRIPTUM: MA ERA TANTO BELLO…)

Pubblicato il 9 febbraio, 2013 in Costume, Storia | No Comments »

Napolitano dice che il comunismo ha fallito (con un post scriptum: ma era tanto bello)

Di acqua sotto i ponti ne è passata, ma ancora tanta ne deve passare. Certo, sono trascorsi parecchi anni da quel maledetto 1956 quando, all’indomani dell’invasione dei carri armati sovietici a Budapest – che sparavano sulla folla inerme – e della fucilazione dei rivoltosi ungheresi, Giorgio Napolitano non solo non ne prendeva le distanze ma elogiava l’Urss che, a suo dire, rafforzava la pace nel mondo. Cinquantasette anni dopo Napolitano è presidente della Repubblica, è stato il regista della stagione di Monti, di cui ha santificato l’azione dal primo all’ultimo giorno, dando il “la” al coro dei laudatores. E ora interviene in campagna elettorale con una confessione storica a metà, che serve soprattutto a tranquillizzare quella parte di mondo cattolico che ha molte riserve sulla sinistra. Sceglie – guarda caso– il giornale del Vaticano, l’Osservatore Romano, per dire che il «comunismo ha fallito», un modo come un altro per dire “non preoccupatevi, il matrimonio Bersani-Monti s’ha da fare”. C’è un “ma”: parla infatti del «rovesciamento di quell’utopia rivoluzionaria che conteneva in sé promesse di emancipazione sociale e di liberazione umana» e che aveva finito «come, con fulminante espressione, disse Norberto Bobbio, per capovolgersi, nel convertirsi di fatto nel suo opposto». Come dire: l’ideologia era ottima, la concretizzazione sbagliata. Quindi è una finta bocciatura anche perché – al di là della teoria del dissolvimento dello Stato, ormai finita nel dimenticatoio – il punto cruciale è nell’insieme di conseguenze negative e drammatiche che ha avuto la dottrina marxista (e quindi l’ideologia). Che – checchè ne dica o ne pensi Napolitano – non è mai stata tesa né all’emancipazione sociale né alla liberazione umana. Tutto questo senza neppure scomodare gli effetti delle correnti di pensiero trotzkista o leninista, su cui sarebbe superfluo soffermarsi. 9 febbraio 2013

10 FEBBRAIO: RICORDARE LE VITTIME DELLE FOIBE TITINE CANCELLANDO I NOMI DEI CARNEFICI DALLA TOPONOMASTICA ITALIANA

Pubblicato il 9 febbraio, 2013 in Politica, Storia | No Comments »

A quasi 70 anni dai fatti, ci sono ancora dozzine di strade e piazze intitolate al Maresciallo, “il boia degli italiani”

Provate a immaginare una giornata della memoria dell’Olocausto celebrata in un Paese dove ci siano delle vie o piazze dedicate ad Hitler oppure a uno dei suoi gerarchi.

Domani, 10 febbraio, lo Stato ricorda l’esodo di oltre 200mila istriani fiumani e dalmati e la tragedia delle foibe con le sue migliaia di vittime. Però una dozzina di vie di città italiane sono ancora intitolate al maresciallo Tito, boia degli italiani alla fine della seconda guerra mondiale.

Da due anni il sindaco di Calalzo (Belluno), Luca de Carlo, e il suo assessore, Antonio Da Col, sono impegnati nella battaglia per cambiare la toponomastica dedicata al fondatore della Jugoslavia comunista. Nel 2011 hanno scritto al presidente Giorgio Napolitano: «Sarebbe un segnale fondamentale per ricomporre le tragedie della storia, se Lei decidesse di accogliere il comune sentire delle nostre genti ritirando le onorificenze a Tito (oltre che ai suoi colonnelli Ribicic e Rustja) e contestualmente disponendo la rimozione in tutto il Paese dei toponimi ad essi intitolati». Nessuna risposta è mai arrivata dal Quirinale.

Josep Broz Tito venne decorato nel 1969, dall’allora presidente Giuseppe Saragat, come «Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana» con l’aggiunta del Gran cordone, il più alto riconoscimento. Nessuno ha mai pensato di levargli questa onorificenza per «indegnità», come è previsto dalla legge. L’Italia l’ha fatto lo scorso anno, per la stessa onorificenza di Tito, che Napolitano aveva appuntato sul petto di Bashar al Assad nel 2010. Il presidente siriano, pur immerso fino al collo nel bagno di sangue nel suo Paese, non ha mai ucciso però un solo italiano.

Oltre a Tito sono stati decorati dal Quirinale i suoi uomini più fidati: Mitja Ribicic, Cavaliere di Gran Croce e l’ammiraglio jugoslavo Franjo Rustja. Il primo, nel 1945, era un alto ufficiale della polizia segreta attiva contro gli italiani. A Lubiana, nel 2005, venne aperta un’inchiesta a suo carico per crimini di guerra, ma 60 anni dopo è stato impossibile trovare le prove.
L’ammiraglio Rustja nei terribili 40 giorni dell’occupazione di Trieste (maggio-giugno 1945) era primo assistente al comando del IX Corpus. L’unità di Tito che deportò e fece sparire per sempre molti italiani.

Lo scorso anno il sindaco di Calalzo ha inviato la lettera contro le vie e piazze dedicate a Tito alla dozzina di comuni italiani che le ospitano tutt’oggi.

Luigi Aurelio Verrengia, nel 2011 primo cittadino di Parete nel casertano, aveva dichiarato: «Non sono favorevole alla rimozione, a meno che non sia determinata da disposizioni legislative. Penso che sia orrenda la storia delle foibe, ma resta pur sempre la valutazione che Tito ebbe una funzione storica rispetto all’antinazismo e all’antifascismo».

Il sindaco di Scampitella, in Campania, aveva promesso di farlo, ma via Tito campeggia ancora su Google map vicino a via Kennedy. Stesso discorso per Campegine (Reggio Emilia) dove una mozione di Pdl e Lega per cancellare via Tito è stata respinta. «Nonostante tutto è stato un grande statista» aveva detto nell’occasione Luca Vecchi, capogruppo del Pd. Via Maresciallo Tito spicca anche a Cornaredo, in Lombardia. A Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento, è vicina alla strada dedicata a Palmiro Togliatti e a quella a Mao Tse Tung.

Non a caso i sindaci interpellati non hanno risposto al sindaco di Calalzo, che ieri, assieme a una delegazione dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia, che rappresenta gli esuli, è andato a protestare dal prefetto di Belluno. «Sono state levate le medaglie ad Assad e a Tanzi, dopo il crack Parmalat, ma non a Tito – spiega De Carlo a il Giornale -. Lancio l’idea di una raccolta di firme in Rete per ritirare l’onorificenza al boia degli italiani e cambiare i nomi di vie e piazze a lui intitolate».

Sembra assurdo, ma nel silenzio tombale del Quirinale e di tanti comuni è l’unico scossone di un paese che celebra le vittime delle foibe con manifesti di rito intrisi di luoghi comuni  e allo stesso tempo continua a onorare il loro carnefice, il comunista Tito e i suoi complici.

IL MONTE (DEI PASCHI) E DEI FAVORI: SCONTI A PD, CGIL E ARCI

Pubblicato il 3 febbraio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Ecco il Monte dei favori:  sconti sui mutui a Pd, Cgil e Arci. E gli altri protestavano...Giuseppe Mussari e Susanna Camusso

di Franco Bechis

Ha una convenzione con il Partito democratico direzione nazionale, ormai estesa a gran parte delle federazioni locali. È  sui conti correnti del Monte dei Paschi di Siena che ora affluiscono i finanziamenti pubblici al Pd, come quelli privati  e la percentuale che viene chiesta dal partito sullo stipendio dei propri eletti, designati e nominati in incarichi pubblici e privati. Ma il Monte dei Paschi di Siena ha un rapporto commerciale speciale con l’intera galassia rossa: partito, associazioni, sindacato di riferimento. È  la banca rossa che si gioca questo primato ormai con un solo concorrente: il gruppo Unipol, nato e cresciuto fra le cooperative rosse. La banca rossa della rossa Toscana da una parte e la banca rossa della rossa Emilia dall’altra. Non è un caso se spesso fra i due gruppi c’è stata tensione (come all’epoca dei contrapposti piani su Bnl), se il partito si è spaccato spesso fra i tifosi dell’uno e dell’altro polo finanziario.

Monte dei Paschi di Siena ha una convenzione bancaria quadro con tutta la Cgil di Susanna Camusso. È  una convenzione talmente importante e favorevole da essere stata inserita fra i principali motivi di adesione alla Cgil nelle ultime campagne tesseramento del sindacato guidato dalla Camusso. Per non fare torto a nessuno dei due poli finanziari rossi la Cgil ha sottoscritto una convenzione assicurativa con il gruppo Unipol e una bancaria con Mps che «prevede per gli iscritti alla Cgil agevolazioni importanti nella gestione dei conti correnti, per i mutui, per i risparmi, i prestiti personali, anche a favore dei lavoratori atipici e immigrati».

Infatti le convenzioni Mps-Cgil sono più di una, in modo da dare un prodotto adeguato per ogni categoria assistita dal sindacato. C’è una convenzione generale di cui possono usufruire tutti gli iscritti. Ma ce ne è una per i pensionati della Camusso sottoscritta fra la banca senese e lo Spi-Cgil: 5 euro di spese bancarie al trimestre per operazioni illimitate, bancomat gratuito il primo anno, tassi assai favorevoli anche per lo scoperto di conto corrente da una a sei mensilità della pensione ricevuta, e in  più (per chi avesse questo privilegio), abbattimento del 50% di tutti i costi standard per la gestione, amministrazione e custodia di titoli, e addebito gratuito di tutte le utenze in conto corrente. C’è una convenzione per gli immigrati iscritti alla Cgil, che abolisce le commissioni su rimesse e bonifici all’estero fino a 250 euro e da lì in poi applica una commissione dello 0,15%. Si tratta in genere di condizioni assai vantaggiose, che non poche volte hanno provocato le proteste di altre forze sindacali che non sono riuscite ad avere con la banca rossa o altri istituti di credito convenzioni paragonabili.

Anche una parte consistente dell’associazionismo rosso ha trovato nel Monte dei Paschi di Siena la banca di riferimento, e chissà se il solido rapporto riuscirà a sopravvivere alla bufera politico-finanziaria di queste ore. Ci sono convenzioni specifiche ad esempio con buona parte della galassia Arci. Le condizioni dipendono anche dal numero degli iscritti. Il contratto ad esempio con Arci pesca è buono, ma non così favorevole come quello dei pensionati Cgil. Gli sconti maggiori riguardano l’abbattimento del 50% delle spese di custodia titoli e delle spese di istruttoria per le pratiche di mutuo fondiario, per cui sono garantiti finanziamenti a 40 anni. Tassi più favorevoli di quelli di mercato anche per i prestiti personali a rimborso rateale per importi fino a 60 mila euro rimborsabili in un arco massimo di dieci anni.

La raffica di convenzioni dimostra come il Monte dei Paschi sia diventata ben al di là di Siena la banca rossa per eccellenza per il Pd, la Cgil e tutto il loro retroterra. Come lo dimostra la progressiva trasformazione compiuta dalla metà degli anni Novanta in banca di riferimento delle lotte intestine al Pd. Qualcosa si è capito durante le primarie dell’autunno scorso, quando Matteo Renzi, infilzato da Pier Luigi Bersani per il suo rapporto con Davide Serra e i paradisi fiscali, lo ha zittito: «Spieghi lui Mps e le operazioni con  Banca 121 e Antonveneta». Parole non colte nella loro profondità. Assai interessanti ora che è esploso lo scandalo finanziario legato proprio a quelle operazioni di Mps. Libero, 3 febbraio 2013

…..…C’è ancora qualcuno che possa mettere in dubbio il legame tra il PD e il Monte dei Paschi di Siena?

IL QUIRINALE, CIOE’ NAPOLITANO CI COSTA 228 MILIONI DI EURO L’ANNO

Pubblicato il 2 febbraio, 2013 in Costume, Politica | No Comments »

Tre milioni di euro per le spese di acqua, luce, gas e tv; 372mila euro per abiti e biancheria; 545mila euro per la manutenzione dei mobili, 144mila euro per bestiame e macchinari agricoli. E altro ancora…

Non basta tagliare alcuni rami per sfoltire un albero gigante. Per questo, al netto della riduzione del personale e della spesa, il Quirinale continua a gravare inesorabilmente sul bilancio dello Stato (e quindi dei contribuenti).

Duecentoventotto milioni di euro. Una cifra che, se paragonata a quella di Buckingham Palace o del palazzo presidenziale tedesco, fotografa perfettamente l’anomalia italiana. Il Colle costa quasi dieci volte in più dell’equivalente tedesco, circa otto volte tanto il palazzo della Regina Elisabetta, il doppio dell’Eliseo, tanto per fare solo alcuni esempi.

Tuttavia, per il segretario generale della Presidenza, Donato Marra, fare un paragone del genere è controproducente, specie “in riferimento alle forme di Stato monarchico” dove i “costi di funzionamento degli apparati delle Case reali gravano solo in parte su una dotazione specifica (appannaggio, civil list), mentre per la parte restante sono assunti direttamente a carico del bilancio dello Stato”.

Sul sito della presidenza della Repubblica viene spiegato che la dotazione a carico del bilancio dello Stato resta su un livello sostanzialmente analogo a quello del 2008, che è stato esteso a tutto il personale di ruolo il regime previdenziale contributivo, che tale personale di ruolo è stato ridotto di 24 unità (da 823 a 799) mentre è rimasto sostanzialmente stabile (da 103 a 102 unità) l’ammontare del personale comandato e a contratto; che anche il personale militare e delle forze di Polizia distaccato per esigenze di sicurezza si è ridotto di 42 unità (da 861 a 819). Insomma, nel corso del settennato il personale complessivamente a disposizione dell’Amministrazione si è pertanto ridotto di ben 461 unità.

Tuttavia resta il fatto che la spesa complessiva prevista ammonti a 228 milioni di euro. Ma come viene ripartita questa spesa? Dal documento analitico di bilancio pubblicato sul sito della presidenza della Repubblica si evidenzia per esempio una cifra di più di 3 milioni di euro per le spese di acqua, luce, gas e tv; superano i due milioni e mezzo (2.620.828) le spese della voce “consiglieri e consulenti” del Presidente della Repubblica.

Inoltre, 185mila euro servono per portare Giorgio Napolitano in giro per il mondo; 372mila euro per abiti e biancheria; 545mila euro per la manutenzione dei mobili. Se non bastasse, ci sono poi 398mila euro per le spese di cucina, banchetti e cene istituzionali. Per il bestiame e le attrezzature agricole, il Colle spende 144mila euro.

Tra le voci più costose del bilancio c’è quella relativa alla tenuta di Castelporziano per la quale (oltre a uno specifico contributo del ministero dell’Ambiente di 500mila euro e i quasi 50mila euro derivanti dalla vendita di esemplari di fauna selvatica della tenuta) si spendono, sola per la gestione forestale e faunistica, 120mila euro.

E poi ci sono 580mila in agenzie di informazioni, pubblicazioni, servizi fotografici e video, 160mila euro di spese postali. Insomma, se da un lato è apprezzabile lo sforzo attuato nel ridurre la spesa complessiva, dall’altro questa resta comunque a livelli spropositati. Sopratttutto in tempo di crisi economica. Il Giornale, 2 febbraio 2013

.………………Insomma lo Stato, cioè noialtri, paghiamo a Napolitano anche i tanti doppiopetti che indossa con rara eleganza, con l’eleganza di un re, del resto, anche per la sua rassomiglianza con lo scomparso ultimo Re d’Italia, Umberto 2°, così lo avevano ribattezzato nel suo PCI, sin dai tempi dell’Assembela Costituente. Perchè l’on. Napolitano, alla faccia del rinnovamento, vive con gli emolumenti di appartenenbte alla Casta sin da allora, cioè da ben 67 anni, e gli ultimi sette li ha vissuti da re e imperatore, quale nemmeno l’unico che si potuto fregiare, legittimamente di questo titolo, Vittorio Emanuelel 3°, abbia mai fatto. Ovviamente, come tutti,  l’on. Napolitano predica e si commuove spesso e volentieri, specie quando si occupa della gente italica che non può coniugare pranzo e cena, ma vive gaudente anche queste ultime settimane che lo separano dalla fine del mandato, ben sapendo che dopo e finchè campa lo attende il laticlavio senatoriale, un comodo ufficio con tanto di segretari e segretarie e  macchina e autista, il tutto a spese dxello Stato. Non c’è male per un ex comunista la cui unica preoccupazione era il benessere delle classi operai. Ma per queste resta solo il Paradiso nell’altro mondo…in questo il Paradiso è riswervato a Napolitano e i taqnti come lui. g.

BERSANI CI SBRANA (E CI FA PAGARE LA NUTELLA), di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 2 febbraio, 2013 in Politica | No Comments »

Bersani lo aveva promesso: chi parla o scrive del Pd e del Montepaschi di Siena lo azzanniamo. Detto fatto. Ieri ha annunciato di averci querelato. Non conosciamo ancora i dettagli ma possiamo immaginare. Ha paura, il segretario, di perdere le elezioni proprio sul più bello, come già capitò a un suo avo, Achille Occhetto. Quindi guai a riportare e amplificare, come abbiamo fatto in questi giorni, uno scandalo che il procuratore di Siena ha definito «esplosivo» e che coinvolge tutta la finanza di sinistra (i pm di Milano parlano della «banda del 5 per cento», riferendosi a presunte tangenti).

La querela non mi spaventa, né intimorisce. Come noto ne ho viste di peggio. E oggi offro a Bersani nuovi spunti per nuove querele. Infatti pubblichiamo come i suoi consiglieri regionali lombardi (compreso il fedelissimo capogruppo Luca Gaffuri) spendevano i nostri soldi: Nutella, gelati, ombrelli, cene e quant’altro. Che fa, segretario? Ri-denuncia me o butta fuori loro dal partito? Oltre che da un ex segretario accusato di tangenti (Penati), da finanzieri e banchieri imbroglioni, Bersani è assediato anche da decine di Belsito. Ma non si può dirlo, figuriamoci scriverlo. Meglio che la gente non sappia di che pasta è fatto il partito degli onesti, dei puri e illibati. Caro segretario, se ne faccia una ragione: a voi di sinistra vi hanno beccato con le mani nella Nutella, quella vera e, metaforicamente parlando, quella assai più dolce dei quattro miliardi che potrebbero mancare nei conti del Montepaschi (e da noi ripianati con l’Imu).

Questa volta, le assicuro segretario, non ho intenzione di ricadere nel reato di omesso controllo. Lavorerò e vigilerò perché tutto, ma proprio tutto quello che riguarda banche e consiglieri di area Pd, venga scritto senza sconti od omissioni. Un partito che si dice democratico dovrebbe approvare e incentivare. Lei sceglie la strada della querela generica, senza chiedere eventuali smentite o precisazioni che sarebbero ben accette e che la invito a fare. Ciò si chiama minaccia, intimidazione, pratica nota e applicata nei regimi comunisti. Appunto. Il Giornale, 2 febbraio 2013