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LA PRIMAVERA MAI ARRIVATA. I “NUOVI LEADER PEGGIO DEI RAIS”

Pubblicato il 2 gennaio, 2012 in Costume, Politica, Storia | No Comments »

Dal Cairo a Tunisi a Bengasi, piazze ancora in rivolta: ieri contro i tiranni, oggi contro chi li ha rimpiazzati

La chiamavano primavera,ma quest’anno non arriverà. La stagione delle illusioni se n’è andata,ha lasciato posto allo sconforto di una rivoluzione mai germogliata. Lo dicono a Sidi Bouzit dove la fiammata e il sacrificio del venditore ambulante Mohammed Bouazizi accese la rivolta tunisina. Lo ripetono le folle egiziane di piazza Tahrir. Lo gridano qui a Maidan Al Shajara, la Piazza dell’Albero nel cuore di Bengasi dove i lavoratori neri in tuta e caschetto giallo fedeli a Gheddafi randellarono i dimostranti dando vita alla leggenda dei mercenari al soldo del raìs.

Dieci mesi dopo la piazza è di nuovo piena con i sacchi a pelo srotolati e le tende coperte di murales. Ci sono gli invalidi di guerra con i moncherini fasciati. Ci sono i reduci in mimetica e scarponi, gli intellettuali verbosi, gli arrabbiati cronici. Tutti di nuovo in piazza. Tutti di nuovo a gridare slogan al cielo. Tutti pronti a inveire contro i nuovi «raìs». Ibrahim Musmari ha 25 anni compiuti da poco. Le due gambe dilaniate da un razzo esploso davanti alla sua jeep sono rimaste su una duna di Brega. Fino a una settimana prima era solo un fabbro. Raccoglieva ferraglia, la plasmava tra incudine e martello e ci ricavava quel che bastava per vivere. Poi ha imbracciato il kalashinikov, s’è sentito un eroe. «Quando mi svegliai all’ospedale e scoprii di essere vivo mi arrabbiai. Avrei preferito essere già in paradiso. Gli amici mi dissero “sii felice, ora sei un eroe hai dato metà di te per la rivoluzione”.Mi mandarono a curarmi in Qatar e poi in Grecia. Non avevo più le gambe ma tutti mi aiutavano. Poi hanno ucciso Gheddafi e io mi sono ritrovato qui a Bengasi, senza un soldo, senza un sussidio, senza un grazie. Non sono più né martire, né eroe. Sono solo un rottame. Sono come quei pezzi di ferro con cui mi guadagnavo da vivere. Mi hanno usato e venduto ».

Dietro alla carrozzella dell’invalido si fan largo le urla di Mararfel Sway. Ha 50 anni, dirige un sindacato e nonostante cammini ancora sulle proprie gambe sembra molto più infuriato del povero Ibrahim. «Perché grido? Perché urlo? Leggiti quei 18 punti – sbraita puntando il dito contro il manifesto appeso a un palazzo – vogliamo che il Cnt (Consiglio Nazionale di Transizione) ci dica come usa i soldi del petrolio, vogliamo sapere quando ci sarà un’elezione e come gestiranno il nostro futuro. A dieci mesi dalla rivoluzione non conosciamo neppure i nomi di tutti i componenti del Cnt, l’identità di molti continua ad esser segreta… e sai perché? Perché sono gli stessi che controllavano soldi e istituzioni con Gheddafi».

Anche tra i giovani ritornati nella Piazza dell’Albero il refrain più di moda è trasparenza.

«Il potere del Cnt è oscuro come una finestra infangata- s’infervora il 23enne Mohammad Albajenie. A febbraio bivaccava nelle tende dei Giovani per il Cambiamento piantate davanti al tribunale,sognava l’eldorado petrolifero di una Libia trasformata in nuova Dubai. Ora per pagarsi l’università lavora in un supermercato e la sera corre in piazza per urlare la propria delusione: «Ci hanno promesso la democrazia perché non si dimettono? Non sono stati né scelti né eletti, sono lì solo perché erano gli unici a disposizione, devono andarsene a casa, vogliamo un Cnt eletto dal popolo».

La rabbia di Maidan Al Shajara a Bengasi è la stessa respirata due settimane fa a Sidi Bouzit in Tunisia. Nell’epicentro di tutte le rivolte arabe del 2011 Moez e gli altri colleghi del carrettiere martire Mohammed Bouazizi, ripetono in coro un solo concetto. «Lui è morto e ci ha regalato la libertà di protestare, ma quelli arrivati dopo Ben Alì non ci hanno ancora dato né lavoro né dignità. Qui la rivoluzione è solo uno slogan, tutti lo ripetono ma quando fanno i conti con il portafoglio scoprono di esser poveri come prima».
Un’identica frustrazione dilaga tra i tavolini del quartiere Bursa, la retrovia di piazza Tahrir dove i rivoluzionari della prima ora, i ragazzi e le ragazze ammaliati dal sogno di un Egitto democratico, laico e liberale fanno i conti con il tradimenti degli islamici e i fucili dei militari.

Alaa Alja, 22 anni, ti mostra i quindici punti di sutura nascosti sotto la fascia azzurra annodata sul capo. «Li vedi questi? I militari ci hanno tirato dei mattoni dall’alto di un palazzo, intorno a me i miei amici sono morti colpiti dai proiettili. In piazza quella sera c’eravamo solo noi. I Fratelli Musulmani, i salafiti, gli islamici ormai pensano solo alle elezioni e al potere. Ci hanno usati per cacciare Mubarak e ora lasciano che i militari ci facciano fuori. La rivoluzione un anno fa era un sogno, ora è solo un ricordo dal gusto amaro». Il Giornale, 2 gennaio 2012

.………….E’ un film già visto più e più volte.  Potremmo citare centinaia di esempi. Ne facciamo uno solo. Alla caduta del fascismo furono tanti i gerarchi  che smessa la sahariana si affrettarono ad indossare la nuova divisa, e ancor di più furono  gli adulatori che si inventarono antifascisti e ripresero ad adulare, ora  i nuovi potenti. Quindi niente di nuovo sotto il sole. g.

IL CAPODANNO 2012 NELLE PIAZZE ITALIANE ALL’INSEGNA DELLO SPRECO

Pubblicato il 28 dicembre, 2011 in Costume | No Comments »

pausini negramaro nannini

Capodanno 2012 all’insegna della musica in piazza, con molti artisti che si esibiranno sui palchi della penisola, ovviamnete a pagamento perchè in Italia i sacrifici li fanno sempre i “soliti noti”

MILANO
Il brindisi di Capodanno spetterà a Vinicio Capossela e Paolo Rossi, che saliranno sul palco di piazza Duomo dopo due ore di musica di Giuliano Palma & the Bluebeaters. L’evento servirà a raccogliere fondi per gli alluvionati in Liguria.
ROMA
Il tradizionale concerto ai piedi del Colosseo, quest’anno vedrà sul palco il gruppo salentino dei Negramaro, reduce da un tour da tutto esaurito nei palasport delle più grandi città italiane.

Sempre a Roma è in programma un evento speciale con Laura Pausini: un concerto al Palalottomatica con inizio alle ore 22, che vedrà ospiti anche Syria e Paola e Chiara.

TORINO
Il capoluogo dei festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Italia rimane in tema anche per Capodanno dedicando la festa del 31 dicembre proprio al nostro paese. Ospite musicale d’onore sarà Renzo Arbore, che con la sua orchestra intratterrà torinesi (e non) in Piazza San Carlo.

TREVISO
Concerto di Capodanno con i Subsonica, all’Arena Zoppas.

FIRENZE
L’evento principale sarà il concerto di Caparezza, in piazza della Stazione (Santa Maria Novella). Per chi ha gusti più tradizionali in piazza Santissima Annunziata troverà un concerto gospel, mentre al nuovo teatro dell’opera il concerto del Maggio musicale fiorentino condotto dal maestro Zubin Metha.

RIMINI
Ospite musicale dell’edizione 2012 Franco Battiato.

NAPOLI
Ad animare piazza Plebiscito a Napoli gli Almamegretta, la storica band partenopea che festeggerà con il botto i suoi primi 20 anni di attività.

SALERNO
Per il primo anno, piazza Amendola ospita una rocker: Gianna Nannini.

BARI
Capodanno a Bari con Elio e le Storie Tese in piazza della Libertà.

A Modena ci sarà la band cittadina per eccellenza, i Modena City Ramblers, in Piazza Grande. Le fan di Valerio Scanu potranno assistere al concerto del proprio idolo in piazza ad Afragola (NA).Fonte Virgilio, 28 dicembre 2011

……Ma non c’è la crisi per cui su lavoratori  e pensionati sono piovute stangate sotto forma di tasse e balzelli e altri ancora si preannunciano nel prossimo futuro mentre sale alle stelle il prezzo della benzina, le assicurazioni rca si moltiplicano per mille, dal medico non si può andare per via dei ticket, e nei negozi  non si può entrare per via dei prezzi saliti al cielo? E nonostante tutto i sindaci d’Italia,  che piangono miseria quando si tratta di fornire servizi  decenti ai cittadini e si dicono costretti ad aumentare la reintrodotta ICI comunale per far fronte ai buchi di bilancio, creati anche dai tanti soldi buttati via,  non si tirano indietro quando si tratta di spendere soldi pubblici per intrattenere i pochi che passano la notte di Capodanno per le strade, mentre i tanti, il 99% dei cittadini italiani si domandano angosciati che sarà di loro dal 2 di gennaio. A proposito,  e i fortunati incaricati di intrattenere la gente durante la notte di Capodanno, le tasse, almeno quelle le pagano sui loro stratosferici cachet? g.

ANCHE I MONTI PIANGONO….

Pubblicato il 28 dicembre, 2011 in Costume | No Comments »

(Ansa)
mario monti,giovanni montiFestività natalizie di “lacrime e sangue” (si fa per dire) anche in casa Monti. La crisi non risparmia nemmeno il figlio Giovanni, 38 anni, improvvisamente licenziato da Parmalat, azienda dove ricopriva dal 2009 un ruolo di responsabilità in area business. Nella giornata del 27 dicembre un’agenzia di stampa ha riportato il licenziamento di Giovanni e di altri 3 manager dell’azienda.

Ne da notizia anche Lettera43, secondo cui il licenziamento di Monti jr. sarebbe stato deciso dal manager francese  Yvon Guerin, capo di Parmalat-Lactalis dopo l’acquisto del gruppo da parte della famiglia Bessnier. L’azienda però nega il licenziamento e parla di dimissioni di Giovanni Monti. Una scelta di “opportunità” per non dare troppo nell’occhio? Forse non sapremo mai la verità.

Vero è che Giovanni Monti è, come il padre, un bocconiano con master in Business administration e in Affari internazionali presso università americane. Ed è altrettanto vero che i figli “so’ piezz’e core” e lo saranno anche per Monti-robot (come nella sua parodia fatta da Crozza). Insomma, un posto al sole (e non più al latte) Monti jr.lo troverà in fretta. Fonte Ansa, 28 dicembre 2011

.…………….Cristianamente non possiamo che unirci al pianto di papà e mamma Monti per la sfortuna del figlio Giovanni…ma poi ci sovviene l’antico adagio secondo il quale un padre campa 100 figli…figuriamoci se poi il figlio è uno solo e il papà  dispone di 60000 (sessantamila) euro al mese. Certo  Monti senior deve fare qualche economia e tirare un pò la cinghia ma siamo sicuri che ce la farà ad andare avanti, sino alla quarta settimana del mese, pagando bollette,benzina,  conti del salumiere e quant’altro. Ci preoccupa una sola cosa… vuoi vedere che Monti la butta in politica e raffigura il licenziamento del figlio come una vendetta della Francia e di Sarkozy per aver fatto rialzare la testa all’Italia? Se così fosse un bel posto nella nomenklatura  postberlusconiana di certo glielo trovano al povero Giovanni. g.

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO DALLO STAFF DE IL TORITTESE

Pubblicato il 24 dicembre, 2011 in Costume | No Comments »

DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO

(nonostante Monti e e i suoi ministri che ci fanno rimpiangere quelli di prima)

IL FUOCO CONTRO MONTI BRUCIA SOTTO LA CASTA

Pubblicato il 8 dicembre, 2011 in Costume, Politica | No Comments »

Il fuoco dal quale Mario Monti e il suo governo tecnico debbono guardarsi bene non è tanto quello che un suo critico ieri gli rimproverava di avere in qualche modo attizzato aumentando all’improvviso i già salatissimi prezzi della benzina e del gasolio, quanto quello che si avverte dietro la crescente delusione per i mancati tagli alla politica. O per quelli troppo modesti apportati, o solo annunciati. Nei quali, poco importa se a torto o a ragione nel clima di protesta che i sindacati hanno sentito ancora una volta il bisogno di alimentare ricorrendo allo sciopero, alcuni hanno ravvisato la paura di ferire ancora di più il ceto politico sfiancato ma ancora capace di scalciare. O, se preferite, incapace di valutare le distanze che lo separano dai cittadini. È un ceto politico, o casta, come altri preferiscono più negativamente chiamarla, che pensa ancora di avere saldato i suoi debiti di credibilità rinunciando per il futuro ai vitalizi dei parlamentari e affini. E apportando non tagli ma parvenze di tagli a certi trattamenti destinati a sopravvivere come “diritti acquisiti”. Come se non fossero acquisiti anche i diritti di pensionati e pensionandi, e di altri percettori di redditi, sui quali l’emergenza economica e finanziaria ha imposto al governo di intervenire. Qualcuno avrà notato domenica sera, seguendo per televisione la conferenza stampa di Monti e dei suoi ministri, quel signore anziano che si è levato per raccomandare al presidente del Consiglio, per via delle pensioni già guadagnatesi per le sue passate attività, qualcosa che lo stesso presidente peraltro aveva già annunciato: la rinuncia al compenso governativo, o la sua destinazione a iniziative o organizzazioni benefiche. Nel vederlo e sentirlo sono letteralmente saltato sulla sedia conoscendone il cumulo di pensione e vitalizi: pensione di giornalista e vitalizi di ex parlamentare europeo e nazionale. Non è il solo caso, naturalmente. Direi anzi che cumuli analoghi, maturati e percepiti da parlamentari o ex parlamentari provenienti da altre professioni, sono più la regola che l’eccezione. Non si è ancora avvertito nei “sacri” palazzi del Parlamento il buon senso, e neppure il buon gusto, di porvi rimedio senza lasciarselo chiedere, pronti piuttosto a liquidare come qualunquismo osservazioni o sollecitazioni di questo tipo. A nessuno è sinora venuto in testa alla Camera, con tutto quello che bolle nel Paese, con tutti i tagli, i bolli, i balzelli e i cosiddetti contributi di solidarietà giustamente imposti a noi comuni cittadini, di eliminare, per esempio, quella Fondazione omonima che provvede a organizzare eventi e pubblicazioni a cui potrebbero provvedere direttamente, e più economicamente, gli uffici ordinari di Montecitorio. Una Fondazione che, assegnandone di diritto nello statuto la presidenza a chi ha guidato la Camera nella legislatura precedente, sembra ideata e fatta apposta proprio per questo, a costo anche di qualche disavventura. Come quella capitata nel 2008 a Pier Ferdinando Casini, costretto per l’intervenuto scioglimento anticipato delle Camere a passare la mano dopo soli due anni a Fausto Bertinotti. Che grazie al governo tecnico di Monti, e alla prevedibile prosecuzione della legislatura sino al suo epilogo ordinario, potrà invece rimanervi per un altro anno e mezzo. E passare quindi la mano, a sua volta, a Gianfranco Fini. Che, anche in caso di mancata rielezione a parlamentare, avrà maturato il suo bravo cumulo di pensione e vitalizio. Vi sembra tutto questo, francamente, uno spettacolo o scenario compatibile, per stile e contenuto, con i tempi che la gente comune è costretta a vivere? A me non sembra proprio. Monti e i suoi ministri, naturalmente, non possono intervenire direttamente su o contro queste situazioni per l’autonomia che il Parlamento rivendica nella sua organizzazione interna e gestione economica. Ma i soldi alle Camere, i conferimenti dei fondi per il loro funzionamento, li deve ogni anno trovare il governo di turno. Che se non ne ha abbastanza, specie per permettere l’uso che se n’è fatto sinora, ha pure le sue buone ragioni da sostenere, e gli strumenti per farlo. Se altri, di destra e di sinistra, o come diavolo vogliamo chiamare gli schieramenti che si sono alternati in questi quasi diciotto anni di cosiddetta Seconda Repubblica, non hanno ritenuto di avvalersene, Monti ha la forza, o la necessità, di farlo. E di coniugare ancora meglio di quanto non gli sia sinora riuscito rigore ed equità nella gestione dell’emergenza affidatagli dal presidente della Repubblica e confermatagli con la fiducia dalle Camere. Che non potrebbero decentemente revocargliela, staccandogli la famosa spina, solo se e quando toccasse avvertire anche a loro le lame del rasoio elettrico del governo. Lo stesso discorso vale per i costi degli altri organismi istituzionali, e per i privilegi – sì, i privilegi – che in altre, ben diverse condizioni economiche hanno potuto procurarsi e accumulare vertici e personale dipendente. E vale naturalmente per i partiti, il cui finanziamento pubblico con lo strumento dei “rimborsi” elettorali, adottato peraltro per aggirare l’abrogazione referendaria disposta nel 1993 dai cittadini, ha assunto dimensioni e caratteristiche a dir poco sproporzionate. Che peraltro non sono neppure bastate a far passare alla politica, come dimostrano le frequentissime cronache giudiziarie, senza distinzione di colori, la tentazione e la pratica dei finanziamenti illegali.  Francesco Damato, Il Tempo, 8 dicembre 2011

IL GIALLO DEL SOTTOSEGRETARIO “SCAMBIATO”

Pubblicato il 1 dicembre, 2011 in Costume, Cronaca, Politica | No Comments »

Insomma, il ministero dei “perfettini” presieduto dal più perfettino dei perfettini, cioè il super Mario, nella nomina di un sottosegretario scambia uno per l’altro. Ce lo racconta il Corriere della Sera di oggi in un articolo che riportiamo, ripreso appunto dal Corriere della Sera. Ci sarebbe da ridere se non fosse che c’è da piangere  nel constatare cosa è capace di (non) fare la super pagata burocrazia italiana di cui il ministero dei perfettini è l’emblema. g.

Quello vero, Franco Braga (a sinistra). L'omonimo, Francesco Braga (a destra)Quello vero, Franco Braga (a sinistra). L’omonimo, Francesco Braga (a destra)

ROMA – Il quasi omonimo, sotto la neve canadese di Guelph, ormai se n’è fatto una ragione e rilascia interviste a raffica: a «Un giorno da Pecora», a Radio 24, e perfino in diretta alla Bbc. Era il Braga sbagliato, finito nei registri del ministero in virtù di un nome quasi uguale, Francesco, a quello del vero sottosegretario, Franco. Il quale invece non risponde al cellulare neanche sotto tortura fino a sera e pare non se ne sia ancora fatto una ragione. Di essere lui il nuovo sottosegretario e soprattutto di esserlo diventato nel ministero sbagliato: Politiche agricole invece delle agognate Infrastrutture. E dunque per ora è un sottosegretario «in sonno»: designato ma non effettivo. E ancora del tutto sconosciuto al ministero (e al ministro) a cui è destinato. Si attende che sciolga la riserva, anche se Palazzo Chigi (r)assicura: «Tutto a posto, giurerà tra pochi giorni».

Tutto parte con la segnalazione di Altero Matteoli, che indica un «bravo sottosegretario» per quello che è stato il suo ministero, le Infrastrutture: si tratta di Franco Braga, ingegnere, docente, alla Sapienza, di tecnica delle costruzioni, presidente dell’Associazione italiana di ingegneria sismica. La segnalazione rientra nella quota di tecnici spettanti ai partiti e alle correnti e come tale viene accolta. Ma nella girandola dei ministeri, Braga finisce sulla poltrona sbagliata: al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Nella sede del Mipaaf, nulla si sa di questo Braga. E così, nella notte fatidica, parte la caccia su Internet. Che approda a Francesco Braga, munito di curriculum perfettamente calzante, per quanto risieda in Canada da qualche anno di troppo (28): di qui la commedia degli equivoci, la email del ministero e poi la telefonata di Palazzo Chigi che chiede al Braga sbagliato se è lui il sottosegretario. Comprensibile l’agitazione del Braga canadese («Non dovreste essere voi a dirmelo?»), mentre l’ignaro ministro Mario Catania si congratula con lui e parla di «valore aggiunto».

A equivoco sciolto, resta Franco Braga. Che però non ha giurato insieme agli altri, indispettito dal cambio di poltrona. In queste ora sta prendendo la sofferta decisione. Quando giurerà? Al ministero non lo sanno: «Aspettiamo notizie». Palazzo Chigi minimizza: «A giorni giurerà». Il presidente di Fedagri Confcooperative, Maurizio Gardini, anche lui ingannato dall’equivoco, stima «entrambi» ma è chiaro: «Pur non conoscendo nessuno dei due accademici, basta dare una rapida lettura ai due curriculum per scorgere quale dei due profili sia più adatto. Visto che nel comparto agricolo è in corso un difficile negoziato in Europa, sarebbe evidentemente un gran vantaggio per il nostro ministro tecnico Catania l’essere affiancato da un sottosegretario altrettanto tecnico e che abbia una comprovata esperienza nel settore». Cioè, da Francesco Braga.
Il quale, tra un’intervista alla Bbc e una a Sabelli Fioretti e Lauro, ha appena ricevuto una email di scuse dal ministero: «Cortesissima. Non lo scrivono, ma tra le righe intuisco che avrebbero preferito me. Ho pieno rispetto per il collega, ma mi chiedo chi sia più adatto tra un ingegnere che si occupa di problemi sismici e un agronomo che si occupa di agribusiness». La neve e la distanza attutiscono le ultime parole di Braga. Che però si intuiscono: «Iddio protegga l’Italia». Alessandro Trocino, il Corriere della Sera, 1° dicembre 2011

SCATTA IL NUOVO REDDITOMETRO. SI DOVRANNO DOCUMENTAR ANCHE I REGALI.

Pubblicato il 30 novembre, 2011 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

Scatta il nuovo redditometro Pure la paghetta sarà tassata

Meglio farsi lasciare ricevuta da papà. Anche per la paghetta settimanale. Perché quando lo studente universitario sarà chiamato dall’Agenzia delle Entrate per giustificare il cellulare o l’Ipod con cui si era fatto bello davanti agli amici,   bisognerà dimostrare da dove vengono i soldi per l’acquisto. Ed è meglio che quella ricevuta informale sia conservata anche dalla casalinga, pizzicata mentre faceva shopping. «Da dove vengono quei soldi? Da suo marito? Può dimostrarlo? Con quali documenti?». Perché dal primo gennaio prossimo saranno proprio questi i veri incerti del nuovo redditometro che al momento è solo in fase sperimentale. Più di cento voci di spesa di ogni contribuente saranno censite dal fisco e confrontate con i redditi dichiarati da ciascuno. Attenzione, non da ogni nucleo familiare, ma proprio dal singolo contribuente, che potrà essere pizzicato dall’Agenzia delle Entrate ed essere chiamato a difendersi nel contraddittorio. E non varrà trincerarsi dietro al fatto di essere “figlio di papà” o povera casalinga mantenuta dal marito. Perché il fisco mica si fa prendere in giro: vuole prove e controprove documentali. E se il capofamiglia è andato a intestare il motorino o l’Ipod al figliolo o alla moglie nullatenente solo per sfuggire alle maglie del fisco? Bisogna indagare, capire, avere risposte esaurienti. Se si è in grado di darle, naturalmente nessun guaio, e amici come prima. Ma con il nuovo redditometro il rischio di avere l’ispettore del fisco in casa è davvero alto.

Le cento voci di spesa che verranno confrontate con i redditi dichiarati sono un ventaglio davvero ampio. Alcune – come le spese veterinarie nuove indicatrici di grande benessere – hanno già fatto infuriare verdi e animalisti, altre come i versamenti a onlus o ad opere caritative, hanno fatto infuriare i cattolici. E l’idea che all’interno del nucleo familiare ognuno debba rispondere delle sue singole spese senza potersi riparare sotto l’ombrello naturale del capofamiglia, qualche brivido lo fa venire. Perché se utilizzato senza quella saggezza che naturalmente oggi l’Agenzia delle Entrate promette, potrebbe trasformare qualsiasi tranquilla famiglia in un burocratificio da museo degli errori. Da anni si discuteva di semplificazione e sburocratizzazione fiscale per le imprese (uno dei loro costi maggiori), e invece di procedere su quella strada ora si va a complicare la vita delle famiglie.

La saggezza dell’Agenzia delle Entrate sarà pure vera, ma quel che si vede già oggi agli atti delle varie commissioni tributarie provinciali e regionali non depone certo a favore. Il 21 marzo scorso ad esempio alla Ctp di Cuneo è approdata la storia di un giovane di 24 anni, da poco laureato ed entrato in uno studio professionale. Nel 2005 aveva dichiarato 3.456 euro di imponibile Irpef e nel 2006 poco di più: 9.324 euro. Piccole somme, ma è così per tutti durante il periodo di praticantato. Il fisco però lo ha pizzicato a bordo di una Chrisler Pt Cruiser del valore di 21.500 euro, acquistata nel 2005. Non solo: il ragazzo viveva da solo in un appartamento da 150 mq, che è risultato di proprietà dei genitori. Il fisco non ci ha pensato due minuti. L’appartamento sarà pure stato dei suoi, ma almeno il 50% del presumibile affitto andava imputato al ragazzo. L’auto non poteva essere acquistata con quello stipendio da fame. A questo sarebbe arrivato chiunque. Però capita a quell’età che non avendo ancora uno stipendio degno di questo nome, la macchina arrivi in regalo da papà o dai nonni o magari anche con qualche soldino messo da parte accumulando quei regali. Il fisco comunque contesta l’acquisto dell’auto al ragazzo.

Che risponde e produce anche un bel po’ di documentazione. L’auto è stata pagata per 5 mila euro con un assegno, per 3 mila euro con un assegno di mamma e per 13.500 euro con un normale finanziamento pluriennale (quindi a rate). La risposta non è bastata. E quei 5 mila euro come li aveva il ragazzo? E poi l’auto come la manteneva? E le spese di casa come se le pagava? Il fisco non ha sentito ragioni. Ha calcolato 4.364,43 euro di spese auto in un anno e 4.975,10 euro per l’anno successivo. Per le spese di casa 1.875 euro un anno e 1.947,75 euro l’anno successivo. Così l’Agenzia delle Entrate ha rettificato le due dichiarazioni dei redditi del ragazzo portando la prima da 3.456 a 34.229 euro e la seconda da 9.324 a 43.646 euro. E quindi pretendendo dal giovane, accusato di non avere abbastanza soldi per acquistare auto e mantenersi casa, nuove tasse presumibilmente con un nuovo prestito dalla madre. La commissione tributaria provinciale di Cuneo ha infilzato l’Agenzia delle Entrate e l’ha condannata anche a rifondere al ragazzo le spese del ricorso. Però ci sono voluti più di due anni, che hanno condizionato la vita di un ragazzo che aveva la fortuna di essere appena entrato nel mondo del lavoro. Il caso già ora non era affatto isolato. Il rischio con il nuovo redditometro è che diventi sempre più frequente. di Franco Bechis, Libero, 30 novembre 2011

L’ITALIA RITROVA L’ORGOGLIO CON FIORELLO. A SARKOZY: STAI SCIALLO

Pubblicato il 30 novembre, 2011 in Costume | No Comments »

Finalmente un po’ di Patria. Quasi sottovoce, tra una canzone e una gag, ma dodici milioni di italiani se ne sono accorti, svegliandosi dal comodo letargo postsessantottino.

Lunedì è diventato il giorno della reazione, dell’orgoglio, la più bella serata dopo il week end. Rosario Tindaro, Fiorello insomma, ha intercettato il sentire comune del popolo tutto, basta con quest’Italia presa a pernacchie, messa dietro la lavagna, derisa dal nano capoccione francese e da frau culetto Angela Merkel. «Stai sciallo, sciallati, basta» ha detto il siciliano usando il gergo romanesco giovanile per il consorte di madame Bruni, tra gli applausi degli astanti che non pensavano soltanto al titolo del nuovo film di Francesco Bruni. Sciallati, datti ‘na calmata, vola basso, tranquillino, perché è arrivato il momento di reagire a voi parenti serpenti di Francia e a voi tedeschi di Germania.

Lo fa un comico, lo fa un presentatore davanti agli spalti gremiti del Paese, ascolti massimi, share bulgaro, adunata oceanica, messaggio inoltrato sulla linea dell’utente desiderato, visto e considerato che chi è al governo, tecnico e politico non importa, ha scelto la riverenza e poi la penitenza, sottomesso allo spread e ad una diplomazia farlocca e svenevole.

Fratelli d’Italia, insomma, riuniti non soltanto davanti alla nazionale di football, ma per rimettere le cose al loro posto, pur nella loro confusione. In principio fu Benigni al Festival. L’oscar hollywoodiano si era presentato a Sanremo sventolando il tricolore per poi recitare, narrandolo e illustrandolo con passione e malinconia, l’inno di Mameli e di Novaro. Perbacco, si pensò romanticamente, anche la sinistra ha scoperto il valore della bandiera d’Italia e della Patria, mai sentiti prima certi appelli, mai segnalati tanti sventolii, Garibaldi, Mazzini e Camillo Benso al posto del Che e di Mao Tse, roba grossa, forse vedremo, a breve, nei cortei un magliettificio di riferimento, gli occhialini di Cavour, la barba di Peppino Garibaldi eroe dei due mondi, Attilio Emilio Bandiera accanto a Pippo Mazzini.

L’imprevista euforia sanremese durò lo spazio di una notte, entrò in depressione ai primi annunci dello spread di primavera-estate, una collezione di allarmi e sbandate. La caduta autunnale delle foglie e del governo, la crisi dell’euro, hanno messo il carico da mille, tra gli urrah, il lancio di monetine e di sputi e gli onorevoli gesti dell’ombrello davanti al Quirinale, il cortile nostrano è stato offerto su un piatto d’argento al monsieur parigino e la bionda frau che con sommo gaudio hanno incominciato il loro show, sorrisi di compassione, sfottò, battute ma anche ordini perentori ai soliti noti, gli italiani spaghetti, mandolino e mafia. Giorni brutti, senza una sola voce di orgoglio, bocconiani e banchieri avevano altro cui badare.

C’è stato chi, ieri, su molti quotidiani, con un manifesto pubblicitario, ha ricordato ai due ridanciani cruccofranzosi che ride bene chi ride ultimo (come si legge nell’altro articolo di questa pagina, ndr), ma Fiorello ci sta divertendo da picciotto dell’isola e cittadino del continente. Non predica, non fa il boia e nemmeno il missionario, non sfrutta i verbali altrui, non sfoglia come una jena il codice, non benedice le folle, ascolta, intuisce, è il ventriloquo di dodici milioni di italiani (sfondato il 43 per cento di share), il lunedì sera.

Patriota senza fazioni e partiti di appartenenza, come si dovrebbe nelle cosiddette sedi istituzionali laddove soltanto le celebrazioni per i centocinquant’anni dell’unità hanno costretto molti, a malincuore, a rispolverare drappi, parole, valori riposti negli armadi, cosa che accadrà prossimamente.

L’Italia c’è, reagisce, reagisce, reagisce, almeno il lunedì sera. Fiorello non è Santoro, non è Saviano, Rosario è un comico, parla, pensa, scrive, intrattiene, si desta come qualunque italiano avrebbe voglia di fare. Non ha bisogno di gridare: «Viva l’Italia». Lo fa intendere. E chi non ha inteso, non è d’accordo e si annoia: scialla.

….Viva Fiorello!

RISPARMIATECI I MONACI CON I TACCHI A SPILLO, di Marcello Veneziani

Pubblicato il 23 novembre, 2011 in Costume | No Comments »

C’è una parola d’ordine che rimbalza dai leader della sinistra ai giornali, dalla tv alla satira perfino: con la caduta di Berlusconi è finito il Carnevale, siamo finalmente tornati alla Sobrietà.

Mario Monti

Tristemente mi rallegro ma chiedo alla Confraternita dei Flagellati di Sinistra, all’Ordine dei Quaresimali della Stampa Seria e ai Penitenti tutti se con la nuova sobrietà introdotta dai Tecnici Austeri verrà soppresso anche il carnevale pacchiano del Gay Pride, i caroselli dei trans con relative marrazzate, le fellatio gay al Colosseo difese come libere effusioni, le sgargianti occupazioni di suolo pubblico, teatri, facoltà e scuole pubbliche, la centralità dei comici nel discorso politico, gli insulti al Nemico, l’invadenza urbana dei Centri sociali, i localini trendy dove bivaccano antagonisti e fancazzisti, e bevono e fumano e fanno sesso alternativo, la spinelleria assortita dei compagni da sballo o i compagni da passeggio che sfasciano vetrine e scagliano estintori sui carabinieri e vengono santificati.

Lo dico per esempio a Vendola, compagno di partito di Luxuria e di molti dei suddetti compagni, che ora celebra la fine del carnevale berlusconiano e l’avvento della sobrietà.

L’unica differenza tra i due deprecabili carnevali è che il primo almeno si svolgeva a porte chiuse, in casa, e solo incautamente a volte filtrava e s’affacciava nella vita pubblica; il secondo invece è pubblico e politico, invade le strade ed è orgoglioso di esibirsi.

Uno è priveé, l’altro è sociale. Morale: non potete fare i monaci con i tacchi a spillo. MARCELLO VENEZIANI, 23 NOVEMBRE 2011

INTERVISTA TRA L’IRONICO E IL SARCASTICO A DOMENICO SCILIPOTI, L’EX DEPUTATO DI DI PIETRO PASSATO AL CENTRO DESTRA

Pubblicato il 22 novembre, 2011 in Costume, Politica | No Comments »

Domenico Scilipoti, come si trova nell’era della sobrietà targata Monti?

«Dal 18 novembre sono in nero lutto».

Verde loden dovrebbe vestire, invece.

Domenico Scilipoti

Domenico Scilipoti
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«Ho il cappottino normale io, sono figlio del popolo e ho studiato alla Statale».

Il Bocconi style non le piace.

«Poi cosa vogliono dirci? Che il figlio di un operaio o di un ingegnere vale meno di un figlio della Bocconi?».

Eppure lei al primo congresso del Movimento di responsabilità nazionale in ottobre diceva: «Il Signore mi ha dato questa croce: voglio una nazione che parli un linguaggio mite».

«Questo governo parla il linguaggio della lobby dei banchieri, ed è violento».

Violento.

«Non è violenza il golpe che ha ucciso la democrazia parlamentare e espropriato la sovranità del popolo? Avanti così e non ci faranno più votare».

Fuori i nomi degli assassini.

«Il centrosinistra tutto ha abdicato alla politica perché è incapace di governare».

Guardi che Sua Eccellenza, come lo chiama lei, sostiene Monti, dice pure che deve arrivare al 2013.

«Berlusconi è obbligato a dire così, o dopo averlo accusato perché amministrava lo accuserebbero di non amministrare».

Lei invece è un uomo libero.

«Sto all’opposizione. E mi batterò fino alla fine per restituire il potere al popolo e per i valori per cui faccio politica: Stato, famiglia, cristianità».

A proposito di famiglia: lei ha detto a Klaus Davi che le banche favoriscono le lobby gay…

«Ezra Pound: “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee…».

Vabbè, quindi?

«Immagini il sesso fra due uomini».

Prego?

«Lo faccia. È un rapporto anale».

Scilipoti!

«È anomalo, più che fra due donne, lo dico da ginecologo: ha mai visto un uomo partorire?».

Suvvia onorevole!

«Sto dicendo che abbiamo il dovere di tutelare la famiglia naturale. E che invece le banche hanno più interesse a favorire i single, che consumano di più. E la massoneria: quanti in questo governo ne fanno parte?».

Senta…

«So che parlo troppo, mi interrompa pure, però finisco: questo governo è al servizio dei poteri forti, non del popolo».

Monti però ha parlato di equità, sostegno alle donne, asili nido…

«Le parole non contano. Che mi dice dell’Ici? E l’anatocismo bancario? Questo governo si impegnerà come il precedente nella lotta che io sto portando avanti contro gli abusi da parte delle banche? Lo scopriremo, domani scrivo a Monti».

E cosa gli scrive?

«Glielo dico domani, così avrò altro spazio sul suo prestigioso giornale. Eh eh, Le piace questa astuzia?».

Lino Banfi avrà il suo bel da fare a interpretarla in un film…

«Banfi è un professionista, speriamo non faccia come il pelato lì, come si chiama, Crozzetti…».

Crozza?

«Non informa e non fa ridere, denigra. Spero che Banfi darà la vera immagine di me, non quella inventata da quei mediocri dei giornalisti, ops, scusi, esclusa lei».

E qual è il vero Scilipoti?

«Vada su vu vu vu punto medicine, all’inglese…»

È come in italiano…

«Trattino basso multiterapy, inglese».

E che ci trovo?

«Io sono un rivoluzionario anche nel campo dell’agopuntura, sono stato premiato ieri dall’Università giapponese, ho fatto conferenze in tutto il mondo, ho scritto 12 libri tradotti in portoghese, in Brasile mi hanno dato la cittadinanza carioca e le medaglie Pedro Ernesto e Tiradentes, a Juazeiro di Bahia mi hanno dedicato una sala di lettura perché con le Suore Luigine ho salvato orfani…»

È finito lo spazio, onorevole.

«Lei è di destra o di sinistra? Non importa sa? L’importante è ridare la parola ai cittadini, anche a lei».

Non se lo compra il loden, allora?

«Resto me stesso, costi quel che costi».

Intervista a cura di Laura Setti, Il Giornale, 22 novembre 2011