L’ITALIA, UN POPOLO SENZA MEMORIA, A RISCHIO DI FUTURO
Pubblicato il 22 giugno, 2010 in Costume, Politica | No Comments »
Gli studenti impegnati quest’anno negli esami di maturità, per la prova d’italiano hanno potuto scegliere fra tre diverse tracce; una di queste era di natura storica e riguardava le Foibe, le fosse carsiche nelle quali i comunisti titini, alla fine della seconda guerra mondiale, gettarono i copri, talvolta ancora vivi, di migliaia di italiani, forse trecentomila, forse molti di più, in una sconvolgente e sanguinosa “pulizia” etnica a cui non furono estranee motivazioni politiche e vendette personali. Delle foibe per quasi 50 anni in Italia non se ne parlò, anzi un assordante silenzio, complici gli interessi economici con la vicina Iugoslavia, coprì la tragedia che aveva sconvolto le terre italiane al confine slavo. Solo le associazioni irredentiste istriane e dalmate tennero vivi i ricordi e si adoperarono per denunciare ciò che era accaduto nelle loro terre; insieme a loro, solo l’allora MSI innalzò la bandiera del ricordo e della denuncia storica. Soltanto dopo 50 anni, finalmente, la verità è venuta alla luce, sopratutto dopo la caduta del Muro di Berlino con il venir meno delle ragioni “politiche” del cinquantennale silenzio, rotto anche dalle più alte Autorità dello Stato Italiano che ha finalmente reso omaggio alle Vittime innocenti di quella tragedia, narrata anche da libri e da un film televisivo che ha avuto come protagonista uno straordinario Leo Gullotta nella parte di un sacerdote che sottrae alla morte un gruppo di bambini istriani. Ma evidentemente aver finalmente fatto luce su quella tragedia non è stato sufficciente, se appena il 6% degli studenti che quest’anno hanno affrontato la maturità hanno scelto di scrivere un saggio su quella tragedia che pur appartiene alla storia recente e alla Memoria del nostro popolo. Non è la prima volta che ciò accade, non è la prima volta che messe alla prova, le nuove generazioni mostrino ignoranza, disinteresse, nessun approccio alla Storia, anche quella più recente della nostra Patria. Diciamo la verità. Tutto ciò è il frutto di una ben orchestrata strategia messa in campo nella scuola, e ovunque le generazioni nate nel dopoguerra si siano formate e forgiate, dalla sinistra che ha occupato tutti gli spazi formativi, dalla scuolla alla Università, dal teatro al cinema, dalla cultura alla letteratura, cosicchè ha potuto infondere nelle nuove generazioni totale, o quasi, assenza del senso dello Stato e della Patria, peggio ancora, assenza del senso di appartenenza. Vi è stato un tempo, non tanto lontano, in cui chiunque in Italia professasse amor di Patria era guardato come un marziano, chiunque si levava in piedi allorchè suonava l’Inno nazionale era guardato come uno che stesse commettendo un reato; la sinistra preferiva cantare bandiera rossa o l’internazionale, e insegnare ai giovani che l’amor di Patria era una baggianata e che il sol dell’avvenire era….. internazionalista. Certo, ora i tempi sono cambiati. Negli ultimi quindici anni, anche per merito di oggettive ciorcostanze storiche che la stessa sinistra ha dovuto subire, l’amor di Patria è tornato di…moda, suonare l’inno nazionale non è più tabù, cantarlo in pubblico, magari bofochiandone le parole, fa chic, sinanche i calciatori della nazionale, in questi giorni , fanno finta di cantarlo, ma il danno fatto nei quasi 50 anni successivi alla fine della seconda guerra modiale con lo stradicamento dalla coscienza dei più dei sentimenti nazionali e con l’annullamento del Valore Patria quale valore fondante di un Popolo, del nostro Popolo, ha provocato questa dolorosa non conoscenza e lo scarso interesse per la storia recente del nostro Paese, l’Italia, il cui Popolo, purtroppo, è ormai privo di Memoria. E quindi, come insegna la Storia, con il rischio di non avere più futuro. g.

Domanda: «Sechi, cosa c’è in un paese?». Risposta: «Il Comune, il prete e la stazione dei carabinieri». Non era la domanda della maestra alla scuola elementare, ma il passaggio di una riunione di lavoro di qualche anno fa con un mio editore. Si discuteva di strategia editoriale e i carabinieri fecero la loro comparsa per significare una cosa semplice: per stare nel territorio occorrono radici salde. E l’Arma le ha, tanto da essere parte del nostro immaginario collettivo, patrimonio della storia di un Paese. Mentre ci avviciniamo alla celebrazione dei 150 anni della nostra unità, dobbiamo ricordare che carabinieri sono istituzione ancor più veneranda. Il Corpo dei Reali Carabinieri fu istituito con un regio decreto il 13 luglio 1814 (il Regno d’Italia nacque nel 1861) e sono arrivati fino ai nostri tempi attraversando tutta la storia del Paese. Nati come corpo d’elitè di fanteria leggera, non hanno mai perso il loro fascino, il marchio di nobiltà e rigore che traspare dalla loro divisa. Uniforme nera, giacca con quattro bottoni argentati, berretto con la granata sormontata da una fiamma con tredici punte, Sam Browne (il cinturone a spallaccio) e pistola nella fondina.
