COSI’ LA TASSA MONTI SI DIVORA GLI STIPENDI, di Antonio Signorini
Pubblicato il 27 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »
Con la busta paga arriva la tassa Monti. Anzi, la prima tranche della stretta fiscale del governo tecnico, al momento l’unico vero contributo dell’esecutivo al risanamento dei conti italiani, insieme alla riforma previdenziale.

Stipendi e pensioni ridotti in primavera, per effetto dell’aumento delle imposte regionali, in attesa del salasso estivo che sarà ben più pesante e colpirà i proprietari di immobili: la nuova Imu, scadenza metà giugno. Di fatto, una patrimoniale che colpirà la maggioranza degli italiani. Poi ci sarà quello autunnale: l’aumento dell’Iva di due punti oppure, in alternativa, un taglio alle agevolazioni fiscali. Unica certezza, al momento, il fatto che dal primo ottobre il governo andrà a caccia di 13 miliardi di euro.
La prima stagione è appunto quella che inizia oggi. Riguarda l’Irpef, che crescerà in tutta Italia dello 0,33%, dallo 0,9% all’1,23%. Il Caf nazionale della Cisl, ha sommato questi aumenti – che sono certi e uguali in tutto il Paese – all’aumento medio delle addizionali comunali, che invece cambia da città a città. In media lo 0,2% in più. Questo, per effetto dell’ultima manovra varata dal governo di centrodestra. In tutto un aumento di mezzo punto percentuale della pressione fiscale, che non è tanto, ma abbastanza da farsi sentire. In particolare sui redditi di poco superiori alla soglia di esenzione: 7.700 euro all’anno. Si passa dai 51 euro in media in meno per i pensionati da 1.200 euro al mese ai 73 euro per chi ne guadagna 1.700 fino ai 137 per gli stipendi che superano i 3mila euro e i 250 per chi ne guadagna quasi seimila.
L’aumento delle addizionali è una compensazione alle autonomie locali per i vari tagli ai trasferimenti subiti negli ultimi anni. Ma l’obiettivo non sarà centrato, visto che, osservava ieri la Cgia di Mestre, nonostante «l’aumento della tassazione locale stabilita dal governo Monti, Regioni e Comuni rimarranno con la bocca asciutta». Il maggior gettito per le Regioni è pari a 2,2 miliardi di euro. Ma contemporaneamente, alle Regioni verranno tagliati 2,2 miliardi di trasferimenti al Fondo sanitario. Pertanto, per i governatori, il saldo sarà pari a zero, per i contribuenti è negativo: più imposte in cambio di nessun servizio.
Il mese nero del fisco sarà comunque giugno, quando scatterà la nuova Imu, che sostituisce l’Ici e altri tributi. La maggioranza dei comuni deve ancora fissare l’asticella, ma qualche giorno fa il Sole24ore ha sondato le intenzioni delle giunte, scoprendo che saranno in molte ad applicare l’aliquota massima consentita: il 10,6 per mille. Il risultato è che in alcuni casi ci saranno imposte triplicate rispetto alla vecchia Ici. Per 100 metri quadri a Milano, da zero a 352 euro per la prima casa, da 431 a 1.325 per una seconda casa in affitto, da 879 a 1.325 per una seconda casa vuota. Un paradosso che penalizza chi ha un affitto in chiaro, quindi i non evasori. E penalizza persino – ha evidenziato lo Spi Cgil – gli anziani che si trovano negli istituti di cura, la cui abitazione, con il trasferimento della residenza, diventa seconda casa. Una stangata media di 1.700 euro per circa 300mila anziani, stima il sindacato. Le detrazioni previste per la nuova imposta (200 euro più altri 50 per ogni figlio fino a un massimo di 400 euro) attenueranno appena il salasso.
Nessuno verrà risparmiato dall’aumento dell’Iva, che colpirà beni e servizi dal prossimo ottobre. L’ipotesi è di un aumento di quella ordinaria dal 21 al 23% e di quella agevolata dal 10 al 12%.
L’aumento di un punto era già previsto dalla manovra Tremonti in caso di mancato riordino delle agevolazioni fiscali – assistenziali (una giungla che vale 160 miliardi all’anno e comprende veri sgravi per chi ne ha bisogno, favori ad personam e oboli elettorali accumulati in 64 anni). Monti ci ha aggiunto un altro punto, ma forse solo per tornare, prima di ottobre, alla versione originale e dare ai contribuenti un sollievo parziale. Mezza stangata è meglio di una intera. Il Giornale, 27 marzo 2012
…………Intanto che sugli italiani si abbatte la stangata fiscale con cui Monti non ha neppure minimamente ridotto il debito pubblico che ormai sfiora i 2000 miliardi e non ha minimamente intaccato la spesa pubblica, vertiginosa e improduttiva che di certo non ri riduce con la modifica dell’art. 18, Monti da Seul dichiara con la sua aria lugubre da becchino più che da sacerdote: così è se vi pare, altrimenti me ne vado. Che si sia immedesimato nella aprte del caudillo ci sembra abbastanza evidente ma che possa ritenersi al di sopra di tutto, anche del Parlamento, ci sembra davvero troppo. Abbiamo le nostrre idee circa la riforma del lavoro ma non può pretendersi che il Parlamento non dica la sua in proposito. Altrimenti perchè rimane in carica? Solo per vedere sbocciare gli amori trasversali tra una deputata pdiellina e un hombre pieddino? Un pò poco per giustificare i quattrini che costano un migliaio di persone che se abbracciassimo le tesi del nuovo zar Mario – che accoèppiuata con l’imperatore Giorgio! - non servono a nulla, salvo che a riscaldare la sedia. g.
P.S. Da Seul, l’agguerrito ufficio stampa di Monti, che non è da meno di quelli dei suoi predecessori quanto a componenti e costi, ha fatto sapere che il premier cinese avrebbe detto a Monti che avrebbe invitato i cinesi ad investire in Italia. E che novità è questa? Sono decine le città, ad incominciare da Roma e dal popoloso e centralissimo quartiere Esquilino che sono nelle nelle mani di spregiudicati imprenditori cinesi che fanno concorrenza spietata agli italiani che o se ne vanno o finiscono nelle loro grinfie.



I mercati segnalano sempre una febbre in corso da qualche parte. La finanza ha ripreso a correre. I trader fanno il loro lavoro, speculano. Negli Usa gli indici volano e in molti si interrogano: dura o no? C’è chi sostiene che siamo al livello della primavera 2011 e dunque vicini a un altro crollo dei listini, ma c’è una scuola di pensiero che raffronta l’impennata con quella del 1995, anno in cui l’indice S&P 500 guadagnò il 34 per cento. Per me valgono sempre le due regole d’oro di Buffett: prima regola, ricordati di non perdere soldi; seconda regola, non dimenticarti la prima regola. Detto questo, quel che accade nei mercati – come abbiamo visto nel caso del cambio di governo in Italia – ci interessa da vicino. La sbornia da spread in Europa è passata (per ora) solo perché il presidente della Bce Mario Draghi ha immesso un fiume di liquidità nelle banche. Nessuno parla più della Grecia, ma in realtà tra Atene e il resto del mondo accadono cose notevoli: come per esempio il fatto che chi si era assicurato sui bond greci con i Credit Default Swaps (Cds) sta ricevendo un rimborso che non è il cento per cento del valore investito. Chi aveva 100 euro di debito greco assicurato, ne sta ricevendo in cambio 78 in base a un meccanismo che apre un buco nero sulla validità di questi strumenti di protezione del rischio. La Grecia resta un problema. È uscita dalla porta, ma rientrerà dalla finestra. Nel frattempo l’opinione pubblica – dalla crisi dei mutui subprime nel 2008 – ha maturato la convinzione che le banche si muovano come locuste che divorano il raccolto per conto dell’industria finanziaria. Italiani, brava gente. Quando leggo che Salvatore Ligresti si è fatto liquidare quaranta milioni di euro di consulenze da Fonsai e Milano Assicurazioni nel periodo 2003-2010, mi chiedo come si possa far digerire all’opinione pubblica tutto questo. I comportamenti etici non sono un problema della sola politica, ma anche dell’impresa e dei suoi protagonisti. Se la produzione in Italia è colata a picco, ci sono responsabilità grandi da parte degli imprenditori e dei sindacati. Le barricate che hanno alzato sulla riforma del lavoro ne sono la prova. Se un simbolo della sinistra come Giorgio Napolitano arriva a invocare un barlume di saggezza da parte di Confindustria e sindacati, vuol dire che non c’è consapevolezza del rischio in corso, nonostante il crollo del fatturato industriale. La riforma del mercato del lavoro non ci farà crescere subito, ma libererà risorse ed energie. I partiti sembrano più seri. Forse hanno compreso che se ieri il problema ero lo spread, domani per la speculazione sarà una riforma del lavoro senza capo né coda. Sono in ballo punti di pil futuro, cioè quello che manca all’Italia. Se i mercati non tengono botta, abbiamo fatto lo stesso un passo avanti. Mario Sechi, Il Tempo, 20 Marzo 2012
ROMA – Ancora record sulla rete carburanti italiana che naviga ormai senza freni verso i 2 euro al litro per la benzina. Secondo Staffetta Quotidiana si e’ raggiunto un picco di 1,861 euro presso i distributori Ip con un rialzo di 4 centesimi. La verde e’ sotto 1,8 euro soltanto in Veneto e Lombardia.
