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MONTI: UN PIFFERAIO CHE PROMETTE MENO TASSE…DOPO AVERLE MESSE.

Pubblicato il 29 gennaio, 2013 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

All’improvviso la situazione economica italiana sembra essere migliorata (a dispetto di quanto però dicono prestigiose istituzioni) al punto da incoraggiare la prospettiva di un Eden fiscale nella prossima legislatura. Così ecco che mentre Berlusconi si impegna su una serie di sforbiciate a aliquote e tasse, Monti rilancia alla grande. «Presenteremo presto un piano per ridurre il gettito di Imu, Irap e Irpef, da finanziare con una riduzione spesa pubblica sul Pil pari al 4,5% in cinque anni». In una bozza circolata in serata i dettagli: aumento a partire dal 2013 della detrazione sulla prima casa da 200 a 400 euro. Raddoppio delle detrazioni per figlio a carico da 50 a 100 euro per figlio. Introduzione di una detrazione di 100 euro per gli anziani che vivono soli. Tutto fino a un massimo di 800 euro. Il costo stimato è di 2,5 miliardi. La copertura viene dal contenimento della spesa corrente primaria pari a circa 3 miliardi. «Lo Stato – spiega il Prof – non spenderà un euro in più rispetto al 2012». Per il taglio dell’Irap Monti promette l’«eliminazione del monte salari dalla base imponibile Irap». Il risultato sarà un dimezzamento dell’attuale carico fiscale sul settore privato. Per l’Irpef il taglio fiscale avverrà attraverso l’aumento delle detrazioni per i carichi familiari e la riduzione delle aliquote a partire da quelle più basse. Lo Stato detasserà il salario dei dipendenti delle imprese che aumentano la produttività. Il credito di imposta prevede sgravi fiscali per le imprese che introducono innovazione di prodotto e di processo. Il costo della misura è pari a circa un 1,3 miliardi di euro. Il valore complessivo del pacchetto di interventi è di circa 30 miliardi. Rilancia l’idea di una grande coalizione per le riforme, ma al tempo stesso minaccia l’ipotesi di una manovra correttiva in primavera: «Dipende dal voto». Intervenendo a Omnibus, Monti è sibiliino: anche se nel 2013 il Pil andasse peggio di quanto previsto tempo fa, e se fosse negativo questo non porterebbe di per sè la necessità di una manovra, perché l’obiettivo di bilancio è in temini strutturali, non per ciclo. Quindi io escludo la manovra, ma non escludo niente in certi casi di esiti del voto. In una bozza circolata in serata si prospettava una riforma del mercato del lavoro. Si punta a sperimentare soluzioni più flessibili, partendo da quanto è consentito dall’articolo 8, quello sulle deroghe contrattuali, che ha effetti anche sul recesso dal rapporto di lavoro. Sempre in tema di occupazione il piano del premier propone un piano straordinario per dare l’opportunità di lavoro ad ogni giovane che esce da un ciclo scolastico, mentre a chi non ha opportunità di lavoro, deve essere offerta un’opportunità «dal servizio pubblico, in collaborazione stretta con organizzazioni private imprenditoriali e no, entro il termine massimo di 4 mesi». Anche ieri Monti ha lanciato bordate al Pd accusandolo di essere «molto condizionato» dalla Cgil. «È un peccato che si facciano meno riforme di quelle necessarie, semplicemente perchè ci sono queste gabbie. Io credo che bisogna superarle». Torna a smentire un’alleanza con Berlusconi ma ribadisce che invece vuole essere un punto di riferimento per quanti elettori del Pdl rimasti delusi. «Credo che ci siano molti elettori del Pdl che dovrebbero essere delusi, la rivoluzione liberale e federalista che avevano promesso, non ci sono state. Credo che il nostro programma vada incontro a molte delle esigenze di iniezioni di cose liberali in Italia, un desiderio frustrato degli elettori di Berlusconi. Voglio avere a che fare con questo popolo».Il Tempo, 29 gennaio 2013

…..Che Monti oltre che essere uno spergiuro (aveva garantito che in cambio della nomina n a senatore a vita avrebbe mantenuto una rigorosa distanza dalla politica e poi vi si è buttato dentro come un topo nel formaggio) era anche un incompetente tanto da applicare ad una economia disastrata un0 aumento vertiginoso delle tasse bloccando di fatto ogni possibilità di crescita che si poggia, come sanno anche gli studenti al primo anno di economia, sui consumi che le tasse invece bloccano, è un fatto. Ma che si trasformasse in un qualsiasi politicastro tanto da lui “rigorosoamente” insultato, davvero non se lo aspettava nessuno. Un mese fa, allorchè Berlusconi, da lui definito pifferaio magico, primise che ove vincesse avrebbe tolto l’IMU dalla prima casa, sornione e sarcastico, Monti dichiarò, urbi et orbi, con quella mano a grappolo che è ormai la sua inimitabile rappresentazione scenica, che se tanto fosse accaduto l’anno successivo l’IMU avrebbe dovuto essere rimessa, raddoppiata! E’ un fatto. Ciascuno è libero di dire quel che vuole, ma un minimo di decetente coerenza pur è obbligatoria. Per gli altri, ma per se medesimo Monti non la pretende. Infatti ora non solo annuncia che vuol togliere l’IMU sulla prtima casa, ma annuncia ulterori tagli e riduzioni su altre voci della infinita gamma delle tasse italiane. Come definirlo? Lo lasciamo decidere agli elettori italiani, quelli che ogni giorno si alzano e che vadano a lavorare o vadano ai giardinetti (i pensionati) devono gfare i conti con la miseria, quella che di certo non attanaglia nè lui, nè la di lui moglie, nè la di lui famiglia, essi tutti al sicuro dal laticlavio senatoriale oltre che dalle richhe prevbende ottenute nel passato dalla destra e dalla sinistra. In nome del suo (falso) ecumenismo. g.

GLI EQUIVOCI DELL’ANTIPOLITICA

Pubblicato il 14 gennaio, 2013 in Il territorio | No Comments »

Tutto cominciò con «Mani Pulite». Poi Berlusconi terminò l’opera. Fu nel 1992-93, infatti, che in Italia, sull’onda della protesta contro la corruzione dei partiti, iniziò a diffondersi fino a dilagare un sentimento di disprezzo per la classe politica in quanto tale, un sentimento di avversione profonda per la politica come professione, direi per la dimensione stessa della politica e per la sua naturale (e aggiungo sacrosanta) pretesa di rappresentare la guida di una società. Giunto il momento di tirare le fila alle elezioni del ‘94, l’uomo di Arcore cavalcò l’onda da par suo. Mise insieme tutti gli ingredienti appena detti; li miscelò con il confuso antistatalismo ideologico prodotto dalla globalizzazione; e si presentò come il profeta di quella società civile che nel biennio precedente era stata osannata da tutti (in Italia qualunque idiozia, purché di moda, può contare quasi sempre su adesioni unanimi: il federalismo è un altro caso), osannata come la matrice per antonomasia del «nuovo» e dell’«onestà».

Da allora tutto il fronte antiberlusconiano non si stanca di denunciare l’«antipolitica» che rappresenterebbe l’anima del «populismo» del Cavaliere, di denunciarne ad ogni occasione i pericoli. Ma ciò nonostante proprio da allora, e forse non per caso, esso sembra spinto irresistibilmente a imitarlo. Da allora anche gli avversari di Berlusconi sono diventati sempre più inclini a vellicare i luoghi comuni dell’antipolitica. Come si vede bene oggi, tanto al centro che a sinistra, con l’inizio di questa campagna elettorale.
Dietro un omaggio di facciata (per carità, non sia mai detto «scendere», bensì «salire», in politica), in realtà l’intera piattaforma centrista di Monti si fa un vanto esplicito, ripetuto, insistito, della propria (reale?) estraneità alla politica: estraneità che neppure si sforza di nascondere la sua effettiva ostilità alla politica. Ne è espressione eloquente il bando comminato a chiunque abbia seduto alla Camera o al Senato per più di un certo numero di anni.

Monti e i suoi collaboratori hanno aderito all’idea – questa sì tipica di ogni populismo – che la politica non ha bisogno di persone esperte dei suoi meccanismi, persone pratiche del funzionamento delle amministrazioni, conoscitrici dei regolamenti delle assemblee parlamentari. No. Il nostro presidente del Consiglio – parlano per lui le procedure con cui ha voluto formare le liste dei candidati – sembra aver fatto proprio, invece, il pregiudizio volgare secondo cui il professionismo politico sarebbe il peggiore dei mali. Mentre un industriale, un economista, un professore universitario – loro sì, espressione della celebrata «società civile» – sarebbero invece per ciò stesso non solo onesti e disinteressati, e capaci di scelte giuste nonché di farle attuare presto e bene, ma anche in grado di soddisfare quella condizione non proprio tanto secondaria che è il consenso.

Pure per questa via, insomma, affiora nell’insieme del montismo, se così posso chiamarlo, quell’opzione irresistibilmente tecnocratica che, se ne sia consapevoli o no, rappresenta essa pure un esito classico dell’«antipolitica».
La quale antipolitica poi, a ben vedere, alla fine non è altro che politica con altri mezzi. Lo dimostra quanto sta accadendo sempre in queste settimane stavolta a sinistra, nel Pd. Qui pure tutta l’operazione della designazione «dal basso» delle candidature elettorali è stata condotta – in maniera perlopiù non detta, ma comunque chiarissima – facendo leva sull’ostilità verso il professionismo politico, verso chi occupava da troppo tempo la fatidica poltrona. Come appare ormai evidente, si è trattato di una versione per così dire dolce della renziana «rottamazione», guidata però dall’abile regia della segreteria Bersani. La quale, facendosi forte del mito della «società civile» e del «rinnovamento» – reso in questo caso più perentorio dal comandamento del «largo ai giovani e alle donne» – se ne è servito per fare fuori buona parte della vecchia rappresentanza, a lei estranea, e sostituirla con «giovani turchi» e dirigenti interni vicini al nuovo corso. E quindi per rafforzarsi.

Ma naturalmente poche cose sono così sicure come il fatto che, al centro come a sinistra, coloro che risulteranno eletti con il crisma salvifico della società civile, anche loro, alla fine, si adegueranno disciplinatamente ai vincoli e agli obblighi della politica. Anche loro obbediranno a quella regola suprema della politica che chi ha più forza, più potere, comanda: e poiché la gran parte dei cosiddetti esponenti della società civile di forza propria ne hanno poca o nulla, proprio essi – c’è da scommetterci – risulteranno in definitiva i più obbedienti. Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera, 14 gennaio 2013

.…..E’ sopratutto dedicato a Monti questo editoriale di Galli della Loggia, politologo e intellettuale, pubblicato oggi sul Corriere della Sera. E’ un serrato atto di accusa a chi si  nasconde dietro le solite frasi fatte, i richiami alla solita “società civile” che non si sa bene cosa sia e dove sia, le solite accuse di “populismo” rivolte a quanti si rivolgono al popolo che, lo si dometica spesso, è “sovrano” nelle democrazie occidentali e liberali. Ovviamente Galli della Loggia non sapeva ancora che l’appena “salito” in politica (ma forse voleva dire…al cielo!) sen. Monti è andato da Vespa per scirinare insulti e accuse a Berlusconi paragfonato al pifgferaio magico e ai suoi topolini finiti nel fiume. Peccato che il primo dei topolini che grazie a Berlusconi “salì” l’olimpo degli unti dell’Unine Europea, non sia finito egli nel fiume, anzi, al contrario ha indossato come il peggiore dei politici l’armatura da guerra e impugnato la più ignobile delle armi, quella  della diffamazione. Ma chi va con g.li zoppi (Casini e Fini9 non può che imparare a zoppicare. Finendo azzoppato. g.


ORA LA PAURA FA NOVANTA,

Pubblicato il 14 gennaio, 2013 in Il territorio, Politica | No Comments »

Di avere una fifa blu Bersani lo ha già dimostrato rifiutando di confrontarsi in tv con il Cav, peraltro con una scusa. I democratici hanno sostenuto, infatti, che il vis-a-vis è soltanto tra candidati premier mentre il regolamento prevede che possano andare i capi di coalizione.
Nelle file del «partito» di Mario Monti si registrano i primi mugugni dei «sedotti e scaricati» mentre Vendola lancia la sua sfida: «Non abbiamo bisogno di badanti per governare». Al leader di Sel l’alleanza con i montiani non va proprio giù specialmente se Casini diventerà il presidente del Senato. E riconoscendo che Berlusconi è un «fenomeno da non sottovalutare» apre a Ingroia, mettendo ulteriormente nei guai il segretario del Pd. La battaglia delle alleanze per la maggioranza in Senato si gioca in quattro regioni e l’area chiave è la Lombardia: lì il Pdl è già avanti di 4 punti sul centrosinistra.

Ma i sondaggi non sono il Vangelo. Lo sanno bene a sinistra dopo le sconfitte del 1994 e del 2008. Saranno gli elettori a scegliere tra concretezza e demagogia. Intanto Silvio Berlusconi stasera è di nuovo in tv. Sarina Biraghi, Il Tempo, 14 gennaio 2013

………….Mentre l’ex direttore de il Tempo, Sechi, si accinge a vestire i panni di senatore grazie al posto di capolsita montiano in Sardegna, il nuovo direttore riporta a destra il timone e la rotta del quotidiano più importante di Roma, i cui lettori di certo non seguiranno Sechi nel voto edlo 24 febbraio. g.

NOI VOTEREMO LI’ DOVE CI PORTA IL CUORE, A DESTRA.

Pubblicato il 7 gennaio, 2013 in Il territorio | No Comments »

Di Monti è ormai inutile parlare, perchè come scrive Sallusti la sua “avventura”  in politica è finita prima ancora di incominciare, ed è finita tra i lazzi e gli scherni di chi gli ha fatto le pulci,  anzi le pulci le hanno fatte alle sue dichiarazioni che erano rilasciate quasi fossero altrettanti vangeli mentre si sono rivelate altrettante bugie, infarcite di retromarcie e correzioni che quelle di Berlusconi, pure maestro in questo campo, sono risultate acqua cristallina. Confermato ciò dall’avvenuta sottoscrizione, questa notte,  di un nuovo patto di alleanza tra lo stesso Berlusconi e la Lega, che Berlusconi non ha mai messo in dubbio,  forte del buon senso che presiede alle cose degli uomini specie in politica. Cosicchè mentre Maroni sarà candidato del centrodestra in Lombardia, sulle schede elettorali del 24 febbraio ricomparirà l’alleanza storica del centrodestra, quella che vinse nel 2001, sfiorò la vittoria nel 2006, vinse di nuovo nel 2008, prima di sfaldarsi sugli scogli del governo tecnico nel 2011. La notizia, pur attesa e temuta, ha rivoluzionato in poche ore il mercato elettorale che già ieri, ad opera dei sondaggi di Mennahaimer aveva subito un duro richiamo alla realtà dei numeri che davano il PD avanti, seguito a una decina di punti di distacco dal  PDL (senza Lega), poi   da Grillo, però in caduta libera e infine, quarto e ultimo, il centrino di Monti con Fini e Casini. Infatti il ritrovato accordo con la Lega, cui si aggiungeranno gli accordi con le fomazioni kinori del centrodestra, fanno scattare in avanti i numeri del centrodestra che tocca ora il 30% delle intenzioni di voto. Molto, poco? Molto se si considera che due settimane fa il PDL era dato in stato comatoso, poco se si considera la punta raggiunta dal PD. Ma il cammino è ancora lungo,e foriero  di sorprese, come dimostra la durezza dell’attacco portato da Vendola che ha definito “horror” il ritorno in campo di una coalizione di centrodestra con due punte  ben addestrate e una delle due – Berlusconi – in posizione di comando politico  della coalizione e in secondo piano, come tanti asupicavano,   sul terreno della premiership  ruolo in cui, se il centro destra vincesse, si cimenterebbe Alfano. E’ una buona mossa? Forse. E’ certo che il ritorno in campo di Berlusconi prima, e poi il ritrovato accordo con la Lega, apre scenari inediti nel quadro politico attuale che sembrava essersi cristallizzato intorno al PD e alla “salita” in politica di Monti. E’ evidente che la prima operazione che il centrodestra metterà in campo sarà quella di recuperare il voto non tanto degli indecisi, quanto dei delusi che sono milioni di elettori. Siamo, lasciateci dire, milioni gli elettori  rimasti delusi dal PDL e dal centrodestra, pur continuando a riconoscersi nell’uno e nell’altro. Milioni di elettori che abbiamo guardato con fastidio e poi con rabbia  alla lenta decomposizione della larga maggioranza eletta nel 2008 che aveva i numeri, alla Camera e al Senato, per realizzare il programma elettorale e in questo ambito le riforme costituzionali e istituzionali che il nostro sistema richiede da tempo, denunciate sin dai tempi delle bicamerali, ben tre, l’una presieduta dal liberale Bozzi, la seconda presieduta del dc De Mita, la terza presieduta del postcomunsta D’Alema, tutte affogate nell’acqua putrida degli interessi  di partito, ora dell’uno,  ora dell’altro. La decomposizone della maggioranza con la defezione di Fini da una parte, e gli erorri metodologici e non solo dello stesso Berlusconi, hanno compromesso la tenuta del governo che, sull’onda della crisi finanziaria mondiale, ingiustamente  e falsamente attribuita, per l’Italia, al governo Berlusconi, hanno determinato sul finire del 2011 la crisi di governo che è sfociata nel governo tecnico di Monti. Errore gravissimo e imperdonabile che noi, milioni di elettori, non abbiamo nè compreso nè accettato. Nelle democrazie liberali i governi li elegge il popolo,  non certo le    camarille di palazzo quali quelle che hanno issato Monti prima al Senato, una specie di pagamento anticipato che sa tanto di truffa, e poi a Palazzo Chigi. La scelta del PDL di accettare il rinvio del confronto elettorale e poi sostenere il governo Monti in  una atipica maggioranza è stata subita da milioni di elettori che non l’hanno digerita e si sono sentiti estranei   non solo a quella scelta ma anche allo stesso PDL, crollato nei sondaggi a minimi storici con la perdita di ben 25 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2008. Ritorneranno questi milioni di elettori e ridaranno il loro consenso al PDL? Si sa che chi si sente o  si vede tradito, difficilmente restituisce fiducia a chi l’ha perduta. Ma quale prospettiva c’è dietro l’angolo? Consentire al PD di stravincere alla Camera grazie alla tanto odiata ( a parole) legge elettorale e di vincere anche al Senato, cosicchè da avere le mani libere per continuare nella politica tassaiola di Monti? Oppure  favorire le manovre di Casini che usando Monti come grimaldello tenta di divenire – con i suoi probabili 15 senatori – ago della bilancia in Senato e di lì chiedere al PD la sua elezione al Quirinale, abbandonando,  al loro destino, oltre che Monti,  i valori etici, le famiglie e quant’altro egli sbandiera come suoi obiettivi irrinunciabili? Oppure rendere ingovernabile il Paese, offrendolo  quale preda alle Banche e agli investitori stranieri? Nessuna di queste tre opzioni possono  essere condivise dal popolo di centrodestra che farà, noi pensiamo, speriamo, vorremmo, di necessità virtù e sia pure turandosi il naso, alla Montanelli che ce lo insegnò,  sceglierà di votare lì dove lo porta il cuore, da sempre, a destra. Noi faremo così! g.

MONTI COME FINI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 27 dicembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

C’è qualche cosa di grave nell’autocandidatura di Mario Monti. Grave in assoluto, e grave perché messa in atto da un professore che predica correttezza, coerenza e rettitudine morale.

C’è da fidarsi di un uomo che non onora i patti stipulati con altri uomini? Che approfitta di una situazione di emergenza per trarne vantaggi personali? Io direi di no. E in questo Mario Monti non è diverso da Gianfranco Fini. Entrambi non sono stati eletti dal popolo ma nominati e sostenuti (il primo a premier, il secondo a presidente della Camera) in posizioni terze rispetto alla lotta politica. Entrambi hanno prima usato la poltrona avuta e poi tradito il loro azionista di maggioranza (il Pdl) con sotterfugi e l’obiettivo dichiarato di farlo fuori.

Monti come Fini, dunque. E in quanto a princìpi non diverso da quel tal Scilipoti che due anni fa tanto scandalo destò. Tradire in politica, purtroppo, non è una novità. Ed è triste vedere come la tentazione sia forte anche in uomini che sembravano al di sopra di ogni sospetto. Tipo Gabriele Albertini, che dopo aver fatto una prestigiosa carriera grazie a Berlusconi e a Forza Italia (sindaco di Milano, eurodeputato) sta ora mettendo a rischio la tenuta della roccaforte lombarda del centrodestra con conseguenze pericolose per le elezioni politiche nazionali. La sua smania di tornare in campo alle regionali come candidato governatore della Lombardia, complice l’ambigua componente ciellina del Pdl, gli ha fatto perdere la testa. Pensa solo alla sua ambizione personale, mette a rischio l’indispensabile (per il Pdl) alleanza con la Lega, minaccia di fare una sua lista pseudomontiana che sottrarrebbe pochi ma forse decisivi voti per provare a sconfiggere la sinistra.

È incredibile vedere liberali così arroganti da fare il gioco dei post comunisti. Albertini è come Monti: Il loro motto è: io sono io, tutti voi non siete nessuno. Non convincono, ricattano. Dicono che loro in politica non scendono, ma salgono. E su questo hanno ragione. Nel senso che, a differenza di Berlusconi che entrando in politica è sceso di livello, essi usano la politica per risalire nella scala sociale e in alcuni casi economica. Ma con disprezzo della gente a cui chiedono consenso. Come nel caso di Monti che, da due giorni in Internet su Twitter, non si è degnato di concedere la sua «amicizia» a nessuno. Perché lui è Monti. Ma per fortuna noi siamo noi. E tali resteremo. Alessandro Sallusti, 27 dicembre 2012

……Sottoscriviamo, dalla prima all’ultima parola, convinti come siamo che prima di predicare agli altri occorre dare l’esempio. Ma Monti come Fini, pieni di ego, sanno solo predicare, guardandosi bene dal fare ciò che predicano. g.

IL PROFESSORE E IL SEGRETARIO D’APPARATO

Pubblicato il 21 dicembre, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Il partito democratico è in stato confusionale da quando l’ipotesi di un movimento politico ispirato da Mario Monti è diventata realtà. Finché a giocare la partita era il Cavaliere, Pier Luigi Bersani poteva fregarsi le mani. Berlusconi è in campo ma è logorato, ha il conflitto d’interessi incorporato, la giustizia alle calcagna, si è giocato il credito in Europa e ha un’idea sempre più bizzarra della politica. In queste condizioni, Silvio è un avversario facile. Il problema per i progressisti (fateci caso, hanno ricominciato a chiamarsi così) è che Monti è tutta un’altra narrazione. Il Pd ha votato tutte le fiducie del governo Monti, su cosa può attaccarlo? O si fa come Berlusconi e si nega l’evidenza oppure si tenta un diversivo. Così Bersani ieri ha detto che i partiti “in prima persona” non fanno bene alla politica. Il riferimento a Monti è automatico e questo dimostra non solo la paura del Pd di perdere suoi voti in favore del Professore, ma anche una brutale volontà di accomunare il partito di Berlusconi e l’iniziativa di Monti. Non mi riferisco al bon ton, ma all’analisi politica di cui Bersani appare sprovvisto. E il partito-apparato fa bene alla politica? Bersani dovrebbe conoscerlo bene visto che il Pd ne è l’esempio concreto. Senza l’apparato Bersani avrebbe potuto vincere le primarie contro Renzi? Ne dubito. Avrebbe potuto confezionare regole su misura per la sua vittoria? Che mestiere farebbe oggi Bersani senza l’apparato? Marini e Bindi potrebbero essere candidati senza l’apparato che fa da scudo? Siamo seri, il bue non può dare del cornuto all’asino. Bersani sa benissimo che l’avventura di Monti – se ci sarà e si farà secondo canoni politici adeguati – è di spirito degasperiano al punto che il Pd dovrà farci dei patti. Il Professore tornerebbe tranquillo a dedicarsi ai libri, all’Università o all’Europa, ma gli è toccato in sorte di doversi occupare della cosa pubblica, invocato prima dai partiti e poi dall’establishment europeo che non si fida di un centrodestra formato Grillusconi e tanto meno del Pd con la chiave inglese. No, in questa storia non c’è niente di personale, solo la fretta e la paura di Bersani. Mario Sechi, Il Tempo, 21 dicembre 2012

.……Sono settimane che Mario Sechi, direttore de Il Tempo si è convertito al montismo, tanto da essere divenuto la penna più valida a favore della discesa in campo (metodo berlusconiano|) del professorismo d’annata rappresentato da Monti e magari da qualche suo ministro, come la Fornero che oggi, in Parlamento,  ne ha fatta un’altra delle sue: si è tappata le orecchie per non sentire prima Di Pietro, e poi le accuse dei leghisti sulla storia degli esodati, ad un tempo prova di infantilismo acuto e di insopportabulità del metodo della democrazia. Sechi professa il suo montismo dalle colonen  del giornale che dirige, il quotidiano romano Il Tempo, fondato   dal mitico  Renato Angiolillo, diretto per tanti anni da Gianni Letta,  e considerato l’eco più autentico dei romani. Segno ssatore, cioè Mario Monti. Non sarà questo che ci farà cambaire opinione sulle sue indubbie qualità di giornalista. Però, a patto che non esageri. Per esempio paragonando Monti a De Gasperi. De Gasperi è oggi considerato  un grande  statista, senza essere mai stato  per nulla un economista, fe3ce esperienza dapprima nel Parlamento asburgico, e poi durante il fascismo tessendo la tela della opposizione cattolica che dopo la fine della guerra si trasformò nella Democrazia Cristiana di cui fu segretario e per conto della quale fu  più volte presidente del Consiglio, la prima volta quando   si presentò alla conferenza di pace di Parigi di certo appellandosi alla personale cortesia dei delegati delle potenze vicnitrici ma senza genuflettersi oltre misura per chiedere e ottenere, non per se, ma per l’Italia, Paese cobelligerante dopo l’armistizio, rispetto e considerazione. Tra il 1945 e il 1953, quando fu costretto alle dimissioni, De Gasperi   fu sempre rispettoso delle prerogative del Parlamento, accettandone le regole,  e  governando nel solco della Costituzione che egli aveva contribuito a scrivere, gettando le basi della rinascita nazionale che di lì a poco avrebbe consentito all’Italia di scrivere pagine memorabili di riscossa economica che avrebbe avuto di lì a pco, negli anni 60, la consacrazione.  DE Gasperi morì prima di vedere tutto ciò, nell’estate del 1954, nel suo Trentino, da solo, senza aver mai profferito parola di recriminazione  per coloro che l’avevano costretto a lasciare il governo e senza aver mai pensato di trasformarsi, lui che aveva incarnato nell’immediato e desolante dopoguerra l’Italia,  in partito. Può Sechi paragonare Monti a De Gasperi? Può paragonarne le storie personali? A noi sembra francamente di no, per c ui quella di Sec hio ci sembra una forzatura che non aiuta iol suo protetto ma non rende omaggio  alla Memoria di Alcide De Gasperi. g. P.S. Ci capita spesso, per ragioni diciamo tecniche,  di declianre il nome di De Gasperi e spesso siamo costretti a rimproverare quanti, sopratutto giovani,  ne storpiano il cognome, mostrando sconcertante ignoranza della nostra storia recente!

IL DEBITO PUBBLICO, DOPO LA “CURA” MONTI SFONDA IL TETTO DEI 2MILA MILIARDI

Pubblicato il 14 dicembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

In un anno di cura Monti solo lo spread Btp-Bund è migliorato, tutti gli altri indicatori fotografano un Paese sull’orlo del baratro.

La campagna elettorale è iniziata. E, come sempre, c’è il rischio di annegare nella burrasca di dichiarazioni, denunce e promesse senza capire dove sta la verità. L’accusa mossa da Silvio Berlusconi al governo dei tecnici è stata durissima: “Non voglio dire che ci sono stati degli errori ma Monti ha seguito una politica troppo germanocentrica.

Gli indicatori economici sono tutti peggiorati, non sta a me dare giudizi, ma i dati sono tutti negativi”. Il governo si è difeso tacciando l’ex presidente del Consiglio di populismo. Eppure basterebbe andare a guardare i report trimestrali che l’Istat, la Banca d’Italia, il Centro studi di Confindustria e la Cgia di Mestre pubblicano per capire che il Cavaliere ha ragione: eccetto lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi, tutti gli altri indicatori sono pesantemente negativi e il sistema Italia sta peggio rispetto a un anno fa (guarda il grafico). Basta dare un’occhiata al supplemento “Finanza pubblica” al bollettino statistico della Banca d’Italia: il debito pubblico italiano sfonda quota 2mila miliardi e a ottobre si attesta a 2.014 miliardi, in valore assoluto il livello più alto di sempre.

La cura Monti non ha funzionato. Adesso che il premier è in piena campagna elettorale preferisce non dire i fatti come stanno: accusa senza mezzi termini il precedente governo e spiega che i numeri non dicono tutto. Eppure siamo andati proprio a spulciare tutti quei numeri che ogni settimana vengono snocciolati dall’istituto di statistica per capire come sta l’Italia. Una sorta di screening del Belpaese. A insospettirci è stato il cambio di casacca fatto dalla Goldman Sachs nel giro di una sola settimana: se qualche giorno fa assicurava che l’Italia si stava tranquillamente avviando fuori dal tunnel della crisi economica, questa settimana la banca statunitense ha rivisto le previsioni minacciando una catastrofe economica. Cos’è cambiato? Il Pdl ha “sfiduciato” i tecnici e Berlusconi ha sciolto le riserve annunciando la propria candidatura alle politiche del 2013. Basta dare un’occhiata ai numeri sull’economia italiana per capire che le accuse mosse dalla Goldman Sachs, dai poteri forti di Bruxelles e dalla sinistra italiana non sono basati su dati concreti. Ci siamo fatti dare una mano dalla Cgia di Mestre i cui dati non fanno certo ben sperare. Nel 2011 il prodotto interno lordo era in crescita (+0,4%), quest’anno è letteralmente crollato (-2,3%). Una contrazione che ha subito inciso sui consumi che sono passati da +0,1% a -3,4%. “Indubbiamente in questo ultimo anno le cose sono peggiorate”, ha spiegato il presidente della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi che, però, non se la sente di “dare tutta la responsabilità” ai tecnici. Una cosa è certa: la pressione fiscale è lievitata a livelli da record. Secondo il rapporto del Centro studi della Confindustria, la pressione fiscale effettiva è “insostenibilmente elevata”: il 53,9% del pil al netto del sommerso dal denominatore. Nel 2011 si parlava di una pressione al 42,8%.

“Con Monti la tassazione è aumentata in maniera ingiustificata penalizzando soprattutto le famiglie e le piccole imprese – ha continuato Bortolussi – a mio avviso doveva avere più coraggio nel tagliare la spesa improduttiva che invece è stata solo sfiorata”. L’Imu non è, infatti, l’unica tassa che è stata introdotta dal governo tecnico. Convivere con una pressione fiscale tanto alta significa avere poche risorse per fare nuovi investimenti, creare occupazione e rafforzare sul mercato i prodotti o i servizi. “Se a questo si aggiunge la stretta creditizia che continua a penalizzare proprio il mondo dell’impresa – continua il presidente della Cgia – il quadro generale è disastroso”.

Tra gli indicatori economici solo lo spread è a favore di Monti. Viene, però, da chiedersi che utilità ha avere il differenziale sotto la quota psicologica dei 300 punti base, se il debito pubblico continua a salire. Lo stesso Berlusconi ha fatto notare che l’uso che viene fatto dai poteri forti dello spread è “un imbroglio” per “abbattere una maggioranza votata dagli italiani”. Anche in questo caso ci vengono incontro i dati della Banca d’Italia. Secondo gli analisti di va Nazionale, il debito pubblico italiano, che a ottobre ha superato i 2mila miliardi, è aumentato da inizio anno (a gennaio 2012 era pari a 1.943,455 miliardi) di 71,238 miliardi. Il 3,7% in più dall’inizio dell’anno. Non solo. Anche il mercato del lavoro ha visto un netto peggioramento, nonostante la riforma portata avanti dal ministro del Welfare Elsa Fornero che avrebbe appunto dovuto favorire l’occupazione. Durante il governo Berlusconi, la disoccupazione era addirittura scesa passando dall’8,4% nel 2010 all’8% nel 2011, per poi balzare di nuovo in avanti con Monti toccando il 10,6%. Secondo la Cgia di Mestre, il calo parte dalla contrazione dei consumi interni. “Le famiglie non spendono più, pertanto hai voglia di produrre di più e meglio – ha continuato Bortolussi – se la gente non compra più, le imprese devono ridurre la produzione e conseguentemente occorre meno personale. Non è un caso che le uniche filiere produttive che ancora reggono la sfida sono quelle che operano nei mercati esteri”.

Insomma, tutti gli indicatori a nostra disposizione decretano il fallimento del governo tecnico. In molti, adesso, chiedono di voltare pagina. Le parti sociali tornano a lanciare un appello al prossimo governo affinché si impegni a ridurre le tasse e a rendere la pubblica amministrazione meno costosa e più efficiente. “Paghiamo troppo per avere in cambio poco o nulla – ha concluso Bortolussi – abbiamo punte di eccellenza nella sanità, nell’università, nel mondo della ricerca che tutti ci invidiano. Tuttavia dobbiamo invertire la tendenza, con meno spesa improduttiva possiamo conseguentemente ridurre anche le tasse, combattendo così anche l’evasione che oggi è indotta da una pressione tributaria che ormai non ha eguali nel resto d’Europa”.

Ecco i fallimenti dei tecnici: guarda l’infografica

Risultati governo Monti

SONO QUESTI I MERITI DEL SIGNOR MONTI….PEGGIO NON SI PUO’…VADA A CASA, TORNI A STUDIARE L’ECONOMIA E POI SI VEDRA’

LA GERMANIA NON MOLLA: MONTI, L’ER PIU’ DI CASA NOSTRA

Pubblicato il 12 dicembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

La campagna elettorale entra nel vivo. Anche per il premier Mario Monti che, senza ammetterlo, sta solleticando l’idea di fare il bis a Palazzo Chigi.

Il presidente del Consiglio Mario Monti

Così, mentre gli indicatori economici sono tutti preceduti dal segno meno, la recessione incalza il sistema Italia e la pressione fiscale schiaccia i risparmi del Paese, il Professore si chiama fuori dalla mischia e non ammette il fallimento delle misure economiche messe in campo dall’attuale governo.

D’altra parte, il presidente del Consiglio ha dalla sua parte la Germania che sta tentando in ogni modo di condizionare la democrazia e il voto italiano.

All’indomani del pesante endorsement fatto dalla cancelliera Angela Merkel, il governo tedesco torna a schierarsi a favore di Monti. E lo fa entrando a gamba tesa nella campagna elettorale. Entrando all’Ecofin, il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha lodato apertamente i tecnici e attaccato, altrettanto apertamente, il precedente governo. Insomma, la stessa linea che sta portando avanti, in questi giorni, anche Monti che, per smarcarsi dal proprio fallimento, sta provando ad addossare tutte le sue colpe al Cavaliere. “Il governo Monti ha fatto meglio del suo predecessore – ha spiegato Schaeuble – è stato un governo con molti successi e progressi”. Il ministro delle Finanze tedesco ha, quindi, aggiunto che “tutti lo sanno ma io ripeterò sempre la differenza tra Monti e il suo predecessore”.

“Noi tutti siamo corresponsabili dell’andamento delle quotazioni dell’immagine dell’aggettivo italiano – ha spiegato il presidente del Consiglio – ognuno di noi sposta la quotazione di questo aggettivo”.

Per prima cosa, però, Monti si lava la coscienza. E scarica tutte le colpe sul precedente esecutivo guidato da Silvio Berlusconi che, guarda caso, ieri aveva smascherato i tecnici per aver tascinato l’Italia inj un vortice germanocentrico che non ha fatto altro che penalizzare il Belpaese. “Durante il precedente governo delle riforme sono state fatte ma lasciando moltissimo da fare”, ha spiegato il presidente del Consiglio invitando il partito che vincerà le prossime elezioni politiche a dar seguito alle riforme intraprese dall’attuale governo. Non solo. Il Professore si è anche arrogato il merito di aver messo in campo le giuste misure per traghettare il Paese fuori dalla crisi economica e ha invitato alla “prudenza” nel giudicare le riforme fatte dal governo dicendo che sarebbe un peccato se si desse un giudizio “ipersemplificato” sugli effetti che queste hanno avuto. Intervenendo all’assemblea dell’Anfia, Monti ha analizzato i dati catastrofici della produzuione industriale che lentamente continua a peggiorare. Anche in questo caso, il Professore ha provato a lavarsene le mani spiegando che l’industria italiana ha scontato “il lento ma inesorabile processo di erosione della competitività che è stato a lungo sottovalutato”. Insomma, non solo Monti non riesce ad ammettere il fallimento delle sue cure, ma scarica le responsabilità sul precedente governo. 12 DICEMBRE 2012

IL POLIZIOTTO CHE COMMUOVE NEW YORK: HA REGALATO GLI STIVALI CALDI AD UN SENZA TETTO SCALZO.

Pubblicato il 29 novembre, 2012 in Costume, Il territorio | No Comments »

(Foster)(Foster)

A quasi 400 mila persone «piace questo elemento». È la risposta degli internauti alla foto pubblicata dal Dipartimento di polizia di New York ,
il Nypd, sul suo profilo di Facebook. Il 14 novembre scorso, Jennifer Foster dell’Arizona, era in visita a Times Square, quando ha catturato col suo cellulare una scena che sul web è già diventata un successo. E che sta commuovendo gli americani.

BUON SAMARITANO – Il protagonista della vicenda è l’ufficiale di polizia Lawrence Deprimo, 25 anni di Long Island. Il gesto che l’ha reso famoso nottetempo? Non è straordinario, ma di cuore. In una notte di freddo nella Grande Mela ha regalato un paio di stivali nuovi di zecca ad un senzatetto scalzo. «Quel momento mi ha ricordato mio padre -, ha spiegato l’autrice dello scatto al New York Times -, un poliziotto di Phoenix che aveva comprato del cibo per un clochard». Foster ha spedito la foto al Dipartimento di polizia di New York che a inizio settimana l’ha caricata sul proprio profilo di Facebook. Ebbene, nel giro di poche ore, quell’immagine è stata cliccata quasi 2 milioni di volte, 20 mila sono i commenti.

SUCCESSO SU INTERNET - Intervistato dal Times, l’agente ha raccontato quella serata di pattuglia nel West Village: «Si congelava quella notte e si potevano vedere le vesciche ai piedi dell’uomo». Aggiunge Deprimo: «Benché io avessi due paia di calzini, continuavo a soffrire il freddo». I due hanno cominciato a chiacchierare; il poliziotto ha poi scoperto quale numero di scarpe portasse il senzatetto. Senza pensarci troppo si è dunque diretto verso un negozio di calzature è ha acquistato degli stivali e delle calze termiche. Costo: 75 dollari, con uno sconto del 25% anche grazie alla disponibilità del negoziante. Per quanto riguarda il clochard, Deprimo ha rivelato di non sapere come si chiamasse. Ha tuttavia detto che è stato il «signore più educato che avessi mai incontrato» rimarcando che il suo volto si è illuminato quando ha visto gli stivali. «Era come se gli avessi appena dato un milione di dollari». Elmar Burchia, Il Corriere della Sera, 29 novembre 2012

.………………..Non riuscivamo più nemmeno a sognarlo, invece è accaduto: c’è ancora nel mondo chi si ispira alla favole deamicisiane da libro cuore. Questo poliziotto, che ha tolto dal suo stipendio i 75 dollari per comprare degli stivali ban caldi al senza tetto che era scalzo ci induce alla commozione. E ci fa ben sperare per il futuro nonostante un’altra storia, ben diversa, che ci raccontano essere accaduta dalle nostre parti. Un pensionato ultrasettantenne si recava in campagna con la sua auto vecchia di decenni dietro la quale aveva attaccato una minuscola motozappa con cui guadagnare qualcosa da aggiungere alla misera pensione.  Fermato da solerti ed arcigni tutori dell’ordine gli è stata inflitta una pesante sanzione pecuniaria, molto alta rispetto alla modesta pensione percepita. Smarrito e desolatamente disperato, il malcapitato si è recato da chi pensava potesse venirgli incontro. Ma mal ancor di più gliene incolse perchè alla sua lamentosa rimostranza si è sentito rispondere: la prossima volta caricati sulle spalle la motozappa e in campagna ci vai a piedi. Proponiamo al poliziotto americano il Premio Nobel per la Solidarietà, e al suo corrispettivo italiano una sonora  scarica di pernacchie, alla Eduardo De Filippo, di cuore e di petto.  g.

PIL TAGLIATO E CONSUMI IN PRECIPITOSO CALO: SERVE UNA NUOVA MANOVRA. E LORO, IL GOVERNO DEGLI INCAPACI, SE LA RIDONO. TANTO CI SONO LE TASSE DA AUMENTARE….

Pubblicato il 27 novembre, 2012 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

L’Italia potrebbe avere bisogno di una nuova manovra e si trova a fare i conti con il maggior calo dei consumi dalla seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è l’Ocse che ha tagliato l’outlook per il nostro Paese. Le previsioni dell’Organizzazione di Parigi sono più pessimiste di quelle del governo. Secondo l’Ocse, il Pil nel 2013 calerà dell’1%, contro la flessione dello 0,4% stimata in precedenza. Per il prossimo anno l’esecutivo ha previsto invece una contrazione pari ad appena lo 0,2%. L’Organizzazione parigina ha inoltre rivisto al ribasso le stime per il 2012, con il Pil che e’ ora previsto in calo del 2,2%, contro la flessione dell’1,7% stimata lo scorso maggio. Il deficit dovrebbe scendere al 3% del Pil quest’anno e al 2,9% nel 2013. L’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def aveva invece stimato un indebitamento netto pari al 2,6% quest’anno e all’1,6 il prossimo. Alla luce della nuova previsione l’Italia, sottolinea l’Ocse, potrebbe avere bisogno di una nuova stretta fiscale nel 2014 per rispettare l’obiettivo di una riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015. Ma per il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, una nuova manovra non è necessaria. “Se hanno messo dei condizionali – ha osservato il ministro – dovrei guardare con attenzione quello che dicono però ritengo che, così come vediamo nei nostri scenari, è chiaro che noi abbiamo un bilancio in pareggio anche nel 2014″. Secondo l’Organizzazione di Parigi, inoltre, le misure di austerità varate dal governo Monti hanno causato il maggior calo dei consumi registrato dal secondo conflitto mondiale. “Il consolidamento fiscale, pari quest’anno a quasi il 3%, ha indebolito la domanda interna, e i consumi privati sono scesi al tasso maggiore dalla Seconda Guerra Mondiale”, afferma l’Ocse che tuttavia esprime fiducia nel cammino di risanamento tracciato dall’esecutvio. Le riforme varate dal governo Monti, in particolare quella del mercato del lavoro, spiega l’Ocse, riusciranno a sollevare l’Italia da una decade di stagnazione economica e l’esecutivo che gli succederà dovrà proseguire sulla stessa linea di riforme strutturali e consolidamento fiscale. “Una marcia indietro – aggiunge l’organizzazione – danneggerebbe sia la fiducia dei mercati che la crescita”. L’Ocse vede nero sul fronte del lavoro. Il tasso di disoccupazione in Italia, stimato al 10,6% nel 2012, è destinato a salire all’11,4% nel 2013 e all’11,8% nel 2014. Il tasso di disoccupazione nell’Eurozona e’ invece previsto all’11,1% quest’anno, all’11,9% nel 2013 e al 12% nel 2014. Segnali poco incoraggianti arrivano anche dalla Banca d’Italia: il reddito reale delle famiglie italiane subirà quest’anno “una diminuzione anche piu’ marcata di quella, del 2,5%, avutasi in occasione della recessione del 2009″. Il Tempo, 27 novembre 2012