Archivio per la categoria ‘Il territorio’

L’ON. ROMANO NUOVO MINISTRO PER LE POLITICHE AGRICOLE

Pubblicato il 23 marzo, 2011 in Il territorio, Politica | No Comments »

Francesco Saverio Romano è il nuovo ministro per le Politiche Agricole. Il leader del Pid ha infatti giurato nelle mani del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Romano è stato accompagnato al Quirinale dalla moglie e dal figlio. Per il Governo erano presenti il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta.

Dopo il giuramento c’é stato uno scambio di battute tra il presidente Napolitano ed il neoministro Saverio Romano che ha presentato al capo dello Stato la moglie ed il figlio Antonio. “L’ha superata in altezza”, ha detto Napolitano a Romano guardando il figlio. “E questo è già un risultato – ha risposto Romano – è al primo anno di giurisprudenza”. ANSA, 23 MARZO 2011

L’OMICIDIO DI YARA:GLI INQUIRENTI BRANCOLANO NEL BUIO E GIOCANO CON I DISEGNINI

Pubblicato il 17 marzo, 2011 in Il territorio | No Comments »

Ora, non è che uno vuol per forza prendersela con gli investigatori: trovare il colpevole di un delitto è faccenda affatto semplice, e il caso della povera Yara è apparso complicato fin dal principio. Però insomma, capita di assistere alla conferenza stampa organizzata dal procuratore capo di Bergamo, Massimo Meroni, e certo un po’ basito rimane. C’è da dire che Meroni è il capo della Procura, non colui che ha seguito l’indagine giorno per giorno, ma comunque: come da copione il giornalista inizialmente chiede se c’è una pista, un indizio, anzi una cerchia di persone verso cui s’indirizzano le indagini a tre mesi dall’omicidio, e il magistrato risponde con un secco «no». E in effetti è comprensibile, anche se una traccia ci fosse non sarebbe certo rivelata ai cronisti davanti a microfoni e telecamere. Poi però, dopo aver bacchettato i giornalisti poiché «si è oltrepassata la misura, non è possibile andare avanti per mesi sentendo chiacchiere pubbliche fondate sul nulla», ecco che arriva quell’altra frase che suona se non sprezzante quasi beffarda, «non ci sentiamo di escludere nessun sospetto in tutto il mondo». Cos’è, una battuta?

In ogni caso, per gli elementi più specificamente riguardanti le indagini rimandiamo alla trascrizione qui di fianco. Ma, ancora, il cronista rimane comunque stupìto da quell’altra risposta. Viene chiesto al procuratore della situazione giudiziaria in cui attualmente si trova Mohammed Fikri, il manovale marocchino inizialmente sospettato del delitto. E il magistrato, quello che si lamenta delle chiacchiere sul nulla, risponde che «Fikri? Non credo che verrà richiamato dal Marocco. Se è indagato? Credo che la collega abbia richiesto l’archiviazione». Credo? Non credo? Ma scusi, a chi bisogna chiedere per sapere qualcosa di certo?

E poi, a tempo scaduto, ecco che il procuratore Meroni ti sfodera l’altra perfomance quasi teatrale.  Nel senso che i giornalisti notano sulla scrivania un disegnino scimmiottante quello mostrato dal presidente del Consiglio durante la presentazione dell’annunciata riforma della giustizia: ricordate? c’era la bilancia della Giustizia pendente dalla parte dei pm, a significare quel che secondo il premier è attualmente uno squilibrio nel processo penale a favore dell’organo inquirente. E dunque, il dottor Meroni mostra il disegno, anche questo con la bilancia che pende dalla parte di giudici e pm (e però tra parentesi c’è anche il nome di Yara), mentre dall’altra è scritto “cittadino” con sotto la scritta “presunto aggressore di Yara”. E poi spiega il significato: «La bilancia  pende dalla parte di giudici e pm perché sono loro che devono scoprire i reati e che rappresentano le vittime, mentre tra i cittadini ci sono anche persone che li commettono». Come dire in sostanza che è giusta l’attuale impostazione, mentre invece se passasse la riforma del governo anche il delinquente (anzi, il “presunto” delinquente, come scritto nello schemino con un riflesso condizionato tragicamente esilarante) sarebbe messo sullo stesso piano della vittima. E attenzione, non è che sul punto uno deve per forza essere d’accordo con Berlusconi, figuriamoci, ma quest’uscita del magistrato stona malamente, soprattutto per la circostanza. Che poi Meroni è a Bergamo da circa sei mesi: prima esercitava alla Procura di Milano, e all’inizio del 2010 si scontrò – giuridicamente parlando, s’intende – con Niccolò Ghedini, che di Berlusconi è l’avvocato, di cui aveva disposto l’accompagnamento coatto per farlo testimoniare nel processo sull’illecita diffusione delle intercettazioni legate al caso Unipol.

In ogni caso, tornando a bilance e giustizie, lo stesso Meroni ha subito precisato che «quel che penso io sulla riforma non è rilevante, questo disegno è qui da quando in tivù è stato fatto vedere l’originale». Ma cos’è, signor giudice, ci prende per scemi? E ti vien da dire che allora è meglio Ingroia: almeno la sua opinione la sbandiera dal palco. Senza tanti disegnini. di Andrea Scaglia, Libero, 16 marzo 2011

IL SEN. TEDESCO SI DIFENDE E ACCUSA VENDOLA: COLPA SUA, MI IMPOSE L’ASSESSORATO

Pubblicato il 9 marzo, 2011 in Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

L’audizione del senatore del Pd a Palazzo Madama
Saro: Pdl verso il no all’arresto. Il Pd resta spaccato

Amici-nemici: Vendola e Tedesco Amici-nemici: Vendola e Tedesco

Il senatore Alberto Tedesco è ascoltato dalla giunta per le immunità di Palazzo Madama che dovrà decidere se accogliere o no la richiesta d’arresto dei magistrati baresi. A carico di Tedesco ci sarebbero le accuse di concussione e corruzione. L’audizione è in corso, ma Giuseppe Saro del Pdl uscendo dalla giunta ha dichiarato di aver rivolto a Tedesco molte domande tra cui quelle legate al conflitto d’interesse esistente tra l’incarico di assessore alla Sanità (ricoperto all’epoca dei fatti) e le aziende dei figli e della moglie e dei fratelli.

Tedesco, riferisce Saro, è stato chiaro. «Avrei voluto essere nominato presidente del Consiglio regionale, ma il governatore Nichi Vendola si impuntò. Nel caso avessi rifiutato la delega alla sanità sarebbe stata crisi con la caduta della giunta». Il senatore Saro, inoltre, appellandosi al garantismo ha fatto intendere che il Pdl dirà no ai magistrati baresi, mentre il problema resta circoscritto in casa Partito democratico (quello in cui è stato eletto Tedesco). Il Pd è diviso a metà tra garantisti e giustizialisti.

Rosanna Lampugnani, Il Corriere del Mezzogiorno, 9 marzo 2011

TEDESCO SFIDA VENDOLA:”PERCHE’ IO IN CELLA? LUI E’ UN PRIVILEGIATO

Pubblicato il 4 marzo, 2011 in Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

Lo sfogo dell’ex assessore Pd che rischia l’arresto per la sanitopoli pugliese. “Sulle nomine Asl hanno accusato me di concussione, lui no”

E chi deve capire, capisca: «La fattispecie del reato era pressoché identica e i fatti contestati erano sovrapponibili al 90 per cento.Evidentemente c’è un atteggiamen­to diverso da parte dei procuratori, e fran­camente non riesco a capire perché». Le parole dell’ex assessore Alberto Tedesco, diventato senatore del Pd dopo le sue di­missioni dalla giunta Vendola, alle prime avvisaglie di un epilogo devastante dell’in­chiesta sulla malasanità pugliese, sono in­dirizzate proprio al governatore. Un mes­saggio diretto al «presidente Vendola», al­l’ «amico» Nichi, al «mio candidato» che, ribadisce il senatore sotto richiesta d’arre­sto da parte del gip di Bari, personalmente ha appoggiato in due distinte occasioni elettorali. Riuscendo persino, alle ultime consultazioni, nel 2009, a convincere lo scettico D’Alema che non era affatto con­vinto di voler concedere il bis al leader di Sinistra e Libertà.

L’atto d’accusa di Tedesco colpisce ovvia­mente la magistratura barese che a suo di­re (ma lo scrive anche il gip De Benedictis, proprio nell’ordinanza con cui chiede l’au­torizzazione per l’arresto dell’ex assesso­re) avrebbe valutato in modi diversi episo­di praticamente identici evidenziati dalle informative dei carabinieri. La vicenda esa­m­inata riguardava una rimozione e una no­mina nella Asl di Lecce. E i pm avevano ini­zialmente contestato a Tedesco la concus­sione, mentre su Vendola, che a quei «mo­vimenti » diede il suo assenso, non imputa­no che un legittimo, seppur criticabile, spoil system . Poi cambiano i reati, viene contestato l’abuso d’ufficio e non la con­cussione. Ma quasi in contemporanea per quell’episodio nella Asl salentina Vendola viene archiviato dal gip Di Paola, mentre un altro gip, De Benedictis, appunto, ritie­ne sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. I dubbi, dunque, non sono solo di Tede­sco. Che ora, sulla graticola, si mostra più che mai insofferente per le prese di distan­za dei suoi «ex» amici. Non solo Vendola, appunto, ma anche Michele Emiliano, sin­daco di Bari e, secondo quanto disse Ven­dola nel suo interrogatorio con i pm, gran­de sponsor e «blindatore» di Tedesco come responsabile della Sanità pugliese, alla fac­cia del conflitto d’interesse (i figli del sena­tore sono, da sempre, molto attivi nel busi­ness delle protesi).

Ed ecco dunque Tedesco partire all’attac­co, intervistato dal Tg1. «Quanto a Nichi Vendola- scandisce il politico appena auto­sospeso dal Pd- i miei rapporti si sono inter­ro­tti improvvisamente il giorno dopo la rie­lezione di Vendola a governatore della Pu­glia, dopo che ho fatto per la seconda volta la campagna elettorale per lui, esprimen­domi a suo favore, anche interloquendo di­rettamente con il presidente D’Alema che non era convinto di questa ricandidatura». La storia è nota:il Pd non vorrebbe accredi­­tare l’ascesa politica di Vendola, spinto dal­la base nonostante i disastri sanitari del suo primo quadriennio da governatore. Te­desco, che a febbraio s’era fatto da parte do­po aver saputo che era indagato, dice di es­sersi speso per il «suo» presidente. Che og­gi gli volta le spalle. Come pure Emiliano. I due? Per Tedesco «Sono due facce della stessa medaglia. Ti blandiscono, ti inseguo­no quando puoi essere utile a una causa, e naturalmente poi ti scaricano immediata­mente ». Ogni riferimento ai distinguo del­l’ultim’ora, e all’atteggiamento ondivago del Pd sulla posizione da prendere per l’ar­­resto, non sono nient’affatto casuali. Invece di difendersi dalle accuse di aver costruito un sistema di malaffare nel settore di riferimento del suo assessorato, Tedesco sfrutta le telecamere del telegiornale di Min­zolini per togliersi i proverbiali sassolini dal­le scarpe, e per lanciarli contro gli ex alleati. Un messaggio, forse, diretto anche ai vertici del Pd (e più precisamente a D’Alema) che appaiono in imbarazzo sulla posizione da prendere sulla richiesta d’arresto per il sena­tore. Baffino, finora, sulla scottante storia pugliese ha solo cercato di salvare se stesso, prendendo le distanze dall’imprenditore Tarantini, quello che portava escort al vice di Vendola, Frisullo, e a palazzo Grazioli (ri­cordate la D’Addario?). E tacendo su Tede­sco, che pure era un suo fedelissimo. Ora, sull’onda giustizialista di Ruby,il partito de­mocratico sembra essere tornato quello dei tempi dell’ex governatore Ottaviano Del Turco, ammanettato e scaricato politica­mente prim’ancora che quell’inchiesta sul­la malasanità abruzzese evidenziasse ag­ghiaccianti anomalie. Sull’arresto del suo senatore il Pd non sa davvero che pesci pren­dere. E quel «messaggio» in codice al Tg1 complica maledettamente le cose. Fonte: Il Giornale, 4 marzo 2011

LO SCANDALO DELLA SANITA’ IN PUGLIA: VENDOLA VIENE PROSCIOLTO MA I GIUDICI SI SPACCANO

Pubblicato il 26 febbraio, 2011 in Giustizia, Il territorio | No Comments »

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Coincidenze. Con una tempistica calibrata al millesimo di secondo, ieri il gip barese Sergio Di Paola ha accolto la richiesta di archiviazione per il governatore pugliese Nichi Vendola, che era indagato – come anche il suo capo di Gabinetto Francesco Manna – per concussione in concorso per alcune nomine di direttori di Asl pugliesi. Coincidenze provvidenziali. Eppure la decisione del gip si è fatta attendere un bel po’, visto che la richiesta della procura porta la data del 26 marzo 2010. Ed è arrivata proprio ieri, coincidenza, a ruota dell’ordinanza con la quale un altro gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, ha accolto parzialmente la richiesta della procura di custodia cautelare in carcere per il senatore del Pd ed ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco (l’ordinanza è già a Palazzo Madama), per il suo braccio destro Mario Malcangi (arrestato due giorni fa), per il caposcorta di Vendola e per tre tra imprenditori e manager sanitari, spediti ai domiciliari.

La curiosa conseguenza temporale delle due decisioni colpisce proprio perché, nell’ordinanza con cui si chiede l’arresto di Tedesco, il gip De Benedictis non riserva giudizi lusinghieri nemmeno per i vertici dell’amministrazione regionale. E rimarca, soprattutto, come per lo stesso episodio per cui i pm avevano chiesto l’archiviazione per il governatore, ora i sostituti baresi chiedevano l’arresto di Tedesco i domiciliari per il dirigente sanitario Guido Scoditti (tornato ieri in libertà). Strana incongruenza che suona come una stoccata ai pm, come un colpo per Vendola, ma anche come una sorta di rottura interna al palazzo di giustizia di Bari. Crepa resa più evidente dall’accoglimento immediatamente successivo, da parte dell’altro gip, di quella richiesta di archiviazione, decisione che invece sposa la tesi «difensivista» dei magistrati, accogliendo l’assenza di «fatti penalmente rilevanti» non solo per Vendola e per il suo capo di gabinetto, ma persino per Tedesco, proprio esaminando un episodio per il quale il gip De Benedictis, invece, ritiene evidenti e gravi gli indizi di colpevolezza per Tedesco, anche se stavolta non per concussione ma per abuso d’ufficio (reato che non giustifica, annota il gip, l’arresto). Insomma, sullo stesso fatto prima i pm – e poi i due gip – hanno dato letture diverse a seconda degli indagati e dei reati contestati.

Al di là dell’apparente schizofrenia giudiziaria, ieri Vendola ha incassato con sollevata soddisfazione la sua archiviazione, distribuendo in conferenza stampa copie fresche di stampa della decisione, prendendo le distanze dal suo ex assessore Tedesco che pure fu lui a nominare e a difendere a spada tratta persino quando il conflitto d’interessi del responsabile della sanità pugliese, i cui figli lavorano nel settore delle protesi, era di pubblico dominio. Chiusa la parentesi giudiziaria, Nichi non si fa carico nemmeno delle responsabilità politiche per quello che il gip definisce «un consolidato sistema di malaffare incancrenito nel “sottosistema” della sanità regionale». Lui era il presidente della Giunta, ma l’unico errore che ammette «è di non aver avviato un rinnovamento più radicale».

Eppure, se non penalmente rilevante, l’operato del governatore viene stigmatizzato proprio nell’ordinanza d’arresto per Tedesco. Lì Vendola viene citato più volte, come si diceva, nel capo d’imputazione di Tedesco sulla cui valutazione giuridica pm e gip baresi sembrano non avere le stesse convinzioni. Ossia sulla sostituzione, del 2008, di un direttore sanitario (Franco Sanapo) sgradito all’ex assessore, con uno (Umberto Caracciolo) a lui più gradito, alla Asl di Lecce. Il gip scrive, per esempio, che «questa volontà del Tedesco emerge anzitutto dalla conversazione del 5 agosto 2008 in cui Tedesco parlava di tale suo pio desiderio con il capo di gabinetto del governatore Vendola, ricevendo l’approvazione del Manna (che, evidentemente, non poteva dargliela a titolo esclusivamente personale) a bloccare illegittimamente in regime di prorogatio a Nardò il Sanapo». E più avanti, ancora, il giudice riserva un’altra stoccata a Nichi, commentando un’altra conversazione tra l’ex assessore Tedesco e il capo di gabinetto di Vendola, incentrata su nomi e nomine. Un’intercettazione che, secondo il gip, «costituisce un dato irrecusabile circa la consapevolezza dei responsabili politici – di tutti i responsabili politici – di operare per fini di spartizione politica e/o correntizia». Un sistema, si legge ancora nell’ordinanza, che «non risulta circoscritto a singoli esponenti della maggioranza di centrosinistra ma assurge a logica di strategia politica, al fine di acquisire consenso e rendere stabile la maggioranza di governo». E nel caso di questa sostituzione alla Asl Tedesco, secondo la procura, «curava i suoi interessi personali e economici», mentre Vendola aderiva ai desiderata del suo assessore per «criteri di spoil system». Criteri legittimi ma, secondo il gip, «del tutto avulsi da esigenze di corretta gestione amministrativa dell’Asl di Lecce», come proverebbe una intercettazione tra il presidente e l’assessore, in cui Vendola spiega: «Hai presente che a noi quelli ci hanno chiesto quattro cose tra cui anche Lecce, uno loro al posto di Sanapo». Vendola ieri ha rivendicato la decisione di rimuovere il manager, negando però moventi di bassa politica. Cosa che aveva fatto anche a luglio 2009, quando venne interrogato dal pm Digeronimo, sostenendo – scrive il gip «contrariamente a quanto emerso dalle intercettazioni che non vi era stata alcuna intromissione del Tedesco». Dichiarazioni che il giudice ribadisce, poi, essere «inverosimili». Fonte: IL GIORNALE, 26 FEBBRAIO 2011

PUGLIA, SCANDALO SANITA’: TRUFFE, TEGLI E SPRECHI, SGOMINATA BANDA DEL PD

Pubblicato il 25 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia, Il territorio | No Comments »

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Manette a chi ha allungato le mani sul business-sanità. L’indecorosa fine del «sistema Pd» in Puglia, ma anche una brutale censura per tutto il centrosinistra nella regione pugliese, sono sancite dal gip di Bari. Che ieri ha chiesto l’arresto dell’ex assessore regionale alla sanità, Alberto Tedesco, subito promosso senatore del Partito democratico ai primi sentori di una rovinosa inchiesta in suo danno. E in danno del suo partito, oltre che dell’ex capo di gabinetto, Mario Malcangi, del direttore generale della Asl di Lecce e di imprenditori vari, spediti ai domiciliari a margine di un procedimento sulla malagestione della sanità (nomine di manager, appalti, concorsi, appoggi elettorali, etc) ricco di intercettazioni e approfondimenti anche nei confronti dell’attività del sindaco di Bari Michele Emiliano e del governatore («inindagabile» per sua stessa definizione, eppure ancora indagato nonostante la richiesta di archiviazione della procura) Nichi Vendola, il cui poliziotto caposcorta è finito ai domiciliari.

Le misure di custodia cautelare potevano essere molte di più, ma il gip Giuseppe De Benedictis ha rigettato una quindicina di richieste cautelari avanzate dai pm Desirée Di Geronimo, Marcello Quercia e Francesco Bretone. Le accuse di questo nuovo tsunami giudiziario, parallelo al filone intrapreso intercettando Giampaolo Tarantini (quello del caso D’Addario), «già in rapporti di partnership con Giuseppe Tedesco, figlio di Alberto» vanno dalla turbativa d’asta alla corruzione, dalla concussione all’abuso d’ufficio, fino alla frode in pubbliche forniture. Tra gli indagati anche il genero di Tedesco, Elio Rubino, e il capogruppo regionale del Pd Antonio Decaro, accusato d’aver «interferito presso Tedesco al fine di ottenere il suo autorevole intervento al fine di aiutare un candidato che si era presentato al concorso» all’Arpa. E anche se il gip ha «tagliato» il reato dell’associazione per delinquere, lo ha fatto in modo poco lusinghiero, confermando che l’indagine «ha portato alla luce l’esistenza di un collaudato sistema criminale, stabilmente radicato nei vertici politico-amministrativi della Sanità regionale. Un sistema incentrato su logiche affaristiche e clientelari».
EMILIANO E IL «SOTTOSISTEMA» Il gip rimarca «l’importanza strategica duplice (sia economica che politica)» dell’assessorato di Tedesco, utilizzando una telefonata tra lo stesso ex assessore e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, all’epoca segretario regionale del Pd. I due, nel 2008, parlano delle voci che indicavano un cambio in vista, con la nomina da parte di Vendola del manager Lea Cosentino (indagata in un altro procedimento) al posto di Tedesco, e intravedono un tentativo di sottrarre al Pd quel posto strategico. Tedesco: «No questa cosa lui (Vendola, ndr) se l’è completamente rimangiata». Emiliano: «Ma niente! Secondo me questa è un’operazione tutta politica, perché lui dice io, in questa maniera mi impadronisco del sottosistema e, ovviamente, nelle prossime elezioni, l’assessorato anziché stare in mano al Pd sta in mano a me».
CONFLITTO «NOTO AI VERTICI»
Tedesco venne «processato» dall’opposizione in un consiglio regionale incentrato sul suo conflitto d’interessi, ma Vendola lo confermò comunque nell’incarico. Eppure, scrive il gip, «gli interessi personali e familiari del Tedesco nel settore della sanità pubblica erano ben conosciuti dagli stessi vertici della regione Puglia che non erano tuttavia mai intervenuti per recidere tali cointeressenze». Solo con l’interrogazione, ironizza il gip, i «vertici» «improvvisamente» si «rendevano conto» di tale «incredibile situazione». Ipotizzando di sostituire l’assessore con un’altra persona «peraltro scelta esclusivamente in base alla sua fedeltà nei confronti del governatore». I DUE PESI DEL GOVERNATORE Vendola dovrebbe leggersi la nota del gip (pagina 128). Lì, relativamente alla sostituzione del direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, voluta da Tedesco tramite appunto il direttore generale Scoditti e con il placet di Vendola, il giudice ricorda che il governatore per quell’episodio è stato indagato, e che la procura ne ha chiesto l’archiviazione (allo stato, dopo mesi, non ancora concessa da un altro gip) ritenendo quella rimozione «illegittima ma non criminosa». Ma il gip rimarca come alla luce proprio della richiesta (tradotta in ordinanza per gli altri) suoi coindagati, «una medesima condotta di più persone è stata valutata in modo diametralmente opposto sulla base di una valutazione psicologica diversa operata dalla procura».
NICHI «AD PERSONAM»Un’intercettazione tra Vendola e Tedesco, insiste il gip, sottolinea «la prassi politica dello spoil system che era di fatto talmente imperante nella sanità regionale da indurre il governatore Vendola, pur di sostenere alla nomina di direttore generale un suo protetto, addirittura a pretendere il cambiamento della legge per superare con una nuova legge ad usum delphini, gli ostacoli che la norma frapponeva alla nomina». Tedesco:«Quello non ha i requisiti (…)». Vendola: «Oh madonna santa, porca miseria, la legge non la possiamo modificare?».
IL PIZZINO PER IL CONCORSO Nel favorire per un concorso all’Arpa il candidato legato al consigliere Pd Decaro, Tedesco si autodefinisce «uomo dei pizzini», parla col presidente della commissione esaminatrice dell’Arpa, Marco De Nicolò, e gli consegna un biglietto col nome del candidato, Sabino Annoscia. Una microspia registra: Tedesco: «Sono diventato l’uomo dei pizzini». De Nicolò: «Mi hai portato… ah, i pizzini, ah». T: «Sì, siccome al telefono nessuno vuole parlare più (…) poi leggiti con calma questa cosa». Più avanti, ancora Tedesco implorerà il direttore per far vincere il candidato, che aveva ottenuto un punteggio basso alla prima prova. Alle rimostranze di De Nicolò («Ci vuole un miracolo») Tedesco taglia corto: «Bisogna farlo (…) trova la maniera, ti prego».
IL SENATORE E LA FAMIGLIA
Il gip è certo: anche se Tedesco non è più assessore, quale senatore, può a tutt’oggi esercitare sul tessuto politico e amministrativo, sia a livello locale che nazionale, le medesime condotte illecite realizzate nel tempo in cui era ai vertici della sanità regionale». Rapporti stabili con politici locali, imprenditori della sanità, funzionari Asl. Da oggi Tedesco può esercitare ancora meglio il suo potere locale «forte del prestigio munus publicum di senatore», carica «idonea a garantire, in via strumentale, la prosecuzione degli affari illeciti nel campo delle gestione sanitaria da parte del gruppo di potere». C’è poi la circostanza definita «dirimente» dal gip «che i figli e altri congiunti del senatore Tedesco erano e sono tuttora imprenditori nel mondo della sanità regionale, per cui basterebbe solo questo elemento a dimostrare, oggi, il persistente interesse dell’indagato alle vicende vitali di questo vitale settore». Fonte:Il Giornale, 25 febbraio 2011

INCHIESTA SANITA’ IN PUGLIA: ARRESTATO UN UOMO DELLA SCORTA DI VENDOLA

Pubblicato il 24 febbraio, 2011 in Giustizia, Il territorio | No Comments »

Chiesto il carcere per Tedesco, ex assessore regionale

Arresti sono stati eseguiti stamani nell’ambito di una delle inchieste sulla gestione della sanità in Puglia. Oltre alla richiesta d’arresto in carcere emessa nei confronti del senatore del Pd, Alberto Tedesco, ex assessore regionale alla Sanità della Puglia, in carcere su disposizione della magistratura barese è finito Mario Malcangi collaboratore di Tedesco. A quanto si è appreso, altre quattro persone sono finite agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta, tra cui un componente della scorta del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.

ANCHE DG ASL LECCE E IMPRENDITORI - Gli arresti eseguiti dai carabinieri rientrano – a quanto si è saputo – in una indagine della procura sulle nomine di medici e dirigenti Asl. Oltre all’arresto in carcere per Mario Malcangi, di 52 anni di Corato, capo, all’epoca dei fatti, della segreteria politica di Alberto Tedesco, sono stati disposti gli arresti domiciliari per Paolo Albanese, di 51 anni, di Terlizzi (Bari), componente della scorta del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Arresti domiciliari, inoltre, per Guido Scodizzi, di 68 anni, di Lecce, direttore generale della Asl salentina. Gli arresti domiciliari sono stati decisi inoltre anche per gli imprenditori di Bisceglie Digo Rana, di 52 anni e Giovanni Garofoli, di 66 anni. Misure interdittive, inoltre, sono state disposte per Alessandro Calasso, di 63 anni, di Bari, direttore sanitario della Asl barese e Antonio Acquaviva di 55 anni, medico oculista, la cui nomina al’ospedale di Terlizzi, secondo l’accusa, sarebbe stata favorita da Alberto Tedesco. Gli arrestati e Alberto Tedesco la cui richiesta di arresto dovrà essere esaminata ora dalla giunta alle autorizzazioni a procedere del Senato, sono indagati a vario titolo per concussione, corruzione e frode in pubbliche forniture. Fonte: ANSA, 24 febbraio 2011

POVERO FASANO: RIMOSSO E UMILIATO….(CIASCUNO HA QUEL CHE SI MERITA)

Pubblicato il 23 febbraio, 2011 in Il territorio, Notizie locali | No Comments »


La sfolgorante carriera politica di Fasano n.2 : da vicesindaco (nella foto in corteo  alla “festa grande” del 1991) a ruota di scorta di improbabili geni.

“Cornuto e mazziato” è il proverbio che meglio può raffigurare ciò che è successo al povero Giambattista Fasano (Giamby per gli amici) che da vicesindaco è stato retrocesso a soldato semplice, avendo ceduto posto e passo, ad un altro,  dotato, dicono,  di spiccate, ancorchè sconosciute (chissà per quanto),   qualità private e pubbliche.

I rumori  si sentivano in giro da una quindicina di giorni, ma da stamattina sono diventati colpi di cannone.

Toritto ha una nuova (si fa per dire ) giunta comunale, nominata dal sindaco Geronimo dopo aver revocato la precedente nella logica della rotazione…. allo scopo di mantenere  alto (sic) il livello di buona amministrazione” si legge nel decreto  n. 1 del 21 febbraio 2011 con cui il sindaco, senza tanti complimenti,  ha buttato fuori dalla giunta Fasano, unico, in verità,   che risulta  essere stato “rotato” ( o matato?!), visto che tutti gli altri assessori sono stati confermati( o richiamati in servizio come il Geronimo Filippo che si è ripreso il posto che provvisoriamente aveva affidato ad una sua sostituta esterna).

Povero Fasano! Poco meno di due mesi fa si era dimesso,  ufficialmente disgustato ( a sentir lui) dalla “mancanza di rispetto”  nei confronti della sua famiglia da parte di altri componenti della maggioranza. Dimissioni che lo stesso Fasano aveva definito “irrevocabili”, dichiarando, a destra e a manca, più a destra che a manca, di essere pentito di essersi schierato  nel 2009 con quelli  che pensava fossero il “meno peggio” (leggi Geronimo) rispetto a quelli  che considerava il “peggio del peggio(leggi Gagliardi), ovviamente attribuendosi il ruolo di supremo giudice degli altri, lui,  che in materia di comportamenti politici,  e non solo,  ha molto da imparare e poco da insegnare  e soprattutto  non risulta che abbia  mai dato prova di essere migliore degli altri  ( e per decenza non scendiamo nei particolari che farebbero arrossire anche un toro!).

Poco meno di un mese fa,  però, colpo di scena.

La Gazzetta annuncia che “il vice sindaco non lascia” , registrando prima la dichiarazione di Geronimo  che si dice “soddisfatto del chiarimento intervenuto e per la piena solidarietà espressa dalla maggioranza a Fasano per gli attacchi verbali ricevuti” e  poi la poetica dichiarazione di Fasano che dice, sento il dovere se non l’obbligo di ritirare le dimissioni perché momenti come questi (gli insulti alla memoria del padre?!) servono per rinsaldare i rapporti di amicizia….. Contento lui….

Insomma, poco meno di un mese fa,  tutto sembrava essersi concluso a tarallucci e vino, con il Giamby che  si riprendeva il suo posto di vicesindaco e il suo bravo stipendio di 1300 euro al mese su cui non sputa nessuno, soprattutto  chi fa fatica a pagare un caffè che sia uno.

Invece, da stamattina, e sono passate si e no due settimane dal comunicato della Gazzetta,  il povero Giamby risulta essere stato, lui  e lui solo,  rimosso (cacciato?!) e per di più umiliato, visto che non  gli è stato consentito di rassegnare le dimissioni per salvare la faccia, è stato ridotto a rango di comparsa, dopo aver dato il contributo decisivo alla riconferma di Geronimo, e  infine è da oggi costretto a reggere il moccolo sia a chi, secondo quanto da lui stesso raccontato, avrebbe “mancato di rispetto” alla sua famiglia,  sia agli altri  che nella maggioranza hanno fatto finta di sostenerlo e poi si sono defilati, preferendo rimanere coperti, piuttosto che correre il rischio di fare la stessa fine di Fasano, visto che nel frattempo si sono rincorse voci di lanzichenecchi pronti a farsi avanti per entrare nella maggioranza  eventualmente a corto di numeri.

Chiunque, al posto di Fasano, avrebbe dato  le dimissioni anche da consigliere comunale  prima che fosse stato reso pubblico l’umiliante  decreto sindacale, ma anche per far questo ci vuole stomaco e coraggio. E stima di sé. g.

PM COLPEVOLI PERCHE’ NON INCASTRANO BERLUSCONI

Pubblicato il 6 febbraio, 2011 in Costume, Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

L’intervista di Emiliano, sindaco di Bari, alle Invasioni Barbariche commentata sul filo dell’ironia e del sarcasmo da Filippo FACCI sulle pegine di LIBERO.

L’ex magistrato Michele Emiliano è il sindaco di Bari e viene descritto come un uomo savio e addirittura filo-berlusconiano, uno che peraltro tende a rifuggire le interviste. Diciamo pure che possiamo smentire tutto quanto, vista l’intervista che ha rilasciato venerdì sera alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, su La7. È durata venti minuti, ma a noi interessa soltanto un passaggio. Vediamolo. A un certo punto la conduttrice gli chiede se la magistratura in Italia non abbia qualche colpa, ed eventualmente, accennando a Berlusconi, di fare un’autocritica togata. Ecco la sua risposta testuale: «Credo che tutti i magistrati che fanno molti processi e non arrivano a una condanna vera, alla fine, rischiano di consumare il potere che devono amministrare, nel senso che la reiterazione impotente dell’azione penale nei confronti di Berlusconi ora viene utilizzata da Berlusconi come un’arma contro la magistratura stessa».


L’USCITA DELL’EX PM

E fin qui potrebbe non fare una piega. Ha detto che la magistratura, se indaga per 17 anni su un singolo cittadino e alla fine non cava un ragno dal buco, finisce per delegittimarsi da sola e per offrire ottimi pretesti alle reazioni di questo cittadino. Oddio, nel fatto che Berlusconi  «utilizzi» gli errori della magistratura «come un’arma» il sindaco Emiliano tradisce quasi un fastidio, come se la reazione pubblica di un uomo pubblico fosse un’opzione che si potrebbe anche non esercitare, standosene buoni per 17 anni ad aspettare che le toghe di tutto un Paese finiscano di fare i loro comodi. Ma non sottilizziamo. Prosegue Emiliano: «Ricordo i tempi in cui questo accadeva per la mafia; noi facevamo i processi [...] e poi c’era sempre qualcuno, qualche avvocato, qualche politico che riusciva a infilarsi in meccanismi che portavano a drammi. Ieri abbiamo intestato una strada a Bari ad Antonino Scopelliti, il procuratore generale che doveva reggere l’accusa in Cassazione contro per il maxiprocesso di Palermo: quest’uomo fu ucciso perché in quella sezione della Cassazione ne succedevano di tutti i colori». Ecco, qui il ragionamento comincia a farne parecchie, di pieghe. Emiliano, per farsi capire meglio, paragona Berlusconi alla mafia: perché pure con la mafia  si tentarono processi che poi non arrivarono in fondo. Cioè: Berlusconi non è un cittadino innocente sino a prova contraria, peraltro incensurato a dispetto di un numero impressionante di procedimenti: è un colpevole non ancora scoperto, e comunque è sicuramente un male, tipo Cosa Nostra, di cui è difettata la cura. Mentalità molto interessante, quella di Emiliano, considerata la sua precedente professione.  Dopodiché il sindaco di Bari passa a fare l’esempio del magistrato Antonino Scopelliti che fu trucidato con un calibro 12 caricato a pallettoni, fa cioè una presuntissima analogia con ciò che per 17 anni è sempre riuscito a scongiurare le condanne di Berlusconi, tipo, chessò, il suo diritto di difesa. Ma vediamo la conclusione di Emiliano: «Quindi», dice, «se una critica io ho da fare alla magistratura, è quella di non essere stata sempre compatta – in passato per i magistrati per bene è stata dura, durissima – e soprattutto di non avere considerato che, nel reiterare qualche volta anche in maniera a volte un po’ troppo isterica le azioni penali nei confronti di Berlusconi, in definitiva finivano per favorirlo.

LA VECCHIA REGOLA

Questa è una vecchissima regola: quando fai un processo a qualcuno devi essere in grado di arrivare alla fine, sennò il tuo avversario esce rafforzato dal tuo fallimento».  Cioè: il problema è che la magistratura anti-berlusconiana – che è per bene – non è stata sufficientemente unita e compatta, non che ciascuno degli innumerevoli procedimenti a carico del Cavaliere – peraltro concentrati, spesso, in procure che erano sempre le stesse e che erano compattissime – evidentemente non stavano in piedi. Il problema insomma è che Berlusconi ha resistito, lo hanno lasciato respirare e riprendersi, non che talvolta potesse aver ragione. È come per un muro che non si è riusciti a sfondare, perché le forze non erano concentrate, concordi: ecco, Berlusconi era quel muro, se non lo butti giù rischi solo che qualche mattone ti precipiti sul cranio. Servono commenti? No, resta solo un dilemma: se sia più disperante che un uomo come Michele Emiliano sia diventato un politico o se sia più rinfrancante che non sia più un magistrato. Filippo Facci, Libero, 6 febbraio 2011

……………..Forse sarebbe stato meglio che non avesse fatto nè l’uno nè l’altro.

DOMENICA A BARI LA COMMEMORAZIONE DI PINUCCIO TATARELLA

Pubblicato il 3 febbraio, 2011 in Il territorio | No Comments »

Domenica mattina, 6 febbraio,  con inizio alle ore 10, presso il Terminal Crociere del Porto di Bari,  avrà luogo la commemorazione di Pinuccio TATARELLA, scomparso 12 anni fa, l’8 febbraio del 1999. Alla cerimonia cui presenzierà la vedova prof.ssa Angiola Filipponio Tatarella, interverranno il sen. Maurizio GASPARRI, presidente dei senatori del PDL, l’on. Ignazio LA RUSSA, ministro della Difesa e coordinatore nazionale del PDL, e il sen. Francesco AMORUSO, coordiantore regionale del PDL.

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