Archivio per la categoria ‘Il territorio’

LA PERQUISIZIONE NELLA SEDE DE IL GIORNALE: INQUALIFICABILE

Pubblicato il 7 ottobre, 2010 in Il territorio | No Comments »

E così che viene definita  dal PDL l’incredibile iniziativa della Procura di Napoli il cui capo intanto è stato già querelato da Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, per diffamazione a causa delle dichiarazioni rese da quest’utlimo al sito del Corriere della Sera.

Ecco intanto le dichiarazioni dei dirigebnti del PDL. “Vediamo che la procura di Napoli sta dando il suo contributo alla libertà di stampa perquisendo il Giornale e alcuni giornalisti”. Lo dice il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto. “Siamo molto curiosi di vedere le reazioni di coloro che sono mobilitati per il disegno di legge sulle intercettazioni. Siamo ancor più curiosi di capire le ragioni e le conseguenze di una iniziativa che ha aspetti devastanti” conclude. “Leggo esterrefatto – fa eco il presidente dei senatori, Maurizio Gasparri – le notizie che riguardano la perquisizione nella sede del Giornale. Avendo personalmente avuto alcune querele, risparmio aggettivi. Ma mi auguro che chi dice di difendere la libertà dell’informazione, come noi abbiamo sempre fatto, faccia sentire forte la sua voce di fronte ad un atto inqualificabile”. “Chi è in odore di berlusconismo – chiosa il portavoce del partito, Daniele Capezzone – in Italia rischia. Esprimo totale solidarietà a Alessandro Sallusti e a Nicola Porro, oltre che a Vittorio Feltri e a Il Giornale. Ma esprimo anche solidarietà a noi stessi, a tutti i cittadini, ad un’Italia in cui chi è ‘in odore di berlusconismo’ è per ciò stesso esposto a rischi di ogni tipo. Delle due l’una: se fai parte degli odiatori politici e giornalistici di Berlusconi, puoi fare di tutto; se invece stai, a qualunque titolo, nell’area politico-culturale vicina al Pdl, o comunque se non partecipi a forsennate campagne contro il premier, sei un soggetto sgradito alle oligarchie, all’establishment italiano, con tutte le conseguenze e i pericoli del caso. Dove sono quelli della libertà di stampa? Dove sono i lottatori in servizio permanente effettivo per la libera informazione?”. ”
Dall’evocazione di una fantomatica ’spectre’ popolata da barbe finte infedeli e agenti deviati siamo passati direttamente alla perquisizione preventiva: neanche gli apparati di regime arrivavano a tanto”, dice Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato. “La sensazione, ogni giorno più forte – prosegue l’esponente del Pdl -, è che tra l’esercizio della libertà di stampa e l’accusa di dossieraggio vi sia in Italia un confine mobile che varia a seconda dell’area politico-culturale di riferimento del giornalista. Eroico cacciatore di scoop e podista dell’informazione indipendente, se pur di abbattere Berlusconi invade e travolge la vita delle persone fin nella sfera più intima; infame mestatore e ’servo del padrone’ in caso contrario. Tutto questo è molto preoccupante, e dovrebbe turbare innanzi tutto gli indignati speciali in servizio permanente effettivo. Al Giornale – conclude Quagliariello – piena solidarietà“.

Sin qui le critiche, fondatissime del PDL; intanto non è ancora nota alcuna dichiarazione del presidente della Camera, l’onniparlante grilino che in materia di libertà di stampa si è sempre dichiarato un campionissimo, alla Fausto Coppi. Intanto si apprende che i PM di Napoli nel loro decreto di perquisizione hanno “spiegato”  in che cosa deve consistire l’attività giornalistica: i giornalisti secondo i pm che ormai si sentono un pò più su di Dio, possono   (bontà loro )criticare  ma non possono “coartare ” i comportamenti altrui. Che cosa significhi “coartare” gli altrui comportamenti non la hanno spiegato, forse perchè si sono presi tempo per farlo. Magari prendendo spunto dal più famoso dei casi di coartazione da parte  della stampa, quella americana,  che andando a rovistare nei cestini delle scrivanie e andando a guardare dai buchi della serratura anche dei bagni pubblici della capitale americana trovarono i documenti che costrinsero Nixon a dimettersi dalla carica di uomo più potente del  mondo. Ma si sa, quando di mezzo ci sono i pm italiani, anche le cose più ovvie prendono la via della galera, pardon del cielo…

CHI SARA’ IL SUCCESSORE ALLA CAMERA, di Mario Sechi

Pubblicato il 4 ottobre, 2010 in Il territorio | No Comments »

La Camera dei Deputati La presidenza della Camera sarà il crocevia della legislatura. Qualsiasi scenario non può prescindere da questa casella istituzionale. O in piena crisi di governo (e probabili elezioni) o con la maggioranza in sella, quello di Montecitorio è il quadrante da tenere d’occhio. L’annuncio di Gianfranco Fini di passare dal gruppo al partito, dal movimento di truppe parlamentari al gioco duro sul territorio ha una conseguenza che il leader di Futuro e Libertà non ha ancora maturato del tutto, ma presto o tardi dovrà affrontare: le sue dimissioni. Domanda semplice che nessuno finora s’è posto: se Fini lascia, chi andrà a Montecitorio? Non stiamo trattando di una posizione qualsiasi, ma della terza carica dello Stato, figura che insieme alla Presidenza della Repubblica e a quella del Senato fa parte del «triangolo istituzionale» che fa (e disfa) l’agenda istituzionale.
Fini è un leader che sa benissimo di non poter a reggere a lungo la situazione così com’è: non si può essere contemporaneamente capo di un partito nascente, uomo “terzo” in un ramo del Parlamento e antagonista di Berlusconi sullo stesso terreno elettorale. La sua decisione di lasciare prima o poi arriverà e il centrodestra non deve farsi trovare impreparato di fronte al risiko politico che ne scaturirà. Silvio Berlusconi ieri a Milano ha parlato chiaro: fuori da questa maggioranza ci sono le elezioni. Detto questo, un leader che studia le mosse sulla scacchiera deve preparare il terreno politico su un doppio registro: quello della chiamata al voto e della battaglia fino all’ultimo consenso e quello del governo che si mette alla prova giorno dopo giorno. Se la casella di Montecitorio si libera, Berlusconi avrà sulla sua scrivania un paio di opzioni. Quali? La prassi consolidata finora nell’era del bipolarismo prevede che le presidenze delle Camere siano affidate alla maggioranza. Questa consuetudine è stata praticata dalla destra e dalla sinistra e nessuno ha avuto da obiettare. Lo scenario attuale però potrebbe suggerire anche altre soluzioni. Non un ritorno al passato, ma uno scenario mobile in cui, giocando di fantasia, quell’allargamento della maggioranza finora fallito potrebbe perfino riuscire oppure aprire un’altra fase della legislatura. Sul tavolo c’è anche la possibilità di riaprire la partita delle riforme e puntare dritti alle elezioni del 2013 con una serie di fatti concreti da presentare agli elettori. Quest’ultimo scenario converrebbe sia alla destra che alla sinistra. Ma andiamo con ordine. La domanda “chi verrà dopo Fini?” non ha una risposta univoca. Le figure che possono correre per quella carica sono tante, ma la premessa è che dietro ci deve essere un progetto politico coerente.
Faccio una serie di nomi che sono plausibili, ma soprattutto rappresentano la metafora di una situazione politica. La carta d’identità potrebbe cambiare, ma lo scenario sarebbe simile anche cambiando la figurina nell’album politico. Ne prendiamo tre dal mazzo, tutti buoni: Maurizio Lupi, Pier Ferdinando Casini e Massimo D’Alema. Ripeto, sono dei tipi ideali, ma proprio per questo val la pena di guardarli da vicino, sono un orizzonte da osservare prima di muovere i pezzi. Maurizio Lupi, parlamentare del Pdl e attuale vicepresidente della Camera, è un politico del Nord che si è distinto per la sua competenza e tenacia. Ha un legame forte con il suo territorio, la Lombardia, è intelligente e conosce le cose del mondo terreno. È un cattolico doc, uno dei link di Comunione e Liberazione in Parlamento. Il suo settentrionalismo è un valore importante, Lupi è una pedina seria da giocare nella competizione interna con la Lega, i suoi legami con il Vaticano sono preziosi sul piano dell’impostazione culturale del Pdl e la sua linea “berlusconiana” una garanzia per il Cavaliere. Una presidenza Lupi sarebbe un segno di continuità nella prassi della maggioranza che controlla tutte le cariche fondamentali dello Stato e contemporaneamente un segnale al Carroccio di Bossi e agli elettori del Nord. Con questa scelta, a livello di equilibri e giochi parlamentari non cambierebbe granché, ma dal punto di vista del Pdl e delle sue dinamiche interne sarebbe una carta logica da giocare. Rimane un dubbio: i finiani voterebbero Lupi? La verità è che una simile soluzione può maturare solo attraverso un armistizio con Fini.

Pier Ferdinando Casini – ieri criticato da Berlusconi a Milano – rappresenta un’incompiuta della politica italiana. Leader di un piccolo partito, artefice di una linea identitaria forte nei giornali ma debole sull’elettorato, potrebbe rientrare in pista proprio nella carica che aveva occupato nel governo Berlusconi. Il suo ritorno alla presidenza della Camera sarebbe la prima mossa di un riavvicinamento al Pdl di un partito che ha difficoltà a stare sia con il centrodestra sia con il centrosinistra. Comprendo le remore di Casini a rientrare nella maggioranza dopo aver rappresentato – a torto o a ragione – una posizione d’opposizione contro il Cav, ma Casini è anche un uomo molto pragmatico e una sua collaborazione sarebbe plausibile e coerente con la natura del suo partito. Domanda: Casini si renderà disponibile ad uno schema che prevede almeno in prospettiva una politica di alleanza? Pier è disposto a mollare la sua posizione di equidistanza e i legami con la sinistra? Massimo D’Alema continua ad essere di gran lunga l’unico politico di razza tra i leader del Pd. Ha grande esperienza, il tratto giusto per essere assai poco indulgente con i compagni di partito a Montecitorio e, soprattutto, è ancora il principale azionista del Pd. Difficile che D’Alema passi come candidato di uno schieramento alternativo al centrodestra, basta guardare alle mosse dei veltroniani, ma il buon Max potrebbe essere la candidatura per le grandi riforme finora mancate.

Le tre soluzioni hanno premesse e conseguenze politiche diverse. Nel caso di Lupi siamo pienamente dentro il centrodestra così com’è dopo lo strappo di Fini; nel caso di Casini a monte sta una strategia dell’attenzione nei confronti dell’Udc; in quello di D’Alema entriamo nel solo scenario possibile di fronte a una carta così pesante, ossia quello del finale di legislatura costituente. La prima opzione (Lupi) non allarga la maggioranza, ma conferma la supremazia parlamentare del Pdl, mette un altro elemento sulla scacchiera e – in caso di assenso dei finiani – puntella la maggioranza uscita dal voto di fiducia dei giorni scorsi. La seconda scelta (Casini) è quella che riapre il dialogo con l’Udc, costruisce le basi non per un ingresso dei centristi nella maggioranza, ma per una collaborazione politica con una base concreta. La terza carta da giocare (D’Alema) è quella più fantasiosa e nello stesso tempo intrigante. Il vero leader del Pd è da tempo fuori dai grandi giochi istituzionali, ma è senza dubbio alcuno la punta di diamante dell’opposizione e – quando vuole – sa essere uomo ricco di una materia prima sempre più rara: la realpolitik. Con lui si disinnescherebbe il bing bang del Pd, si ricostruirebbe un quadro politico meno avvelenato e soprattutto si potrebbe guardare a un finale di legislatura con un tot di riforme plausibili. D’Alema sarebbe la pietra tombale per le forze antisistema che stanno ammazzando il Pd, Berlusconi avrebbe la possibilità di sottrarsi alla tenaglia dei torquemada che sognano la rivoluzione giudiziaria, la strategia dei calcioni che la terza gamba finiana ha cominciato ad assestare in queste ore con un esito che appare sempre più vicino (le elezioni) sarebbe fortemente indebolita. Sul tavolo Berlusconi presto avrà tre carte e una sola scelta. Non può lasciare che il cappello su questa partita lo mettano altri partiti. Sta giocando una mano di poker decisiva, in palio c’è il futuro del suo governo.

ALLA FESTA DEL PDL BERLUSCONI CATERPILLAR

Pubblicato il 4 ottobre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi Il messaggio è chiaro: voglio andare avanti, se altri pensano di fermarmi lo dicano subito, escano allo scoperto. Berlusconi sceglie la chiusura della festa della Libertà, a Milano, per dettare la linea e soprattutto per provare a stanare Fini e i finiani. Per far capire che di sicuro lui non resterà lì a farsi logorare, a farsi cucinare a fuoco lento. Spiega al suo popolo che i pm i soliti pm di sinistra lo vogliono fare fuori anche con interpretazioni ad personam delle leggi. E lo fa proprio mentre la discussione sul lodo Alfano in versione costituzionale, lo scudo giudiziario per il premier, sta per essere incardinato. Premette Silvio: «Andremo avanti, abbiamo il dovere di farlo per cambiare questo Paese. Neppure un passo indietro». Ma. E qui Berlusconi apre un’ampia parentesi. Ma «i giornaloni sono di sinistra». Ma molti «vogliono eliminarmi dalla vita politica, come nel ‘94». Ma lavorano per fantomatici governi tecnici «che porterebbero al comando chi ha perso le elezioni».
Ma, inoltre, «la sinistra chiede dal Parlamento, dai suoi giornali, dalla Rai che è pagata con i soldi di tutti gli italiani che al posto del governo che ha avuto il mandato dagli italiani si crei un governo tecnico che metta insieme le forze che le elezioni le hanno perse». Ma, infine, la sinistra non ha un leader «asseconda gli isterismi di Di Pietro e Vendola e fa l’occhiolino a Casini e Fini». Per mezz’ora elenca tutti i risultati del suo governo. Fatti concreti. Poi sottolinea che, a suo giudizio, ciò che è accaduto quest’estate è addirittura «incomprensibile» con la politica che ha dato di sè un’immagine «scandalosa». Ma è solo l’antipasto, il primo è un bell’attacco ai pm che culmina con la richiesta una commissione d’inchiesta «che indaghi su cosa è accaduto in questi anni», su quel «potere dentro la magistratura che ci tiene sotto scopa». Di qui la necessità di mettere mano alla riforma della giustizia. Prima di arrivarci però il Cavaliere se la prende con quello che definisce il famigerato pm De Pasquale, «lo stesso che disse a Cagliari (presidente dell’Eni nel ‘93, ndr): “non si preoccupi, domani la libero”. Poi se ne andò in vacanza e Cagliari si suicidò». Ebbene De Pasquale ha sostenuto nel processo Mills, ricostruisce Berlusconi, che il reato di corruzione non si verifica nell’atto corruttivo bensì quando i soldi cominciano ad essere spesi: così si è evitata la prescrizione per il Cavaliere. Episodio che serve al premier per affermare che «c’è un macigno, forze che usano la giustizia per eliminare dalla vita politica un protagonista che a loro non va bene, forze che hanno fatto patti con chi sta in politica garantendo protezione».
Il capo del governo sente «il dovere verso gli elettori di andare avanti con la legislatura ed il programma, con la maggioranza ancora più ampia che ha votato la fiducia alla Camera e al Senato». Tutto ciò è propedeutico per mettere nell’angolo i finiani: «Chi ha costituito un diverso gruppo ha garantito la sua lealtà e noi vogliamo credergli – spiega -. Presenteremo provvedimenti in sintonia con il programma, faremo una verifica giorno dopo giorno. Ma se questa lealtà non sarà tradotta in fatti congrui non ci metteremo un minuto per tornare al popolo italiano a chiedere di nuovo la sua fiducia». Silvio si dice sicuro di «avere ancora il 60 per cento dei consensi» e fa ironia sulla sinistra. «Nonostante questo vogliono mandarmi a casa, ma così mi mettono in imbarazzo: io ne ho venti di case, non saprei quale scegliere». Sdrammatizza la valanga di polemiche sui due video rubati e annuncia alla platea «so più di duemila storielle», si ferma un attimo e dalla platea qualcuno grida: «Raccontacene una». E lui: «Non posso raccontarvele, se no Letta si arrabbia. Ma davvero questi sono sorrisi, risate, ti puliscono la testa, sono terapeutici, non può esserci davvero nessuna intenzione cattiva…». Insomma, chi deve capire capisca.

da IL TEMPO – 4 OTTOBRE 2010

ANTIBERLUSCONISMO A MANO ARMATA, editoriale di Mario Sechi

Pubblicato il 2 ottobre, 2010 in Il territorio | No Comments »

L’altro ieri il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, è stato vittima di un tentativo di aggressione che la questura di Milano ha classificato come “tentato omicidio”. A commento dell’accaduto, gravissimo, pubblichiamo l’editoriale di questa mattina del direttore de Il Tempo, Mario Sechi, che non a caso intitola il pezzo “Antiberlusconismo a mano armata”. Perchè è evidente a tutti che l’attentato a Belpietro, uno dei pochi  giornalisti italiani schierati apertamente dalla parte del governo e del premier Berlusconi, nasce nel clima di odio e di violenza che ben individuati settori della politica e della società “incivile”hanno scatenato contro  Berlusconi e il centrodestra italiano. Di questo clima di tensione tra i protagonisti c’è il capo dell’IDV Di Pietro che durante il dibattito alla Camera sulla fiducia al governo ha usato espressioni da suburra e non da Parlamento contro Berlusconi,  il tutto nella indifferenza dei suoi compagni di cordata, il centrosinistra allargato per l’occasione all’UDC, e solo blandamente  richiamato dal presidente della Camera, il signor Fini, che doveva invece espellerlo dall’Aula e non l’ha fatto, consentendogli di insolentire il presidente del Consiglio in una Aula dove dovrebbe essere bandito il turpiloquio. Anche così si favorisce il clima di tensione che arma la mano di chi  si  affida alla violenza, un anno fa contro lo stesso Berlusocni, ora contro Belpietro. A questi esprimiamo la nostra più sincera solidarietà insieme all’augurio di continuare la buona battaglia. g.

Maurizio Belpietro, direttore di Libero Milano. Piazza Oberdan. Ore 10 del mattino. Maurizio Belpietro e il sottoscritto seduti al tavolo del solito bar per il solito caffè della mattina e il solito punto nave, poco prima della riunione di redazione a Libero. Quante volte ci siamo detti: «È un clima impossibile. Non riusciamo più a sostenere le posizioni liberali in pubblico senza essere attaccati sul piano personale, bollati come servi e esposti al primo pazzo che passa e magari ha la pistola in tasca». Ecco, quel momento tanto temuto è arrivato. Mi stupisce che sia giunto solo ora, in ritardo rispetto ai nostri ragionamenti solitari, condivisi con pochi colleghi, tutti i giorni e nel silenzio più totale dei «giornaloni» troppo impegnati a raccontare uno scenario del Paese pieno di buchi, strappi, prediche inutili e occasioni mancate. Per tutti. Ricordo come fosse oggi un idrofobo Dario Franceschini apostrofare Belpietro in diretta tv come un giornalista non degno di esprimere una sua legittima opinione perché «dipendente di Berlusconi». Ricordo come fosse oggi lo sdegno di tutti in redazione e la sensazione netta di essere di fronte a un muro di gomma, una barriera che non accoglieva alcuna ragione, alcun pensiero al di fuori di quello a una dimensione proposto, espanso, irradiato da un sistema a tenuta stagna. Ed ora eccoci qui a commentare la cronaca di una brutta nottata che non è finita in tragedia solo per un caso del destino.
Se l’Italia non prende coscienza di quel che sta accadendo molto presto ci ritroveremo a fare il necrologio di qualcuno di noi. E non ci sarà alcuna scusa, nessun «io l’avevo detto» che tenga di fronte al sangue e alla morte. Se un figuro qualsiasi arriva alla soglia della tua porta con una pistola in mano solo perché hai la colpa di sostenere idee diverse da quelle che si vorrebbero giuste, non discutibili, imperative, allora significa che questo Paese non ha capito niente del suo recente passato, significa che è malato. Se il segretario della Cisl Raffaele Bonanni viene bersagliato a colpi di lacrimogeno da una ragazzina che non paga pegno e finisce quasi per essere giustificata, se sei il Presidente del Senato e vai a parlare a un congresso di partito e finisci per beccare fischi e minacce, se sei un giornalista liberale e non puoi neanche andare al ristorante in santa pace con tua moglie, allora bisogna interrogarsi sullo stato di salute della Nazione e chiedersi seriamente dove andremo a finire di questo passo. Non è vero che siamo di fronte all’azione di cani sciolti, pazzi isolati con la pistola in mano. No, cari amici e nemici, non è questo il quadro veritiero dell’Italia.
C’è gente che si augura la morte di Belpietro e di tutti quelli che la pensano diversamente, c’è gente che mette online pagine virtuali che sostengono l’eliminazione fisica dell’avversario, c’è gente che fa manifestazioni di piazza inneggiando alla rivoluzione, alla presa del Palazzo, possibilmente con la sofferenza dell’avversario e qualche forca in bella evidenza. Posso già scrivere la sceneggiatura di questo film: sdegno, allarme, notizia in prima pagina per 48 ore, poi seguirà il silenzio di sempre, tornerà il conformismo giustificativo e assolutivo di ogni azione contro chi in fondo vuole solo esser libero di esprimere le proprie idee. Questa tragedia viene da lontano, ma possiamo anche limitare la nostra analisi temporale, non andare poi così indietro e far partire le lancette della nostra storia dal 1994, anno della discesa in campo di Silvio Berlusconi. Allora un Paese confuso e nel pieno di una finta rivoluzione giudiziaria scelse di affidare le sue sorti a un tycoon venuto da Arcore. Il copione con il finale già scritto della sinistra vincente grazie alla mano giudiziaria va a carte quarantotto. Da quel momento è scoppiato un cortocircuito che nessuno è ancora riuscito a riparare, quello tra politica e giustizia. Tutto nasce da qui. Il Paese s’è diviso tra berlusconiani e antiberlusconiani, copia dei guelfi e ghibellini, degli oriazi e curiazi, dei capitalisti e marxisti di un tempo lontanissimo che continua a deviare le coscienze. In nome dell’antiberlusconismo cieco e sordo, si sono consumate trame vergognose per la dignità di un Paese.
Gli intellettuali si sono fatti strumento di una lotta politica velenosa e bugiarda, i magistrati hanno issato la bandiera della Nuova Resistenza, gli storici indossato la divisa dei Gendarmi della Memoria raccontata mirabilmente in un libro di Giampaolo Pansa. Con lui, maestro di vita e giornalismo, negli ultimi anni mi sono ritrovato tante volte a commentare con un senso di infinita tristezza e rabbia il tema dell’odio, dell’instabilità, della minaccia costante contro chi non accetta un ordine precostituito, a senso unico, un’interpretazione ideologica fuori dalla Storia della nostra Storia. Ed ora eccoci qui, poveri illusi, a ragionare ancora su questa situazione assurda, sperando in una evoluzione e non in una ineluttabile rivoluzione e dissoluzione. La verità è che non ne usciremo neppure stavolta senza aver celebrato qualche funerale, pianto lacrime di coccodrillo e preso atto del nostro micidiale scontro di inciviltà. Non c’è bisogno di sfogliare le pagine degli Anni di Piombo per capire cosa sta succedendo. È tutto di fronte ai nostri occhi. Stiamo vivendo Giorni di Piombo, quelli dell’antiberlusconismo a mano armata. Mario Sechi.

LA CORRISPONDENZA DEGLI INVIATI DELLA “STAMPA” DA SANTA LUCIA

Pubblicato il 24 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Santa Lucia, il ministro della Giustizia
“La lettera sulle società è autentica”
La casa ex An in Boulevard Princesse Charlotte a Montecarlo

Dall’isola la conferma sulle carte che accusano il cognato di Fini.
FRANCESCO SEMPRINI, INVIATO A SANTA LUCIA

La lettera che il ministro della Giustizia di Santa Lucia ha inviato al primo ministro dell’Isola King Stephenson riguardo le società off shore che farebbero capo a Giancarlo Tulliani, il cognato di Gianfranco Fini, «è autentica».

E’ quanto ha comunicato l’attorney general dello stato caraibico Rudolph Francis nel corso di una conferenza stampa riservata esclusivamente ai giornalisti italiani. Il ministro della Giustizia ha spiegato che l’indagine preliminare sulle due società off shore (la Timara e la Primntemps) è stata aperta dopo aver preso atto del coinvolgimento dell’isola di Santa Lucia nei fatti di politica italiana.

Alla luce dell’indagine Francis ha inviato un “confidential memo” al primo ministro la cui copia è stata pubblicata da due quotidiani dominicani. Dopo aver annunciato l’avvio di un’ulteriore indagine, il ministro della Giustizia ha espresso preoccupazione per la fuga di notizie riguardo alla lettera. «Il nostro sistema di comunicazione- ha detto- ha dimostrato una chiara vulnerabilità. Chiariremo l’accaduto, in ogni caso quella lettera è autentica».

Nella lettera Francis spiegava al primo ministro Stephenson King che dietro le società off-shore che hanno comprato l’appartamento di Montecarlo ci sarebbe Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini e su quel documento si è scatenata la polemica politica, con i finiani che hanno accusato l’entourage vicino al premier Berlusconi di dossieraggio. «Dopo le conferme giunte dal Governo di Santa Lucia, se i finiani hanno senso di dignità civile e politica, devono scusarsi con tutti gli italiani oltre che con gli organi di stampa che hanno posto domande fondate e legittime, ottenendo insulti e intimidazioni. Ora è il momento delle assunzioni di responsabilità, senza ulteriori cortine fumogene», attacca subito il portavoce del Pdl Daniele Capezzone. E Chicchitto invita Fini «a fare i conti con la realtà che gli si presenta davanti».

da LA STAMPA  – 24 settembre 2010

Ma davvvero la democrazia in Italia e’ in pericolo?

Pubblicato il 24 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

La preoccupazione che in Italia sia in pericolo la democrazia è l’ultima dichiarazione, in ordine di tempo, rilasciata dall’alter ego dell’on. Fini, cioè l’on Bocchino. Poco o niente preoccupato della dimensione stratosferica della sua preoccupazione, Bocchino l’ha rilasciata subito dopo che dall’Isola di Santa Lucia, nei Caraibi, è rimbalzata la notizia che la lettera a firma del ministro della Giustizia di quella repubblica  che individua nel signor Giancarlo Tulliani  il titolare delle società off-shore a cui è stato venduto l’ormai arcinoto appartamento di Montecarlo e quindi  quale vero proprietario dell’appartamento in parola  e’ vera e vera è la firma apposta sul documento pubblicato dapprima su giornali di Santo Domingo e poi ripresi dalla quasi tutta la stampa italiana. Ieri sera Bocchino, ad Anno Zero, condotto da Santoro in versione superantiberlusconiana, in totale assenza di contradditorio ha dichiarato che quel documento è una “patacca” costruita apposta per affondare Fini ed ha indicato l’autore del malaffare in un giornalista che non era presente, non poteva difendersi, e che ha annunciato querela. La storia della patacca è andata di pari passo con l’altra, quella che voleva i servizi segreti, veri eo deviati (secondo l’altro pasaradan finiano cioè Briguglio) coinvolti nell’opera di dossieraggio contro Fini per la storiaccia di Montecarlo. I servizi segreti e la Guardia di Finanza sono intervenuti con formali dichiarazioni di smentita cui si è aggiunto un durissimo comunicato della presidenza del Consiglio che ha definito diffamatorie le accuse di dossieraggio rivolte alle istituzioni dello Stato. Nel frattempo è intervenuta la richiamata dichiarazione del ministro caraibico rilasciata non ai giornali berlusconiani ma al Fatto quotidiano, il giornale di Travaglio che pur relegando la notizia fra le riga del catenaccio e non  nel titolo in prima pagina dedicato all’affair monegasco, l’ha dovuta comunque pubblicare. A questo punto è intervenuto Bocchino con la sua esilarante  preoccupazione per la democrazia italiana che sarebbe in pericolo perchè si mette sotto pressione il presidente della Camera. Non vogliamo entrare qui nel merito della vicenda che tutti ormai conoscono. Ma ci domandaimo: perchè mai l’on. Fini non dovrebbe essere oggetto di approfondimenti giornalistici su questioni che se pure non dovessero investire aspetti penali, di certo investono aspetti etici e comportamentali? Forse che Fini è al di sopra di ogni sospetto o, peggio, al di sopra di ogni domanda? Non è mica l’unico uomo di potere che viene sottoposto alle indagini giornalistiche che non possono essere definiti dossieraggi, specie se supportati da documenti, testimonianze, dichiarazioni che sono da sempre le caratteristiche delle indagini giornalistiche. Che qualche volta colpiscono nel segno e mandano a gambe in aria anche superpotenti. Chi non ricorda, valga lui per tutti, il presidente Nixon. Se non ci fosse stata l’indagine giornalistica di due cronisti del Wasghinton Post, mai si sarebbe saputa la verità sullo scandalo Wotergate che costrinse Nixon alle dimissioni. Nixon, che era l’uomo più potente del mondo, che era stato eletto trionfalmente per la seconda volta presidente della più grande potenza del mondo. Sia chiaro, Fini non è nemmeno il dito mignolo di Nixon e di certo non ha commesso le infrazioni di Nixon ma ci sono dubbi su fatti che come abbiamo ricordato investono aspetti etici sui quali gli italiani hanno il diritto di sapere la verità. O la racconta Fini o la raccontano i giornalisti. Senza che ciò metta in pericolo la nostra democrazia, che non sarebbe in pericolo nemmeno se ci fossero centomila Bocchino in circolazione. g.

MINISTRO DELL’ISOLA DI SANTA LUCIA: VERA LA LETTERA CHE ATTRIBUISCE A TULLIANI LA PROPRIETA’ DELL’APPARTAMENTO DI MONTECARLO

Pubblicato il 24 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

ROMA  – La lettera pubblicata dal giornale dominicano El Nacional in cui si afferma che Giancarlo Tulliani – cognato di Gianfranco Fini – risulterebbe il titolare della società cui è intestato l’appartamento di Montecarlo, e che reca la fima del ministro della Giustizia dell’isola caraibica di Saint Lucia, “é vera”. La risposta ad una domanda in tal senso (‘quel documento è vero o falso?’) è venuta dallo stesso ministro Rudolph Francis, dalla Svizzera, raggiunto telefonicamente dal Fatto Quotidiano, che lo ha intervistato. “La prossima settimana – aggiunge Francis nel breve colloquio – rilasceremo un comunicato ufficiale su questa materia”. A proposito della presunta lettera con cui il ministro del Paese caraibico spiegava al suo premier che dietro le società proprietarie della casa di Montecarlo ci sarebbe stato Tulliani, il Fatto Quotidiano spiega anche di aver parlato con l’azienda che fornisce il governo dell’isola caraibica di tutti i documenti e secondo la quale l’intestazione della lettera firmata da Francis non corrisponderebbe a quella ufficiale. “Non ho memoria che ci abbiano mai chiesto di cambiare carattere. E noi non riforniamo carte intestate digitali ma solo stampate”, ha spiegato al Fatto un funzionario della stamperia.

ANSA . ORE 11,25 del 24 settembre 2010

La casa di Montecarlo si trasforma in una farsa all’italiana

Pubblicato il 22 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

La "famiglia" reale all'italiana

Servizi segreti deviati,  azione di dossieraggio contro la terza carica dello Stato, vera e propria porcata dietro la quale ci sono i servizi e…chi più ne ha, più ne metta. Sono le reazioni scomposte dei finiani e, pare,  dello stesso Fini che poi ha fatto smentire dal suo portavoce quanto attribuitogli, a proposito della notizia rimbalazata ieri a tarda sera attraverso il sito italiano Dagospia a proposito di un documento riservato datato 16 settembre 2010 a firma del ministro della Giustizia dell’Isola caraibica di Santa Lucia, diretto al premier della stessa Isola, nel quale si attribuisce la proprietà delle due società off-shore a cui è stato venduto e rivenduto l’appartamento di Montecarlo lasciato in eredità ad A.N. dalla contessa fascista Annamarai Colleoni  al signor Giancarlo Tulliani, “cognato” dell’on. Fini e meglio noto come “elisabetto”. La notizia, ripresa da Dagospia,  e il documento riprodotto in fotocopia dallo stesso sito,  sono stati pubblicati da due diffusi giornali  di Santo Domingo e poi ripresi da quasi tutta la stampa italiana, primi fra tutti, ovvimente, Il Giornale e  Libero,  i due quotidiani che hanno dato il via all’inchiesta su questa strana storia avvolta nel mistero e coperta dal segreto di pulcinella. Le reazioni dei finiani finiscono col trasformare questa brutta storia in una farsa all’italiana. Specie quella dell’on. Briguglio, sino a qualche settimana fa noto soltanto ad una ristretta cerchia di siciliani e ora balzato agli onori quotidiani della politica nazionale. Briguglio, attraversando baldazosamente il mare aperto delle sciocchezze, ha dichiarato che chiederà all’on. D’Alema (sic!), presidente del Copasir, il comitato parlamentare che si occupa di servizi segreti, e del quale fa parte lo stesso Briguglio, “di approfondire, al di là delle smentite ufficiali, sia la possibile partecipazione a questa azione di dossieragigo di pezzi di Servizi deviati, sia l’attività della nostra intelligence a tutela delle massime cariche della Repubblica rispetto a manovre messe in atto anche all’estero ai danni del presidente della Camera dei Deputati attraverso la produzione e diffusione di documentazione falsa”. Dove il falso sarebbe il documento a firma del ministro della giustizia dell’Isola di Santa Lucia  che sebbene sia un ben noto paradiso fiscale e un altrettanto ben noto paradiso di società off-shore, usate per nascondere traffici spesso poco puliti ( e Fini, quando ha autorizzato la vendita dell’appartamento di Montecarlo ad una società off-shore non lo sapeva?!) è pur sempre uno Stato di diritto  al quale ci sembra  possa essere abbastanza facile chiedere, attraverso le vie diplomatiche,   se un documento sia pure riseervato, scritto su carta intestata e firmato da un autorevole membro del governo, sia un falso oppure no. Perchè, il problema è solo questo. Se il documento,  pubblicato non Italia ma all’estero,  da giornali che non sono di proprietà di Berlusconi e che reca l’intestazione del governo legittimo di uno Stato libero e la firma di un autorevole membro di quel governo,  è vero o falso.  Perchè scomodare i  soliti  servizi segreti deviati  (doppio sic!) in un Paese come il nostro dove, come diceva Ennnio Flaiano, i segreti sono come quelli di Pulcinella,  quando è sufficiente far intervenire la nostra diplomazia che, immaginiamo, non sia al servizio di nessuno, salvo qualche ambasciatore che si presta, come nel caso di quello di Montecarlo, a fare da chaperon ad un ragazzotto? Piuttosto,  proprio per porre fine a questo stillicidio di notizie, forse sarebbe il caso che qualcuno dei gran consigliori di Fini, una volta tanto lo consigliassero per il meglio,  e cioè che è arrivato il momento di raccontare tutta la storia di quell’appartamento a Montecarlo finito nella disponibilità o (secondo il documento sinora non smentito dal governo dell’Isola di Santa Lucia) nella proprietà del suo cognatino, portato in  dote,  insieme alla suocera, dalla sua nuova “comapgna”. D’altra parte i tanto suscettibili finiani del FLI (Fronte di Liberazione internazionale) invece di mostrare i denti per la storiaccia di Montecarlo e le rivelazioni circa il ruolo di Tulliani, dovrebbero spiegare agli elettori italiani , grazi ai cui voti siedono in Parlamento, da che parte stiano. In Sicilia  hanno unito i loro voti a quelli dei postcomunsiti in una nuova versione di milazzismo siciliano per sostenere il quarto governo Lombardo nella Trinacria di Pirandello,  alla Camera hanno votato stretti d’amore con il PD e Di Pietro la richiesta dell’uso delle intercettazioni in danno dell’on. Cosentino che comunque non è “passata” grazie ad una forte e coesa maggioranza extra finiana, poche ore fa hanno depositato alla Camera una mozione contro il direttore del TG1 Minzolini e il direttore generale della RAI Masi, rei di non essere finiani,  che li vedrà uniti, nel voto, nuovamernte con postcomunisti, postdemocristiani alla Casini e giustizialisti alla Di Pietro, pochi minuti fa hanno minacciato di interrompere se già non l’hanno fatto, la trattativa per il varo del Lodo Alfano in forma costituzionale…da che parte stanno i finiani e il loro capo? Forse  si sono resi conto che forse Berlusconi ce la fa a mettere su in Parlamento – Senato e Camera -  una maggioranza che non soggiaci ai loro ricatti e ai loro ultimatum e tentano di costruirsi un alibi dietro il quale nascondere i loro reali intendimenti che mirano a distruggere il grande sogno di un grande partito di moderati.  Ma gli elettori, gli elettori di Destra italiani,   che questi figuri ormai vestiti con gli abiti mentali della peggiore sinistra li ha belli ed etichettati, sapranno cosa fare al momento opportuno. g.

MONTECARLO: ECCO LA PROVA DEFINITIVA

Pubblicato il 21 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

ULTIMORA (DA DAGOSPIA)

ECCO LA FOTOCOPIA DELLA LETTERA CON LA QUALE IL 16 SETTEMBRE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA DI SANTA LUCIA, L. RUDOLPH FRANCIS, COMUNICA AL CAPO DEL GOVERNO E MINISTRO DELLE FINANZE DELL’ISOLA CARAIBICA CHE IL BENEFICIARIO REALE DELLE SOCIETÀ PRINTEMPS LTD E TIMARA LTD ALTRI NON È CHE IL SIGNOR GIANCARLO TULLIANI

imgE’ questo quanto pubblica a tarda notte il noto sito gossip DAGOSPIA. Dagospia pubblica la fotocopia della lettera datata 16 settembre 2010, ripresa da un sito dell’isola caraibica di Santa Lucia che l’ha pubblicata sebbene riservata.
Se la notizia e la fotocopia della lettera del ministro della Giustizia di Santa Lucia sono vere, inchioderebbero definitivamente l’on. Fini almeno sul piano etico e morale perchè non solo egli avrebbe  “favorito”  il cognato, ma avrebbe mentito agli italiani sulla reale dinamica di questa storia assai brutta.

ecco la traduzione della lettera riportata sopra

Caro Primo ministro,

in base alle informazioni ricevute su una possibile pubblicità negativa ho chiesto al direttore servizi finanziari del Ministero di investigare su una rete di società. La nostra richiesta è legata a recenti informazioni di stampa su giornali internazionali che coinvolgono società sotto la giurisdizione di St. Lucia (…) Abbiamo indagato sulle seguenti società: Printemps Ltd, Timara Ltd e Jaman Directors Ltd. Queste società sono collegate all’acquisto di una casa a Monaco, che era di proprietà di un partito politico italiano. Le società sono rappresentate dallo stesso agente, Corporate Agent Ltd, e condividono lo stesso indirizzo al numero 10 di Manoel Street, Castries, St. Lucia. In relazione agli obblighi degli agenti registrati a St. Lucia è stata avanzata una richiesta di informazioni ai corrispondenti della Corpag services Usa. I corrispondenti, tramite Mr. James Walfenzao hanno risposto di aver condotto un’indagine della situazione e disposto una visita a Monaco al Notaio Paul Luis Aureglia, responsabile della compravendita della proprietà (…) trasferita alla Printemps Ltd e poi alla Timara Ltd (…)

Dai documenti dei corrispondenti, è stato anche possibile accertare che il beneficiario e proprietario della società è il Sig. Giancarlo Tulliani che ha dato mandato per conto della società di utilizzare i servizi di Jason Sam e Corpag Services Usa (…)

Rudolph Francis (Ministro della Giustizia)

LA CASA DI MONTECARLO: IL MISTERO CHE FINI SI OSTINA A NON SPIEGARE. ALLA FACCIA DELL’ETICA E DELLA LEGALITA’

Pubblicato il 21 settembre, 2010 in Il territorio | No Comments »

Gian Marco ChiocciMassimo Malpica

Era ora, carta canta. Fra stecche rogatoriali e stonature procedurali, con gran fatica è finalmente arrivata in procura a Roma una parte dei documenti, richiesti senza eccessi d’entusiasmo dagli inquirenti capitolini alle autorità monegasche, che dovrebbero aiutare a fare luce sugli eventuali illeciti commessi nella compravendita della famosa casa di Montecarlo. Quella lasciata in eredità ad An da Anna Maria Colleoni, svenduta a una fiduciaria off-shore, da questa ceduta a una gemella e, a oggi, ancora abitata dal cognato del presidente della Camera, Giancarlo Tulliani.

LA ROGATORIA «SALVA TULLIANI»

Il plico giunto dal Principato di Monaco conta una sessantina di pagine in tutto – in grandissima parte si tratta di materiale già scovato e pubblicato in cinquanta giorni dal Giornale – che dunque diventano ora ufficialmente materia di indagine per quei pubblici ministeri della Capitale sempre più restii a convocare colui che sembra invece ricoprire un ruolo chiave nell’operazione immobiliare fra Roma, i Caraibi e Montecarlo: Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini, Elisabetta.
Testimone preziosissimo, perché fu lui a segnalare al «cognato» l’interesse per l’immobile monegasco da parte di una società che poi effettivamente acquistò, a un quinto del valore di mercato, l’appartamento da An, e perché alla fine della strana, doppia compravendita tra il partito di via della Scrofa e le società off-shore gemelle fu, casualmente, sempre lui a ritrovarsi come inquilino nel medesimo immobile.

A Roma gli atti ricevuti ieri sono stati definiti «incompleti». Ma a quanto negli ultimi giorni facevano sapere nel Principato, a essere carente e vaga sarebbe stata la rogatoria inviata all’estero dalle toghe romane, inoltrata quando buona parte degli atti e delle testimonianze raccolte dal Giornale non erano ancora state pubblicate, ampliando i confini di un affaire politico-immobiliare che sempre più imbarazza Fini e i suoi familiari.

Per questo motivo il procuratore capo, Giovanni Ferrara, ha inviato a Montecarlo un supplemento di rogatoria, chiedendo carte che possano meglio inquadrare il reale valore dell’immobile, oltre agli accertamenti fiscali collegati alla dichiarazione di successione sul testamento della contessa Colleoni che donò il suo appartamento ad An. Il valore dato all’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte, a Montecarlo, in sede di successione e poi nei diversi passaggi di proprietà. Addirittura il carteggio riservatissimo è stato inviato, per rogatoria, all’indirizzo sbagliato: a piazza Cavour, presso la Cassazione, anziché a piazzale Clodio, sede della procura della Repubblica.

MA IL COGNATO DI FINI È ANCHE IL PROPRIETARIO?

Ma cosa contiene il plico monegasco che da oggi dà un po’ di spessore al fascicolo d’indagine, tenendo compagnia ai verbali del tesoriere e dell’amministratore di An, Francesco Pontone e Donato Lamorte, del senatore ex An Antonino Caruso e della segretaria di Fini, Rita Marino? Tra le altre carte, c’è anche il documento del contratto di affitto tra Timara e Tulliani, pubblicato nei giorni scorsi dal Giornale, quello in cui le firme di locatario e affittuario sono identiche. La procura lo ha definito «nota di trascrizione sul pubblico registro del contratto», ma in realtà è qualcosa di più: un «avenant», ossia un accordo che modifica un elemento del contratto di locazione originario. È l’atto ufficiale a disposizione delle preposte sedi monegasche (Ufficio del registro, il comando di polizia della Sûreté Publique, l’associazione delle agenzie immobiliari). Detto questo, in Procura è arrivato anche il contratto iniziale al quale l’avenant fa riferimento. E anche se ovviamente non c’è stato il tempo per procedere con perizie calligrafiche, sulla prima scrittura le firme dei contraenti (che dovrebbero essere Tulliani e la Timara) sarebbero diverse. Sarà necessario capire il motivo di questa vistosa discrepanza tra i due documenti, ma d’altra parte gli elementi di «confusione» tra affittuario e locatario, in questa storia, sono molteplici. C’è anche la bolletta della luce, intestata a Tulliani, pagata da Tulliani ma domiciliata a casa di James Walfenzao, l’intermediario e consulente fiscale che ricopriva incarichi di rappresentanza nelle fiduciarie che controllavano le due off-shore, Printemps e Timara.

UTENZE E DOMICILI OVVIAMENTE OFF SHORE

E c’è la richiesta di pagamento di spese condominiali spedita dal Syndic Michel Dotta a casa Tulliani, ma intestata curiosamente «Timara ltd-(Mr Tulliani)». Comunque, se le firme sul contratto primigenio ora in possesso dei pm romani sono leggibili, sarà molto interessante sapere chi firma l’atto per conto della Timara. Le altre carte giunte oggi in procura i lettori del Giornale le conoscono bene. Si tratta degli atti di compravendita dell’appartamento tra An e Printemps prima (l’11 luglio del 2008) e Printemps e Timara poi (15 ottobre dello stesso anno). Accompagnate da allegati, certificati, procure. Carte che raccontano il doppio rimbalzo della casa della contessa Colleoni dal partito a cui la donna l’aveva donata alla fiduciaria che l’ha affittata al «cognato» di Fini. Sul primo di quei contratti c’è scritto nero su bianco il prezzo di vendita della casa: 300mila euro. Il dettaglio che finora più ha appassionato la procura di Roma. E, in fondo, l’elemento più sconcertante dell’intera storia, visto che l’immobile che avrebbe dovuto e potuto finanziare la «buona battaglia» con un considerevole afflusso di denaro nelle casse del partito è stato invece ceduto a un quinto almeno del suo valore di mercato.

UN’ALTRA COINCIDENZA SULL’ENNESIMA SOCIETÀ

E se gli investigatori si dovessero appassionare anche ai risvolti fiscali della vicenda, quei due contratti spiegano molto bene quanto il sistema di società sia stato architettato per non far risalire al reale acquirente della casa. Due fiduciarie off-shore «coperte», il cui proprietario resta misterioso, ma a loro volta controllate da altre fiduciarie. Un gioco che lo specialista Tony Izelaar ha spiegato qualche giorno fa a un cronista di Libero accennando a una società utilizzata come «azionista visibile», parlando di Janum. Probabilmente il riferimento è alla Janom Partners ltd, ossia a una delle altre due fiduciarie che appaiono nei contratti (l’altra è la Jaman Directors). In pratica Walfenzao e Izelaar controllavano Printemps e Timara in qualità di “ad” di Janom e Jaman. Scatole vuote, ma «trasparenti». Il cui nome può essere speso con le autorità straniere, italiane per esempio, che potrebbero voler chiedere chi c’è dietro alla offshore che ha fatto affari col partito di Fini. E allora, come dice candidamente Izelaar, «noi indichiamo Janum o qualche altra società, non il vero cliente». Già, chi è il vero cliente?

IL GIORNALE – 21 SETTEMBRE 2010