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LA DECADENZA DI BERLUSCONI: CIRCOLI VIZIOSI E RETI PERDUTE

Pubblicato il 1 dicembre, 2013 in Il territorio | No Comments »

Dobbiamo decidere se diventare o no adulti responsabili. E dobbiamo deciderlo subito. Per un lunghissimo periodo abbiamo avuto tutori che si prendevano cura di noi, ci proteggevano dai pericoli della vita, e soprattutto da noi stessi. La democrazia italiana non è sopravvissuta così a lungo per merito nostro ma perché disponevamo di potenti protettori. Prima di tutto, gli americani. Ci hanno salvati, sconfiggendoli, da quei totalitarismi che hanno sempre esercitato su di noi una grande attrazione. E poi c’era l’Europa, ideale «caldo» solo per piccole élite visionarie e una comoda cuccia per tutti gli altri, generatrice di vantaggi economici (un bancomat sempre coperto) e, per noi italiani in particolare, utile vincolo esterno che doveva contrastare la debolezza della nostra volontà. Come Ulisse, senza vincoli, o così pensavamo, ci saremmo gettati in mare per seguire il canto delle sirene.

I protettori si sono dileguati. Gli americani hanno altro a cui pensare e dell’Europa, ora che il bancomat risulta scoperto, in tanti pensano che non sia più una cuccia ma una prigione. Per giunta, l’Unione viene picconata ogni giorno, smantellata pezzo per pezzo. E, con essa, gli ideali che la sorreggevano. Come ha osservato ieri sul Corriere Gian Arturo Ferrari, la decisione tedesca di far pagare i pedaggi autostradali ai soli non tedeschi mostra la forza simbolica dirompente di certi piccoli gesti, ci dice sullo stato dell’Unione più di mille discorsi.

Siamo soli insomma (l’interdipendenza con gli altri non esclude affatto la solitudine), e siamo di nuovo liberi di farci tutto il male che vogliamo. Prendiamo il caso Berlusconi. Solo una combinazione di mancanza di senso storico e di miopìa politica, di incapacità di guardare al di là del proprio naso può fare pensare che non avrà effetti di lungo termine sulla democrazia italiana il fatto che un leader che ha rappresentato e rappresenta milioni di elettori sia stato messo fuori gioco per via giudiziaria anziché politica. Solo la suddetta combinazione può far pensare che non si tratti di un fatto che segnerà il nostro futuro, scaverà nelle coscienze, alimenterà rancori che si perpetueranno nel tempo. Berlusconi era stato condannato e la decadenza era inevitabile. Ma, come ha osservato Sergio Romano (sul Corriere di ieri), c’è modo e modo di affrontare un passaggio così delicato. La consapevolezza del fatto che la democrazia è un regime politico fragile, fragilissimo, che va maneggiato con delicatezza, avrebbe dovuto imporre un fair play politico che invece è mancato. Gli adulti lo comprendono, i bambini viziati no. Se poi guardiamo al quadro più generale dovremmo capire quanto sia urgente agire. L’interazione perversa fra una politica destrutturata, una amministrazione pubblica che imprigiona le energie sociali, una magistratura debordante, e una economia in via di deindustrializzazione, va affrontata con una forza e con capacità che fin qui nessuno ha mostrato di possedere. Il venir meno degli antichi protettori lo rende improcrastinabile. Si dice spesso che siano le situazioni di grande emergenza a creare le leadership in grado di venirne a capo. Ma si tratta di una visione provvidenzialistica che non trova sempre riscontro nei fatti.

Qualcuno potrà dire che a salvarci sarà la struttura demografica della società. I vecchi non fanno le rivoluzioni. E i giovani sono troppo pochi per ribellarsi. Ma è un argomento a doppio taglio. Nella migliore delle ipotesi ci condanna a una irreversibile decadenza. E non è sufficiente comunque per escludere turbolenze e contraccolpi violenti. Non permette di dimenticare che gli ordini sociali, tutti, vivono sempre sotto la minaccia della disgregazione. Da come parlano, da come scrivono, e da come agiscono in tanti, sembra che questa minaccia non ci riguardi, che noi si disponga, chissà perché, di una qualche speciale esenzione.

Nel Paese esistono ancora, per fortuna, grandi energie che aspettano di essere liberate e valorizzate. Ma tocca alla politica comprendere che non è più tempo di galleggiamenti. Gli schiaffi dati all’Italia dalle autorità di Bruxelles (come quello sulla legge di Stabilità) sono un segnale inequivocabile. Adesso c’è bisogno di una vera azione innovatrice e di leadership. La Germania fece (non con la Thatcher, con il socialdemocratico Gerhard Schröder) le riforme che andavano fatte. La Gran Bretagna di David Cameron fa ora, in chiave diversa, la stessa cosa. Solo noi ne siamo incapaci, solo noi crediamo che annunci, proclami e chiacchiere siano efficienti sostituti dell’azione? Solo noi siamo condannati a non potere sconfiggere i poteri di veto di cui dispongono gli interessi che pretendono che nulla mai cambi? Anche quando è ormai evidente che l’immobilismo non è più economicamente e socialmente sostenibile e che ci porta alla rovina?
È arrivato il tempo di dimostrare che, anche senza catene, possiamo resistere alle sirene, ai nostri peggiori istinti. Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera, 1° dicembre 2013

PECCATO!

Pubblicato il 16 novembre, 2013 in Il territorio | No Comments »

Questo tripudio di bandiere nel salone della Fiera di Roma segna la nascita ufficiale del Popolo della Libertà: è il marzo del 2008, pochi mesi prima della straripante vittoria elettorale che riportò il centrodestra al governo e il presidente Berlusconi per la terrza volta in pochi anni a Palazzo Chigi.

L’entusiasmo era alle stelle, la commozione era visibile nei volti di tutti, dagli anziani che da decenni attendevano che si realizzasse il sogno della Grande Destra inseguito da sempre, ai giovani che vedevano realizzate le premesse per un grande futuro del nostro Paese governato all’insegna dei Valori della Libertà.

Eravamo lì, in quei giorni, sopratutto quel giorno e il nostro animo e il nostro cuore partecipavano alla gioia comune e non riuscimmo a trattenere nè le lacrime nè la consapevolezza di stare vivendo giornate storiche.

Il pensiero e la memoria ritornavano indietro, agli anni della giovinezza, alla lontana e mai dimenticata militanza nei ranghi della Giovane Italia, l’associazione studentesca che faeva capo al Msi, prima, alla Destra Nazionale, poi.  Alle tante battaglie, alle tante sconfitte, alle tante speranze che  avevano nutrito il nostro spirito,  E ritornavano al 1976, alla diaspora all’interno della Destra e alla scissione che ne seguì, che,  a prescindere dalle colpe e dalle ragioni, segnò,  allora,  la fine di un sogno e di una speranza.

Quel giorno di marzo del 2008, nell’aria primaverile di Roma, mentre le bandiere del PDL si incrociavano con i Tricolori e insieme sventolavano spavalde  fra le migliaia di delegati di tutta Italia,  convenuti per celebrare finalmente  l’unità dei moderati italiani,  ritrovammo lì, nella Roma tanto amata, nella Roma cantata da Puccini,  teatro di tante speranze, la voglia di riprendere con rinnovato vigore,  come tanti anni prima,  la lotta per una Italia migliore, più giusta, più libera, più felice.

Sono passati pochi anni da allora,  questa mattina, in queste ore, il sogno svanisce, ritorna lo spettro della divisione, sopratutto il timore della irrilevanza politica del centrodestra in un Paese che ora più che mai ha bisogno dei suoi Valori per resistere e superare le contigenze determinate da politiche europee errate e invasive della nostra autonomia e della nostra sovranità nazionale, carpitaci senza che si sia dato vita ad un grande stato unitario dell’Europa, non dei banchieri ma dei popoli.

Anche ora, a prescidere dalle colpe e dalle ragioni,  è la fine di un grande sogno e di una grande speranza che erano diventate realtà, svanita fra le reciproche accuse che peseranno nell’immediato sul futuro del centrodestra italiano e quindi del nostro Paese, della nostra Patria, l’Italia. Peccato! g.


IL PREMIER LETTA HA FATTO SPENDERE 24 MILA EURO PER RIFARSI LA POLTRONA..E ALTRO ANCORA

Pubblicato il 13 novembre, 2013 in Il territorio | No Comments »

Lavori in corso nello studio del presidente del Consiglio: spende una fortuna per la nuova sedia. Mobili, tende, cellulari: ecco tutti i costi

Tutte le spese pazze di Letta: tende, sedie, cellulari...

I famosi attributi di Enrico Letta più che di acciaio devono essere di piombo. Perché nel giro di poche settimane il premier deve avere sfondato la sua poltronissima a palazzo Chigi. Tanto da esser stato costretto nel mese di agosto a privarsene per il necessarissimo restauro, affidato alla piccola impresa romana di Davide Torrenti, che ha battuto sul filo di lana l’unico altro concorrente che si era presentato per ottenere la commessa: la srl Fonte Italia. Già che c’era Letta ha fatto rimettere a posto anche le seggiole dello studio, e con una seconda commessa vinta sempre da Torrenti, si è fatto riparare le tende che proteggono lo studio dal sole e dagli sguardi indiscreti. Per il contratto «restauro poltrone studio ufficio del Presidente del Consiglio» sottoscritto il 17 giugno scorso e poi eseguito appunto ad agosto, se ne sono andati 23.982,93 euro Iva compresa. Una bella somma, se si pensa che la maggiore parte degli  italiani non riescono a guadagnare quella cifra lorda in un anno. Il 76,04% dei contribuenti italiani presenta una dichiarazione dei redditi con una cifra lorda inferiore alla fattura per restaurare la poltrona del presidente del Consiglio. L’avessero avuta a casa avrebbero scelto naturalmente di mantenerla così sfondata, trovando soluzioni alternative per fare posare eventuali attributi di piombo.

Le tende – Il grande restyling dell’ufficio Letta non è finito lì. Per riparare le tende è infatti arrivata una seconda fattura di 8.369,65 euro comprensiva di Iva ancora al 21%, visto che il piccolo restauro è avvenuto fra l’11 e il 31 luglio scorso, prima che scattasse il nuovo aumento dell’Iva. I lavori non sono terminati lì: qualche settimana dopo (il 12 settembre) sono arrivati dalla Euroclone anche due nuovi «manicotti in plastica (guanti) per controllo posta per la sala K dell’ufficio del presidente del Consiglio». Spesa ovviamente assai più contenuta: 728,42 euro Iva inclusa comprensivi anche di regolare «posa in opera» (installazione) da parte della ditta prescelta.

Sgabelli – Sono poi stati appena consegnati dalla Corridi srl due sgabelli girevoli per l’anticamera del presidente. L’amministrazione di palazzo Chigi li ha acquistati al mercato elettronico della pubblica amministrazione per 336,38 euro. Sono sgabelli di un certo pregio: «girevole con braccioli, schienale elevabile e reclinabile, elevabile a gas, rivestimento in tessuto ignifugo o similpelle». Si aggiungono agli arredi già rinnovati per gli uffici del nuovo governo poche settimane dopo l’insediamento: il 3 giugno scorso la Sitland spa ha consegnato a palazzo Chigi sedie da ufficio nuove di zecca per 42.510,33 euro. E già il 14 giugno successivo la Corridi sas aveva consegnato 6 sgabelli simili a quelli che sarebbero poi arrivati nell’anticamera del premier. Costo complessivo: 1.009,14 euro.

Portone – Un’altra ditta si è occupata di qualcosa che non andava evidentemente all’ingresso di Palazzo Chigi. Il danno in questo caso dovrebbe essere stato provocato proprio nelle ultime ore del governo di Mario Monti, perché i primi contatti risalgono al 22 aprile scorso, quando Letta non si era ancora insediato lì. Il 13 maggio però è stato proprio il nuovo premier a fare firmare il contratto ufficiale con la Figera srl di viale Mazzini a Roma per la «riparazione e revisione del portone pedonale di ingresso principale», che probabilmente era stato danneggiato anche solo dall’usura. Con 740,05 euro è stato rimesso a posto pure quello. Intanto che c’era, quello stesso 13 maggio Letta ha fatto firmare due altri contratti con la Controlsecurity per mettere in sicurezza sia palazzo Chigi che le sedi distaccate della presidenza del Consiglio dei ministri. Per «interventi sui sistemi di sicurezza e posizionamento telecamere» sia a palazzo Chigi che a Palazzo Verospi sono stati spesi in tutto 4.597,790 euro più 965,54 euro di Iva per un totale di 5.563 euro. A Villa Doria Pamphilj, utilizzata dalla presidenza del Consiglio per incontri internazionali, invece la Controlsecurity ha installato una nuova telecamera Dome SPD5627R pagando 1.359,25 euro più Iva di 285,44 euro per un totale di 1.644,69 euro. Franco Bechis, Libero, 13 novembre 2013

……………..Così fan tutti….predicano bene e razzolano male, tradotto: gli italiani in miseria e  la casta che se la spassa.

DC, GLI ETERNI RITORNI E GLI INFINITI TENTATIVI DI IMITAZIONE

Pubblicato il 10 novembre, 2013 in Cronaca, Il territorio, Politica | No Comments »

«La Balena bianca non può rinascere, al massimo può riprodursi un balenottero. In giro ci sono numerosi tentativi di imitazione mal riusciti». Gerardo Bianco, 82 anni e una vita sotto le insegne dello Scudocrociato, l’ultimo capogruppo del partito che fu di De Gasperi, Fanfani, Moro e Andreotti (oggi presidente dell’associazione ex parlamentari) liquidava così due anni fa, parlando con Il Secolo, gli eterni ritorni sotto mentite spoglie della Democrazia Cristiana, o forse sarebbe il caso gli eterni tentativi di riesumare il partito-cardine della Prima Repubblica. Come se si potesse fermare la sabbia nella clessidra del tempo il richiamo e la tentazione sono irrefrenabili. L’ultima diretta evocazione è arrivata da Carlo Giovanardi che si è detto convinto che «il Pdl senza Berlusconi sarà la nuova Dc». Ma nelle ultime settimane, dando seguito alle divisioni nella galassia montiana, al movimentismo casiniano e ai contatti di quest’area con gli ex Dc del Pdl, la grande sagoma del balenottero è tornata a nuotare nelle acque dei retroscena giornalistici con costante frequenza e insistenza.

Non che questo rappresenti una novità. Sono vent’anni che si succedono sedute spiritiche e travestimenti, e sigle più o meno improbabili, richiami al rassemblement dei moderati, ale Dc 2.0 e alle variabili «popolari». Mattia Feltri, di recente, sulla Stampa ha ricordato quando Giovanni Paolo II, a Loreto esortò all’impegno pubblico dei cattolici – era il 1994 – e il professore Rocco Buttiglione provò a lanciare l’amo: «Un’alleanza politica dei cattolici può portare solo benefici all’unità del paese». Da allora è stato tutto un susseguirsi di false partenze, strani incontri, improvvise fughe nella terra di nessuno. Ci fu la grande illusione rappresentata da Mario Segni, campione di scriteriata dissipazione da fare invidia a Gianfranco Fini. E poi nel tempo tante sigle in sequenza: dal Ppi al Ccd, dal Cdu all’Udr, dal Cdr (Cristiano Democratici per la Repubblica) all’Uduer, dalla Democrazia Europea di Giulio Andreotti e Sergio D’Antoni, fino al Nuovo Partito Popolare, oltre naturalmente alle varie riedizioni della Dc sic et simpliciter, con relative, infinite dispute sul nome e sul simbolo. Senza dimenticare gli unici partiti riusciti ottenere percentuali accettabili, come l’Udc di Pier Ferdinando Casini e la Margherita di Francesco Rutelli, sia pure in opposti schieramenti. Un collage disordinato e fragile. Una somma di sigle alla costante ricerca dell’ «eterno ritorno dell’uguale», incapaci di individuare la ricetta e la capacità attrattiva dell’originale. Perché in fondo, come spiega Gianfranco Rotondi che della materia se ne intende, «la Dc la puoi rifare se riesci a prendere gli elettori della Dc. Ma quegli elettori si sono dati a Berlusconi. Quindi se non si riesce a rifare la Dc il motivo per me è semplice: l’ha già rifatta Berlusconi». Rendendo vado l’infinito inseguimento di quello che oggi è soltanto un non luogo politico. Domenico De Feo, 10 novembre 2012

……Dedichiamo questa nota dedicata all’impossibile “ritorno”  della DC,  alias “balena bianca”, all’improvvido e torittese   “balenabianca13″ firmatario di un annuncio elettorale per il 2014.

9 NOVEMBRE 1989-9 NOVEMBRE 2013: LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO.

Pubblicato il 9 novembre, 2013 in Il territorio, Politica, Storia | No Comments »

Oggi ricorre il 24° anniversario della caduta del Muro di Berlino. Nessun giornale ne ha fatto oggetto neppure di un corsivo in prima, o magari in ultima pagina, per ricordare un evento che segnò la fine dell’impero del male e il ritorno alla libertà di metà del continente europeo, quello orientale, tenuto in catene con decine  e decine  di milioni di uomini e donne, dal più criminale dei regimi totalitari per oltre sette decenni. Lo ricordiamo in questa pagina, rendendo omaggio alla memoria  delle vittime, milioni di esseri umani!, sacrificati sull’altare di una “religione” che della schiavitù politica aveva fatto il suo credo e la sua ragione politica, distrutti, l’uno e l’altra, dai picconi   che nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1989  abbatterono, dopo 28 anni, il muro che divideva in due Berlino. Quelle immagini sono scolpite nella mente e nei cuori di quanti ebbero la ventura di vivere quelle ore con gli occhi puntati sui teleschermi che  le trasmettevano in tutto il mondo, insieme alle altre, a quelle della marea  di uomini, donne, bambini, sopratutto bambini che dal campo di concentramento di Berlino Est invadevano, finalmente liberi, le strade dell’altra parte del mondo, il mondo libero, il mondo dell’Occidente che riaccoglieva nelle sue braccia e stringeva la cuore gli ormai ex schiavi dell’impero del male, restituiti alla libertà, alla vita. g.

LA COSTOSA INGIUSTIZIA DELLA TASSA SULLE TASSE

Pubblicato il 9 novembre, 2013 in Economia, Il territorio | No Comments »

Negli archivi del Monte dei Paschi di Siena è custodito un documento, a firma di Giuseppe Garibaldi, il quale, stretto dalle tasse, dichiarava di non essere in grado di pagarle: «Mi trovo nell’impossibilità di pagare le imposte». Il volto di un Fisco imparziale (forse troppo) persino nei confronti di uno dei padri dell’Unità d’Italia. Piccolo dettaglio storico per aprire una questione molto attuale. Attualissima.

Ma fino a che punto i contribuenti devono pagare per il servizio di riscossione delle imposte da loro stessi dovute? In termini tecnici si chiama «aggio», una sorta di commissione che l’esattore trattiene ogni volta che riscuote le multe o le imposte dovute, ma non versate dal contribuente. Una specie di tassa sulla tassa, dunque. Che nel caso di Equitalia, fino all’anno scorso, era fissata nel 9% e dal gennaio di quest’anno è stata ridotta all’ 8%. Un mini- sconto, segno di una nuova attenzione verso i contribuenti, che però non basta più. È una soglia che rimane decisamente troppo elevata. Anche perché la commissione si aggiunge alle già pesanti sanzioni e agli interessi dovuti. Il governo se n’è accorto e nel decreto del Fare è stata prevista un rivisitazione di quell’aliquota. A condizione naturalmente che i costi di Equitalia restino sostenibili, dal momento che l’aggio serve proprio a mantenere la struttura che si occupa del prelievo fiscale. Eppure le buone intenzioni si sono fermate subito: non c’è ancora il provvedimento (la scadenza era settembre) che stabilisce la nuova tariffa. Quindi l’aggio è ancora fermo all’ 8%. Per i pagamenti effettuati entro 60 giorni dall’arrivo della cartella esattoriale è suddiviso così: il contribuente versa il 4,65% e l’ente creditore (il Comune o lo Stato, ad esempio) assicura il 4,35%. Un carico che pesa addirittura di più su chi versa che su chi incassa. Oltre i 60 giorni l’obbligo è tutto del contribuente.

Certo, nella revisione bisogna tenere conto dei bilanci di Equitalia, un’impresa che occupa circa 8 mila dipendenti, dei costi necessari per le notifiche, per le cartelle, per le ricerche, ma una soluzione va trovata. In ogni caso non è la società-esattrice (controllata per il 51% dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’Inps) a fissare la commissione ma il ministero dell’Economia. E non bisogna dimenticare che nella vecchia gestione, quella affidata alle banche, lo Stato girava agli istituti di credito circa 500 milioni di euro per lo svolgimento di questo compito pubblico. E con il cambio e le nuove norme anti-evasione la macchina ha cominciato ad essere più efficace (sia pure con qualche eccesso). Negli ultimi tempi sono state varate riforme migliorative per i contribuenti: dalla possibilità di saldare i debiti con il Fisco in 120 rate all’impignorabilità della prima casa, alla possibilità di rateizzare fino a 50 mila euro di debito con una semplice richiesta.

Ma sull’aggio siamo ancora troppo indietro. L’ 8% è un livello troppo alto. Anche se gli esattori privati, che ora lavorano per i comuni, arrivano a ottenere premi per la riscossione fino al 30%. Livelli che dovrebbero indurre i Comuni a rivedere il meccanismo. E proprio sul fronte locale il 2013 segnerà una svolta: dal 2014 non sarà più Equitalia a incassare le somme per conto degli enti locali. Che si sono già affrettati ad annunciare un fisco dal volto più umano, una maggiore comprensione verso i contribuenti. Promesse agili per il consenso, ma che dovranno essere confrontate con le esigenze (difficili) dei loro bilanci. Bene: l’a riduzione dell’aggio potrebbe (dovrebbe) essere la prima prova di federalismo delle entrate. Il Comune di Milano si è detto orientato a introdurre una tariffa fissa di dieci euro. Vedremo che cosa faranno anche gli altri. Sarebbe un primo passo positivo nell’anno del federalismo fiscal-comunale che parte all’insegna di Trise, Tari e Tasi. Il Corriere della Sera, 9 novembre 2013

L’INGANNO DELLE STATISTICHE: LE TASSE LE PAGANO SEMPRE GLI STESSI

Pubblicato il 3 novembre, 2013 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

Secondo la Cgia di Mestre la legge di Stabilità nel 2014 porta al contribuente un aggravio di un miliardo di euro. In sé questo miliardo addizionale è già un segnale che il governo anziché ridurre i pesi fiscali li aumenta. Ma c’è di più. L’aumento è una media di Trilussa, fra contribuenti elettori del Pd o presunti tali, che avranno riduzioni di tributi e contribuenti borghesi, e piccolo borghesi, che subiranno cospicui rincari. A ciò si aggiunga che, avverte la stessa Cgia, il miliardo di maggiori tributi potrà essere superato.

E anche in questo caso a pagare saranno in prevalenza i borghesi e piccolo borghesi.

La legge di Stabilità comporta aumenti di determinati tributi a carico di determinate categorie di soggetti per 6,2 miliardi e riduzioni di altri tributi relativi ad altri soggetti per 5,2 miliardi: la differenza è di uno, ma riguarda soggetti differenti. Vale l’osservazione di Trilussa sull’inganno delle statistiche: se Tizio mangia due polli e Caio non ne mangia, la media dice che ciascuno mangia un pollo. Nel nostro caso, la situazione è analoga per le riduzioni fiscali che vanno a beneficio di Tizio, mentre i pesi sono carico di Caio, con l’aggiunta però di Sempronio, cioè le banche e assicurazioni, che apparentemente sono trattate come Caio, perché nel 2014 hanno un aggravio fiscale, ma negli anni successivi ottengono, tramite il mutamento del regime sulle detrazioni dei crediti in sofferenza (richiesto e ottenuto) un beneficio di minori tributi di entità maggiore (e abbelliscono i bilanci attuali).

Il conto è passivo solo per Caio, il contribuente che non interessa al Pd, che possiede uno o più immobili o locali per i quali dovrà subire i nuovi gravami fiscali. È attivo per Tizio, il contribuente lavoratore dipendente a basso reddito che invece riceve sgravi nell’Irpef. Fra le riduzioni tributarie campeggiano 1,5 miliardi di riduzioni Irpef per lavoratori dipendenti con reddito modesto. Trattandosi di una platea vasta, il beneficio che ne ricaverà ciascuno è modesto: 150 euro all’anno per alcuni, un po’ più o un po’ meno per altri.

A fronte di questo beneficio diffuso, che non risolve nessun problema se non quello del Pd che strizza l’occhio ai suoi elettori, sta un aggravio di 3,7 miliardi circa per la nuova Tasi: che non è una vera tassa ma un’addizionale all’Imu essendo calcolata nell’un per mille del valore catastale degli immobili. Sempre dalle tabelle ministeriali si desume che la cifra che gli enti locali perdono 3,7 miliardi a causa del fatto che nel 2014 non si paga più l’Imu sull’abitazione principale. Sembrerebbe che con la Tasi i comuni recuperino (in media) l’Imu prima casa. Ma in questa apparente «partita a saldo zero» che toglie nel 2014 al contribuente borghese e piccolo borghese ciò che gli è stato promesso per il 2013 e quindi lo aggrava di altri 3,7 miliardi c’è un trucco da gioco delle tre carte, che lo danneggia ulteriormente. Infatti la seconda rata di circa 1,8 miliardi di Imu prima casa relativa al 2013 non è ancora stata tolta. Per effettuare la riduzione il governo dovrà trovare una copertura, e ci sarà qualche altro aumento fiscale, perché i tagli delle spese non sono facilmente fattibili in un mese.

Il conteggio di 3,7 miliardi di maggiori entrate 2014 non ha come contropartita minori entrate per 3,7 miliardi, perché per finanziare la abrogazione della seconda rata di Imu ci potrebbe essere un aumento di tributi indiretti sulla benzina e altri beni e qualche altro gravame fiscale, per un altro miliardo. Sin qui il conto ufficiale del governo. Ma la legge di Stabilità dice che si possono accrescere le aliquote della Tasi al 2,5 per mille. Il che comporta un gettito mostruoso di Tasi di 9,350 miliardi. E poi c’è un aumento, non conteggiato, di tassa per i rifiuti.

Il fatto è che gli aumenti di tributi attuali per 6,2 miliardi e il prevedibile aumento di un altro miliardo fra qui e fine anno, cioè 7,2 miliardi, non servono solo per le riduzioni di imposte per 5,2 miliardi (1,5 di Irpef e 3,7 di Imu) e per 2 miliardi di nuove spese, ci sono molte nuove spese che lo Stato ha messo a bilancio (soprattutto per gli elettori Pd) e altre spese che Regioni ed enti locali possono fare aumentando le aliquote, come consente loro questa legge di Stabilità. Che per ora è una legge irta di tasse redistributive a senso unico. Francesco Forte, economista, 3 novembre 2014

……Forte si sofferma, giustamente, sulla nuova tassa che riguarda gli immobili, cioè la Tasi, una delle due che compongono la Trise, insieme all’altra, cioè la Tari. E in materia di Tasi le argomentazioni del prof. Forte sono le stesse di tanti altri “critici” della furbata del premier secondo il quale il suo governo non mette le mani nelle taqsche degli italiani…le mette, le mette, altro che le mette. E la iniquità, circa la Tasi,  intesa come mancanza di equità, a favore di alcuni a danno di altri,   si estende alla Tari, la tassa sui rifiuti. Vediamo perchè.

Da sempre, prima la tassa sui RSU, ridefinita poi TARSU, ed infine, sia pure per il solo 2013,  TARES, questo tributo è stato calcolato con riferimento alla superficie delle abitazioni, riferimento ingiusto e vessatorio considerata la tipologia della tassa – tassa e non imposta – dovuta per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti da tutti i cittadini.

Se così è, va da sè che il tributo non può essere dovuto in relazione alla superficie delle abitazioni ma solo ed esclusivamente in relazione al numero degli abitanti – anzi dei componenti del nucleo familiare – i  quali, ciascuno, secondo statistiche più o meno concordi, producono un Kg. a testa giornaliero di rifiuti, al lordo della raccolta differenziata che,  ove si fa,  evidentemente riduce la quantità giornaliera di RSU prodotti procapite e successivamente smaltiti in discarica, o altrove.

Questa valutazione  era alla base del Dlg dell’allora ministro verde dell’Ambiente Ronchi, che varato nel 1996 prevedeva appunto la modifica della base imponibile della tassa RSU dalla superficie delle abitazioni al numero dei componenti del nucleo familiare. L’attuazione del  Dlg di cui si fa   cenno fu rinviata di anno in anno, previo modifiche – una per tutte: 50% riferita alla superficie, 50% riferita al numero dei componenti il nucleo familiare-,  sino a quando, senza che sia mai stato formalmente abrogato o superato da altra normativa, del  Dlg Ronchi  si è persa traccia e sino all’anno di grazia 2013 si è continuato a far pagare la tassa  calcolata sulla superficie degli immobili come se le stanze o i metri quadri, producessero i rifiuti per cui la tassa dovuta.

Per essere più chiari basta un esempio: una casa di 200 metri quadri con  famiglia di due componenti paga il doppio di una casa di 100 metri quadri con quattro componenti, sebbene evidentemente quattro persone producono il doppio  di rifiuti di due e di certo i 100 metri in più  della famiglia con due componenti al più possono produrre polvere che non pesa alcunchè.

Si potrà obiettare che nella TARSU, o Tares, erano considerati, sia pure senza dirlo,  anche quelli che oggi, nella nuova TRISE, vengono definiti “servizi indivisibili”: e sia!

Ma ciò non può più avvenire dal 2014 in poi,  visto che quei servizi  cosiddetti indivisibili  (Polizia Muncipale, manutenzione delle strade e della publica illuminazione, con tutte le riserve che si possono nutrire sul fatto che questi servizi sono pagati dai cittadini con gli altri tributi che essi versano allo Stato sotto le diverse forme) sono stati fatti confluire nella TASI che sostituisce l’IMU.

Dal 2014 nella TARI confluisce solo la tassa  sui rifiuti ,tassa,   non  imposta!, e non v’è  bisogno di sottolineare  la differenza imposta, quale è quella sulla casa,  e la tassa  per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani o di quel che resta dopo la depurazione che avviene con la raccolta differenziata.

Quindi la Tari, come già la Tarsu,  è una tassa su un preciso servizio prestato dalla pubblica amministrazione  ai cittadini e quindi il suo ammontare non può prescindere dall’oggetto del servizio, cioè i rifiuti raccolti che sono,  e non potrebbe essere diversamente,  quelli prodotti da ciascun singolo cittadino, statisticamente valutati o comunque accertati con sistemi che rispettino sia il principio della equità sia quello del “chi inquina paga”.

Collegare invece la TARI, come la TASI, alla casa, alla superficie, alla rendita catastale, significa imporre sulla casa una seconda  patrimoniale assolutamente ingiustificata e proditoria che colpisce due volte lo stesso bene. Come fare per far pagare a ciascuno il suo? In Svizzera, per dire, i Comuni fanno pagare una tassa indiretta ma assolutamente equa: i cittadini comprano dal Comune, attraverso  suoi rivenditori autorizzati, le buste  per la raccolta dei rifiuti per cui ogni cittadino paga esattamente per quel che produce.

Si può immaginare la prima e acida  obiezione: in Italia si produrrebbero imitazioni delle buste a milioni. Ma tanto può costringere un paese  moderno a rinunciare alla equità che in ogni paese civile è la base stessa della civile convivenza?

Ecco perchè anche la Tari come la Tasi,  va ridisegnata e rimodulata, calcolandola sull’effettivo servizio che ogni cittadino riceve  dal Comune  per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti; diversamente si tratterebbe di una vera,  evidente e colpevole estorsione ai danni del cittadino, colpiti da una tassa indebitamente calcolata su parametri del tutto errati. g.

ESCURSIONE PANORAMICA NEL BOSCO “LA SENTINELLA” DI QUASANO

Pubblicato il 1 novembre, 2013 in Il territorio | No Comments »

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

La vicina località di Quasano, piccolissima frazione di Toritto abitata in inverno da poche decine di famiglie ed apprezzata in estate per il fresco della sua pineta, offre un punto panoramico dal quale si può osservare gran parte del nostro territorio. Approfittando delle condizioni meteorologiche ancora clementi e dell’assenza di venti, propongo, a chi non si è potuto concedere il weekend lungo fuori casa, una escursione durante la quale potremo osservare panorami, piante, verdure spontanee, funghi e soprattutto i colori della murgia che in questo periodo sono fantastici. L’incontro è fissato per le ore 8:30 di domenica 3 novembre 2013 nel piazzale centrale di Quasano, mentre la partenza è prevista per le ore 9:00. La partecipazione è assolutamente gratuita ed aperta a tutti, mentre è gradita una conferma di partecipazione al n.328/3130450. Preciso che il percorso sarà adeguato in base alle esigenze dei partecipanti e che l’escursione terminerà entro le 13:00. Dopo un tratto asfaltato ci avventureremo nel bosco di querce ammirando un paesaggio suggestivo. Consiglio un abbigliamento che si possa adeguare a differenti temperature, scarponcini da trekking o da ginnastica e zaino con acqua e macchina fotografica. Dopo l’escursione chi volesse potrà pranzare in un agriturismo di Quasano che mi ha proposto un menù con succulente pietanze. Come da abitudine, poiché la copertura gsm non è sempre garantita, gli amici della Associazione ARI Radiocomunicazioni Emergenza di Cassano, ci seguiranno via radio per fronteggiare eventuali emergenze. L’incontro sarà anche una importante occasione per conoscere altre associazioni alle quali lascerò ampio spazio per la presentazione delle loro attività. Confido pertanto nella partecipazione degli amici di Fare Verde di Bitonto, di Trekking Cassano, di Legambiente Cassano, WWF Grumo, Club Amici del Trekking, Scout Santeramo, ecc.


Link evento Facebook: https://www.facebook.com/events/542876122467716/?ref_dashboard_filter=upcoming


Leonardo Losito


LOSITO p.i. Leonardo
via A. De Gasperi, n.38
70020-Cassano delle Murge (BA)
Tel. 328/3130450
mail: lositoleo@libero.it

LA LEGGE DI STABILITA’ DEL GOVERNO LETTA AUMENTA LE TASSE: SCOPERTO IL TRUCCO

Pubblicato il 21 ottobre, 2013 in Il territorio | No Comments »

I numeri parlano chiaro, Letta ha preso in giro tutti: nel 2014 pagheremo di più, anche sulla casa

L’anno prossimo gli italiani pagheranno più tasse. È inutile girarci intorno. Così è. Il trucco più odioso è quello sulla casa.

Il premier Enrico Letta intervistato da Maria Latella

Come nei giochi di prestigio, ciò che scompare da una parte, ricompare dall’altra. Modestamente nella nostra «Zuppa» solo tre giorni fa avevamo fatto i conti. Ma leggendo le relazioni dei tecnici si vede come la realtà sia peggiore. Si ha l’impressione di essere stati gabbati. Quest’anno (a meno di colpi scena) l’Imu porterà nelle casse dello Stato 20 miliardi, quattro in meno rispetto al 2012, quando Monti la introdusse. Nel 2014 l’Imu continuerà a fruttare per le casse dello Stato sempre 20 miliardi. Ai quali però si dovranno sommare 3,7 miliardi della nuova imposta immobiliare sui cosiddetti servizi indivisibili. Ma non è tutto: i Comuni avranno la facoltà di aggiungere altri cinque miliardi (tetto massimo) di nuove imposte immobiliari, alzando le aliquote fissate a Roma. Il gioco è semplice. Lo Stato arma gli enti locali con la facoltà di tassare e allo stesso tempo li indebolisce (finanziariamente), tagliando loro i trasferimenti. Scommettiamo un euro che la gran parte dei Comuni userà l’arma di alzare le aliquote?
Ricapitolando: sulla casa, anche a voler presumere che i Comuni non tocchino le aliquote, ci sarà una batosta. A ciò si aggiungano 4 miliardi di Iva aggiuntiva: l’abbiamo appena alzata al 22%. E poi, grazie alla Finanziaria, è aumentata di un miliardino la patrimoniale sui risparmi. Con i tagli alle detrazioni, si tratta di 10 miliardi di tasse in più rispetto al 2013. A fronte di ciò, una riduzione del cuneo fiscale di poco meno di tre miliardi.
Se ci avete seguito fino a questo punto, avete capito bene come siamo stati fregati. Che almeno non ci chiedano di sorridere.
Qualche realista vi potrà citare le tabelle e i numeri di Palazzo Chigi che segnano una riduzione della pressione fiscale. Buttateli nel caminetto. Almeno riscaldano. La Finanziaria del 2011 prevedeva per quest’anno una crescita del Pil dell’1,5 per cento: è crollato dell’1,7. Millantava un deficit dello 0,5%: sarà, se va bene, del 3%. E il debito doveva fermarsi al 116,9 per cento: oggi è del 133%. Tutti i documenti pubblici dei passati governi hanno previsto numeri che non si sono realizzati. Sul momento si fa bella figura. Nel futuro ci sarà qualcun altro che dovrà spazzare la polvere sotto al tappeto. Nicola Porro, giornalista finanziario, conduttore televisivo, 21 ottobre 2013

…..Nessuno ha creduto, neppure per un istante, che riuswcisse a Letta quel che non è ruscito a nessuno. A Letta però è riuscito di convincere parte del suo governo – leggi il Pdl – a concorrere nel tentativo di far passare per vera una panzana grande quanto lo stivale italico. E come qualcuno sostiene: non è finita qui…. g.

LA DESTRA PIACE SOLO SE FA LA VERA DESTRA

Pubblicato il 10 ottobre, 2013 in Il territorio | No Comments »

Volevate una destra europea e siete stati subito accontentati. Dico a voi stampa, partiti e poteri che avete invocato, per brindare alla fine del ventennio berlusconiano, una destra europea anche per il nostro Paese.

Marine Le Pen

E per servirvi, l’Europa vi ha subito mandato un cadeau, un assaggio e un prototipo. Il partito di destra che trionfa nei sondaggi in Francia come primo partito è il Front National di Marine Le Pen. Che sia di destra non potete dubitarne, è l’unico grande partito europeo che rivendichi quella matrice. E che sia una forza europea nemmeno, sia perché si richiama all’Europa come civiltà, come unione delle patrie e delle tradizioni; sia perché i temi che affronta sono esattamente i tre temi su cui si stanno concentrando le destre europee: la tutela della sovranità popolare dal dominio dell’Europa tecnocratica e finanziaria; il disagio degli europei per l’irresponsabile cedimento demagogico ai flussi migratori incontrollati; la difesa della famiglia e delle tradizioni civili e spirituali rispetto alla riduzione della famiglia a unione fra le altre, tra genitore uno e genitore due, più frattaglie che nell’antichità erano denominate figli. Sono questi i tre temi su cui si ritrova la destra europea, in tutti i versanti.

Prima di parlare – come fa il mediocrissimo Hollande – di deriva estremista, sarebbe il caso di chiedersi come mai decine di milioni di europei, non piccole minoranze agitate, si rivolgano a forze come il Front National. Non discuto se siano estremiste o moderate, mi fermo ai contenuti e alle motivazioni; e poco senso ha esorcizzare la Bestia, estrarre il cartellino rosso dell’estremismo o ripiegare sul cartellino giallo del populismo. Se un partito diventa il primo partito qualche spiegazione dovete pur darvela, senza ricorrere agli incantesimi di qualche mago, Silvian per esempio, o di qualche strega, Marine per esempio. Il discorso allora investe le due principali forze europee e il loro tradimento dei rispettivi elettorati. La forza socialista da una parte che ormai non si cura più del disagio popolare, delle famiglie che stentano a vivere al tempo della crisi, della giustizia sociale e dei proletari ma è interamente proiettata nel codice ideologico e penale del politically correct e si occupa solo di gay, immigrati, lessico e maggior pressione fiscale. Ma l’altro tradimento che colpisce più da vicino è quello dei popolari. Un tempo erano una forza vagamente d’ispirazione popolare, cristiana, europea. Adesso sono diventati una forza del tutto acquiescente sui temi prima indicati, totalmente prona alla Merkel e ai poteri tecno-finanziari degli eurocrati. C’è da rimpiangere pure l’epoca di Mitterrand e di Kohl. Se la destra europea assume quei connotati e sceglie quelle forze politiche è a causa di quel tradimento; la gente non si sente più difesa dai diktat europei, dagli strozzini del debito sovrano, ma anche dalle migrazioni incontrollate e dal totale sfascio delle strutture sociali primarie, come la famiglia. E allora non sentendosi rappresentata dai popolari e nemmeno dai socialisti, ricorre a una destra popolare e nazionale. In Francia la défaillance dei moderati non ha i tratti del partito popolare ma del gollismo di Sarkozy. Ma il percorso è lo stesso.

Questa è oggi la destra europea. Il populismo sorge quando le sovranità popolari non contano più; l’estremismo si affaccia quando nessuno dà risposte efficaci ai problemi reali della gente. Da noi quella destra deve ancora farsi largo perché l’antipolitica ne ha rubato il posto. Quell’antipolitica, che oggi grilleggia, rappresenta una deriva estremista, subculturale e fatuo-populista della sacrosanta protesta popolare. Proprio ieri mentre in Francia esplodevano questi sondaggi che proiettano sulle prossime elezioni europee un trionfo del Front National, in Italia alcuni spezzoni della destra venuta da An, più personalità significative del centrodestra, hanno dato vita a un’officina per rifondare una destra in Italia. E non è da sottovalutare su quei temi il ruolo della Lega. Resta l’incognita dell’approdo berlusconiano, che viene bombardato non solo dagli apparati mediatico-giudiziari e politici interni ma anche dai popolari europei. Ma se si vuol parlare di una destra veramente europea, davvero democratica, realmente all’altezza dei nostri tempi, non si può prescindere da quei tre temi popolari che prima indicavo e su cui insisto da qualche tempo. Poi, certo, si può auspicare una versione più seria e rigorosa, non estremista né populista, di quel diffuso sentimento e di quelle concrete istanze. So che per lorsignori la destra dev’essere quella specie di bromuro che serve a tener fermo il popolo dal versante moderato, mentre la sinistra lo tiene fermo dal versante progressista, così l’eurocrazia può tirarci tutti i denti e gli organi vitali che vuole. Ma la destra europea, democratica e popolare, come si è già visto alle elezioni, non va sui Monti, preferisce la Marine. Marcello Veneziani, 10 ottobre 2013

…….Veneziani auspica che ciò che sta verificandosi in FRANCIA, con il Fronte Nazionale di Marine Le Pen al primo posto nei sondaggi per le prossime elezioni europee del maggio 2014, si verifichi anche in Italia, con una Destra che faccia davvero la Destra e lo fa con riferimento all’inziativa denominata “Officina Italia” messa in campo da talune, solo talune, formazioni ex An e che ha debuttato ieri a Roma. Non saremmo tanto fiduciosi, almeno per una ragione. Marine Le Pen, che ha ereditato il Fronte dal padre, il coriaceo fondatore dal partito, ha come questi mai tentennato sul suo essere di Destra. Non ha mai avuto titubanze o dubbi, è stata di Destra sempre. Per questo, innanzitttuo per questo, è credibile nei suoi programmi elettorali e nella ferma intenzione di limitare, in una Europa unita prima di tutto come unione di popoli, delle patrie, delle nazioni, delle tradizioni, lo strapotere sia della Germania, sia dei poteri finanziari.  Possono sbandierare altrettanta coerenza e continuità quanti si sono riuniti ieri o che lo faranno ancora, i quali a noi sembra vogliano solo parteciapre alla spartizione, più o meno prossima, delle spoglie del fu berlusconismo e che come programma più concreto hanno questo e solo questo? Nutriamo dubbi che chi abbia tali obiettivi possa interpretare con successo il pensiero della gente di Destra che in Italia è maggioranza.  g.