L’ASSASSINO BATTISTI LIBERO. ITALIA VITTIMA DI CARLA’, SARKO’ E NAPOLITANO, di Maria Giovanna Maglie.
Pubblicato il 10 giugno, 2011 in Cronaca, Giustizia, Politica estera | No Comments »
Se Cesare Battisti, assassino, rapinatore, terrorista e delinquente comune, evaso, criminale incallito mai colto nemmeno da un secondo di ravvedimento, se ne sta già pancia all’aria su una spiaggia di Ipanema con garrotina, fidanzata giovanissima al seguito, attribuiamo le responsabilità a tutti coloro che insieme ai giudici brasiliani devono condividerle. È il Brasile, dove fa il presidente della Repubblica una ex terrorista mai pentita che ha seguito le orme del suo predecessore e grande ipocrita, Lula, il quale con Parigi a suo tempo si accordò proprio sullo sporco scambio. È la Francia che anche con questo presidente continua la vecchia applicazione della furbesca dottrina Mitterrand, non è vero madame Sarkozy, e lo fa sulla pelle degli italiani. È tutta l’Europa che non ha alzato un dito ancora una volta, ovvero ha confermato come se ne infischia dei diritti dell’Italia, dagli sbarchi di clandestini alla riconsegna di un criminale, provate a immaginarvi se fosse stato un tedesco, e come non capisce che la dottrina Mitterrand, ovvero un interessato rifugio ai terroristi dei Paesi alleati per strizzare l’occhio ai radical chic di casa ed evitarsi terroristi interni, è possibile anche oggi, e voglio vedere che succede se uno Stato democratico si mette a ospitare terroristi baschi o corsi o irlandesi e via così.
Infine, ma solo nell’ordine, è l’Italia stessa, con un governo che non ha saputo fare la voce grossa e farsi valere sul serio, e soprattutto un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che si è speso malamente nella vicenda. Senza nulla togliere infatti a debolezze e carenze dell’esecutivo e della nostra diplomazia, è indubbio che il Colle negli ultimi mesi si sia candidato e comportato da guida forte di politica estera, con tanto di endorsement alle bombe “umanitarie” sulla Libia, di iniziative tra Israele e palestinesi, di rapporti diretti e amicali ostentati con la Casa Bianca. Bene, oggi giustamente Napolitano dichiara che la decisione del Tribunale supremo brasiliano «assume un significato gravemente lesivo del rispetto dovuto sia agli accordi sottoscritti in materia tra l’Italia e il Brasile sia alle ragioni della lotta contro il terrorismo condotta in Italia, in difesa delle libertà e istituzioni democratiche, nella rigorosa osservanza delle regole dello Stato di diritto». Ma qualche tempo fa diceva rassegnato addirittura che non eravamo stati in grado di far capire agli altri la verità sui nostri anni di piombo. Colpa degli italiani dunque, oppure un’antica consuetudine dell’ex partito comunista con le pratiche di accoglienza dei radical chic francesi? Questo è il bel risultato ed è inutile sostenere che la decisione della Corte Suprema brasiliana sia stata una sorpresa, al contrario tutto era preordinato da quando ai servizi francesi scappò di mano – ops… – il latitante Battisti, e certamente dall’ultimo giorno di presidenza di Lula.
Battisti infatti non arriva in Brasile per caso. Scappa dalla Francia grazie alla complicità dei servizi di sicurezza francesi, con il sostegno importante di un nutrito gruppo di politici e intellettuali francesi e italiani di sinistra, con agganci pesanti nell’establishment politico e giudiziario brasiliano. Al potere c’è infatti un partito di sinistra erede della lotta alla dittatura, che contiene di tutto, dai cattolici agli estremisti rossi. Battisti viene così trasformato, in palese imitazione degli anni di Mitterrand a Parigi, in un martire degli anni di piombo italiani. Lula accontenta i suoi ministri estremisti, non interviene. Il responsabile della Giustizia, Tarso Genro, lo proclama addirittura rifugiato politico. Le sue sorti vengono seguite anche dalla coppia presidenziale francese Sarkozy-Bruni, Carlà è amica della scrittrice Fred Vargas, la principale sostenitrice di Battisti. Quanto alla politica del Brasile, certamente Lula e ora la molto più sprovveduta ma fedele Dilma contano sul fatto che liberando Battisti i rapporti con l’Italia non saranno compromessi e, certamente, l’Italia ha lasciato intendere loro con la scarsa determinazione mostrata che possono infischiarsene di principi e ideali di giustizia. Lula ha fatto il suo capolavoro, passare per un’icona della sinistra mondiale no global pur stringendo accordi importanti con chiunque, da Cuba a Chavez all’America dei tempi di Bush.
Abbiamo avuto e abbiamo a che fare con dei banditi, che siano a Parigi o a Brasilia. Siamo ancora in tempo a sostenere che la dottrina Mitterrand è ipocrita e pericolosa, che pregiudica le relazioni tra Stati di diritto e democratici, che chi la applica ne deve pagare pesanti conseguenze, diplomatiche e commerciali? In tempo saremmo pure, dubito che ne abbiamo la volontà. di Maria Giovanna Maglie, Libero, 10 giugno 2011


L’uscita di scena di Dominique Strauss-Kahn, dopo l’arresto clamoroso, è pacifica, secondo, Jacques Attali, vecchia eminenza grigia del «Re» Mitterrand. DSK non sarà candidato alle primarie dei socialisti per le presidenziali: così Attali durante un’intervista televisiva. Secondo il settimanale “Marianne”, antisocialista da sempre, qualcosa è oggettivamente mutato non soltanto nella cronaca politica francese, ma nella storia della sinistra tout court. Perché DSK non era un socialista qualunque. Nato in una ricca famiglia ebraica, di origini sia ashkenazite che sefardite, e vissuto in Marocco, dunque con un taglio di eclettismo culturale notevole, l’economista, ministro e grande capo del FMI, faceva parte di quella schiera di eletti abituata a non farsi mancare niente. Economista a vocazione macro-economica, DSK ha fatto tutto nella vita: il professore, il ministro e il tecnocrate. Sempre avendo a cuore la politica e quel certo non so che cosmospolita e globalizzatore proprio dei socialisti cresciuti o all’Ena, come Rocard, o alla scuola di Jospin, come l’intemperante direttore del FMI. Di questa grande famiglia snob, il socialismo borghese, DSK si è sempre sentito figlio legittimo. Del resto, la sua azione politica come ministro è stata apprezzata trasversalmente e la sua eleganza istituzionale, idem. Vantava buoni rapporti con Chirac e pessimi con i comunisti. Un vincente.

Tremila soldati, appoggiati da otto carri armati e due blindati, hanno iniziato ieri il rastrellamento a Deraa. Le testimonianze sono drammatiche: “Stanno bombardando coi mortai il centro della città e colpiscono le case con i mitra pesanti”. E ancora: “Avanzano a plotoni nelle strade e sparano all’impazzata, a caso”. Il regime baathista siriano ha deciso di soffocare la ribellione della città che ha dato inizio alla protesta, dispiegando la stessa ferocia con cui nel 1982 il padre di Bashar, Hafez, soffocò la rivolta di Hama. La differenza è che questa volta il rais, dopo le prime stragi, ha affiancato alla violenza delle brigate speciali guidate dal fratello Maher un volto “riformatore”. Ha ricevuto i parenti delle prime vittime, le ha chiamate “martiri”, ha licenziato il governatore della città, ha promesso riforme.