E’ FINITA UN’ERA, MILIONI DI VOTI SONO IN LIBERTA’, di Mario Sechi

Pubblicato il 14 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

La situazione politica è «liquida». I due blocchi del sistema sono senza argini e la geografia dei partiti è destinata a cambiare. Entrambi i poli provano a resistere, ma è come fermare il vento. A sinistra il Pd tenta di fermare l’onda di Matteo Renzi ma, al di là delle primarie, il sindaco di Firenze è un fenomeno di lunga durata. La miccia ha bisogno della dinamite, Renzi l’ha trovata in una classe dirigente all’ultima spiaggia. Quando un vecchio lupo di mare come D’Alema compie il grossolano errore di paragonare Berlusconi a Grillo, siamo alla frutta. Lo stesso fenomeno di autismo politico colpisce il Pdl. Il partito che più di tutti aveva provato a superare la sclerosi del passato, è fermo sul binario morto del secolo scorso. La cosa paradossale è che il leader più pop – Berlusconi – si è lanciato in aria con il seggiolino eiettabile, lasciando il jet azzurro senza pilota. Così il dinamismo e l’imprevedibilità, punto di forza di Silvio, sono spariti. In trasferta a Malindi. Serve altro. Ci pensi bene, Cavaliere. Chi le chiede ardentemente di ricandidarsi ha a cuore solo il suo seggio in Parlamento, niente di più. Lei può accettare questo gioco cinico, ma attenzione: chiuse le urne e conquistata la poltrona, molti cambieranno casacca. E lei resterà solo. Si chiama “trasformismo”. Ci pensi, con calma. Per queste ragioni chiedere a Berlusconi di correre ancora nel 2013 e lasciarlo solo ad affrontare una probabile sconfitta non è giusto. Un leader che ha segnato un’epoca, cambiato il linguaggio della politica, innovato il sistema dei partiti e contribuito a creare l’alternanza in un Paese dove esistevano solo governi democristiani, non conclude la sua parabola nel crepuscolo tragico di una strategia kamikaze. La guerra nel Pacifico è finita. E non ci si iscrive al partito dell’ultimo giapponese nella giungla perché lo chiede un clan mediocre di fanatici che urla «armatevi e partite». A meno che non lo voglia davvero lui. In quel caso, auguri. E solo un appunto, a futura memoria: Matteo Renzi, stella nascente del Pd, ieri ha “chiamato” il voto degli elettori di centrodestra. È finita un’era. I voti sono in libertà. Anche quelli di Berlusconi. Mario Sechi, Il Tempo, 14 settembre 2012

………………E’ così! Milioni di voti sono in libera uscita, quasi come nel 1994. Ma a differenza del 1994, quando tutto accadde senza che nessuno lo avesse previsto, questa volta la “libera uscita” di milioni di elettori alla ricerca di chi ne sappia e voglia intepretare le speranze e i sogni, proprio così, i sogni, è sotto gli occhi di tutti, meno che delle caste dei partiti, imprigionate nei loro privilegi e nei loro “villaggi esclusivi”, come nelle satrapie comuniste  che soppravivono alla caduta del muro. Più di tutti sono in libera uscita milioni di voti che nel 2008 avevano scelto il centrodestra di Berlusconi, a cui si erano affidati,  certi di esserne difesi, tutelati e protetti. Così non è stato. Nè i comportamenti della mediocre (forse pegggio che mediocre!) classe dirigente del PDL offre alcuna buona ragione perchè quei voti si riconoscano in quel partito in cui si continua ad avitare  l’analisi politica e la strategia del futuro preferendo affidarsi al demiurgo Berlusconi solo per salvarsi le terga e ciò sulle quali esse si posano. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che non è più il tempo di pensare che “tanto i voti li prende Berlusconi” come soleva dire un mediocrissimo dirigente pugliese ora emigrato in Lucania, ora i voti bisogna che li conquisti la proposta politica elaborata da una classe dirigente diligente, preparata e pronta anche alla sofferta rinuncia dei propri privilegi. Ma da questo orecchio nessun vuol sentire. Per questo il futuro prossimo venturo rischia di rivelarsi apportatore di dolorose realtà. g.

CAMERE SENZA VISTA. E BALCANIZZATE, di Mario Sechi

Pubblicato il 13 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Il rompicapo della politica italiana dà il mal di testa, ma in realtà la situazione è di facile lettura. Riprendiamo la trama sfilacciata del Palazzo e vediamo qual è il disegno che emerge.

    Bersani da spennare. Pierluigi rischia di essere il pollo al tavolo da poker progressista. Alle primarie avrà di fronte due bulldozer, Nichi Vendola e Matteo Renzi. Il governatore della Puglia sulla mappa politica copre l’arcipelago «sinistra-sinistra», quello dove il battello di Bersani non può attraccare perché un pezzo del partito si incazza non appena sente il vendolismo avanzare. Il sindaco di Firenze è un velivolo a decollo verticale e sulla cartina del progressismo occupa la terra di mezzo del «centro-sinistra» che allarga i confini a destra. Traduzione: Bersani è nei guai. Vendola e Renzi gli porteranno via voti pesanti. Dulcis in fundo, il progetto di alleanza con Sel e Udc è un pasticcio culturale. E si vede. Unire gli opposti genera mostri politici. Tanto che Casini ha detto che lui non fa patti con chi promuove referendum contro le leggi del governo tecnico. Scogli in vista.

    In fondo, a destra. Il Pdl è impegnato nel «gioco del silenzio». Ma non è una strategia, semplicemente non ha nulla da dire. Il partito di Berlusconi per non rischiare l’esilio deve proporre una soluzione prima e non dopo il voto. Deve dichiarare cosa vuol fare (sostiene un Monti bis? o fa la traversata nel deserto?) e deve spiegarlo a qualche milione di elettori che stanno alla finestra, gente che non voterà per un Cavaliere reloaded, ma è pronta a sostenere una svolta nel segno delle primarie e del rinnovamento. Gli elettori vedono quel che accade a sinistra, vogliono scegliere. Se il gioco democratico nel Pdl è chiuso, finiranno per tifare e votare per Renzi che farà saltare in aria la diga ideologica.

    Full Monti. Comincia a spogliarsi del vestito tecnico e diventa sempre più politico. Ha detto al Washington Post che è preoccupato che la politica vanifichi le riforme già approvate e che non ha ancora deciso cosa fare. Invece il Prof in cuor suo sa qual è il suo destino, vorrebbe solo che non fosse così: il salvatore di Camere senza vista, grillizzate e balcanizzate. Mario Sechi, Il Tempo, 13 settembre 2012

    IL PDL RECUPERI ALFANO E LE PRIMARIE SE NON VUOL SPARIRE, di Mario Sechi

    Pubblicato il 13 settembre, 2012 in Il territorio | Nessun commento »

    Il Pdl è uscito dagli schermi radar da quando ha accantonato le primarie, archiviato il segretario 40enne Angelino Alfano e varato «l’operazione nostalgia», un bizzarro vai e vieni tra il dolce ricordo del 1994 e l’illusione di essere ancora nel 2008. Travolto da un (in)solito destino il partito che aveva stravinto le ultime elezioni politiche, pensa di riproporre la stessa ricetta a un Paese in recessione oggi e anche domani, con la peggior produzione industriale d’Europa, il terzo debito pubblico del mondo e il più basso livello di fiducia nei partiti mai toccato nella storia. Lenin si sarebbe chiesto: che fare? Esclusa la rivoluzione del proletariato, al Pdl qualche carta da giocare resta, ma se la pesca dal vecchio mazzo, sta fresco. Il tema non è più vincere, ma sopravvivere con un futuro da costruire e non andare al voto per eleggere una modesta nomenklatura. Le coalizioni sono saltate, il Pdl è uno dei due partiti superstiti del bipolarismo all’italiana, ma non è al primo posto e rischia la marginalizzazione per incapacità di visione. Più di un anno fa Berlusconi aveva fatto la mossa giusta: nominare un segretario politico, Angelino Alfano, e avviare un’altra stagione. Poi nel partito ha vinto la linea del «facciamo secco il delfino» e «Silvio sei tutti noi», la classica manovra salva-apparato. Così Berlusconi ha fatto sapere di voler tornare a guidare la carica elettorale. Risultato? Black out. I fili della corrente sono stati tagliati e il Pdl è piombato in un isolamento totale. Mentre nel Pd si è aperta una stagione di rinnovamento – comunque vada, Renzi è destinato ad essere protagonista, bastava vedere con quale grinta si è battuto ieri sera a Ballarò – il Pdl è imbalsamato. Mentre a sinistra i militanti sono impegnati in un dibattito che produce mobilitazione, a destra regna un cimiteriale silenzio. La ricetta di Bersani e soci è archeologica, ma tutti vedono che quella visione del mondo è al suo ultimo giro di giostra perché un’altra generazione prenderà presto il potere che gli spetta, per ragioni storiche, politiche e anagrafiche. Modesto consiglio a chi non vuole ascoltare: recuperate Alfano e fate le primarie. Non è mai troppo tardi per non sparire. Mario Sechi, Il Tempo, 12 settembre 2012


    MONTI SCARICA CASINI (il pentito!), di Alessandro Sallusti

    Pubblicato il 11 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Giuseppe Pisanu, detto Beppe, Cirino Pomicino e Ciriaco De Mita insieme fanno 230 anni di età, dei quali 130 passati in parlamento. In carriera tut­ti e tre, chi più chi meno, sono finiti in guai giudi­ziari ed avevano ruoli importanti quando i parti­ti accumulavano tangenti e lo Stato debito pub­blico à gogo. Politici di professione, lavori zero, hanno avuto stipendi, privilegi e pensioni che li pongono nella top ten della Casta. Casini, che di anni ne ha solo 57 ma che da ben 30 fa solo il depu­tato, li ha arruolati e voluti ieri in prima fila alla chiusura del congresso fondante di «Italia», il nuovo partito che si pone in alternativa alla poli­tica tradizionale.

    Non siamo su Scherzi a parte , accade davvero nel circo impazzito della politica che tenta di so­pravvivere a se stessa. Il partito più gerontoco­mio d’Italia, anagraficamente e politicamente parlando, ha cambiato nome e sta facendo la cor­te a Mario Monti e ai suoi uomini. Casini non sta più nella pelle di fare, dopo aver brigato trent’an­ni con la politica, lo sponsor dei tecnici. Non è pentito, è solo furbo e senza vie d’uscita non vo­le­ndo allearsi col centrodestra e non potendo al­learsi con una sinistra zeppa di comunisti. Monti è il suo nuovo faro, per la prima volta il Casta-di­va Casini è disposto a uscire dal cono di luce del riflettore principale. Ma tanto entusiasmo, al mo­mento non sembra ricambiato. Ieri Monti lo ha gelato con una delle sue battute da professore ca­rogna. «Casini? Ricordo che fu colpa sua se non fui confermato ministro europeo nel 2004», ha detto in sintesi il premier. Il fatto è noto. Berlusco­ni voleva confermare Monti in Europa, ma Casi­ni si oppose, minacciando di uscire dall’allora maggioranza di centrodestra. Il nobile motivo era che Casini doveva piazzare il suo amico Roc­co Buttiglione, e tanto fece che ci riuscì. Sì, avete letto bene: Rocco Buttiglione scalzò d’ufficio Ma­rio Monti, ma combinò tanti e tali casini (con la minuscola) che non riuscì neanche a insediarsi, primo caso nella storia europea, nel governo di Bruxelles.

    Questo è Casini, questi sono i suoi compari su cui dovrebbe contare Monti per restare a Palaz­zo Chigi. Che dire se non: buona fortuna, signor presidente. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 11 settembre 2011

    .…………Ma Casini è un “fervente” cattolico e come tale avrà pensato che per cancellare il peccato (del 2004) gli basta nel 2012 fare penitenza (arruolando nel suo partito un pò di vecchietti). g.

    IL RITORNO DELLA PARTITOCRAZIA SENZA I PARTITI, di Mario Sechi

    Pubblicato il 10 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Uno sul palco a Reggio Emilia aveva iniziato bene sul tema del lavoro, poi è crollato nell’analisi ed è riapparso Bersani. Il segretario del Pd ha retto un quarto d’ora, poi è emersa la sua reale figura: un uomo fermo sul binario morto del Novecento. Dopo aver ascoltato il suo discorso ho capito che ci siamo ficcati in un guaio colossale. E non perché Bersani abbia detto cose sorprendenti, ma perché ha confermato i miei timori: i partiti sono un irriformabile sistema che non riconosce il corso della storia e pensa di aprire e chiudere parentesi a suo piacimento. La sinistra è archeologica, la destra s’è squagliata, i liberali sono una minoranza litigiosa, il resto è un magma indefinito. Il Pd è l’unico partito rimasto in piedi, male, ma comunque in piedi. Vincerà le elezioni per assenza dell’avversario, o meglio, per la presenza energizzante del nemico di sempre (Berlusconi) che invece di accompagnare il partito sulla strada del rinnovamento ha deciso di accompagnarlo all’eterno riposo. Messa così la faccenda, non resta che sperare in Matteo Renzi, in un suo exploit alle primarie, un risultato grande abbastanza da correggere in corsa la linea di Bersani, il tanto che serve per cominciare a traghettarlo verso la contemporaneità, e innescare un big bang anche nel Pdl. La situazione di questo partito è da allarme rosso: per assenza di dibattito interno e democrazia è sparito dagli schermi radar della politica. Può tornare in gioco solo con le primarie. Una competizione vera, aperta all’imprevisto e agli outsider. Una corsa vera, non un rally in playback tra concorrenti tutti presenti nel telecomando del Cavaliere. Incapaci di esprimere una classe politica nuova, ci ritroviamo con i boss della destra e della sinistra che cercano di disegnare a tavolino il futuro. Ci sono milioni e milioni di voti in libera uscita, ma loro giocano a Risiko. La tecnocrazia villeggiante a Cernobbio – il forum dove l’establishment che da vent’anni sbaglia ricetta ci dice come cambiare ricetta – ha illustrato un’agenda contabile senz’anima, mentre nel Palazzo si progetta una restaurazione inquietante: il ritorno della partitocrazia senza i partiti. Mario Sechi, Il Tempo, 10 settembre 2012

    ………….Cos’altro agiungere a questa analisi stringente e puntigliosamente esatta della situaizone in cui versa la politica nel nostro Paese? Forse val la pena di ricordare l’irridente e permalosa punzecchiatura dell’”homo novo”, creato in provetta dal re Giorgio 1° d’Italia, cioè Monti, che l’altro ieri a Cernobbio, a proposito del servile e leccante invito di Casini a rifare il premier anche dopo le elezioni, ha chiosato: ma no, possibile che in Italia non c’è un nessun altro leader da eleggere?  Ovviamente nascodnendo la risposta che “si, proprio non c’è, per cui ci sono io, super Monti!” Insomma nella tragedia affiora la farsa della presa per il culo,   di  una  intera classe dirigente da parte di quelli, tra cui lo stesso Monti,  che l’hanno fedelmente assecondata in questi ultimi decenni  nell’opera di distruzione della nostra economia e del nostro futuro. g.

    TUTTI SERVI DI MONTI, di Alessandro Sallusti

    Pubblicato il 9 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Il club dei miliardari, riunito nei saloni del Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio ha deciso:il popo­lo ci ha rotto, bisogna tagliare le gambe a questa sua assurda pretesa di voler decidere il suo futu­ro.

    Qui comandiamo noi,e chi non l’avesse capito pre­sto si dovrà adeguare. Così Mario Monti in persona ha annunciato che presto convocherà un vertice a Roma con tutti i leader e capi di Stato europei per decidere la strategia contro il populismo, termine vago e discusso che nella sua accezione originale indica la protesta contro i poteri forti e organizzati.

    Già me li vedo, la Me­rkel e Monti, varare misure eccezionali a difesa del su­per governo europeo, mai eletto ma che tutto decide. Mi chiedo quali misure verranno adottate contro parla­mentari in odore di populismo, se la Lega verrà messa al bando e Grillo arrestato. E se per caso alle elezioni, ammesso che ce le facciano celebrare, vincesse un as­se populista la Germania ci manderà contro i carri ar­mati come settant’anni fa? Siamo al delirio di onnipotenza, sulla soglia di una dittatura di tecnocrati.

    L’Europa e l’Euro non sono la soluzione del problema ma il problema. Ci hanno ane­stetizzato, invece che lo spray hanno usato lo spread, ma il risultato non cambia. Sono riusciti persino a evita­re che nella costituzione europea si facesse riferimen­to alle origini cristiane dell’Europa. Hanno deciso quanti centimetri devono essere lunghi i nostri fagioli, come devono essere fatti i nostri vini e formaggi. Si stan­no prendendo la sovranità del nostro parlamento e adesso vogliono anche la nostra libertà di dire che so­no un branco di affaristi mai legittimati dagli elettori che per di più non ne azzeccano una. Populisti, a cuc­cia, dice Monti.

    E Casini ubbidisce come un cagnolino fondando l’ennesimo partito («Italia») insieme alla Marcegaglia e (forse) a Fini da offrire in dono a Monti e ai suoi amici europei, quelli che il cristianesimo gli fa un po’ schifo. Un cattolico che non ha mai lavorato un giorno in vita sua (Casini), un fascista fallito (Fini), un sindacalista a tempo pieno (Bonanni), una imprendi­trice a capo di una delle aziende più chiacchierate (Marcegaglia), un ministro al centro di un caso di maxi evasione fiscale (Passera) sono pronti a vendere l’Ita­lia al club dei miliardari. In cambio della solita poltro­na. Non ci siamo. Meglio una stagione da populista che una vita da servo. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 9 settembre 2012

    .………..Sembra quasi una metafora del vituperatissimo”meglio un giorno da leone che 100 anni da pecora”, ma al punto in cui siamo meglio il populismo antieuropa dei ladri e dei mercanti che l’europeismo servile a cui vorrebbe assoggettarci il tecnocrate al servizio delle Banche internazionali Mario Monti. Il quale non si illuda,  non gli riuscirà, insieme all’ex marxista Angela Mekel,  di restringere in un immenso campo di contramento centinaia di milioni di individui la cui libertà personale è uguale alla libertà di pensiero e di opinione. Comprsi quello di essere euroscettici almeno sinchè l’Europa non sarà l’Europa dei popoli e delle Nazioni e i suoi dirigenti non saranno eletti dai popoli e non dalle Banche. g.

    GRILLO E RENZI SONO IN CAMPO. ARRIVERA’ ANCHE MONTI? di Mario Sechi

    Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Mario Monti non si pone il problema di un bis al governo, gli italiani invece tra una bolletta della luce e un pieno di benzina si pongono una domanda: chi votare? L’offerta è da dopoguerra: abbiamo l’usato (Berlusconi), il saldo di fine stagione (Bersani), il riciclato (Casini), il discount (Di Pietro), l’hard discount (Fini), il modernariato (Vendola), il prodotto folk (Maroni). Il supermarket per ora offre questo. E le novità della collezione primaverile del 2013? Sono due: Matteo Renzi e Beppe Grillo. Il primo è design contemporaneo, il secondo è un acquisto online. Piaccia o meno, questa è la realtà della nostra politica: il sindaco di Firenze e il comico di Genova rappresentano due fenomeni di rottura con esiti diversi. Renzi mira ad abbattere la vecchia classe dirigente del Pd per costruire una sinistra moderna, non settaria, lontanissima dalla scuola politica delle Frattocchie; Grillo è un comico che fa sul serio, anch’egli vuole abbattere il sistema, ma non si vede all’orizzonte un progetto concreto al di là della missione di picconare il Palazzo. Entrambi hanno un merito: hanno fatto emergere la pochezza di una classe dirigente fuori dalla contemporaneità, una gerontocrazia che fa quadrato per impedire all’ampia fascia di italiani fra i trenta e i cinquant’anni di guidare il Paese, come succede nelle altre democrazie avanzate. Renzi è destinato a crescere nei sondaggi e a pescare anche a destra. Il Movimento 5Stelle è stabilmente quotato come il terzo partito italiano. Neppure un accordo di nomenklatura – sancito con una nuova legge elettorale – riuscirà a fermare questo processo di cambiamento. Renzi e Grillo sono destinati a diventare soggetti politici con un ruolo nelle istituzioni nazionali. A questo scenario manca solo un altro elemento: la trasformazione dei tecnici in politici che si sottopongono al giudizio degli elettori. Manca il partito di Monti. Un movimento laico, repubblicano, borghese, ancorato all’Europa, non popolare ma dichiaratamente elitario. Così l’offerta sarà completa. E il cittadino potrà scegliere chi governa. Senza trucchi e inganni. Mario Sechi, Il Tempo, 8 settembre 2012

    ..………….Ma il cittadino, “uomo qualunque” per eccellenza, non potrebbe mai scegliere il partito elitario di Monti, il partito dei ricchi e opulenti super manger di stato, che dopo essere stati complici e talvolta,  anzi spesso responsabili essi stessi,  per decenni,  del dissesto del Paese, ora pretendono di amministarlo, ovviamente facendo pagare i costi senmpre e solo all’”uomo qualunque”. g.

    MENTANA, OVVERO FAI COME TI DICO E NON FARE COME FACCIO, di Alessandro Sallusti

    Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Giustizia, Politica | Nessun commento »

    Enrico Mentana, direttore del TgLa7, smet­te i panni del fustigatore e veste quelli del moralista.

    Non gli va che un suo collega di rete, Corrado Formigli, abbia fatto uno scoop, trasmettendo nel corso di «Piazza Pulita», il fuori onda nel quale Giovanni Favia, leader grillino, si lasciava andare a giudizi pesanti su Grillo e sul mo­vimento. Scorretto – ha detto il direttore nell’edizio­ne di ieri sera- carpire informazioni con l’inganno, e per di più mandarle in onda senza avvisare gli ospiti presenti in studio, tra i quali lui Mentana medesimo. Evidentemente il direttore pretende di comandare anche in casa d’altri, ma a parte questo non credia­mo che si tratti di sola invidia professionale.

    No, ci de­ve essere altro, perché Mentana non si è mai fatto pro­blemi prima d’ora a sfruttare tutti i fuori onda audio e video (oltre che intercettazioni illegali) capitatigli tra le mani. Vuoi vedere che il cuore del direttore su­per partes per antonomasia in realtà batte forte per il vendicatore Grillo e non gli va che qualcuno ne met­ta in discussione la limpidezza? Lecito, ovviamente, ma farebbe bene, per coerenza, ad avvisare anche i suoi ascoltatori. Se così non fosse ci scusiamo e gli segnaliamo un caso simile che evidentemente, nella foga di difende­re i grillini, gli è sfuggito e che riguarda il suo ex edito­re, quello che lo ha reso ricco e potente. Si tratta di un fuori onda giudiziario pubblicato ieri da Il Fatto .

    È il resoconto dell’interrogatorio che Silvio Berlusconi ha rilasciato pochi giorni fa a tre pm di Palermo sui soldi dati a Dell’Utri. Battute, giudizi e confidenze che Berlusconi ha fatto nel chiuso di una stanza alla presenza dei soli tre magistrati, uno dei quali è il fami­gerato Ingroia. Niente avvocati, niente cancellieri. Ora, escludendo che Berlusconi abbia spifferato il contenuto al giornale dei giustizialisti, è ovvio che a cantarsela è stata una delle tre toghe. La quale ha vio­lato così la legge e ha mancato di rispetto a un testimo­ne, per di più ex premier e attuale presidente del parti­to di maggioranza relativa. In breve ha commesso un reato. Avremmo sperato che Mentana, giornalista li­bero e puro, si fosse indignato, avesse chiesto al Csm, dal suo pulpito serale, l’apertura di un’inchiesta per violazione del segreto istruttorio e turbativa della po­litica italiana. Facile, caro Mentana, prendersela con Formigli. Prova, se hai le palle, ad attaccare Trava­glio e Ingroia, a difendere Berlusconi quando è vitti­ma di ingiustizie. Ma forse chiediamo troppo anche a un maestro di giornalismo. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 8 settembre 2012

    PRESSIONE FISCALE AL 55%: E’ QUESTA LA CIVILTA’ DI MONTI?

    Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Economia, Politica | Nessun commento »

    Pressione fiscale al 55%: ecco la civiltà di Monti

    Una “guerra di civiltà“, l’ha definita Mario Monti. La battaglia contro gli evasori fiscali è una delle priorità del governo, forse perché se vinta porterebbe nelle casse (vuote) dello stato cifre mai viste. Basta considerare che l’economia sommersa nel nostro paese è stata calcolata in 418 miliardi di euro mentre la fuga dal fisco equivarrebbe a un tesoretto monstre di 181 miliardi. Sei manovre corpose, per intenderci. Logico che occorra usare ogni arma possibile, compreso, per esempio, un sistema di “identikit” dell’evasore messo a punto dal Ministero delle Finanze. “Non chiamateli più furbetti”, aveva tuonato dal palco del meeting di Cl il professore, ammonendo i tg Rai a cambiare registro. I fenomeni di evasione fiscale, ha ricordato alla Fiera del Levante Monti, “minano alla radice la fiducia di ciascuno verso il vicino e il lontano”. Giusto anche questo.

    Le colpe dello Stato – Ma c’è un però. Pressione fiscale reale al 55%, debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di 90 miliardi (e nel frattempo di aziende ne sono morte 146mila nel solo primo trimestre del 2012), bollette energetiche sempre più care (gli imprenditori italiani pagano l’elettricità 10 miliardi in più rispetto ai concorrenti dell’Unione europea), prezzi dei trasporti alle stelle (da quelli pubblici, treni e tram, alla benzina schizzata oltre 2 euro col 60% dovuto a tasse, Iva e accise), Iva al 21% con effetti recessivi e impatto devastante sul costo della vita, nuove tasse come l’Imu su prima e seconda casa (e magari con il barbatrucco di una rivalutazione del mattone per aumentare l’imponibile), inasprimento di Irpef e Tarsu, imposte sul fumo, riforma durissima delle pensioni con autentica truffa per gli esodati (che secondo l’Inps sarebbero 390mila). Tutti elementi, sintetizzati in poche righe, che avvalorano un’altra tesi: lo Stato, di cui il governo Monti è da 9 mesi mente e braccio, sta facendo di tutto per minare alla radice la fiducia di ciascun cittadino e contribuente nei confronti non del vicino e del lontano, ma dello Stato stesso.

    Fiducia spezzata – Il problema di quanto lo Stato chiede e di quanto dà in cambio è nodo fondamentale nei rapporti con il cittadino. Eppure per Monti e i professori sembra rappresentare un dettaglio, una sfumatura nel grande processo di rivoluzione “etica” del sistema Nazione. Persino il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera ha ammesso che bisogna “cambiare il fisco, semplificare le regole”, renderlo in altre parole più umano. Anche perché il rischio è quello di creare una generazione (quella futura, oltre ad ampie fasce di quelle presenti) scettica nei confronti della Pubblica amministrazione se non addirittura ostile a Equitalia ed Erario, anti-tasse per cultura e per spirito di sopravvivenza. Quaranta e passa suicidi di imprenditori, artigiani e dipendenti in questa prima metà di 2012, duemila persone che nello stesso periodo sono ricorse a gruppi di sostegno, ascolto e supporto psicologico contro la crisi, un livello di disoccupazione al 10,5% (mai così male dal 1999) con un giovane su tre senza lavoro. E’ da questi numeri, non dai proclami, che bisogna partire per tracciare lo stato di salute dell’Italia attuale. Un’Italia per molti versi incivile, che non ha bisogno di guerre di civiltà ma di maggiore equità. Monti a Bari ha preferito rivaleggiare con l’amico Mario Draghi, ha rivendicato l’importanza dei sacrifici imposti, si è di fatto autoproclamato salvatore d’Italia e d’Europa. L’Italia e l’Europa forse si salveranno, spread permettendo. Il prezzo sarà quello di aver perso la fiducia di molti italiani. Da LIBERO, 8 settembre 2012

    .………….Monti, a Bari, dove ha gigioneggiato e come al solito marameldeggiato sugli assenti, ha dimenticato di dire che l’unica battaglia che ha ignorato di fare sul terreno delle tasse è quella contro la casta che continua a saccheggiare le casse dello Stato. Ma lui se ne infischia perchè prima di accettare di fare il Robin Hood alla rovescia per conto della più scalcagnata classe dirigente del mondo, s’è assicurato un vitalizio di 25 mila euro al mese che si aggiungono ai circa 35 mila che già percepiva di pensione.  Dall’alto di queste cifre può lui discettare di civiltà parlando delle tasse che impone ai cittadini italiani? g.

    ECCO PERCHE’ I VECCHI POLITICI HANNO FALLITO, di Mario Sechi

    Pubblicato il 6 settembre, 2012 in Politica | Nessun commento »

    Il mondo si muove alla velocità della luce, mentre l’Italia sembra un trenino che sbuffa e minaccia di fermarsi perché ha finito il carbone. Mentre il Pd cerca di sgambettare Renzi, il Pdl si rinchiude nel bunker e il sistema politico appare incapace di affrontare la sfida della contemporaneità, intorno a noi accadono cose destinate a cambiarci la vita. In Europa è in corso una battaglia cruenta per la sopravvivenza dell’Unione e della moneta unica. E uno dei protagonisti di questa contesa è un italiano, Mario Draghi, presidente della Bce. Oggi la riunione del direttorio della Banca centrale europea dovrebbe svelare se il suo piano di «acquisti illimitati» di bond degli Stati che subiscono la speculazione sul debito passa o no. La Germania si oppone al piano. Il Parlamento italiano tace. E mentre in Italia volano le ore di cassa integrazione, gli indici produttivi sprofondano e la disoccupazione galoppa, i partiti non riescono neppure a trovare l’accordo per uno straccio di legge elettorale che consenta al Paese di avere un governo politico e non un gruppo di tecnocrati senza alcun legame con il corpo elettorale. Siamo nel cuore della democrazia. Ma la preoccupazione è quella di fare un accordo di nomenklatura, non di ridare lo scettro al popolo. Tutto questo accade mentre la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti, entra nella fase finale della campagna per le presidenziali. I repubblicani hanno lanciato Mitt Romney, i democratici provano a fare il bis alla Casa Bianca con il presidente Obama. Hanno programmi politici opposti. E la sfida è apertissima. Anche questo fatto è per noi fondamentale. Perché l’Italia non è il Paese periferico dipinti nei racconti dei «peggioristi». Siamo al centro del Mediterraneo, quello che accade in Nord Africa (ne abbiamo avuto prova con la caduta di Gheddafi in Libia) è per noi vitale e il Medio Oriente è a un tiro di schioppo (e missile). Se Israele attacca l’Iran nei prossimi mesi che cosa facciamo? Qual è la nostra linea di politica estera? Mistero. Il nostro dibattito pubblico fa pena. Per questo servono nuovi leader. I vecchi hanno fallito perché non hanno una visione del mondo. Mario Sechi, Il Tempo, 6 settembre 2012

    ……Il guaio è sempre quello. Di nuovi leader tutti auspicano l’arrivo ma in giro non ce ne sono, nè vecchi, nè nuovi. Anzi, i nuovi, per intrenderci quelli chiamati al governo per salvarci valgono nemmeno il valore di  un cicca gettata per strada. C’è solo una novità e viene da  Bruxelles: Draghi, il presidente italiano della Banca Europea ed governmatore della Banca d’Italia l’ha spuntata conmtro la Merkel e la Germania e sia pure con un solo voto di maggioranza ha ottenuto che la BCE acquisti titoli di stato senza limiti e confini. Finalmente uno con i co…ni al posto giusto, sempre che le rose non appassiscano subito. Se fioriranno che sia lui, Draghi, l’uomo nuovo? g.