Archivi per dicembre, 2010

SONO PAZZI QUESTI FINIANI: RITRATTO DEGLI SFASCISTI E IL COMMENTO DI VITTORIO MACIOCE

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Roma – Acrobati del pensiero. Svolte e contro svolte. Avanti e indietro. I futuristi sono sempre più in là. Sempre oltre. Oltre se stessi e quello che avevano pontificato ex cathedra qualche giorno prima. Salgono sui tetti, poi scendono e votano la riforma dell’università. Dichiarano finita l’esperienza del berlusconismo, però cinque minuti dopo assicurano che è lui, il Cavaliere, il leader del centrodestra. Ma quale centrodestra? I finiani sono di destra? In realtà ammiccano a sinistra, ma si proclamano di destra. Sono tutto e il contrario di tutto. Congiurano contro il Cavaliere ma sono pronti a sostenerlo. Berlusconi deve farsi da parte, è bruciato, è finito, non c’è più. Ma già che c’è resti pure a Palazzo Chigi. Purché cambi. Ma cambi che cosa? Discontinuità, è una delle parole chiave. Discontinuità, ovvero il sogno di un centrodestra orfano del Cavaliere. O forse non è un centrodestra è un centroqualcosa d’altro. Ma, si sa, i sogni muoiono all’alba e allora il cofondatore del Pdl, partito battezzato ieri e oggi rinnegato, studia da protesi per un Berlusconi bis, appena ripudiato. E qualcuno dei suoi si spinge oltre, si può procedere così, a andare avanti con il Berlusconi 1. Dopo aver vagheggiato e impallinato il Berlusconi 2 e aver chiesto al Cavaliere di indicare il nome del suo successore. «Sarebbe folle andare a votare in questo momento storico – ci spiega, apocalittico, Luca Barbareschi – sta fallendo il Paese, l’Italia non c’è più o forse non vi hanno avvertito?», domanda ironico alle autorità riunite al Teatro Petruzzelli di Bari. Ecco, parafrasando Barbareschi, si potrebbe dire: sono pazzi questi finiani. Un po’ futuristi e un po’ retrò. Più avanti e più indietro. Anti Cavaliere e pro Cavaliere. Un prisma dalle cento facce. Le cento facce di Gianfranco Fini.

Il Giornale, 10 dicembre 2010

IL COMMENTO DI VITTORIO MACIOCE

Quando gli dei vo­gliono punire gli uomini esau­discono i loro desideri. Qualcosa del genere deve essere capi­tato ai finiani. Volevano un partito? Ce l’hanno. Volevano il futuro? Sta arrivando. Volevano una mozione di sfiducia contro Berlusconi? Ec­cole, ce ne sono addirit­tura due, in calendario il 14 dicembre. La disgra­zia è che sono tutti im­pazziti. Non riescono a sostenere il peso delle loro preghiere.

Hanno lasciato il Pdl convinti che bastasse battere tutti insieme i piedi per mettere a soq­quadro il mondo. Un at­timo­dopo si sono accor­ti che ognuno sta batten­do il tempo per conto suo. Moffa saltella cau­to e lento, Bocchino a de­stra e sinistra, Granata come un invasato conti­nua a urlare «più forte, più forte», Barbareschi da primo attore sbraita: la scena è mia.

Insomma, si stanno tutti sulle scatole. L’uni­co sentimento che li tie­ne insieme è la guerri­glia nichilista. Sfascia­mo tutto, ma giorno per giorno. Quello che resta di futuro e libertà è la scritta Fini e un simbolo che ricorda la scatola del formaggino Mio. E la paura. Tutti lì dentro sanno che se si va a vota­re adesso sono rovinati. Il bluff non è riuscito. Berlusconi invece di al­zarsi dal tavolo è andato a vedere le carte. Il para­dosso è che ora accusa­n­o la maggioranza di so­stenersi con i voti di «parlamentari non doc», eletti con un altro schieramento. I tradito­ri si lamentano dei tradi­tori.

Formiche nel panico. Ogni giorno c’è qualcu­no che dice «andiamo lì» e subito un altro ri­sponde «no, no, dall’al­tra parte». Bersani e Ca­sini stramazzano, ubria­cati dalla politica dello stop and go. E Fini? Fini cerca di convincere gli italiani che la sua dop­pia parte in commedia sia normale. Fa l’uomo delle istituzioni e il parti­giano, il presidente del­la Camera e il capo del­l’opposizione, il media­tore e il ribaltonista. Sve­la i piani di Napolitano: «So come andrà a fini­re ». Ma perfino la parte del congiurato gli viene male. Quando a Monte­citorio incontra i depu­tati in bilico sulla sfidu­cia lo fa per tenersi ag­giornato o per convin­cerli? Fa il presidente o il segretario? La beffa è che poi si cambia d’abi­to e dice con tono solen­ne: «C’è pressione inde­bita sui deputati ». Di chi onorevole Fini? Di Ber­lusconi naturalmente.

Il sospetto è che con tutte queste maschere stia smarrendo la tra­ma. La stessa cosa acca­de nel partito. Le colom­be sono convinte che il capo abbia le piume bianche, i falchi giura­no che sono nere. Gli in­decisi vanno in giro con la maglia della Juven­tus. La conseguenza è che ognuno si sente le­gittimato a parlare con il Pdl nel nome del Fli. Bocchino va da Berlu­sconi e tratta il post 14 dicembre. Ma vuole che il Cavaliere faccia finta di dimettersi. Moffa di­ce che non serve neppu­re fare finta. Tutti fanno finta di non capire. Sfi­ducia sì, sfiducia no, sfi­ducia boh. Basta. Perfi­no i veterani del Transa­tl­antico si rifiutano di se­guire i ghirigori finiani. C’è da impazzire.La sce­na la chiude Barbare­schi: «Si va alla sfiducia, pazzo chi ci ripensa». Appunto. Sono pazzi questi finiani.

FALSO SCOOP: NON ERA VERA LA SCARCERAZONE DI SAKINEH

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Cronaca, Politica estera | No Comments »

Sakineh non sarebbe stata scarcerata, come precedentemente riportato da alcune agenzie di stampa internazionali. Secondo Press TV, il canale televisivo iraniano di stato in lingua inglese, le immagini della donna e dell’avvocato pubblicate sui media occidentali non sarebbero altro che parte di un documentario messo a punto dallo stesso canale televisivo. “Contrariamente a quanto affermato dai media occidentali, secondo i quali l’omicida confessa Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata rilasciata – si legge sul sito di Presstv.com – è accaduto che un team di operatori, d’intesa con la magistratura, ha ripreso Ashtiani nella sua abitazione, nell’ambito di un interrogatorio sulla scena del crimine. Il programma di Press tv, intitolato Iran today andrà in onda questa sera alle 20.35 e sabato all’1.35″.

“L’unico scopo del regime era giocarsi la carta Sakineh con il gruppo 5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu e la Germania), con cui Teheran ha avuto dei nuovi colloqui”, ha commentato Taher Djafarizad, attivista del Comitato internazionale contro la lapidazione.

IL GRAN ROMPICAPO DELLA MEDIAZIONE (IM)POSSIBILE TRA BERLUSCONI E FINI

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Adesso le mediazioni sono almeno tre, diverse, ma incrociate. Gianni Letta con Gianfranco Fini, Italo Bocchino con Silvio Berlusconi e la colomba finiana Silvano Moffa che tende la mano al Pdl oltre ogni aspettativa: “Berlusconi non si dimetta, è necessario un accordo politico prima del 14 dicembre. Ci vuole un patto di legislatura. Non ci facciamo dettare la linea dall’Udc”. Che succede? I numeri alla Camera ballano, le ultime quotazioni danno in ripresa il premier. Se possibile, dunque, la conta sulla fiducia, dal punto di vista dei più moderati tra i finiani, va evitata, anche perché – pensano – “se va male non ci si può fidare di Casini”. Il leader centrista è sospettato di possibile “tradimento”. Come ripete sornione da settimane l’ex ministro berlusconiano Mario Landolfi: “Ricordatevi che Casini è un ‘pragmatico’, alla fine farà ciò che più conviene’”. Non solo. Nel gruppo di Fini, alcuni senatori e deputati hanno siglato la mozione di sfiducia sotto la condizione che venisse utilizzata soltanto come strumento di pressione negoziale nei confronti di Berlusconi. Non sono pochi in Futuro e libertà, uno di questi è Silvano Moffa, coloro i quali vogliono assolutamente evitare che si arrivi davvero al voto di sfiducia contro il governo. Non credono nel terzo polo, non credono all’alleanza con Casini, vorrebbero salvare il presidente della Camera da quello che considerano un “tragico errore”.

E’ in queste circostanze che l’ambasciatore di Fini, Bocchino, ha proposto al Cavaliere (che ha davvero incontrato, martedì, al di là delle smentite pubbliche) un accordo che sospenda il voto di sfiducia passando dalla riforma della legge elettorale e dalle dimissioni di Berlusconi; un passo indietro – questa la garanzia – finalizzato esplicitamente a un reincarico del Cavaliere. Ma il premier ha rifiutato la proposta. Lui non ha alcuna intenzione di dimettersi né è disponibile a scrivere una legge elettorale che, alzando il quorum del premio di maggioranza, indebolirebbe la centralità del Pdl all’interno della coalizione di centrodestra. Il Cav., tuttavia, consigliato da Gianni Letta, cerca a sua volta un negoziato ed è disposto ad alcune concessioni purché Fini, e Fli, ritirino la mozione di sfiducia o si astengano dal votarla la settimana prossima. La legge elettorale? Per Berlusconi se ne può discutere purché “preservi la tendenza bipolare e bipartitica”. Ma il problema, che rende un vero rompicapo questa difficilissima (impossibile?) mediazione, è che ciascuno dei duellanti sembra avanzare un’offerta inaccettabile per l’altro. Il Cav. non si vuole dimettere, o almeno non vuole farlo da una condizione di minorità, non vuole cedere a quello che suona come un ricatto, né può accettare una riforma della legge elettorale studiata apposta per annacquare il suo potere carismatico. Mentre Fini, specularmente, non può ritirare la mozione di sfiducia senza subire un potente contraccolpo d’immagine; senza che questa decisione appaia come una ritirata scomposta.

Martedì scorso, Gianni Letta lo ha scandito con chiarezza in un colloquio privato con Pier Ferdinando Casini: Berlusconi “non ha nessuna intenzione di dimettersi, state sbagliando tattica”. L’approssimarsi dell’ora X, del troppo atteso doppio voto di fiducia del 14 dicembre, ha improvvisamente destato timori fino a ieri inconfessabili nelle file finiane di Fli. “I conti del pallottoliere stanno cambiando”, ha confermato ieri Gaetano Quagliariello ai propri interlocutori del Pdl, “adesso è molto probabile che avremo la fiducia anche alla Camera”. Calcoli confermati da piccoli, ma determinanti (considerata la debolezza degli equilibri), smottamenti a Montecitorio tra i gruppi minori, nell’Api, nei Libdem, nell’Idv e persino nelle file dell’opposizione. Una manciata di voti, tre o quattro assenze strategiche, possono modificare un equilibrio che – a bocce ferme – descrive l’Aula di Montecitorio spaccata a metà.

Col passare delle ore, è la proposta moderata del finiano Moffa l’unica mediazione vagamente possibile per evitare il voto di sfiducia: un patto di legislatura e un corposo rimpasto di governo, prima del voto, nei pochissimi giorni che rimangono. Ma Casini potrebbe non accettare, non adesso almeno. Non ne ricaverebbe grandi vantaggi, adesso. Il diniego del leader udc impedirebbe a Fini, ammesso che voglia sul serio farla, qualsiasi mossa irenista nei confronti di Berlusconi prima del 14. Maurizio Gasparri ha risposto, per conto del Pdl: “Il patto di legislatura è una strada percorribile”. Oggi il Cavaliere dovrebbe riunire il proprio stato maggiore per discutere dei numeri, ma anche per sciogliere il rompicapo d’una mediazione impossibile.

di  Salvatore Merlo – FOGLIO QUOTIDIANO

…………E’ improbabile che si giunga ad una ricomposizione tra Berlusconi e i finiani perchè mai e poi mai Berlusconi accetterebbe le ingiunzioni che gli vengono da Fini  di dimettersi prima del 14 in cambio di impegni per un nuovo governo “entro 72 ore”. Fini è persona infida e inaffidabile, capace di ogni nefandezza politica e di ogni tradimento. E’ tradimento  (di Casini) anche aver mandato il suo scudiero Bocchino a parlare con Berlusconi e proporgli il Berlusconi bis senza aver avvisato nè il suo interlocutore principale  del cosidetto terzo polo, nè l’altro, il Rutelli che conta tra i due quanto il due di coppe quando la briscola è a denari. Ecco, questo è Fini, maneggione della politica che è acido quanto basta per renderlo freddo calcolatore che pensa solo ai suoi interessi. Ed è un peccato che a parte quella decina di inferocite mezze calzette che grazi al tradimento stanno godendo di una insperata ribalta mediatica, lo abbiano seguito in quessta sqaullida avventura,  che li sta portando nelle bracce di Bersani e di Di Pietro, parlamentari la cui storia politica merita rispetto. Però, a parte ciò, costoro sono in grado di valutare le gravi conseguenze della loro decisione di seguire Fini in questa operazione suicidio e tirersene fuori. Confidiamo che sappiano ricredersi e ritrarsi dal tradimento del voto popolare che li ha eletti nel centro destra perchè siano alternativi alla sinistra. g.

BELPIETRO AI FINIANI: SIETE TRADITORI

Pubblicato il 9 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

Pubblichiamo l’editoriale di venerdì 4 dicembre del  direttoredi Libero, Maurizio Belpietro, che ha scatenato un inteso dibattito.


Cari traditori, qui sotto trovate le vostre foto e il vostro indirizzo email alla Camera. Immagino la sorpresa e l’arrabbiatura nel vederli pubblicatiedati in pasto ai lettori, i quali da qui al 14 dicembre, e anche dopo, potranno scrivervi ed esprimere personalmente ciò che pensanodel vostro operato. Dite che così vi mettiamo nelmirino, ci accusate di intimidazione e di usare la carta stampata come un manganello? Dite quel che vi pare: a noi importa un fico secco. La sola cosa che ci preme è far conoscere nomi e volti di chi si appresta a tradire il mandato ricevuto dagli elettori quando fu spedito in Parlamento.

Molti di voi all’epoca erano perfetti sconosciuti, per lo meno al grande pubblico. Chi sapeva dell’esistenza di Daniele Toto e di Alessandro Ruben? Oppure di Catia Polidori e di Chiara Moroni? Pochi, pochissimi. Eppure gli italiani di centrodestra vi votarono in massa. Non già perché fossero attirati dalle vostre idee o dal modo con cui eravate in grado di esporle, semplicemente perché sulla scheda c’era il nome di Berlusconi. Fu lui che scelsero gli elettori, non Ruben, Toto, Polidori o Moroni.

Fu a lui che affidarono il compito di realizzare il programma presentato in campagna elettorale. Eppure voi, perfetti sconosciuti  diventati deputati grazie al suo nome e al suo consenso, vi preparate a votargli la sfiducia. Anzi: promettete di mandarlo a casa e di prenderne il posto alleandovi con la sinistra, ovvero con la parte politica che ha perso ed è minoranza assoluta nel Paese. Dite che lo fate nell’interesse dell’Italia, un interesse che però l’Italia non vi ha mai affidato e del quale non vi ha chiesto di farvi carico. Il compito semmai lo ha dato al Cavaliere, ma ora voi spiegate che il presidente del Consiglio è un inetto, uno che tira tardi la sera e fa affari con Putin, e per questo vi preparate a pensionarlo.

Certo, nessuno è perfetto, neanche Berlusconi, prova ne sia che vi ha messo in lista, vi ha fatti eleggere e vi ha dato il potere enorme di ribaltare le decisioni degli italiani. Voi, politici eletti per grazia ricevuta, dite di voler liberare gli elettori dal tiranno e annunciate altempo stesso l’intenzione di cambiare la legge elettorale per restituir loro il diritto di scelta. Ovviamente non vi rendete neppure conto di superare il comune senso del pudore: voi, deputati non votati, volete ridare il voto agli italiani e per raggiungere il vostro obiettivo per prima cosa fate fuori l’uomo che gli italiani hanno votato, ne prendete il posto e negate
agli stessi italiani il diritto di voto. Esistesse la possibilità di recesso anche per l’elezione di un parlamentare, da domani sareste a spasso. Ci fosse un modo per farvi pagare una penale per violazione del contratto stipulato al momento della nomina, sareste in bancarotta. Purtroppo non c’è né l’una né l’altra. E non c’è neppure il vincolo di mandato, ovvero una norma che vi obblighi a mantenere almeno nella forma un minimo di coerenza con ciò che è stato promesso agli elettori. Il nostro ordinamento non lo prevede. Nessuno nell’Italia del Quarantotto pensò che i deputati potessero cambiare casacca e chi scrisse la Costituzione non immaginò neppure lontanamente che i parlamentari potessero voltare gabbana, passando dalla Dc al Pci e viceversa.

All’epoca c’era ancora un briciolo d’ideali e questi, nonostante tutto, venivano prima della carriera. Alla quale immagino teniate molto, visto l’impegno profuso per impedire che gli elettori dicano la loro lasciandoli votare. Tranquilli, forse ce la farete: forse il 14 dicembre riuscirete a buttar giù il Cavaliere e anche a ottenere uno strapuntino che vi innalzi un gradino più in alto di dove state. Ma ora che vi hanno visto e conoscono la vostra mail, alle prossime elezioni gli italiani si ricorderanno di voi.

di Maurizio Belpietro

NOTA DELLA REDAZIONE – Molti lettori ci criticano perché utilizziamo la parola “traditori” nei confronti degli onorevoli di Fli, Mpa e altri deputati che hanno deciso di sfiduciare il governo. Però non siamo noi che abbiamo votato la fiducia sui cinque punti proposti da Berlusconi a fine settembre e, a distanza di un paio di mesi, abbiamo cambiato idea.

E poi  proviamo anche a ribaltare la prospettiva. Invitiamo chi ci accusa di essere “politicamente scorretti” a riflettere sul comportamento del presidente della Camera, Gianfranco Fini. La sua dovrebbe essere una figura assolutamente super partes. Ma se il leader di Futuro e Libertà aveva già palesemente abbandonato il suo ruolo di garanzia a favore della politica attiva, l’incontro con Rutelli e Casini dello scorso giovedì ha segnato il punto di rottura definitivo.

E’ “politicamente corretto”, da parte del presidente della Camera in carica, pianificare con le forze di opposizione il voto di sfiducia cercando di raccogliere il maggior numero di deputati possibile?  E, soprattutto, è “politicamente corretto” lavorare per affidare l’esecutivo a una maggioranza non legittimata dalle ultime elezioni, e alla quale potrebbe aderire il plurisconfitto Partito Democratico, inviso a tutti gli elettori del Popolo della Libertà? Il Pdl, fino a prova contraria, resta la maggioranza.

SCRIVETE AI 45
– L’indirizzo email pubblico dei deputati segue questo formato: cognome_inizialenome@camera.it. Un esempio: bocchino_i@camera.it. Fate sentire la vostra voce

LA LISTA DEI 45
Italo Bocchino
Giulia Bongiorno
Luca Barbareschi
Benedetto Della Vedova
Fabio Granata
Chiara Moroni
Catia Polidori
Flavia Perina
Adolfo Urso
Andrea Ronchi
Roberto Rosso
Alessandro Ruben
Daniela Melchiorre
Daniele Toto
Giorgio La Malfa
Giorgio Conte
Claudio Barbaro
Luca Bellotti
Carmelo Briguglio
Antonio Buonfiglio
Giuseppe Consolo
Giulia Cosenza
Aldo Di Biagio
Francesco Divella
Donato La Morte
Nino Lo Presti
Roberto Menia
Silvano Moffa
Angela Napoli
Gianfranco Paglia
Carmine Patarino
Francesco Proietti
Enzo Raisi
Giuseppe Scalia
Maria Grazia Siliquini
Mirko Tremaglia
Gabriella Mondello
Roberto Commercio
Ferdinando Latteri
Angelo Lombardo
Carmelo Lomonte
Aurelio Misiti
Maurizio Grassano
Italo Tanoni
Paolo Guzzanti

NESSUNO VUOLE IL VOTO PERCHE’ IL PROBABILE RITORNO ALLE URNE FA TREMARE IL POLSO A TUTTI

Pubblicato il 9 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

C’è una battuta di Woody Allen che descrive bene l’atmosfera che si respira dalle parti di Fini e di Casini: «Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando questo succederà». I due dichiarano pubblicamente di non avere affatto paura delle elezioni, ma in realtà le temono. Sondaggi alla mano, non vorrebbero trovarsele fra i piedi. Anche perché, quanto meno per la stessa sopravvivenza di Futuro e Libertà, potrebbero rivelarsi davvero pericolose. La paura, insomma, fa novanta. E, come sempre, è una cattiva, perfida consigliera. È la paura che spinge i finiani a dichiararsi disponibili ad alleanze governative e, persino, elettorali con partiti e forze antiberlusconiane. Salvo, poi, a tornare indietro e ad assicurare che mai si presenterebbero insieme al Pd.
È ancora la paura che spinge Fini e la sua corte ad avanzare a Berlusconi l’offerta politica, qualche giorno o qualche ora prima esclusa a priori, di guidare un nuovo governo di centrodestra, un Berlusconi bis, insomma, varato con il passaggio delle dimissioni prima del 14 dicembre per evitare il voto del Parlamento. È circolata, in proposito, persino la voce, riportata da alcuni quotidiani nazionali, secondo la quale a un premier convinto che lo si voglia comunque eliminare dalla scena politica e che ritiene (giustamente) di non potersi fidare della parola dei suoi ex compagni di cordata sarebbe stato proposto da esponenti autorevoli di Futuro e Libertà un «impegno scritto» che gli garantirebbe il reincarico dopo le dimissioni farsa necessarie alla pattuglia dei finiani per non perdere la faccia. Si tratta di una voce, di un rumour.
Ma è una voce che la dice lunga sulla fifa blu che scorre nelle vene di certi personaggi. E che, soprattutto, la dice ancor più lunga sul modo con il quale viene concepito il galateo istituzionale dalle parti di Futuro e Libertà. Una ipotesi del genere sarebbe, infatti, a dir poco, una intromissione inammissibile nelle prerogative del Capo dello Stato, al quale compete formalmente il conferimento del mandato per la formazione di un governo. Del resto, però, c’è ben poco da meravigliarsi. Il rispetto per le istituzioni e per la sacralità delle istituzioni – che dovrebbe costituire, davvero, il sale di una sana democrazia rappresentativa – è stato messo in crisi, se non addirittura vilipeso, dalla permanenza del leader di Futuro e Libertà alla presidenza della Camera dei deputati e dai suoi comportamenti non certo in linea con il ruolo di garante super partes dei lavori e degli equilibri parlamentari. La paura, dunque. La paura delle elezioni. Già, perché questo scenario – per quanto esorcizzato e temuto dai tanti parlamentari che rischierebbero di tornarsene a casa senza pensione e probabilmente di rimanerci – è uno scenario possibile, forse anche probabile. Che cosa, infatti, potrà accadere il 14 dicembre? Prima ipotesi: Berlusconi ottiene la fiducia al Senato e alla Camera.
Il governo va avanti, ma – è lecito domandarselo – fino a quando? E con quale spazio di manovra se la sua maggioranza è tenuta insieme non da un programma ma dal collante della paura di dover rinunciare a privilegi e rendite di posizione e dover tornare a casa? Seconda ipotesi: Berlusconi ottiene la fiducia al Senato ma non alla Camera. A questo punto, egli può andare dal Capo dello Stato e chiedere, in nome della stabilità politica, lo scioglimento della sola Camera dei deputati o di entrambe le Camere. È una richiesta logica. Da più parti si è fatto notare che l’indicazione sulla scheda elettorale del nome del premier è un segnale politico forte. Ma c’è di più. E di ben più giuridicamente rilevante. Molti parlamentari, infatti, sono stati eletti grazie al premio di maggioranza attribuito alla coalizione vincente: se la coalizione si sfalda viene meno anche la «legittimazione» se non la «legittimità» della loro nomina. Con quel che ne consegue. Un eventuale nuovo governo, diverso dall’attuale, apparirebbe non soltanto un tradimento degli elettori – il governo del ribaltone insomma – ma anche un governo espresso da un Parlamento con un deficit di «legittimazione». Il che, è prevedibile, finirebbe per far alzare la pressione politica del paese fino a livelli probabilmente incontrollabili.
Il Capo dello Stato, nella eventualità in cui Berlusconi dovesse presentarsi a lui per rimettere il mandato, dovrà tenere conto di tutte queste considerazioni, non solo giuridiche, ma anche, e soprattutto, politiche e di opportunità. E non è affatto escluso che la scelta delle urne gli appaia la migliore e più corretta delle soluzioni. Una soluzione che fa tremare le vene e i polsi di chi questa crisi ha voluto innescare. Con assoluta incoscienza e nel totale disprezzo delle indicazioni degli elettori. Francesco Perfetti, Il Tempo, 9 dicembre 2010

FINI NEL CAOS, VUOLE TORNARE INDIETRO…

Pubblicato il 9 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

    Fini torna a casa. No, non a Montecarlo. Torna da Berlusconi. Ancora non lo vuo­le dire in giro, ma prima di martedì, del famoso 14 dicembre, potrebbe arrivare a una tregua per dare un futuro a questa legislatura dopo il voto di fiducia. In pub­blico continua il bau bau, dietro le quinte chiede di trattare. È la politica, bellezza. Ma se proprio si vuole dare una spiegazio­ne a quello che sta accadendo bisogna guardare la matematica. Il segreto è nei numeri. Ogni giorno che passa ce n’è qualcuno che scappa dalla sfiducia. I fi­niani li contano e non si ritrovano più. I casiniani li guardano e vedono le poltro­ne del governo tecnico sfarinarsi. Il terzo polo non è più così sicuro di fare ombra al Pdl. È per questo che si tratta. Qui nessu­no se la sente di fare salti nel buio. La pau­ra del voto sta sfiduciando la sicurezza dei ribaltonisti. Un conto è contarsi nel palazzo, altro è fare i conti con gli elettori. E se quelli non capi­scono? Meglio mettersi d’accordo. Alla fine potrebbe convenire a tutti. Premier compreso. I finiani sono i più convinti. Tanto è vero che i centristi di Casini non hanno gradito l’incontro di Bocchino con il Cavaliere, ma da quello che si sen­te nell’Udc la tentazione di non restare un’altra stagione nel deserto è forte. E poi c’è la Chiesa che preme e ha paura dell’instabilità. Chiede conferme. Ma il dopo Berlusconi di che pasta è fatto? È Casini, Fini, Di Pietro, Bersani e Vendo­la? È un’ammucchiata con troppe inco­gnite. Non è un caso che il cardinal Berto­ne oggi incontrerà il Cavaliere. È un se­gnale, e per chi sa leggere i messaggi qualcosa vale. Ma su cosa si tratta? I finiani pensano che se sul piatto la maggioranza mettes­se due ministeri, lo Sviluppo e gli Este­ri, non potrebbero dire di no. Il proble­ma è convincere Berlusconi, che non vuole assolutamente dimettersi. Cioè: non si fida. I ribaltonisti chiedono di non essere loro direttamente a salvare il governo, vogliono salvaguardare la faccia. Ci penserà qualcun altro e qual­che assenza giustificata. L’importante è ridare a questo governo la stabilità. E qui si apre un problema. I finiani non possono neppure fingere più di tanto. È chiaro che a loro conviene guada­gnare altri due anni e far crescere il partitino. Ma neppure possono sfibra­re Berlusconi e lasciarlo a bagnoma­ria con un governo pieno di traboc­chetti. Se il Fli rientra nella maggioran­za deve farlo in piena regola. Questa volta il senso di responsabilità va ga­rantito. È per il bene dell’Italia. Un al­tro tira e molla non glielo perdonereb­be nessuno.
    IL GIORNALE 9 DICEMBRE 2010
    .…..Cosa succederà davvero non lo sa nessuno, e per questa volta ha ragione Napolitano quando dice che nessuno è in grado di leggere nella sfera di cristallo. Una cosa è certa. L’ultima proposta avanzata da Fini, sia pure contornata da soliti insulti al Cavaliere, è quella di un Berlusconi bis purchè il premier si dimetta prima del 14 dicembre e che accetti di rivedere la legge elettorale, facendone una che piace a Fini e che lo metta al sicuro da eventuali schiaffi degli elettori. E’ una proposta che dimostra che il baldanzoso Fini non è più sicuro di vedere disarcionato Berlusconi almeno alla Camera e tenta di mettere una pezza alle sue guasconate delle ultime settimanane. Gli ha fatto eco il fidato scudiero che a sua volta ci aggiunge il tono di sfida che gli solito, facendo apparire la resa come un ultimatum ma finendo col far ridere un pò tutti.  Ci sembra che Berlusconi non sia disponibile a dimettersi, nè a modificare la legge elettorale nel senso proposto da Fini il quale chiede di tornare all’uninominale che azzoppa il bipolarismo ma gli consentirebbe  di “nominare” i suoi fidati candidandoli dall’alto nei collegi sicuri come è avvenuto dal 1994 al 2001. Insomma una bella presa in giro per quegli elettori ai quali si fa credere che si vuole riconsegnare loro il diritto di scegliere il proprio candidato ma ai quali si vuole solo concedere il diritto di scegliere il candidato deciso dall’alto, con l’aggravante di vedere sfumare con il bipolarismo anche la stabilità di governo (salvo traditori!). Berlusconi ha detto di no e a parer nostro ha fatto bene. Se cjhiarezza deve farsi la si faccia in Parlamento dove ciascuno deve compiere le scelte dinanzi al Paese. E d’altra parte se Berlusconi accettasse una sola delle condizioni che Fini disoeratamente tenta di imporgli lo esporrebbe dopo poche ore agli ormai rituali giravolte di Fini. Il quale prima di porre condizioni deve una sola cosa: dimettersi da presidnete della Camera che ormai occupa abusivamente  e contro la volontà degli elettori che votando Berlusconi hanno votato i parlamentari che lo hanno issato su uno scranno di cui non è più degno. Si dimetta e poi nel caso si potrà discutere, verificando se è il caso di nominarlo ministro dell’economia per vedere cosa è capace di fare in materia oltre che favorire cognato e suocera negli affari della Rai e dintorni. g.

    IL PARTITO DI FINI DAL VOLO ALLA CADUTA: I SONDAGGI LO DANNO AL 5%

    Pubblicato il 8 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »

    Silvio Berlusconi Brutte notizie per i futuristi. Per Fini e compagni il mese di dicembre non è cominciato proprio nel migliore dei modi. I sondaggi pre-fiducia parlano chiaro: Futuro e libertà è in calo. È ormai lontano quell’otto per cento toccato dopo la convention di Perugia. Nell’ultima rilevazione effettuata da Euromedia Research, il partito del presidente della Camera arriva al 5,4%. Il sondaggio prodotto da Emg per La7 – il più recente – assegna invece a Fli il 6%. Il doppio ruolo interpretato da Fini, l’assenza di un programma preciso, l’incoerenza dimostrata in alcune decisioni, alla fine, sono venute a galla. Dopo l’entusiasmo iniziale, insomma – quello che suscita qualsiasi esperienza nuova, lanciata come rivoluzionaria rispetto allo status quo – i finiani devono fare i conti con la realtà. E non bastasse la brutta performance «personale», c’è un altro dato che li preoccupa.

    A crescere, parallelamente al loro declino, è il Pdl. Il partito di Berlusconi arriva al 28,2% secondo i dati di Emg, mentre supera il 29% per Euromedia Research. Più o meno costanti tutti gli altri. I numeri sono inequivocabili. Le conseguenze che percentuali e proiezioni avranno sulla vita politica dei prossimi giorni, se non altrettanto nette, sono per lo meno immaginabili. Per chi già è indeciso, sarà sempre più difficile votare la sfiducia a Berlusconi. I 36 deputati e i 10 senatori passati a Futuro e libertà, infatti, sanno sin da adesso che, se si andasse al voto anticipato, potrebbero non essere rieletti. Non tutti loro avrebbero un seggio assicurato. Non solo. L’asse Pdl-Lega è talmente forte (41,7% secondo Euromedia Research e 39,9% secondo Emg) che un eventuale terzo polo formato da Fli, Udc e Api non potrebbe certo puntare troppo in alto, rischiando di non vincere anche nell’improbabile ipotesi di una colossale «ammucchiata» con Pd e Idv.

    Ai futuristi non resta che invocare disperatamente le dimissioni del premier. Il punto, però, è che Berlusconi a dimettersi, non ci pensa nemmeno. Più si avvicina il 14 dicembre, più il Cav si rende conto di essere in una posizione di forza rispetto a tutti gli altri. Al Senato la fiducia è praticamente assicurata. E per quel che riguarda la partita di Montecitorio, Berlusconi rimane ottimista.

    Ieri, il presidente del Consiglio, che ha rinunciato a trascorrere ad Arcore Sant’Ambrogio e la festa dell’Immacolata, ha trascorso il pomeriggio a palazzo Grazioli tra incontri e telefonate. Ha visto prima le «colombe» Letta e Alfano. Poi Verdini, l’uomo dei numeri. Ma anche il senatore Villari, ex Pd che gli ha già votato la fiducia, e Aldo Brancher, il ministro più breve della storia della Repubblica, ma ancora deputato, che ultimamente alla Camera si era fatto vedere poco. Il premier, insomma, sembra quasi «marcare» il territorio in vista del voto del 14 dicembre: per domani ha convocato il vertice del Pdl, mentre tra domenica e lunedì sera incontrerà sia i senatori che i deputati per una cena che, c’è da giurarsi, non ha come unico obiettivo quello di scambiarsi gli auguri di Natale. Il Tempo, 8 dicembre 2010

    UN INCUBO PER LA SINISTRA: BERLUSCONI MINISTRO DEGLI ESTERI

    Pubblicato il 8 dicembre, 2010 in Politica, Politica estera | No Comments »

    Silvio Berlusconi e Barack Obama Di ministri degli Esteri provenienti dall’esperienza istituzionalmente superiore di presidente del Consiglio è ricca la storia della prima Repubblica, ma se ne contano anche nella seconda. Potrebbe pertanto stupire sino ad un certo punto uno scambio di posti tra Silvio Berlusconi e Franco Frattini a conclusione di una crisi di governo, se veramente vi si dovesse arrivare nei prossimi giorni.

    L’imprevedibilità di Berlusconi è nota. Essa ha contribuito a determinarne il successo sia come imprenditore sia come politico. Per quanto ci appaia improbabile e sia stata smentita, l’ipotesi apre uno scenario paradossale dopo l’offensiva contro il Cavaliere aperta da Gianfranco Fini con la imprudente e perentoria richiesta di dimissioni. Tanto stupefacente sarebbe, un simile epilogo, quanto devastante per chi ha acceso la miccia della crisi e ne ha gustato con troppo anticipo effetti irreparabili per l’indiscusso protagonista degli ultimi sedici anni della storia politica italiana. Ad un governo Frattini, meno improbabile del governo Alfano sul quale si è esercitata ieri la fantasia retroscenista di un cronista di Repubblica, non potrebbero fare a meno di partecipare né gli uomini di Fini né quelli di Casini, dopo che hanno reclamato più o meno chiaramente un cambio della guardia a Palazzo Chigi «senza ribaltoni», come il presidente della Camera ha cercato ultimamente di assicurare.

    Ne scaturirebbe pertanto un allargamento e potenziamento della maggioranza di centrodestra, tra lo scorno e la disperazione dei vari Bersani, costretti a risalire sui tetti, questa volta per restarvi. Senza sguarnire, con la conferma di Angelino Alfano, la postazione chiave del Ministero della Giustizia, né compromettere la possibilità di riproporsi alla guida del governo nelle prossime elezioni, Berlusconi continuerebbe ad esercitare la sua leadership morale e politica dalla Farnesina. Che non gli è peraltro nuova, visto che già vi lavorò nel 2002, tra l’uscita del dimissionario Renato Ruggiero e il primo arrivo di Frattini.

    La politica estera, d’altronde, è per lui un’autentica passione. Ne ha fatta tantissima anche da presidente del Consiglio. E con successo, a dispetto dei suoi detrattori. Che potranno pure attaccarlo, sfotterlo e coprirlo d’insinuazioni, com’è accaduto anche in questi giorni, per i suoi rapporti politici e personali con Putin e Gheddafi, ma non potranno mai togliere dalla testa della gente che egli ha voluto e saputo assumere sempre ruoli di primo piano sulla scena mondiale.

    Anche il fango che hanno cercato di rovesciargli addosso con i rapporti riservati dei diplomatici americani diffusi da Wikileaks si è ritorto contro i suoi avversari. Fa testo solo il riconoscimento dei meriti di Berlusconi espresso pubblicamente dal segretario di Stato Hillary Clinton. Che non doveva certo chiederne il permesso a quegli strani campioni di atlantismo che pretendono di essere diventati i post-comunisti italiani. Provate ad immaginare una riunione di governo con Berlusconi seduto tra i ministri. Pensate veramente che la sua autorità, o il suo peso politico, possa ridursi solo perché non dispone del campanello con il quale il presidente apre e chiude le sedute, dà e toglie la parola? Via. E in un vertice internazionale al quale gli dovesse capitare di partecipare con un nuovo presidente del Consiglio pensate che qualcuno possa scambiarlo per un leader declassato? La scena, e non solo la scena, continuerebbe giustamente ad essere sua. Francesco Damato, IL TEMPO, 7 DICEMBRE 2010

    ….Questa di Damato, abile analita polticio de Il Tempo, è solo una provocazione. Berlusconi è l’unico candidato del PDL a succedere a Berlusconi, vogliano o no il duo cabarettistico della poltiica italiana, Fini e Casini. Pure ha ragione Damato. Ci sarebbe da ridere se Berlusconi, che mattacchione lo è per davvero, glielo giocasse uno scherzetto a Bersani e compagni (compreso i nuovi acquisti Fini e Casini) e varasse un govenro in cui comaprisse come Ministro degli Esteri. Bersani sarebbe costretto ad andare a scuola dagli ultimi indiani d’America per fornirsi di tutti gli uh, oh, eh, del mondo per commentare la notizia. E per digerirla starebbe in pianta stabile nel bagno della sede del PD, magari con Matteo Renzi, sindaco di Firenze per divertimento e rottamatore del PD per mestiere, a porgergli la carta igienica. g.

    MENTRE FINI DISCETTA SUI MASSIMI SISTEMI, A MONTECARLO IL COGNATINO SE LA SPASSA IN FERRARI MANGIANDO FILETTO DA 139 EURO ALL’ETTO: DA DOVE PRENDE I SOLDI?

    Pubblicato il 8 dicembre, 2010 in Gossip, Politica | No Comments »

    La copertinad el settinmanale CHI che ha pizzicato il cognatino di Fini che se la spassa a Montecarlo: e intanto i disoccupati italiani continunao ad essere disoccupati.
    A volte ritornano. E lui, Giancarlino, a Montecarlo è tornato. «Non potevo certo costringerlo ad andarsene, ma certo gliel’ho chiesto e con toni tutt’altro che garbati. Spero lo faccia, se non fosse altro che per restituire un po’ di serenità alla mia famiglia». Così parlava Gianfranco Fini a fine settembre, ammettendo i suoi dubbi e le sue «leggerezze» sulla gestione della svendita della casa monegasca di boulevard Princesse Charlotte.
    Il noto appartamento scovato dal Giornale che An ricevette in eredità per la «buona battaglia» nel 1999 da Anna Maria Colleoni. E che nel 2008 cedette per appena 300mila euro alla Printemps, società off-shore con sede a Saint Lucia, ai Caraibi, che a sua volta la cedette alla «gemella» Timara. Il bello, si fa per dire, è che a viverci, poi, ci è andato Giancarlo Tulliani, «cognato» di Fini. Identificato da un documento del governo di Saint Lucia come beneficiario effettivo di Printemps e Timara.
    L’affaire immobiliare ha incendiato l’estate. Ed è costato a Fini e al suo ex tesoriere Francesco Pontone l’iscrizione nel registro degli indagati. E l’inchiesta della procura di Roma, che ha chiesto ma non ancora ottenuto l’archiviazione, ha peraltro confermato tutti i lati oscuri di quella storia, sollevati da questo quotidiano: l’appartamento, svenduto a meno di un terzo del suo valore, è occupato da Tulliani in virtù di un contratto d’affitto in cui le firme di locatore e locatario sono identiche.
    Con queste premesse, è comprensibile che l’ancora indagato Fini (il quale è arrivato a promettere le proprie dimissioni in caso fosse provato che la casa è del fratello di Betta) si augurasse un rapido trasloco del cognato, sperando forse che la vicenda sedimentasse così più facilmente. Ma il giovane Giancarlo evidentemente si è affezionato al Principato e ai suoi lussi, e pare abbia ignorato il «non rientrate in quella casa».
    In estate il settimanale Chi l’aveva già pizzicato intento a scorrazzare per i tornanti monegaschi sulla sua Ferrari, fidanzata bionda al suo fianco, per poi lavare il bolide al self service, pompa alla mano. Ma erano altri tempi. Il terremoto mediatico e quello giudiziario che hanno puntato sulla casa a due passi dal Casinò l’hanno però costretto per qualche mese nell’ombra: le imposte della maison di Palais Milton sono rimaste chiuse, nonostante la bella stagione il terrazzino era desolatamente vuoto, e qualcuno aveva persino staccato la targhetta col suo cognome dal citofono.
    Ora, col freddo e le luci sull’affaire più basse, torna anche lui, monsieur Giancarlo: in grande spolvero e in dolce compagnia. Sono ancora i paparazzi di Chi a sorprendere il «cognato» a Montecarlo, sorriso smagliante come non lo si vedeva da tempo, e immancabile camicia bianca.
    Tullianino è con due bionde, la sua fidanzata e un’amica, seduto fronte vetrina a uno dei tavoli dell’esclusivo «Beef Bar», panoramicissimo ristorante specializzato in carni d’importazione, affacciato sul porticciolo turistico di Fontvieille, il quartiere costruito sottraendolo al mare, appena sotto la fortezza del Principe.
    A giudicare dalle foto, il fratellino di Elisabetta non ha dunque mollato l’osso immobiliare, non ha assecondato l’auspicio di Gianfranco a restituire le chiavi al «padrone di casa», chiunque sia. È di nuovo lì, ancora in pista, forse per non sprecare quella «conoscenza del mercato immobiliare del Principato» che Fini gli aveva attribuito all’inizio della storia. Forse solo per godersi le mollezze del Principato: in fondo, la residenza gli è stata data su garanzia di un deposito bancario, non per la sua attività professionale. Di certo è tornato: immortalato bicchiere in mano, intento in chissà quale brindisi, nell’elegante ristorante (il Beef Bar ha sedi anche a Nizza, Mosca e in Lussemburgo) gestito da italiani, che vanta tra le proprie specialità carni provenienti da tutto il mondo, tra le quali il pregiato manzo «Kobe»: 139 euro per un filetto da tre etti fatto arrivare dall’Australia. Giancarlo, invece, arrivava da più vicino: la casetta che fu di Colleoni è ad appena 2,5 chilometri di distanza dal ristorante. Una mezz’oretta di camminata, una decina di minuti in automobile. In Ferrari, poi, anche meno. Il Giornale, 8 dicembre 2010
    ……………La faccia tosta di Fini non ha limiti. Mnetre poche ore fa  lui concionava di legalità, moralità, onestà, il cognato, quello a cui ha svenduto la casa di Montecarlo di proprietà del partito e della comunità di A.N. se la spassava a Montecarlo pasteggiando in locali esclusisivi. Con quali soldi e guadagnati come ci piacerebbe saperlo. Ma si sa, Fini, che pur si proclama ateo, in questo applica la regola del Vangelo secondo cui la mano destra non sappia cosa fa la mano sinistra o faccia finta di non saperlo.E così Fini si salva la coscienza e può tranquillamente (secondo lui) prendere per c… gli italiani. g.

    LO SQUALLORE DI FINI SUL PALCOSCENICO DI BALLARO’

    Pubblicato il 8 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

    Ieri sera l’on.  Fini, detto il traditore, è stato graditissimo ospite, naturalmente in video conferenzza,  di Ballarò, una delle tante trasmissioni della RAI, pagata da tutti gli  elettori, ma paurosamente inclinata a sinistra che ormai è il più consono palcoscenico di Fini e dei suoi “compagni”.  Naturalmente Fini è stato trattato con tutti gli onori da parte di Floris per il quale ovviamente l’ironia e il sarcasmo vanno in scena solo quando al telefono c’è il Capo del Governo eletto da milioni di italiani. A Fini, invece,  Floris si è prostrato come sanno fare solo i cortigiani o, al contraro, come sa fare chi  sta maneggiando un cortigiano. Chi fra Floris e Fini è più cortigiano è in verità difficile a dirsi. Ma entrambi sono in lizza per il premio Nobel della categoria. Torniamo a Fini, il quale, sempre più nel pallone per il vicolo cieco in cui la sua boria e la sua saccenza lo hanno infilato, si è lanciato c0me un don Chisciotte (presente in studio il fidato Sancho-Bocchino) contro Berlusconi, che evidentemente è il suo incubo notturno. Incalzato, si fa per dire, da Floris, Fini ha “ingiunto” a Berlusconi di dimettersi prima del 14 dicembre….vien da chiedersi, e se Berlusconi non  si dimette che fa Fini, lo caccia!? Ma l’ingiunzione di Fini a Berlusconi è una pistola scarica o caricata ad acqua, perchè subito dopo, pur saccente  come al solito come, Fini , discettando sulla stabilità del governo, ha inconsapevolemtne rivelato il suo terroe e cioè che Berlusconi ottenga la fiducia anche alla Camera, ma destinato in questo caso “non a governare ma solo a galleggiare, mentre il Paese ha bisogno di un govenro che governi”. Appunto, vien voglia di ricordare a questo signore (si fa per dire),  il governo eletto da milioni di italiani ad aprile del 2008 e che lui sta tentando di affondare per squallidi interessi di bottega personali. Ma il meglio dell’esibizione da avanspettacolo fine anni ‘50 offerta da Fini ieri sera,  è venuto allorchè si è messo a parlare di “ribaltoni”, pratica che gli è molto congeniale avendola praticata da sempre nella sua vita di mestierante della politica. In proposito, giusto per non replicare la litania del suo ventriloquo Bocchino, Fini ha dichiarato che il “vero ribaltone lo ha fatto Berlusconi  allorchè ha cacciato dal partito lui che ne era il cofandatore”.  Ci sarebbe stato bisogno di Edoardo e la sua tecnica della pernacchia nell’indimeticato Oro di Napoli per regalargliene uno di proporzioni adeguate per sottolineare la grossolanità dell’affermazione. Fini se ne è andato per proprio conto perchè incapace di stare in un partito dove lui non decide tutto e il contrario di tutto come ha fatto negli anni in cui ha diretto prima il MSI e poi A.N. . E meno male che ha risparmiato l’altra accusa con cui attacca Berlusconi, cioè di non essere umile perchè se lo fosse stato, secondo Fini,  non avrebbe perso pezzi come invece gli sarebbe accaaduto. Se l’avesse ripetuta, avrebbe meritato  un’altra pernacchia perchè lui di pezzi ne ha perduti e davvero tanti: dei circa 130 parlamentari in quota A.N. eletti nel PDL nel 2008, solo  meno di un terzo lo hanno seguito nella sua avventata decisione di affondare il governo eletto dal popolo dei moderati italiani, mentre gli altri due terzi, 88!,  sono rimasti lealmente nel PDL. E quelli lealmente  rimasti nel PDL sono gli ex vertici,  prima del MSI e poi di A.N.,  e questa circostanza avrebbe dovuto far suonare qualche campanello   nella testa di Fini. Ma Fini, sempre più invaghito di se stesso e del ruolo che il PDL gli aveva assegnato dopo la trionfale vittoria del 2008, ha perduto il ben dell’intelletto e ha creduto e forse pare crederci ancora che egli è il nuovo Profeta. Tanto profeta di se stesso che ha avvertito che anche nel caso il suo squallido affondo contro Berlusconi, il PDL e gli italiani,  dovesse fallire, lui lì rimane, sulla poltrona di presidente della Camera. Benchè, da quando la Procura di Roma ha accertato che la casa di Montecarlo è effettivamente di proprietà del cognatino, da quella poltrona avrebbe dovuto scollarsi, non foss’altro che per mantenere il solenne giuramento sottoscritto in altra video conferenza (mai una volta che il nostro eroe si sottoponga come tutti alle domande dei giornalisti!): se sarà accertato che la casa è di mio cognato, un minuto dopo mi dimetterò da presidente della Camera. Campa cavallo, che l’erba dei ribaltoni finiani cresce in continuazione. Del resto se lasciasse l’alto scranno di  Montecitorio chi sarebbe Fini?Un quaquaracquà  in cerca d’ingaggio. g.