SONO PAZZI QUESTI FINIANI: RITRATTO DEGLI SFASCISTI E IL COMMENTO DI VITTORIO MACIOCE
Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Politica | No Comments »
Roma – Acrobati del pensiero. Svolte e contro svolte. Avanti e indietro. I futuristi sono sempre più in là. Sempre oltre. Oltre se stessi e quello che avevano pontificato ex cathedra qualche giorno prima. Salgono sui tetti, poi scendono e votano la riforma dell’università. Dichiarano finita l’esperienza del berlusconismo, però cinque minuti dopo assicurano che è lui, il Cavaliere, il leader del centrodestra. Ma quale centrodestra? I finiani sono di destra? In realtà ammiccano a sinistra, ma si proclamano di destra. Sono tutto e il contrario di tutto. Congiurano contro il Cavaliere ma sono pronti a sostenerlo. Berlusconi deve farsi da parte, è bruciato, è finito, non c’è più. Ma già che c’è resti pure a Palazzo Chigi. Purché cambi. Ma cambi che cosa? Discontinuità, è una delle parole chiave. Discontinuità, ovvero il sogno di un centrodestra orfano del Cavaliere. O forse non è un centrodestra è un centroqualcosa d’altro. Ma, si sa, i sogni muoiono all’alba e allora il cofondatore del Pdl, partito battezzato ieri e oggi rinnegato, studia da protesi per un Berlusconi bis, appena ripudiato. E qualcuno dei suoi si spinge oltre, si può procedere così, a andare avanti con il Berlusconi 1. Dopo aver vagheggiato e impallinato il Berlusconi 2 e aver chiesto al Cavaliere di indicare il nome del suo successore. «Sarebbe folle andare a votare in questo momento storico – ci spiega, apocalittico, Luca Barbareschi – sta fallendo il Paese, l’Italia non c’è più o forse non vi hanno avvertito?», domanda ironico alle autorità riunite al Teatro Petruzzelli di Bari. Ecco, parafrasando Barbareschi, si potrebbe dire: sono pazzi questi finiani. Un po’ futuristi e un po’ retrò. Più avanti e più indietro. Anti Cavaliere e pro Cavaliere. Un prisma dalle cento facce. Le cento facce di Gianfranco Fini.
Il Giornale, 10 dicembre 2010
IL COMMENTO DI VITTORIO MACIOCE
Quando gli dei vogliono punire gli uomini esaudiscono i loro desideri. Qualcosa del genere deve essere capitato ai finiani. Volevano un partito? Ce l’hanno. Volevano il futuro? Sta arrivando. Volevano una mozione di sfiducia contro Berlusconi? Eccole, ce ne sono addirittura due, in calendario il 14 dicembre. La disgrazia è che sono tutti impazziti. Non riescono a sostenere il peso delle loro preghiere.
Hanno lasciato il Pdl convinti che bastasse battere tutti insieme i piedi per mettere a soqquadro il mondo. Un attimodopo si sono accorti che ognuno sta battendo il tempo per conto suo. Moffa saltella cauto e lento, Bocchino a destra e sinistra, Granata come un invasato continua a urlare «più forte, più forte», Barbareschi da primo attore sbraita: la scena è mia.
Insomma, si stanno tutti sulle scatole. L’unico sentimento che li tiene insieme è la guerriglia nichilista. Sfasciamo tutto, ma giorno per giorno. Quello che resta di futuro e libertà è la scritta Fini e un simbolo che ricorda la scatola del formaggino Mio. E la paura. Tutti lì dentro sanno che se si va a votare adesso sono rovinati. Il bluff non è riuscito. Berlusconi invece di alzarsi dal tavolo è andato a vedere le carte. Il paradosso è che ora accusano la maggioranza di sostenersi con i voti di «parlamentari non doc», eletti con un altro schieramento. I traditori si lamentano dei traditori.
Formiche nel panico. Ogni giorno c’è qualcuno che dice «andiamo lì» e subito un altro risponde «no, no, dall’altra parte». Bersani e Casini stramazzano, ubriacati dalla politica dello stop and go. E Fini? Fini cerca di convincere gli italiani che la sua doppia parte in commedia sia normale. Fa l’uomo delle istituzioni e il partigiano, il presidente della Camera e il capo dell’opposizione, il mediatore e il ribaltonista. Svela i piani di Napolitano: «So come andrà a finire ». Ma perfino la parte del congiurato gli viene male. Quando a Montecitorio incontra i deputati in bilico sulla sfiducia lo fa per tenersi aggiornato o per convincerli? Fa il presidente o il segretario? La beffa è che poi si cambia d’abito e dice con tono solenne: «C’è pressione indebita sui deputati ». Di chi onorevole Fini? Di Berlusconi naturalmente.
Il sospetto è che con tutte queste maschere stia smarrendo la trama. La stessa cosa accade nel partito. Le colombe sono convinte che il capo abbia le piume bianche, i falchi giurano che sono nere. Gli indecisi vanno in giro con la maglia della Juventus. La conseguenza è che ognuno si sente legittimato a parlare con il Pdl nel nome del Fli. Bocchino va da Berlusconi e tratta il post 14 dicembre. Ma vuole che il Cavaliere faccia finta di dimettersi. Moffa dice che non serve neppure fare finta. Tutti fanno finta di non capire. Sfiducia sì, sfiducia no, sfiducia boh. Basta. Perfino i veterani del Transatlantico si rifiutano di seguire i ghirigori finiani. C’è da impazzire.La scena la chiude Barbareschi: «Si va alla sfiducia, pazzo chi ci ripensa». Appunto. Sono pazzi questi finiani.


Sakineh non sarebbe stata scarcerata, come precedentemente riportato da alcune agenzie di stampa internazionali. Secondo Press TV, il canale televisivo iraniano di stato in lingua inglese, le immagini della donna e dell’avvocato pubblicate sui media occidentali non sarebbero altro che parte di un documentario messo a punto dallo stesso canale televisivo. “Contrariamente a quanto affermato dai media occidentali, secondo i quali l’omicida confessa Sakineh Mohammadi Ashtiani è stata rilasciata – si legge sul sito di Presstv.com – è accaduto che un team di operatori, d’intesa con la magistratura, ha ripreso Ashtiani nella sua abitazione, nell’ambito di un interrogatorio sulla scena del crimine. Il programma di Press tv, intitolato Iran today andrà in onda questa sera alle 20.35 e sabato all’1.35″.
Adesso le mediazioni sono almeno tre, diverse, ma incrociate. Gianni Letta con Gianfranco Fini, Italo Bocchino con Silvio Berlusconi e la colomba finiana Silvano Moffa che tende la mano al Pdl oltre ogni aspettativa: “Berlusconi non si dimetta, è necessario un accordo politico prima del 14 dicembre. Ci vuole un patto di legislatura. Non ci facciamo dettare la linea dall’Udc”. Che succede? I numeri alla Camera ballano, le ultime quotazioni danno in ripresa il premier. Se possibile, dunque, la conta sulla fiducia, dal punto di vista dei più moderati tra i finiani, va evitata, anche perché – pensano – “se va male non ci si può fidare di Casini”. Il leader centrista è sospettato di possibile “tradimento”. Come ripete sornione da settimane l’ex ministro berlusconiano Mario Landolfi: “Ricordatevi che Casini è un ‘pragmatico’, alla fine farà ciò che più conviene’”. Non solo. Nel gruppo di Fini, alcuni senatori e deputati hanno siglato la mozione di sfiducia sotto la condizione che venisse utilizzata soltanto come strumento di pressione negoziale nei confronti di Berlusconi. Non sono pochi in Futuro e libertà, uno di questi è Silvano Moffa, coloro i quali vogliono assolutamente evitare che si arrivi davvero al voto di sfiducia contro il governo. Non credono nel terzo polo, non credono all’alleanza con Casini, vorrebbero salvare il presidente della Camera da quello che considerano un “tragico errore”.
ubblichiamo l’editoriale di venerdì 4 dicembre del direttoredi Libero, Maurizio Belpietro, che ha scatenato un inteso dibattito.
Brutte notizie per i futuristi. Per Fini e compagni il mese di dicembre non è cominciato proprio nel migliore dei modi. I sondaggi pre-fiducia parlano chiaro: Futuro e libertà è in calo. È ormai lontano quell’otto per cento toccato dopo la convention di Perugia. Nell’ultima rilevazione effettuata da Euromedia Research, il partito del presidente della Camera arriva al 5,4%. Il sondaggio prodotto da Emg per La7 – il più recente – assegna invece a Fli il 6%. Il doppio ruolo interpretato da Fini, l’assenza di un programma preciso, l’incoerenza dimostrata in alcune decisioni, alla fine, sono venute a galla. Dopo l’entusiasmo iniziale, insomma – quello che suscita qualsiasi esperienza nuova, lanciata come rivoluzionaria rispetto allo status quo – i finiani devono fare i conti con la realtà. E non bastasse la brutta performance «personale», c’è un altro dato che li preoccupa.
Di ministri degli Esteri provenienti dall’esperienza istituzionalmente superiore di presidente del Consiglio è ricca la storia della prima Repubblica, ma se ne contano anche nella seconda. Potrebbe pertanto stupire sino ad un certo punto uno scambio di posti tra Silvio Berlusconi e Franco Frattini a conclusione di una crisi di governo, se veramente vi si dovesse arrivare nei prossimi giorni.
