La politica economica è un’arte del possibile. Al riguardo dai politici non ci si attende quindi una coerenza assoluta. Tuttavia i mutamenti di posizione dei finiani ora sembrano quelli di una nave priva di timoniere. Nell’ultima sessione finanziaria attaccarono il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, perché non faceva abbastanza per la crescita. Tesi azzardata in quel momento, dato che era necessario innanzitutto mettere in sicurezza i saldi del bilancio e il rapporto debito/pil per il triennio. Un’altra critica che si saldava con la prima riguardava la tendenza non abbastanza liberista del governo. Questo disagio di Fli emerge chiaramente nell’ultimo numero (novembre-dicembre) di Charta Minuta, rivista della Fondazione FareFuturo, dedicata a “Quel che resta di Reagan”. Volume nel quale Carmelo Palma, esponente non secondario di Fli, scrive che “nel 2006 Berlusconi e il centrodestra iniziano la sterzata anti reaganiana, che culminerà tra il 2007 e il 2008 nelle filippiche anti mercatiste e anti liberiste di Tremonti”.

Senonché il Secolo d’Italia, organo di Fli, ieri lodava in prima pagina il “controcanto di Giulio” sulla crisi rispetto a Silvio Berlusconi, mentre Adolfo Urso, che di FareFuturo è segretario, su Repubblica sosteneva che Tremonti “ha smentito la fiction del presidente del Consiglio” e aggiungeva: “Realizzare le riforme dello sviluppo e della crescita, accanto a una politica dei conti rigorosa, Tremonti saprebbe farlo”.
Dunque Tremonti, nel giudizio dei finiani di un mese fa, non sapeva conciliare la crescita con il rigore e dal 2006 aveva sospinto Berlusconi su tesi anti mercatiste e anti liberiste che contraddicono lo sviluppo che invece s’alimenta di spirito reaganiano. Ora che però qualcuno spera (“spes ultima dea”) che Tremonti possa essere il leader di un governo senza/anti Berlusconi, il ministro dell’Economia è diventato l’uomo della crescita e delle riforme con rigore. Tuttavia la linea di Tremonti di due mesi fa e quella attuale non sono differenti.

Anzi, se si può fargli una critica, questa è che egli continua ad anteporre la politica del rigore a quella della crescita, mentre chi è fautore della tesi per cui il rigore serve come base per la crescita ora può auspicare che si discuta della “fase due”.

E del resto la legge di stabilità, per sua natura, non è una legge da infarcire di tematiche strutturali. Adesso, invece, si può discutere di crescita a saldi invariati. Tremonti, poi, non ha cambiato filosofia economica. Continua a sostenere tesi che non sono liberiste pure (o “mercatiste”) ma nemmeno anti liberali e anti mercato. Fra le varie formulazioni che ammettono regole, per assicurare concorrenza, stabilità economica e interventi sociali, Tremonti ha scelto una linea di economia di mercato sociale (diversa da quella genuina della “economia sociale di mercato”). Sono le valutazioni dei finiani sulla sua linea economica che cambiano da un giorno all’altro, pur di combattere contro Berlusconi, come persona. Ma la politica economica non è un prêt-à-porter. FRANCESCO FORTE – FOGLIO QUOTIDIANO, 9 GENNAIO 2011