Giorgio NapolitanoGiorgio Napolitano

BARI – Sarà una prima volta. Sulla grande spianata di granito davanti al colonnato che guarda il mare, dove nelle canoniche ricorrenze del 25 aprile e del 4 novembre si sono succeduti presidenti del Senato e della Camera, presidenti del consiglio e ministri della Difesa, domani per la prima volta sarà il Presidente della Repubblica a onorare, in occasione della festa delle Forze Armate, gli oltre 70mila soldati italiani che riposano nel Sacrario Militare dei Caduti di Oltremare. Questa piccola e severa città dei morti, immersa nel verde di un giardino curatissimo a Sud della città (in una zona sempre meno periferica, dove presto sorgerà la nuova sede del Consiglio regionale e stanno per trasferirsi gli assessorati) è un’oasi di rispetto e silenzio più frequentata di quanto si potrebbe immaginare. C’è sempre qualcuno in visita: famiglie di caduti, anziani commilitoni, qualche scolaresca, curiosi. Si percorrono gli alti ambulacri che circondano il cortile centrale sovrastato dalla croce, lo sguardo cade sulle scritte che ricordano i diversi teatri di guerra da dove sono rientrate le spoglie dei caduti, sui nomi che identificano i loculi, sugli elenchi interminabili dei quarantamila dei quali dall’Albania, dalla Jugoslavia o dalla Grecia, dal Nordafrica o dall’Africa Orientale, dalla prigionia in Germania o dalle isole dell’Egeo non è tornato neanche il corpo (o non lo si è potuto identificare), sulla lapide trilingue che in italiano, arabo e amharico ricorda gli ascari libici ed etiopici caduti combattendo «per l’Italia».

Il Sacrario
Il Sacrario

E si riflette, e ci si commuove, anche, pensando a quelle vite travolte dalla guerra. È un luogo di raccoglimento, riparato, per forza di cose, dagli inganni della retorica patriottarda, che fa gioco forza capolino per esempio a Redipuglia, il sacrario dei caduti italiani nella Grande Guerra. Perché il Sacrario di Bari è dedicato ai caduti di una guerra perduta e per di più combattuta dalla parte sbagliata, alle vittime della sconfitta di un delirio imperiale ancorché subalterno e velleitario. E gioco forza emerge ancora più netto il valore del sacrificio di una generazione intera, mandata a morire sugli altopiani di Abissinia, nelle sabbie della Libia, nel fango dei Balcani, nel gelo della Russia. Ed è anche, fino nella sua ideazione e anche al di là, forse delle intenzioni dei comandi militari che lo vollero, un singolare monumento antifascista ai caduti della guerra fascista. Che è sorto a Bari perché a Bari, da dove in tanti erano partiti per le avventure balcaniche d’Albania e di Grecia, tornarono in una livida giornata di marzo del 1951, accolte dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi, le salme dei caduti di Cefalonia, i soldati e gli ufficiali dela Divisione Acqui trucidati dai tedeschi dopo una settimana di resistenza sull’isola ionia all’indomani dell’armistizio. Il mesto corteo degli autocarri dell’esercito percorse tra due ali di folla sgomenta il lungomare e poi le strade cittadine fino al cimitero civile dove furono deposte in un monumento provvisorio. Fu allora che si decise di concentrare a Bari in un apposito cimitero militare le spoglie mortali che pietosamente venivano raccolte su tutti i teatri d’Oltremare nei quali avevano operato le forze armate italiane. L’opera fu affidata a Paolo Caccia Dominioni, l’architetto-alpino che già aveva progettato il sacrario di El Alamein e fu inaugurata il 10 dicembre del 1967. Nei primi anni erano davvero tanti i visitatori: in fondo la stragrande maggioranza di coloro che sono sepolti a Bari è morta a vent’anni o poco più, ed erano tanti i genitori, i fratelli, le mogli e i commilitoni sopravvissuti ai loro cari.

Oggi, quarantacinque anni dopo, il flusso si è ridotto, ma mai interrotto. Poi ci sono le cerimonie ufficiali, sempre onorate dalle massime autorità dello Stato, e la particolarità barese che voleva in prima fila ogni 25 aprile e ogni 4 novembre la bandiera e il medagliere dell’Associazione partigiani, perché lì ci sono i morti di Cefalonia, ovvero cinquemila morti che negano in radice i ragionamenti specularmente opposti e faziosi tesi a negare il carattere nazionale della Resistenza. Non è dunque un caso che Giorgio Napolitano abbia inserito questa “prima volta” di una giornata delle Forze Armate con il Presidente della Repubblica a Bari, in un viaggio in Puglia dalla fortissima caratterizzazione antifascista: domani, dopo la cerimonia in via Gentile, la tappa in piazza Umberto per onorare il monumento ai Caduti del 28 luglio 1943, poi, l’indomani, la visita al carcere di Turi e alle celle di Gramsci e Pertini e la partecipazione alla commemorazione di Giuseppe Di Vagno a Conversano, nel 90° anniversario del suo assassinio. Perché il sacrificio di quei 70mila ha un senso solo nell’Italia libera che tante radici ha nella nostra Puglia. Luigi Quaranta,Il Corriere del Mezzogiorno, 3 novembre 2011