di Marcello Veneziani – 06 novembre 2011, 10:11

A pensarci, la cosa più assurda del­la campagna feroce di Casini, Fi­ni & C. è che vogliono far cadere Berlu­sconi non per andarci loro a Palazzo Chigi e assumersi le responsabilità di governare.

Non ne hanno l’attitudi­ne, la voglia, il curriculum, il program­ma. Furono comizianti, politici da piazza e da congresso, sono dichiaran­ti da tg e furbi navigatori del politiche­se. La loro aspirazione vera è fare il pre­sidente della Repubblica. Perché, con rispetto parlando, là non si lavora, non ci si sporca le mani col Paese, l’emergenze, la quotidianità, l’ammi­nistrazione, il fisco, le alleanze capric­ciose. Una fatica, due palle, tre monti.

Al Quirinale invece c’è da fare solenni dichiarazioni di nobilissima ovvietà all’Italia, c’è da salutare folle, baciare bambini, inaugurare mostre e asse­gnare premi, mai mazzate. E continua­re a manovrare ma dall’alto, sparare senza essere sparati, far politica di soppiatto, godendo dello statuto di in­violabilità, si può rimproverare e non essere rimproverati. Severo monito, accorato appello, alto patrocinio.

Vedete la popolarità, meritatissima peraltro, di Napolitano, in pieno ma­rasma: il Paese crolla sotto il maltem­po e la malapolitica, ma lui è conside­rato un corpo illeso, puro, al di sopra della mischia e della melma. È quel che cercano Casini e Fini, e non solo loro, in verità; non si cimentarono mai ad amministrare, giocarono sem­pre e solo in politica, e il loro fine ulti­mo è il Messaggio alla Nazione. Il pae­se crolla, e loro stanno a gufare per poi immolarsi sul Colle. Eccoli, i Quiri­nauti. Marcello Veneziani

….Il ragionamento di Veneziani non fa una grinza, anzi no, una ne fa. Casini e Fini sono due, ma il Quirinale è uno solo  e dura sette anni, una vita in politica, per cui chi dei due deve mettersi in coda,  può finire come la faccetta nera della canzone: aspetta e spera….Ma Veneziani lo sa bene  chi dei due, nel caso, deve mettersi in coda. E’ Fini che da fare il “secondo” a Berlusconi s’è messo a fare il maggiordomo a Casini che da buon chierichetto se l’è preso sotto la sua ala protettrice e lo usa, anzi lo spreme come un limone, pur sapendo che di succo da quel limone lì,  già abbondantemente spremuto,  ne esce molto poco. Ancor meno ne esce dall’ultimo folgorato sulla strada di Damasco, il sardo Pisanu, il quale a sua volta qualche pensierino al Colle l’avrà anche fatto, data l’alta considerazione che ha di sè, lui che si fece le ossa accanto al buon (e inadeguato) Zaccagnini, e che da Berlusconi, dopo il nefasto 1994,  fu fatto deputato, ministro, senatore, senza avere un voto che sia uno. Pisanu, come Fini, s’è aggregato, per vendetta contro il suo benefattore,  alla cordata del Terzo Polo e invoca una nuova santa allenaza per “salvare il Paese”. Ma a lui che gliene frega dell’Italia? A lui interessa solo la sua poltrona, possibilmente la più alta possibile e vuoi vedere mai, si sarà detto, che ci può scappare anche quella più alta? Non ha capito che per lui, come per i gatti romani, non c’è più trippa da sgraffignare, pur  facendo finta di essere investito di sacro  compito di “salvatore”. g.