Domani riaprono le Borse e con il declassamento del debito italiano e francese vedrete dopo mister Spread un altro termine del dizionario finanziario acquistare popolarità: sell-off. Cos’è? Tecnicamente è la vendita di titoli durante un periodo di ribasso delle quotazioni e si fa per evitare ulteriori perdite di capitale. La decisione di Standard & Poor’s mette il nostro debito sovrano fuori dal paniere di parte della finanza strutturata, non acquistabile da fondi di investimento che per statuto possono comprare solo debito con la «A». E noi siamo in «B». Il problema si propaga a pioggia anche agli istituti di credito e assicurazioni che hanno in pancia i nostri titoli di Stato. È giunto il momento di battere i pugni sul tavolo di Bruxelles. La politica deve riprendersi lo scettro, l’Italia dire che non è la Grecia, non si farà massacrare dall’eurodogma tedesco, non si farà condannare alla crescita zero e all’insolvenza.
Il 30 dicembre scorso scrissi un editoriale in cui c’erano tre elementi sui quali pensavo Palazzo Chigi e il Parlamento dovessero fare delle riflessioni: 1. Downgrade del debito pubblico italiano entro gennaio; 2. Sell-off dei titoli di Stato e delle azioni delle banche e assicurazioni; 3. Intervento diretto del Fondo Monetario Internazionale con linea di credito dedicata all’Italia e piano di risanamento dell’economia dettato da Washington. Il primo punto si è realizzato, il secondo avrà un primo banco di prova già domani e nelle prossime sedute di Borsa e soprattutto nelle aste di titoli di Stato, il terzo è una conseguenza dei primi due ma mi risulta da fonte bene informata che la signora Christine Lagarde, direttore generale del Fmi, abbia già detto ai suoi collaboratori «abbiamo i soldi, prepariamoci a intervenire sull’Italia».

Di fronte a questo scenario, al posto di Monti non avrei perso un minuto ad inseguire il taxi di giorno e andare al market la notte, ma mi sarei dedicato alla soluzione del problema della riduzione del debito pubblico e alla correzione delle scelte di leadership incerte e confuse come quelle di Merkel e Sarkozy. Si è fatto altro e comincio a pensare che i tecnici siano dei politici improvvisati. Se è così, ridateci i politici.  Mario Sechi, Il Tempo 15 gennaio 2012

……..Diamo atto al direttore de Il Tempo  di questa  onesta e coraggiosa retromarcia, la seconda dopo quella di ieri con l’editoriale che anche noi abbiamo ripreso. Sechi è stato uno di quelli che ha sostenuto da subito senza se e senza ma il governo Monti, tra i pochi, riteniamo,  che  lo hanno fatto senza secondi fini, ma avendo a cuore, a suo modo,  le sorti del Paese. E lo ha fatto in qualche  modo  anche rinnegando se stesso,  lui che nell’ultimo anno era  stato tra i pochi difensori appassionati di Berlusconi e del suo governo e più vastamente della storia politica del centro destra italiano dal 1994 in poi.  Insomma, ci aveva creduto, aveva creduto che Monti poteva costituire una opportunità per il Paese, sopratutto nell’ipotesi di riuscire lì dove nessun  altro poteva riuscire, cioè creare una “grande coalizione” che supportasse il Paese in una fase che definire difficile è semplice eufemismo. E’ vero, la “grande coalizione” è nata, con il PDL unito all’UDC e al PD nel sostegno del governo, ma i risultati sono  stati deludenti. E non solo perchè alla fin fine Monti non ha inventato nulla che già non si sapesse, cioè spremere i contribuenti, ovviamente i più numerosi, ovvero i poveri, per fare cassa, evitare accuratamente di tagliare la spesa pubblica e neppure, sia pure per mere ragioni simboliche,  i costi delle tante caste italiane, dalla politica alla giudiziaria alla burocratica, ma perchè nè ha messo su in oltre due mesi dal suo insediamento nessuna iniziativa seria e concreta per favorie lo sviluppo e la crescita, nè ha saputo intraprendere, lui che si dice un esperto delle cose europee e in Europa  si autoproclama stimato e considerato almeno quanto Berlusconi fosse non stimato e non considerato, nessuna iniziativa che costringesse i due spericolati masnadieri che hanno occupato la scena europea, la Merkel e Sarkozy, a cambiare registro e toni. Sechi ha preso atto di tutto ciò e con la lealtà che gli è propria riconosce che questi tecnici sono solo dei politici improvvisati…per cui ridateci i politici. Appunto. Ma ciò, e bene che Sechi se ne faccia portavoce, necessita di un passaggio obbligatorio, quello elettorale. g.