Archivi per marzo, 2012

ALTRO CHE ART.18, RIGOR MONTIS PER IL LAVORO SPOA IL MODELLO CINESE

Pubblicato il 31 marzo, 2012 in Gossip, Politica | No Comments »

Inimitabile Monti quando te ne andrai quanto ci mancherai, ci mancherai tu con le tue gaffes. In Asia Rigor Montis ne ha collezionate una enciclopedia, da Oscar quella delle false lodi di Obama. Tonti dei Monti ci regala una perla al giorno. Ecco l’ultima. A Pechino, come hanno riferito ai giornalisti al seguito il duo Mafalda Olivi & Quito Terracciano, i cinesi sarebbero preoccupati della mancata riforma del nostro mercato del lavoro. Anzi precisa Rigor Mortis in prima persona “i cinesi hanno detto chiaramente che la rigidità del nostro mercato del lavoro è uno dei fatti che finora li ha disencentivati dall’investire in Italia”.

Secondo la versione di Monti Lou Jiwey presidente del fondo sovrano cinese, il quarto del mondo, gli avrebbe detto che uno dei fattori di debolezza del nostro Paese è proprio “l’incertezza della vostra legislazione del lavoro”. E aggiunge “Ah se lo sapesero in Italia”.

In Italia forse non vorranno l’articolo 18 ma sanno come è il mercato del lavoro in Cina. Bambini costretti a lavorare sette giorni su sette dodici, quindici ore al giorno, stipendi da fame. E forse Foxconn, la famigerata società che produce gli Ipad, il modello a cui si ispira Rigor Montis? E in Cina da parte del nostro premier nemmeno una parola per i diritti civili perchè, come si dice, business is business. FONTE DAGOSPIA, 31 MARZO 2012

IL GOVERNO DICA COME USCIAMO DALLA RECESSIONE, di Mario Sechi

Pubblicato il 31 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Soldi Guardavo un incredibile servizio della Bbc sulla città greca di Perama: il sessanta per cento della popolazione è senza lavoro, gran parte delle famiglie vive di carità per avere cibo e assistenza medica. Se la ricetta del risanamento dell’Europa è questa, tanti auguri. Da tempo rifletto sul caso della Grecia, per me rappresenta un drammatico spartiacque, una deviazione pericolosa nella storia del Vecchio Continente, il segnale che abbiamo imboccato una via (quasi) senza ritorno. Quando a Bruxelles e Francoforte è stato deciso il piano di rientro dal debito di Atene, ho capito che l’Europa ha innescato una reazione a catena dagli esiti incontrollabili. E contagiosi. Osservate quel che sta accadendo in Spagna: il problema numero uno è la disoccupazione (e non il debito) e la Commissione europea si ostina a proporre una ricetta di rigore che produrrà altra recessione. Basta leggere le tabelle che il settimanale The Economist pubblica all’ultima pagina per rendersi conto della natura del problema. Pil e occupazione sono la sfida. Recessione, disoccupazione e alta pressione fiscale sono il veleno che sta uccidendo l’Europa. E per queste ragioni la ricetta teutonica dell’austerità non funziona. Il Portogallo si trova in una situazione analoga se non peggiore e l’Italia – nonostante il buon avvio del governo Monti – rischia grosso perché sul fronte della crescita nulla finora è stato fatto. Abbiamo un tessuto imprenditoriale straordinario, fortemente reattivo, ma senza più credito da parte del sistema bancario. La produzione industriale è crollata, i prezzi al consumo stanno salendo, il tasso di disoccupazione (in particolare tra i giovani e le donne) sta per varcare la soglia del dieci per cento. Sono questi i numeri che bisogna guardare e lasciar perdere – prima che sia troppo tardi – il dogma del pareggio di bilancio, la corda alla quale rischiamo di impiccarci. La nostra pressione fiscale è troppo alta e l’evasione un cancro. Non è possibile che solo l’uno per cento degli italiani dichiari più di centomila euro l’anno di reddito. È una grande truffa che deve finire. Quando Sergio Marchionne anticipa un mese di marzo catastrofico per la Fiat (meno quaranta per cento) c’è da mettersi a pensare perché l’auto è ancora un pezzo fondamentale del nostro Pil. Quando i suicidi di imprenditori e lavoratori senza paga non sono più episodici, vuol dire che stiamo per arrivare a un punto di non ritorno. Quel che mi colpisce è un diffuso sentimento di rassegnazione, misto alla protesta rabbiosa e confusa. Non fa parte della storia di questo Paese lasciarsi andare alla vertigine e i ministri (l’ultimo della serie è Corrado Passera) non devono dare interviste inutili per raccontarci che c’è la recessione. Questo lo sappiamo, stare al governo vuol dire dirci come ne usciamo. Mario Sechi, Il Tempo, 31 marzo 2012

.…….Nè Monti da Pechino deve pontificare sul fatto che una sua lettera al Corriere della Sera ha calmato le acque agitate dei partiti dopo una sua stupida dichiarazione sul fatto che il suo govenro gode di più alta considerazione rispetto ai partiti, che poi sono quelli che gli consentono di governare a colpi di decreti legge che sinora hanno solo provocato una impennata delle tasse che sta strangolando gli italiani, quelli che vivono con 15 mila euro l’anno, non certo quelli che ricevono stipendi da nababbi quali non se ne conoscono nel mondo conosciuto. Dice bene Sechi che sinora nulla ha fatto Monti per la crescita e limitandosi solo  ad annunciare la volonta del governo di dedicarsi alla crescita che  è retorica a buon mercato. Un misuratore della crescita sono i consumi. Ieri sera, venerdì, alle 18,30/19,oo  all’Auchan di Modugno, le casse erano spaventosamente vuote e poca era la gente che circolava tra gli scaffali. Segnale inequivocabile che la gente non spende perchè non ha i soldi da spendere e quindi blocca i consuni e quindi vuol dire che non c’è crescita. Ma cosa ne può sapere Monti delle cose spicciole che caratterizzano   la vita di tutti i giorni di milioni di persone’? E nulla ne  sanno quelli che hanno fra le mani il destino di milioni di uomni e donne che si sentono dire: dovete – dovete! -  fare i sacrifici per i futuro dei vostri figli. Certo, ma intanto i nostri figli rischiano di dover vivere di elemosina, come nella vicina Grecia, come sta per accadere in Spagna, come rischia che accada in Portogallo in Irlanda, sinanche in Olanda. Insomma la ricetta degli eurobanchieri ai cui incautamente è stato affidato il vecchio continente non funziona, o meglio funziona solo per le banche e i suoi derivati e, ovviamente le caste, vecchie e nuove. Tra i “nuovi”  cè anche il ministro Passera, ex banchiere, il quale chiede una sanzione sociale per chi evade le tasse. Ci piacerbbe sapere cosa propone. Una croce rossa indelebilmente marchiata sul viso, o il braccialetto sonoro i cui esemplari destinati ai detenuti collocali agi arresti domiciliari e costati un mare di soldi (chissà chi era il costruttore…) sono rimasti inoperosi, o chissà cos’altro ancora? Pensare di affidarsi all’azzeramento dell’evasione fiscale per dare il via alla crescita economica è come aspetttare che l’uva passa cada dal cielo. L’evasione fiscale, come qualsiasi altra attività umana ancorchè deprecabile, non si riduce a zero con la bacchetta magica, nè con i blitz a Cortina o quelliodierini  al Ponte Vecchio di Firenze, tra lo stupore  e forse lo sgomento dei turisti,   nè con gli anatemi stregonistici e sopratutto non la si combatte strangolando cittadini e imprenditori con una valanga di tasse da far paura,  che il governo Monti ha incentivato oltre ogni misura nel senso che non ha preso alcuna misura per bloccarle o ridurle. Per esempio le tasse sulla benzina che costituiscono uno spiegabile motivo per cui le vendite delle auto rischiano di essere ridotte del 40% come denuncia l’ad della Fiat, senza dimenticare il posto d’onore che hanno le tariffe assicurative gestite da un vero e proprio cartello di imprese che operano in un sistema monopolistico criminale. Ecco il punto. Questo govreno, frutto di una alchimistica alleanza tra forze di diversa, talvolta alternativa ispirazione, lungi dall’essere lo strumento per il risanamento dell’economia italiana, ci sembra che sia lo strumento più adatto per protrarre nel tempo una situazione di crisi permanente il cui esito finale ci atterrisce. g.

ALFANO: NON CEDEREMO SULLA RESPONSABILITA’ DI GIUDICI.

Pubblicato il 31 marzo, 2012 in Giustizia | No Comments »

Giustizia: Alfano, non cederemo su responsabilita' toghe“Sulla giustizia noi stiamo lavorando su tre cose molti importanti ma non cederemo sulla responsabilità civile dei magistrati”. Lo ha detto il segretario del Pdl Angelino Alfano. “Non cederemo su un punto importante: il principio che chi sbaglia paga si deve applicare a tutti e non a tutti tranne che ai magistrati”.

.……………..Non scommetteremmo sulla promessa di Alfano…però vogliamo vedere le carte.

EFFETTO MONTI: STANGATA ANCHE SULLE BOLLETTE, AUMENTA LUCE E GAS.

Pubblicato il 30 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Non bastavano le tasse, i rincari di gas e luce di inizio anno e quelli della benzina i cui prezzi crescono vertiginosamente. Come riferisce l’Autorità per l’energia nuovi, pesanti, aumenti arriverano a partire dal primo aprile per le bollette.

Così l’elettricità toccherà il +5,8% e dal primo maggio gli italiani si troveranno sui bollettini un ulteriore +4% dovuto all’incentivazione per le rinnovabili e assimilabili. Questo significa che nell’anno le famiglie pagheranno in media 27 euro in più. Come spiega il presidente Guido Bortoni, l’Autorità ha deciso di posticipare i contributi per gli incentivi per “dare un segnale, chiaro e concreto. Il tempo di un mese potrà servire ai decisori delle politiche energetiche per operare le migliori scelte con modalità sopportabili per i cittadini e alle imprese, alle quali si sta già chiedendo uno sforzo titanico vista la congiuntura economica”.

Stessa storia per il gas, seppure con percentuali minori: l’incremento per il trimestre aprile-giugno sarà dell’1,8% per un aggravio annuo di 22 euro. In totale le famiglie italiane arriveranno a pagare 50 euro annuali. 30 MARZO 2012

…..E intanto la casta, vecchia e nuova, giocherella con i suoi profit, privilegi, vantaggi e benefici, di ogni genere. Mentre infuria la polemica sull’incredibile mantenimento da parte degli ex presidenti della Camera e Senato delle loro attribuzioni – uffici, staff, macchine, etc, etc- che non ha paragoni in nessuna aprte del mondo (dove il giorno dopo la cessazione dagli incarchi , tutti, anche il presidnete degli USA, torna ad essere un comune cittadino),  si apprende che i deputati ricevono anche un chilo e mezzo di colla all’anno, forse per attaccare i francobolli. Se non fossimo dinanzi a milioni di italiani che muoiono letteralmente di fame, queste notizie ci farebbero sorridere e ci limiteremmo a dire che una risata li seppellirà.  Invece ora ci fanno incazzare e ci fanno domandare quanto ancora dobbiamo attendere perchè questa bengodi abbia termine, In un modo o nell’altro. Nell’altro sarebbe meglio. g.

L’EFFETTO MONTI: ROGHI UMANI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 30 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Lo chiamano «effetto Monti» per definire una sorta di nuovo miracolo italiano. Che esiste solo nella fantasia di giornali sdraiati a zerbino sul governo dei tecnici.

Lavoratori strozzati dal fisco

Anzi. Lo spread risale, la Borsa riscende e purtroppo cresce la disperazione di molta gente. Ieri un altro rogo umano, il secondo in due giorni: un operaio disoccupato si è dato fuoco a Verona. La paura di disturbare il manovratore, tutto preso in banchetti con potenti nostrani e internazionali, rende questi disperati soli anche nella disperazione. Non un membro del governo che se ne faccia carico, neppure qualcuno di destra, centro o sinistra che li strumentalizzi mettendoli sul conto del governo o di chicchessia. Semplicemente non esistono, sfigati fino alla fine come direbbe un noto sottosegretario.

Molti di questi disoccupati,artigiani e piccoli imprenditori sull’orlo dell’abisso in questi giorni ci stanno scrivendo, chi per sfogarsi e chi per chiedere aiuto. Quando si arriva a confessarsi a un giornale significa che nessuno di chi avrebbe dovuto ha saputo o voluto ascoltarti. E chi, se non la politica, i sindacati, le associazioni di categoria dovrebbero farlo?

Già, ma la politica ci ha convinto che non è più degna di esistere, i sindacati ci vogliono fare credere che il problema della gente sia l’articolo 18, le associazioni di categoria non hanno il coraggio di portare allo scoperto, se è il caso in piazza, i loro iscritti, cioè quella maggioranza silenziosa che ha sempre mandato avanti il Paese e che adesso non ce la fa più.

Riforme subito e meno tasse. Questo serve, tanto lo spread, come ormai ampiamente dimostrato, non legge il Corriere della Sera o La Repubblica : va per gli affari suoi e colpisce quando vuole. Corrado Passera ieri ha messo le mani avanti:sarà recessione tutto l’anno.Non è certo colpa sua, ma da un ministro del suo peso non ci si aspetta l’oroscopo, si esigono soluzioni. E forse anche qualche gesto o parola di incoraggiamento, perché la solitudine è davvero una brutta malattia, e pure contagiosa. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 30 marzo 2012

……………..Sì, ma Sallusti talloni il PDL che sostenendo il governo che provoca questi effetti ne diviene complice e corresponsabile. g.

I 7 BALZELLI CHE ALLEGGERISCONO LE TASCHE DEGLI ITALIANI. NEL 2012 UNA STANGATA DA 1133 EURO A FAMIGLIA

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

manovra famiglia
Sette i peccati capitali, sette i Re di Roma, sette le meraviglie del mondo… e sette i balzelli che alleggeriscono le tasche degli italiani nel 2012

La classifica è stilata da Adusbef e Federconsumatori, che parlano di “imponente aumento della tassazione” e quantificano l’aumento delle tasse che colpirà le famiglie nel 2012: 1.133 euro.
Tra i balzelli c’è una ‘new entry’: l’Imu, che guida la classifica dei rincari. Ci si dovrà fare i conti a giugno prossimo. Seguono le addizionali regionali e comunali che già hanno pesato sulle buste paga di marzo. Poi la ’spada di Damocle’ del possibile aumento dell’Iva che scatterà a settembre, a meno che, come il Governo ha più volte promesso, non si trovino risorse alternative.
Tra imposte, rincari, bolli, vecchie e nuove tasse, le famiglie italiane sono sempre meno in grado di affrontare il conto altissimo della crisi economica. Il 75% dei cittadini infatti – secondo un sondaggio di CareerBuilder (società specializzata in ricerca di lavoro) – accusa: quando arriva la busta paga, il 27 del mese, ha già finito i soldi dell’assegno precedente.
La crescita del Paese inizia l’anno con il segno “meno” davanti ( -0,5%, dati Istat) e nella situazione attuale sperare in un aumento dei consumi appare quanto mai illusorio. A questo proposito è bene ricordare che se il prodotto interno lordo continua a diminuire, anchi il rapporto con il debito (sul cui parametro si basano gli impegni del Paese con l’Europa) è destinato a peggiorare.

La top seven degli esborsi
  1. Aumenti Iva (da 9/2012) 270 euro/anno
  2. Aumenti Imu prima casa 405 euro/anno
  3. Accise benzina 120 euro/anno
  4. Accise reg. benzina (calcolo base nazionale) 16 euro/anno
  5. Bollo deposito fino a 50.000 euro 47 euro/anno
  6. Addizionale Regionale e Comunale 245 euro/anno
  7. Bollo sui depositi bancari e postali 30 euro/anno

TOTALE 1.133 euro/anno

LA CRISI: NON ARRIVANO A FINE MESE DUE FAMIGLIE SU TRE

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Economia | No Comments »

Rapporto Eurispes, è allarme sociale. Mutui, almeno 500mila famiglie non riescono ad onorarlo. Povertà ‘in giacca e cravatta’: lavoratori alla Caritas

Non arrivano a fine mese due famiglie su tre
liberoquotidiano.it

Solo un terzo delle famiglie italiane arriva ‘tranquillamente’ a fine mese. Almeno 500mila famiglie hanno difficoltà ad onorare i mutui per la casa. Aumenta il credito al consumo dettato dalla necessità e cresce la povertà ‘in giacca e cravatta’, cioè quella dei lavoratori costretti a usufruire di mense e dormitori per i poveri. E’ il quadro che emerge dal rapporto dell’Eurispes e dell’Istituto San Pio V di Roma in cui si evidenzia che “il ceto medio si trova a subire non più la sindrome della quarta settimana, ma quella della terza settimana”.

Allarme sociale – Secondo l’indagine ormai le famiglie, per far quadrare i conti, per pagare le rate per il mutuo, per far fronte alle spese di affitto, luce, gas e riscaldamento sono costrette ad un difficile gioco d’equilibrio. A ciò si aggiunge l’impressionante aumento del prezzo dei carburanti, arrivato alla soglia di due euro per litro. Poco più di un terzo delle famiglie italiane riesce ad arrivare con serenità alla fine del mese”. In parallelo, l’aumento del credito al consumo nel nostro Paese non è dovuto ad un dinamismo economico, ma solo dettato dalla necessità. Un italiano su quattro ricorre al credito al consumo per poter arrivare alla fine del mese. L’ammontare del credito al consumo, concesso da banche e società finanziarie, registra volumi considerevoli: quasi 94 miliardi di euro nel 2008. Dal 2002 al 2011 il credito al consumo in Italia è cresciuto complessivamente di più del 100%. L’incremento maggiore è stato registrato nelle regioni insulari e meridionali (rispettivamente del 107,7% e 105,5%).

Allarme mutui -
C’è poi il capitolo mutui. Anche in Italia è allarme per l’insolvenza di quelli per la casa. Infatti il numero dei contratti non onorati è in aumento. Il debito complessivo in sofferenza ha superato i 12 miliardi di euro e le famiglie coinvolte sono almeno 500.000. E si tratta di un trend in crescita. Come ricordato in queste ultime settimane anche dalla Caritas, aumenta la povertà definita dell’Eurispes in “giacca e cravatta”, quella che colpisce i ceti medi in difficoltà. Cresce la schiera dei working poors, ossia quei lavoratori che, pur percependo uno stipendio, la sera, non avendo la possibilità di una casa nella quale rientrare, chiedono ospitalità nei dormitori pubblici.

Sindrome della terza settimana – Alla povertà di lungo periodo si va sempre più affiancando una povertà circoscritta a eventi temporanei (diminuzione del salario e/o del potere di acquisto, fuoriuscita ed espulsione dal mercato del lavoro, variazioni nel reddito da pensione o da sussidio, matrimonio, separazione e/o divorzio, malattia o decesso della persona di riferimento economico all’interno della famiglia, ecc.), eventi riferibili a fattori intermittenti e temporanei di vita. Un ceto medio, insomma, conclude il rapporto, “che si trova a subire non più la sindrome della quarta settimana, ma quella della terza settimana”. LIBERO, 29 marzo 2012

CARA ELSA MONTI, LASCIATELO DIRE: MONTI NON ERA UOMO DA SPOSARE

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Costume | No Comments »

Selvaggia Cara Elsa Monti, lasciatelo dire: Mario non era un uomo da sposare

Primo avvertimento. Se avete acquistato «Chi» per leggere l’intervista che Elsa Monti, moglie del premier, ha rilasciato ad Alfonso Signorini questa settimana, non vi fate ingannare dal rigido tailleur indossato dalla signora e dal maglioncino colorato indossato dall’intervistatore: la first lady è lei, non Signorini. Secondo avvertimento. Dopo la lettura potrebbero venirvi due sospetti: il primo è che questa donna fa una vita al cui confronto quella di un’addetta ai timbri alla dogana croata, prevede qualche momento di svago in più. Il secondo, più allarmante, è che se l’intenzione era quella di affidarci a un tecnico, ci siamo messi nelle mani sbagliate.  Le indiscrezioni della signora Monti sui cinquant’anni trascorsi assieme al suo Mario infatti, mi hanno lasciata più perplessa che le spiegazioni di Emilio Fede sulla valigetta portata in Svizzera. E il ritratto che vien fuori del nostro premier non è poi così edificante. Roba che se è vero che dietro a un grande uomo c’è una grande donna, dietro a Mario Monti c’è una donna il cui processo di beatificazione andrebbe avviato entro  le sei di domani mattina.

Tanto per cominciare, Signorini racconta che l’appartamento privato del premier a Palazzo Chigi conta in tutto cinque stanze: salotto, studio, sala da pranzo, camera da letto e cucina. Il bagno non viene citato, per cui il dubbio è che la signora lo abbia in comune in corridoio col portiere dello stabile. Ma questi sono particolari. Perchè la parte più inquietante riguarda il marito, definito da lei stessa «un uomo con poco spirito pratico che ha imparato a sostituire le lampadine un poco alla volta». Cioè, ci governa un uomo che se si fulmina l’abat-jour sul comodino legge facendosi luce col display del cellulare, e pretendiamo che risolva il corto circuito dell’economia italiana.

Ma fin qui. Signorini le chiede poi se lo stare accanto a suo marito le sia costato qualche sacrificio e la signora Elsa ribatte: «Ho avuto una vita molto piacevole. Beh, forse piacevole è esagerato. Interessante». Interessante. Che sostanzialmente è la stessa risposta che si dà alla domanda «Ma il tipo che mi devi presentare è figo?» per omettere l’amara realtà: è una ciofeca da rodeo. Del resto, di esaltante nella vita con quest’uomo, ci deve essere  stato ben poco, visto che la povera Elsa racconta pure che la domanda di matrimonio l’ha fatta lei a lui. Sostanzialmente, quando Santa Elsa da Palazzo Chigi ha capito che Mario suo c’avrebbe impiegato tre settimane a finire la Bocconi comprese sei specializzazione e tre master all’estero ma ci avrebbe messo sedici anni a chiederla in moglie, è andata a ordinare le bomboniere.

Poi passa a descrivere la sua vita a Palazzo Chigi. «È come stare in un albergo senza la chiave della stanza, dopo una cert’ora qui non c’è più nessuno e mio marito rientra la sera verso le undici», dice.  Una descrizione talmente lugubre, che verrebbe da chiederle se ogni tanto vede anche due gemelline in abito azzurro in corridoio e se Mario, quando litiga coi sindacati,  torni a casa brandendo un’ascia. Sull’argomento figli la faccenda si fa interessante: «Si è appassionato ai figli tardi, finchè non c’è stato tra loro lo scambio intellettuale, non è stato un padre così presente».

In pratica, mamma Elsa c’era quando i bambini dicevano pappa, popò, pipì. Papà Mario gli ha fatto la prima carezza quando il maschio ha pronunciato per la prima volta la parola «Schopenhauer» e la femmina «scacco esistenziale». Infine, Signorini la interroga su svaghi e tempo libero. Il premier, secondo santa Elsa da Palazzo Chigi, non vede tv, restituisce i regali troppo costosi, si fa comprare le cravatte dalla moglie in aeroporto o, addirittura, ricicla quelle di Berlusconi. Insomma, un menage familiare che al confronto casa Prodi è il Carnevale di Rio.  Lasciatemelo dire: a dicembre, quella che ha pianto, mi sa che era l’Elsa sbagliata. di Selvaggia Lucarelli, Libero, 29 marzo 2012
.………………..Ritratto assolutamentre corrispondente alla fisinomia dell’uomo.

MONTI SFOTTE I PARTITI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

Monti alza la voce con i partiti. Io piaccio alla gente, voi no, ha sentenziato ieri dal Giappone dove si trova in visita di Stato. Un altolà soprattutto a Bersani che minaccia di non votare la riforma del lavoro.

Il premier Mario Monti

Ma più in generale un chiaro sintomo di insofferenza verso i suoi azionisti, cioè la maggioranza che lo sostiene e gli permette di governare. Vorrebbe, Monti, decidere senza la politica tra i piedi. È un lusso che in teoria può permettersi perché, primo vero caso nella storia repubblicana, lui è lì per chiamata diretta, come avveniva per i dittatori nell’antica Roma che prendevano momentaneamente il potere nei momenti di particolare crisi. Come Grillo, Monti fa leva sull’antipolitica per aprirsi la strada del consenso. Gioco facile, ma pericoloso.

E non soltanto perché, sarà solo una coincidenza, senza la mediazione della politica piccoli imprenditori in difficoltà hanno cominciato a uccidersi. Sputtanare chi ti tiene in vita non è mai cosa saggia. E non fare distinguo è un po’ omertoso. Già, perché Monti dovrebbe dire chiaramente quali forze politiche stanno ostacolando e boicottando sottobanco il suo lavoro. Dovrebbe fare nomi che noi ben conosciamo ma che se pronunciati da lui avrebbero un effetto ben diverso sulla famosa opinione pubblica. Dovrebbe dirci, Monti, da che parte gli stia tirando la giacchetta il presidente Napolitano, e noi sospettiamo che il Quirinale lo stia tirando dalla parte del Salva Sinistra più che del Salva Italia.

Sarebbe meglio sapere dalla sua viva voce quanto il Pdl debba ancora pazientare per vedere varata la riforma del lavoro, visto che il partito di Berlusconi e Alfano non ha frapposto il minimo ostacolo allo sciagurato aumento della tassazione sul quale non era per nulla d’accordo, cosa che ha fatto girare i santissimi ai suoi elettori non meno di quanto l’articolo 18 lo faccia a quelli del Pd. Insomma, se vuole fare il duro, Monti abbia il coraggio di farlo fino in fondo e non si nasconda dietro battutine che ci riportano alla Prima Repubblica più che proiettarci nella Terza. Di giochetti alla democristiana ci bastano quelli di Casini. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 29 marzo 2012

…..Tutto giusto, meno una cosa. Non è vero che gli elettori del PDL siano incazzati solo per la salatissima tassazione imposta da Monti con decreto legge, lo siono anche per l’art. 18 perchè anche i lavoratori eventuali destinatari delle conseguenze delle modifiche alll’art. 18 relative al mancato reintegro per i licenziamenti operati dietro la maschera delle ragioni economiche sono elettori del PDL che ritengono cretino da parte del PDL non solo condividere la riforma cosi come l’ha fatta il duo Monti-Fornero, ma addirittura dolersi che l’abbiano fatta non con cdecreto legge ma con un disegno di legge che forse si perderà nella palude del Parlamento. Forse Alfano avrebbe fatto bene a non condividere quewsta parte della riforma così da indurre Monti a modificarla e qiuindi ad utilizzare il decreto legge per ilr esto della riforma che se non sarà l’elica ella crescita, potrebbe per il futuro costituire un buon supporto. Diteglielo ad Alfano e ai suoi consigliori. g.

ALFANO E CASINI LEGANO BERSANI (CON MONTI CHE DA SEUL NAPOLEONEGGIA)

Pubblicato il 28 marzo, 2012 in Politica | No Comments »

I segretari di Pdl e Pd Angelino Alfano (s) e Pier Luigi Bersani (d) Bersani fa le pentole, Monti i coperchi, Casini mette le posate e Alfano il tavolo. La notizia è che la Terza Repubblica si sta apparecchiando all’italiana: tutti si siedono a pranzo con il timore che ognuno sia intento a fregare l’altro (cosa verissima) e all’ammazzacaffè si alzano sempre con l’idea che ci sia un pacco e un contropacco da qualche parte, ma il risultato finale è che la gestione del restaurant «chez Montì» va avanti e lo chef di Palazzo Chigi ha giocato bene il suo menù asiatico. Il segretario del Pd è arrivato al vertice sulle riforme con l’alone sulfureo di quello pronto a bruciare Monti sull’altare delle elezioni anticipate. Alfano e Casini lo aspettavano al varco con un megaestintore. Da buoni eredi della tradizione democristiana, Angelino e Pier se lo sono cucinato a puntino. Lo hanno coccolato e – come nei mitici congressi dello Scudocrociato – l’hanno abbracciato, stringendosi affettuosamente intorno a lui. Per strangolarlo meglio. Il vertice dell’ABC (Alfano, Bersani, Casini) è un distillato di machiavellismo, un manualetto di sminamento. Come legare Bersani e farlo sentire libero. Preceduto da una serie di telefonate preoccupate da tutte le parti, osservato speciale dal quartier generale di Re Giorgio (Napolitano), annunciato dal botto di un missile terra-aria lanciato sulla rotta Seul-Roma che è esploso nel quartier generale del Partito democratico, il summit diventa decisivo quando tutti attendevano le dichiarazioni di guerra e il via alla campagna d’occupazione del Pd. Stretto tra il mandato della direzione del partito e la determinazione di Alfano e Casini a portare a casa l’impegno a (provare) a fare le riforme, anche Bersani ha dovuto piegarsi. Attenzione, il segretario del Pd non è un ingenuo, sa benissimo che questa non è la battaglia finale, ma solo una tappa di avvicinamento della sua portaerei verso l’area di lancio. Bersani ieri ha dato il via libera all’accordo su legge elettorale e riforme istituzionali, ma lasciandosi tutte le vie d’uscita libere. È il generale D’Alema-Yamamoto a guidare le operazioni. Egli si trova nella condizione dei giapponesi contro gli americani nel Pacifico: dieci portaerei contro tre, un sistema di crittografia degli ordini (quasi) impenetrabile e un avversario in difficoltà. D’Alema può decidere di sferrare un attacco in stile Pearl Harbour (le elezioni anticipate) quando vuole nei prossimi tre mesi.  Monti rientra in patria dopo la campagna di Corea pieno di medaglie. Il presidente del Consiglio ha unconsenso internazionale senza pari: in pochi giorni ha incassato il sostegno della stampa della business community (Financial Times, The Economist e Wall Street Journal) sulla riforma del lavoro, mentre sul piano istituzionale ha il via libera dell’Ocse e un «Mario go!» di Barack Obama che mitiga un Pd baldanzoso e a tratti sbruffone. È dalla troppa sicurezza delPd che bisogna partire, seguendo le nuvolette di fumo del sigaro toscano di Casini. Quando Pier ha capito che l’attacco dalemiano si stava profilando all’orizzonte, ha sfoderato il meglio del suo repertorio: il blitz angloamericano per far saltare i ponti e impedire il passaggio della cavalleria corazzata. Casini ha inviato il suo miglior agente speciale: se stesso. Così ha ottenuto che il vertice fosse asciutto, maledettamente essenziale. Poche ore di “ragazzi, un due tre, chi non ci sta è un figlio di mignotta” e poi via con un comunicato di non italiana concretezza: c’è l’accordo, andiamo avanti, ci vediamo in aula. Stop. E Alfano? Gioca il suo ruolo con paziente intelligenza. Mentre Casini lavora come Penelope al telaio della scomposizione e ricomposizione dei moderati intorno a una nuova trama, Angelino mantiene in piedi l’esistente, rinforza le fondamenta, insomma, tiene in piedi la baracca postberlusconiana. Sa che le amministrative saranno un duro banco di prova, ma ha dalla sua i numeri di un partito che, in ogni caso, sarà un perno del sistema. Parlando ai senatori ieri sera ha messo davanti agli occhi di tutti lo scenario: «La sfida del Pdl è preservare il patrimonio di questi 18 anni e destinarlo ad un soggetto politico che non nasca da una gara di coalizione ma che chiede al primo partito che vince di mettere su una coalizione intorno ad un progetto. Questo è lo scopo di una nuova strategia che probabilmente saremo chiamati a gestire». Se passa il sistema elettorale alla tedesca, questa è la sfida: essere il primo partito, incassare il premio e aggregare chi ci sta. Intorno a questa idea Alfano può costruire il futuro del centrodestra. Ammesso che il Pd voglia correre il rischio. Perché alla fine della fiera è intorno ai piani, ai dilemmi, alle lacerazioni interiori e ciclopiche aspirazioni dei «democrats de noantri» che ruota la politica del Belpaese. In mezzo a questa battaglia feroce ci sono Napolitano e Monti, due presidenti che vivono il paradosso di essere nel loro massimo momento di potenza e, nello stesso tempo, in bilico. Il Quirinale è già sotto Opa ostile. Re Giorgio ha indebolito involontariamente le sue difese annunciando l’intenzione di non ricandidarsi. Da quel momento si è aperto il Gioco del Colle. E Prodi sogna di installarsi al Quirinale con donna Flavia. SuperMario invece fa i conti con unPd in pole position nel Gran Premio del voto e – per la prima volta da quanto è iniziata l’era dei tecnici – intento ad affiggere sui muri i tazebao della rivolta contro Elsa Fornero, alfiere della riforma del lavoro «brussellese», Lady di ferro di un governo dove i maschi sembrano di coccio e le signore (osservare le mosse di Cancellieri per averne ulteriore prova) sono temprate come l’acciaio. Ieri è stata siglata una tregua, ma la guerra è appena iniziata. La conduce, ancora una volta, la gioiosa macchina del Pd. Nel 1994 la fermò Berlusconi. Oggi il Cavaliere guarda con i binocoli il campo di battaglia. Senza di lui, sta saltando il bipolarismo. Fu costruito intorno alla sua figura, dal centrodestra come dal centrosinistra. Berlusconismo e antiberlusconismo hanno segnato tutti i passaggi istituzionali della Seconda Repubblica. Si volta pagina e s’apre un capitolo in cui la stabilità dei governi non passa dalle coalizioni costruite prima del voto, ma dal semplice e aritmetico fatto che il partito che vince incassa un premio e non c’è possibilità di mandarlo all’opposizione. È una stabilità non costruita su un Supremo Comandante, un leader che ha il carisma, galvanizza e coalizza, ma sul partito che traina meglio e tiene insieme i suoi simili. Un ritorno, se si vuole, alla normalità, ma in un sistema fatto di contraddizioni, come quello italiano, è facile che l’ordinario diventi straordinario. Perché in alto mare ci sono le portaerei del Pd schierate e la tentazione di incassare il bottino subito con il porcellum è altissima. Bastava osservare la faccia di Pier Luigi Bersani ieri dopo il vertice con Alfano e Casini per rendersene conto: non sorrideva. Non ne aveva motivo. Un accordo simile, se realizzato, leva al Pd un formidabile argomento per la campagna elettorale, posticipa l’appuntamento pregustato dal giorno del passo indietro del Cav di altri trecento giorni e lascia con il fiato sospeso tutti perché nel frattempo il Nemico, «il Caimano», non si sa che cosa possa tirare fuori dal cilindro. Diciotto anni di ossessione producono ancora l’ossessione. A getto continuo. Dentro e fuori il Pd. Ecco perché la Repubblica battezza le frasi di Monti da Seul («se il Paese non è pronto, potremmo andarcene, non tiro a campare come Andreotti») come un «editto», parola riservata con disprezzo all’universo berlusconiano, per cui ieri era «l’editto di Sofia» e oggi è «l’editto di Seul». Fa niente se uno è Berlusconi e l’altro è Monti. È la metafora che conta, il paradigma culturale che viene presentato al pubblico: Monti non è uno di noi. Così tutto un mondo ha chiaro che il professore è transeunte, serve a uno scopo e – foss’anche «l’ultima occasione», come ben detto da Carlo De Benedetti – Monti resta in ogni caso il passaggio a livello di una stagione, non il mattone sul quale si edifica una nuova casa. È proprio leggendo Repubblica, delizioso sismografo dei desideri progressisti, che si sviluppa nella camera oscura la perfetta fotografia di quel che sta accadendo. L’Ingegnere sostiene Monti, il direttore Ezio Mauro lo attacca in prima pagina perché osa insinuare che il «Paese non è pronto» e dunque ripudia la democrazia dal basso, mentre il Fondatore, Eugenio Scalfari ne loda l’azione e sostiene la riforma del lavoro. Una varietà di opinioni, frutto certamente di personalità forti, ma indicativa dei pensamenti e ripensamenti in corso nell’area larga del progressismo. Finito il berlusconismo, si riaprono i giochi. E sono senza frontiere. Mario Sechi, Il Tempo, 28 marzo 2012

..……….Questo di Monti non è un editoriale, è un saggio breve. Comunque troppo lungo per non perrdersi nelle ripetute metafore con cui Sechi ha descritto quanto è avvenuto o poteva o doveva avvenire ieri durante l’incontro del trio Alfano-Bersani-Casini. Incontro  che doveva partorire una montagna ma ha partorito alla fine il solito topolino, che nella fattispecie è la solita esca per ingananare gli italiani e tenerli buoni nel mentre che Mario NAPOLEONE Monti completa l’opera che gli è stata affidata, cioè strangolare gli italiani annebbiati dai piani di battaglia che si descrivono con lunghe paginate, come questa di Sechi. Diceva Montanelli che chi usa  mille parole per  scrivere ciò che si può scrivere  in cento non ha le idee chiare. Non ci azzarderemo a dire ciò di Sechi ma possiamo dire quel che ci appare e cioè che Sechi e con lui anche altri editorialisti descrivono non tanto ciò che è ma di più che quel vorrebbero che fosse. Intanto Alfano e Bersani sono solo figuranti mentre i  veri protagonisti rimangono dietro le quinte per meglio tirare le fila di un gioco che è più grande sia dell’uno che dell’altro; quanto a Casini, che figurante non è, cerca di ritagliarsi un ruolo ma può capitare come spesso capita a chi sta in mezzo di prenderle di santa ragione da una parte e dall’altra quando il gioco si farà duro. E si farà duro quando dalle parole di un presunto accordo sulle cosiddette riforme costituzionali che devono andare di pari passo  con la riforma elettorale si dovrà passare al concreto, cioè al trasferimento su carte dei punti e delle virgole. Ne vedremo delle belle, non tanto sulle riforme costituzionali sulle quali, essendo per un verso minime (la riduzione dei parlamentari) e dall’altro reciprocamente convenienti (maggiori poteri al premier e , sopratutto, abolizione di fatto del bipolarismo di coalizione) una qualche convergenza è possibile trovare, quanto sulla riforam elettorale, che a seconda di come viene fatta determina la vittoria o la sconfitta di una delle  parti in gioco. Intanto però NAPOLEONE Monti se ne frega un pò di tutti e ormai non tenta neppure di dissumilare la grande considerazione che ha di se stesso. Lo fa direttamente allorchè discettando della riforma del mercato del lavoro non solo arriva a dichiarare che in Italia non c’è possibilità di assumere (i giovani!) perchè non c’è libertà di licenziare (gli anziani), cosicchè riducendo la sua riforma ad una specie di turnover tra giovani e anziani con i primi che presto potrebbero ritrovarsi nelle condizjoni dei secondi e i secondi ai quali si configura con una violenza senza pari un futuro di povertà e sofferenze; e lo fa umiliando il Parlamento allorchè a proposito della riforma si dice certo che essa passerà così come l’ha delineata il govenro, cosicchè mostrando di non avere in alcun conto il Parlamento il quale, quando discuterà della riforma, lo farà tirandosi il ventaglio., non ptendola modificare. E lo fa il suo ben organizzato ufficio stampa allorchè dirama urbi e orbi che a Seul Monti ha ricevuto complimenti da tutte le parti per come ha strangolato gli italiani subissandoli di tasse. E ci mancherebbe che non lo avessero lodato, da Obama , il rappresentante dei finanziari che con le loro bolle di sapone finanziarie hanno aperto la grande crisi che sta travolgendo il mondo, al premier cinese che dopo aver promesso di invitare i capitalisti di stato cinesi ad investire in Italia prendendo il posto degli sfiancati imprenditori italiani non poteva che lodare per questa opportunità il peggior professore che poteva capitare all’Italia , cioè NAPOLEONE  Monti, al quale il grande e vero innovatore della scuola italiana, cioè Giovanni Gentile, mai avrebbe affidato nemmeno una prima elementare. g.