Soldi Guardavo un incredibile servizio della Bbc sulla città greca di Perama: il sessanta per cento della popolazione è senza lavoro, gran parte delle famiglie vive di carità per avere cibo e assistenza medica. Se la ricetta del risanamento dell’Europa è questa, tanti auguri. Da tempo rifletto sul caso della Grecia, per me rappresenta un drammatico spartiacque, una deviazione pericolosa nella storia del Vecchio Continente, il segnale che abbiamo imboccato una via (quasi) senza ritorno. Quando a Bruxelles e Francoforte è stato deciso il piano di rientro dal debito di Atene, ho capito che l’Europa ha innescato una reazione a catena dagli esiti incontrollabili. E contagiosi. Osservate quel che sta accadendo in Spagna: il problema numero uno è la disoccupazione (e non il debito) e la Commissione europea si ostina a proporre una ricetta di rigore che produrrà altra recessione. Basta leggere le tabelle che il settimanale The Economist pubblica all’ultima pagina per rendersi conto della natura del problema. Pil e occupazione sono la sfida. Recessione, disoccupazione e alta pressione fiscale sono il veleno che sta uccidendo l’Europa. E per queste ragioni la ricetta teutonica dell’austerità non funziona. Il Portogallo si trova in una situazione analoga se non peggiore e l’Italia – nonostante il buon avvio del governo Monti – rischia grosso perché sul fronte della crescita nulla finora è stato fatto. Abbiamo un tessuto imprenditoriale straordinario, fortemente reattivo, ma senza più credito da parte del sistema bancario. La produzione industriale è crollata, i prezzi al consumo stanno salendo, il tasso di disoccupazione (in particolare tra i giovani e le donne) sta per varcare la soglia del dieci per cento. Sono questi i numeri che bisogna guardare e lasciar perdere – prima che sia troppo tardi – il dogma del pareggio di bilancio, la corda alla quale rischiamo di impiccarci. La nostra pressione fiscale è troppo alta e l’evasione un cancro. Non è possibile che solo l’uno per cento degli italiani dichiari più di centomila euro l’anno di reddito. È una grande truffa che deve finire. Quando Sergio Marchionne anticipa un mese di marzo catastrofico per la Fiat (meno quaranta per cento) c’è da mettersi a pensare perché l’auto è ancora un pezzo fondamentale del nostro Pil. Quando i suicidi di imprenditori e lavoratori senza paga non sono più episodici, vuol dire che stiamo per arrivare a un punto di non ritorno. Quel che mi colpisce è un diffuso sentimento di rassegnazione, misto alla protesta rabbiosa e confusa. Non fa parte della storia di questo Paese lasciarsi andare alla vertigine e i ministri (l’ultimo della serie è Corrado Passera) non devono dare interviste inutili per raccontarci che c’è la recessione. Questo lo sappiamo, stare al governo vuol dire dirci come ne usciamo. Mario Sechi, Il Tempo, 31 marzo 2012

.…….Nè Monti da Pechino deve pontificare sul fatto che una sua lettera al Corriere della Sera ha calmato le acque agitate dei partiti dopo una sua stupida dichiarazione sul fatto che il suo govenro gode di più alta considerazione rispetto ai partiti, che poi sono quelli che gli consentono di governare a colpi di decreti legge che sinora hanno solo provocato una impennata delle tasse che sta strangolando gli italiani, quelli che vivono con 15 mila euro l’anno, non certo quelli che ricevono stipendi da nababbi quali non se ne conoscono nel mondo conosciuto. Dice bene Sechi che sinora nulla ha fatto Monti per la crescita e limitandosi solo  ad annunciare la volonta del governo di dedicarsi alla crescita che  è retorica a buon mercato. Un misuratore della crescita sono i consumi. Ieri sera, venerdì, alle 18,30/19,oo  all’Auchan di Modugno, le casse erano spaventosamente vuote e poca era la gente che circolava tra gli scaffali. Segnale inequivocabile che la gente non spende perchè non ha i soldi da spendere e quindi blocca i consuni e quindi vuol dire che non c’è crescita. Ma cosa ne può sapere Monti delle cose spicciole che caratterizzano   la vita di tutti i giorni di milioni di persone’? E nulla ne  sanno quelli che hanno fra le mani il destino di milioni di uomni e donne che si sentono dire: dovete – dovete! -  fare i sacrifici per i futuro dei vostri figli. Certo, ma intanto i nostri figli rischiano di dover vivere di elemosina, come nella vicina Grecia, come sta per accadere in Spagna, come rischia che accada in Portogallo in Irlanda, sinanche in Olanda. Insomma la ricetta degli eurobanchieri ai cui incautamente è stato affidato il vecchio continente non funziona, o meglio funziona solo per le banche e i suoi derivati e, ovviamente le caste, vecchie e nuove. Tra i “nuovi”  cè anche il ministro Passera, ex banchiere, il quale chiede una sanzione sociale per chi evade le tasse. Ci piacerbbe sapere cosa propone. Una croce rossa indelebilmente marchiata sul viso, o il braccialetto sonoro i cui esemplari destinati ai detenuti collocali agi arresti domiciliari e costati un mare di soldi (chissà chi era il costruttore…) sono rimasti inoperosi, o chissà cos’altro ancora? Pensare di affidarsi all’azzeramento dell’evasione fiscale per dare il via alla crescita economica è come aspetttare che l’uva passa cada dal cielo. L’evasione fiscale, come qualsiasi altra attività umana ancorchè deprecabile, non si riduce a zero con la bacchetta magica, nè con i blitz a Cortina o quelliodierini  al Ponte Vecchio di Firenze, tra lo stupore  e forse lo sgomento dei turisti,   nè con gli anatemi stregonistici e sopratutto non la si combatte strangolando cittadini e imprenditori con una valanga di tasse da far paura,  che il governo Monti ha incentivato oltre ogni misura nel senso che non ha preso alcuna misura per bloccarle o ridurle. Per esempio le tasse sulla benzina che costituiscono uno spiegabile motivo per cui le vendite delle auto rischiano di essere ridotte del 40% come denuncia l’ad della Fiat, senza dimenticare il posto d’onore che hanno le tariffe assicurative gestite da un vero e proprio cartello di imprese che operano in un sistema monopolistico criminale. Ecco il punto. Questo govreno, frutto di una alchimistica alleanza tra forze di diversa, talvolta alternativa ispirazione, lungi dall’essere lo strumento per il risanamento dell’economia italiana, ci sembra che sia lo strumento più adatto per protrarre nel tempo una situazione di crisi permanente il cui esito finale ci atterrisce. g.