Il premier Mario Monti La Francia sceglie il prossimo Presidente in un duello appassionato dove sono in gioco i destini dell’Europa, l’Italia annaspa tra tecnici, tecnici dei tecnici, partiti, partitanti e varie comparse della scena politica. Confesso, vedere e commentare le elezioni negli altri Paesi Europei comincia a provocare in me una certa invidia. C’è lotta politica, confronto di idee, passione. Da noi sembra prevalere la rassegnazione. Ho sostenuto il governo di transizione e dato ampio credito al governo Monti, ma più passano i giorni e più penso che ci sia qualcosa di storto -ma non ancora irreparabile – in questa vicenda. Il Professore è uomo capace, di carattere e ironia apprezzabili, tuttavia si coglie una distanza forte dalla politica e dalla lotta ideale che è il sale di un’avventura di governo. Monti ha svolto con coraggio la prima parte del suo mandato (il Salva-Italia), ha portato a casa una riforma delle pensioni da tutti i partiti sbandierata ma mai approvata, ma ha ecceduto con la pressione fiscale e mancato l’obiettivo delle liberalizzazioni. Quanto alla crescita, non ci siamo e basta. Può recuperare? Sì, ma a patto che riprenda il filo della politica e la bussola liberale. Non ci sono altre strade. Il dibattito italiano è chiuso in se stesso, ma intanto l’Europa si sta giocando il proprio destino. Le elezioni francesi saranno uno spartiacque e il rapporto tra Parigi e Berlino non sarà più lo stesso: se vince Sarkozy, dovrà fare delle concessioni alla destra lepenista che rifiuta la ricetta tedesca, la Bce e l’architettura barocca dell’Europa, se vince Hollande, il patto fiscale va a carte quarantotto e si ridiscute tutto. Qual è la nostra posizione in merito? Vorremmo saperlo. Bersani tifa Hollande ma è in conflitto con Monti, pezzi importanti del centrodestra altrettanto, mentre gli ex di Alleanza nazionale sperano ancora in un Sarkozy rivisto e corretto per non lasciare il campo alle sinistre. In ogni caso, a Parigi un dibattito sul futuro del Vecchio Continente – quello dal quale dipendono i nostri destini – è più vivo che mai. È ora che anche l’Italia esca dal suo giardinetto e guardi più in là. Ricchezza, produzione e consumo si stanno spostando da Occidente a Oriente, mentre le politiche economico-fiscali producono disoccupazione. Monti colga l’attimo fuggente. Mario Sechi, Il Tempo, 3 maggio 2012

.……………Appello quello di Sechi destinato a rimanere inascoltato. A Monti, per poter cogliere,  l’appello di Sechi  e l’attimo fuggente,  mancano due virtù fondamentali, la sensibilità coniugata alla fantasia. Chi è chiamato a funzioni tanto importanti,  quelle alle quali Monti è stato chiamato, senza averne mai prima dimostrato l’attitudine, specie in momenti cruciali come quelli attuali, deve possedere una dose non indifferente di sensibilità, per comprendere gli altri, comprenderne le ragioni, e farle proprie , condividerne le attese e le angoscie,  stimolarne le speranze come contributo non materiale  per un futuro migliore. E alla sensibilità deve coniugarsi la fantasia,   non per “portarla al potere” rimaneggiando lo slogan del maggio francese di 4 decenni addietro, ma per usarla come impareggiabile  arma di disinnescamento della più terribile delle malattie dell’uomo moderno: la resa dinanzi alle avversità. Monti è uomo gretto e funereo, incapace di trasmettere, essendone egli stesso privo, voglia di riscatto, indulgente verso se stesso quanto reattivo verso chiunque osi contraddirlo o criticarlo. In ciò denunciando la scarsa, o,  addirittura,  totale assenza di senso critico e autocritico, in aperta contraddizione con i più elementari canoni della democrazia rappresentativa. Il Paese vive ore dramamtiche, non serviva a questo Paese un “capo” privo del “quid” berlusconiano, quello che un tempo si chiamava carisma. Un capo senza carisma non entusiasma chi deve seguirne l’essempio e induce alla diserzione. Ed è quello di cui questo Paese in questo momento  non ha bisogno, la diserzione. Ma Monti non è l’uomo adatto a fermarla. g.