Il presidente del Consiglio Mario Monti Fin dal principio dell’avventura del governo Monti ho scritto che sulla tassazione si giocava il presente e il futuro di questo esecutivo. Alcuni mesi dopo è giunta l’ora di fare un bilancio. 1. la pressione fiscale ha raggiunto livelli mai toccati prima; 2. è stata introdotta una patrimoniale progressiva sugli immobili chiamata Imu (gettito previsto di 21 miliardi), in cui di municipale c’è il nome perché solo 9 di questi andranno ai Comuni; 3. il sistema di riscossione italiano continua a utilizzare i soggetti privati come camerieri: le aziende pagano le tasse per se stesse e per lo Stato e in cambio non ricevono indietro i crediti che vantano nei confronti della pubblica amministrazione; 4. il sistema punitivo sugli evasori così non funziona. L’Agenzia delle Entrate e Equitalia sono istituzioni da difendere, ma il complesso di norme che ne alimenta il flusso di cassa e i poteri non sono da Stato liberale; 5. nel settore del credito -vitale per qualsiasi economia- non vi è stata nessuna liberalizzazione e in presenza di recessione galoppante questo significa non consentire alle imprese in difficoltà non solo la gestione caratteristica, ma persino il pagamento delle imposte. Il bilancio del governo Monti sulla questione fiscale è negativo. Ed è legato a quello della crescita. Lo stesso premio Nobel Stiglitz -buon amico del professor Monti- fa presente che le ricette Berlinocentriche uccidono la crescita economica. Anche il professor Giavazzi sostiene queste idee e speriamo non le cambi ora che è approdato a Palazzo Chigi. Siamo di fronte ad una questione puramente tecnica? No, questa è politica, la materia viva che tocca il cuore e la mente dell’elettorato. Passi per le idee «tassa e spendi» del Partito Democratico, ma vorrei capire perché mai il Pdl dovrebbe continuare ad appoggiare una ricetta che massacra il suo elettorato. Me lo chiedo perché alle elezioni manca un anno e i casi sono tre: 1. il Pdl incide sulla linea del governo e convince Monti a una correzione di rotta; 2. il Pdl non conta niente e si suicida; 3. il Pdl si sveglia dal torpore e lascia il governo. Tre carte, un soldo. Mario Sechi, Il Tempo, 4 maggio 2012

.………….Meglio tardi che mai. Sechi, che ci ricorda Montanelli per la stringatezza coniugata alla chiarezza delle sue analisi, va al cuore del problema. La ricetta Monti, ora è chiaro a tutti, non va. Mentre non ha inciso minimamente sulla spesa pubblica improduttiva e sugli enormi costi della politica sin qui neppure sfiorati,  ha fondato tutta la sua azione (sic!) di governo sulla tassazione selvaggia che ha provocato la disperazione degli italiani e la depressione dei consumi. Di questo passo non si va da nessuna parte. E Sechi, dopo aver sostenuto il governo, se ne è reso conto. E si è reso conto anche della vaghezza delle posizoni del PDL. Chi scrive, da subito, senza se e senza ma, ha criticato la scelta del PDL di sostenere il governo Monti, rinunciando all’unica strategia che un partito democratico – di destra – avrebbe dovuto seguire, cioè quella delle elezioni anticipate. Specie dopo aver constatato  che le scelte del governo dei cosiddetti tecnici era in aperta contraddizione delle politiche tipiche della destra storica, liberale e conservatrice (alla Prezzolini): il contenimento della spesa e la riduzione della pressione fiscale in contrapposizione alle politiche della sinistra storica che come ricorda Sechi è quella del “tassa e spendi”. Abbiamo sperato che il PDL si ravvedesse e si rendesse conto che avallare le scelte impopolari di Monti finalizzate a distruggere l’ex ceto medio, a ridurre sul lastrico il sistema delle imprese, a mostrarsi sprezzante verso chiunque abbia osato contrapporsi alle sue teorie (vedi Giavazzi, ora chiamato a fare il super tecnico o lo stesso Alfano a proposito della compensazione tra crediti e tasse), avrebbe provocato crisi di consensi.  Invece,  nonostante i mugugni della base ma anche di buona parte della classe dirigente, ancorchè raccogliticcia perchè frutto di cooptazioni e non di scelte dal basso, il PDL continua ad ingnorare che il rimedio che ha propinato agli italiani è peggiore del male (basta la barzelletta dello spread, che ad onta di ogni montiana riflessione continua a salire,  a dimostrarlo…) e che continuare in questa direzione è pura follia suicida. Oggi Sechi, ravveduto dal suo iniziale innamoramento di Monti, pone il PDL dinanzi ad dilemma trino: o induce Monti a cambiare rotta, o il PDL  si dichiara destinato al suicidio,  o, infine,  lascia il governo.  Scelga e ce lo faccia sapere. g.