Da sinistra Silvio Berlusconi con il segretario del Pdl Angelino Alfano C’è qualcosa che non torna nel rapporto tra Monti e il Pdl. E va al di là della normale dialettica tra un partito che sostiene l’esecutivo e il presidente del consiglio. Anche al netto di una situazione certamente anomala e straordinaria come quella in cui si trova il governo Monti, non si può fare a meno di notare un atteggiamento che spesso è da due pesi e due misure rispetto a quello usato con il Pd. C’è sotto una questione culturale che non va sottovalutata: i tecnici si sentono antropologicamente superiori alla politica, in particolare al centrodestra italiano che, è vero, non si ispirava a Lord Brummel, ma ha pur sempre esercitato il potere attraverso la via democratica del voto. Monti difende il suo lavoro e fa bene, ma deve essere più cauto, rispettoso della storia politica di chi va in Parlamento e vota i provvedimenti del governo. Ho sostenuto il suo arrivo a Palazzo Chigi, lo ritengo senza alternative credibili (per ora) ma non condivido certi discorsi che provengono da Palazzo Chigi. I partiti avranno ancora una funzione, liquidarne la storia – sia essa di destra o di sinistra – significa non capire in quale campo da gioco si sta correndo. Il Pdl ha pagato a caro prezzo nelle urne la sua scelta di sostenere Monti e in queste ore tantissimi parlamentari si chiedono se sia il caso di continuare con il «suicidio tecnico». Il disagio di dover votare provvedimenti che massacrano l’elettorato di centrodestra è palese. Consiglio al premier: ci vada piano, non stuzzichi deputati e senatori, ritorni alla sobrietà e dica ai suoi ministri e consulenti «esternator» di parlare di provvedimenti specifici senza lasciarsi andare a giudizi politici. A meno che Monti non stia cercando l’incidente utile per innescare un progetto politico alternativo che punta alla liquidazione dell’esperienza berlusconiana tout court. In quel caso le elezioni anticipate sarebbero la via maestra non del Pdl ma del Pd della foto di Vasto con la stampella di Casini. Il risultato sarebbe quello di trarre d’impaccio Monti dalle difficoltà attuali e rilanciarlo come candidato non più di una larga intesa ma di un’armata «Normal» indecisa tra hollandisti, merkeliani e inciucioni. Bonne chanche. Mario Sechi, Il Tempo, 9 maggio 2012

.……………Forse Monti  questa mattina avrà letto questo editoriale di Sechi se agli Stati generali europei che si stanno tenendo a Firenze ha colto l’occaisone per “elogiare” Berlusconi e il suo governo per le riforme varate prima dell’abbandono e, per non farsi mancare nulla, aggiungendo che  prima di Berlusconi anche Prodi aveva camminato sulla stessa strada. Insomma una vera e propria marcia indietro rispetto a ieri quando, come sempre arrogante e privo di garbo, aveva detto, a proposito delle conseguenze della crisi – in primis i suicidi senza ovviamente citarli – , che dovevano riflettere quei govenri che la crisi l’avevano creata e non chi “dalla crisi sta lavorando per uscirne”. Orbene negli ultimi vent’anni, salvo qualche piccola perantesi, sono stati Prodi e Berlusconi a comandare la quadriglia, per cui non li si può prima “criminalizzare” e il giorno dop0 elogiarli cosicchè tentando di mettere riparo alla gratuita accusa di essere i responsabili della crisi. E’ evidente che Monti, tanto inconcludente e grottescamente ridicolo nell’affrontare il lavoro (incautamente) affidatogli dal super incauto Napolitano, è abbastanza furbo per cui volendo rimanere a Paalzzo Chigi,  a riscaldare la sedia e nel contempo a godere i vantaggi e i non pochi e non poco indifferenti privilegi del ruolo, deve nascondere il disgusto che prova, dall’alto della sua non ancora provata superiorità morale oltre  che di capacità, verso i “politici” che pure lo hanno issato sulla poltrona più alta senza verifica elettorale,  e giocare ai quattro cantoni. Sopratutto nei confrotni del PDL, un giorno accarezzato e l’altro demoniazzato, forse, secondo Sechi, con l’obiettivo di provocarne la reazione, indurlo a togliere il sostegno al suo govenro e quindi aprirgli la strada al rulo di condottiero dell’armata bracaleone che sta a sinistra del sistema. Può essere….ma Monti, se questo ipotizza, non fa i conti con  i  dirigenti del PD, fra i più smaliziati   dei politici di lungo corso della politica italiana,  che di certo non si sentono e non sono i pretoriani di Monti. Ciò però non può in alcun modo giustificare la rinuncia del PDL,  anzi di quella cosa ormai senza nome ma che ruota intorno al centro destra e al suo elettorato che se ne infischia delle tattiche  e dei giochi  del teatrino della politica,e che col voto di domenica scorsa ha lanciato un  segnale inequivocabile, a intraprendere la strada obbligata, cioè staccare la spina a Monti, altrimenti  quell’elettorato dovrà cercarsi, in fretta, e senza alcuna puzza al naso,  un  altro punto di riferimento. Piaccia o non piaccia al predicatore in s.p.e. Giorgio Napolitano. g.