Come sarà governata l’Italia nei prossimi cinque anni? I cittadini si pongono questa domanda prima di andare al voto. E non è affatto così scontato. La natura della crisi economica, la sua inedita profondità e durata, stanno cambiando il modo con cui vengono scelti i partiti e i candidati. L’appartenenza ideologica in passato era un collante enorme, oggi non fa la differenza, non determina la vittoria e la sconfitta. L’altissimo numero di indecisi che vediamo nei sondaggi dice questa semplice verità: non basta più la bandiera e sui leader c’è un tasso di sfiducia e rancore molto alto. Il partito maggiormente coinvolto dal fenomeno è il Pdl e il suo leader Silvio Berlusconi, ma anche il Partito democratico – che pure vola nei sondaggi – si trova di fronte a questo problema e alla necessità di rinnovare la classe dirigente per non offrire all’elettorato un’immagine già logorata dalla storia degli ultimi vent’anni. Il Pd ha parzialmente risolto il problema con le primarie, ma quando la campagna elettorale affronterà i temi della quotidianità, allora anche nel centrosinistra sorgeranno difficoltà. E il vantaggio diminuirà. Dominano l’inquietudine, l’incertezza, una visione appannata del futuro. Europa, Economia, Fisco, Welfare e Famiglia saranno i punti dell’agenda reale che dovranno essere per forza messi a fuoco in un dibattito per ora virtuale, concentrato su alleanze e candidature, autoreferenziale. Le elezioni saranno vinte da chi si rinnova e presenta progetti concreti agli elettori.Il 2008 è uno spartiacque: non bastano i volti, non serve il traino del leader, occorrono idee buone e persone che trasmettono fiducia e vengono identificate con lo «spirito di servizio». Il governo dei tecnici è stata una risposta necessaria ma insufficiente perché carente di politica e immaginazione. Mario Monti è percepito come una persona seria, autorevole, rispettata in Europa, ma l’esecutivo è di qualità inferiore rispetto al premier. Lo stesso Monti ha un’ottima performance sul piano del prestigio internazionale e della credibilità sui mercati, ma contemporaneamente è vissuto da un pezzo dell’elettorato – di destra e di sinistra – come un superburocrate distante dal popolo. Il cittadino conosce e riconosce entrambe le versioni e per questo è confuso: da un lato sa che abbiamo un fardello colossale di debito pubblico, un’agenda europea e impegni da rispettare; dall’altro lato vive la recessione con crescente tensione e si rende conto che la crescita è lontana e bisogna invertire la rotta ma con una soluzione di discontinuità. Quale? E soprattutto, come? I candidati devono rispondere a queste domande. Non Avere ma Essere. Non contro ma per qualcosa. Non demolire ma costruire. Non «io» ma «noi». Gli italiani in cerca di fiducia. Mario Sechi, Il Tempo, 10 dicembre 2012