Si incensa come il salvatore della Patria, difende l’operato dei tecnici e la tassa sulla casa, insulta Berlusconi e attacca Alfano: nella conferenza stampa di fine anno Monti presenta l’agenda per l’Italia e riversa il proprio rancore contro chi l’ha sfiduciato

Chi avesse ancora qualche dubbio sul ruolo politico, e non più tecnico, di Mario Monti nella campagna elettorale, l’ha sicuramente accantonato dopo aver ascoltato la conferenza stampa di fine anno. Dopo essersi arrogato il merito di aver “salvato” il sistema Italia dalla crisi economica e di aver ridato al Belpaese credibilità agli occhi dell’opinione pubblica internazionale, il Professore è passato ad attaccare Silvio Berlusconi e il Pdl e, quindi, a presentare il “manifesto” da sottoporre al prossimo governo.

“Finora è stato chiesto ai cittadini di schierarsi per qualcuno per schierarsi contro qualcun altro – ha spiegato – io non mi schiero con nessuno, vorrei che partiti e forze sociali si schierassero sulle idee”.

Non c’è stato alcuno spazio per i mea culpa. “Presto vedrete conferenze stampa inondate da grafici che con visione gelidamente simultanea dei fenomeni economici – ha spiegato – daranno percezione del fallimento di questo governo… ma non tutti gli italiani sono cretini”. Ad ascoltare le parole di Monti sembra che in Italia sia tutto rose e fiori, che effettivamente la crisi sia passata e che gli indicatori economici siano tornati a sorridere. Non una parola sulla disoccupazione da record, sul debito pubblico che è balzato oltre i 2mila miliardi di euro, sulla pressione fiscale che ha raggiunto i massimi storici. Dopo tredici mesi di lavoro, 401 giorni per l’esattezza, il premier dimissionario si è presentato agli italiani assicurando che l’emergenza finanziaria è superata senza la strettoia degli aiuti dell’Ue e del Fondo Monetario Internazionale. “Era così precaria la situazione dell’Italia nel novembre 2011, eravamo circondati da una così profonda diffidenza”, ha detto il Professore per poi citare le parole pronunciate da Alcide De Gasperi alla Conferenza di Parigi nel 1946: “Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me”.

Così, con un esagerato paragone alla condizione italiana dopo la Seconda Guerra Mondiale, il Professore si è lanciato in un auto incensamento del proprio operato a Palazzo Chigi e dei tecnici al governo senza, tuttavia, nascondere l’aiuto apportato dalla maggioranza che lo ha sostenuto in questi mesi e il fastidio che ha provato quando il segretario del Pdl Angelino Alfano ha sfiduciato l’esecutivo per le politiche economiche recessive intraprese.

Subito dopo, Monti è passato a illustrare il “manifesto” per l’Italia. Una sorta di agenda che, punto per punto illustra le riforme e gli interventi che il prossimo governo dovrà realizzare nei primi cento giorni di legislatura. Una sorta di memorandum che punta a rilanciare la crescita, snellire la macchina burocratica e cambiare profondamente la macchina politica. Il primo punto, va da sé, è la strenua difesa delle politiche avviate dai tecnici. “È necessario non distruggere i sacrifici, non dissipare quello che con grande fatica e con capacità di sopportazione che lascia pensare che i nostri cittadini abbiano capito cosa stavamo facendo e chiedendo loro”, ha spiegato il Professore citando un paio di esempi di modi sicuri per dissipare questi sacrifici: “sottrarsi alle linee guida dell’Europa” e “promettere di abolire l’Imu”. Lanciando una stoccata a Berlusconi, che nei giorni scorsi aveva promesso di abolire l’imposta sulla casa, Monti ha spiegato che togliere l’Imu “senza altre grandissime operazioni di politica economica” obbligherà, quanto prima, a dover mettere una tassa doppia. Al centro del manifesto, il Professore ha voluto mettere la crescita e il lavoro invitando la politica ad accogliere “una prospettiva moderna e non nobilmente arcaica” e chiedendo un cambiamento di mentalità ai sindacati. Per il resto l’agenda è un déjà vu, una lunga listi di riforme che già aveva pattutito tredici mesi fa con il capo dello Stato Giorgio Napolitano. Dalla riforma della giustizia (“Meglio fare leggi ad nazionem e non ad personam”) al taglio dei costi della politica, fino alla riforma della legge elettorale. Impegni che Monti ha disatteso riversando le colpe unicamente sulle divisioni interne al parlamento.

Spiegando che l’agenda per l’Italia non è erga omnes, dal momento che valica “la classica dimensione orizzontale sinistra-destra”, Monti ha gettato la maschera e ha spiegato chiaramente di essere pronto, se richiesto, a guidare quelle forze che manifesteranno adesione convinta e credibile al suo manifesto. “Sono pronto ad assumere un giorno, se le circostanze lo volessero, responsabilità che mi venissero affidate dal Parlamento”, ha continuato il Professore respingendo, tuttavia, la possibilità di apporre il proprio nome sulla liste di questo o quello schieramento politico (“Sono tra coloro che non hanno simpatia per i partiti personali”). Fonte ANSA, 23 dicembre 2012

……………Rancoroso, vendicativo, insultante, e supponente, tanto da paragonasrsi a De  Gasperi a cui luji non può neppurte pulire le scarpe. De Gasperi, non era mai stato un grande commis dello Stato, non aveva goduto di alcujn privilegio, aveva subito l’esilio in Vaticvano, l’ostracismo fascista, infine l’allontanamento dal govenro, dopo aver, lui si, salvato l’Italia e ottenuto rispetto per il suo popolo al tavolo della pace delle grandi potenze. Monti, nella sua smisurata vanità, accresciuta da una spocchi incredibile, dimentica di aver “servito2 destra e sinistra e di aver goduto di n illiomitato credito che è svanito dopo un anno di tartassamento degli italiani a cui non ha dato neppure una delle rifvorme che diminuiseero i privilegi della casta, anzi ottenendone uno per se in anticipo. Ha fatto la rifcorma delle pensioni e del lavorto creando laghi di lacrime e di sangue per colpa di uno dei suoi ministri più cretini che mai la storia repubblicana abbia avvito, cioè la Fornmero, non ha fatto la riforma delle istituzioni e quella delle provincie non solo non è andata in porto ma addirittura creato, perchè lasciata ametà strada, danni magigori di mquelli che voleva riparare. Quanto alla giustizia su cui ha maggiormente calcato la mano e riversxato il fiele tipico degli uomini come lui dimentica che prima che piuttosto che ironizzare sulle rioforme ad personam, invocando la riforma ad natione,m dovfrebbe fare la riforma del pensiero di taluni operatori di giustizia che usano il loro potere come una clava ideologica contro chi si professa non di sinistra. In definitiva questo Monti che si accomiata dopo un anno di potere  assoluto vissuto all’insegna della deroga dalle regole offendendo chi esercitando lo strumento del dissenso ha espresso dubbi sulla sua ricetta lo ha inbdotto alle dinissioni senza neppure passare, come si fa nelle democrazie vere, dal Parlamento, ritendendo lui appartenente ad una casta speciale di privilegiati che noj debnbono dar di conto al popo0lo sovrano, in aperto dispregio della Carta Costituzionale, getta la maschera. Egli è solo un tecnocrate, dei peggiori!, che pretende di essere al di sopra del popolo. Ha sbagliato i conti. Se ne vada acasa ci rimanga, perchè di certo nessuno lo richiamerà in nessun luogo. g.