Per una vita, e per una repubblica, Fini e Casini soffrirono il ruolo di paggetti a fianco a Berlusconi. Non sopportavano di essere secondi e terzi, inchiodati dalle loro personalità e dalla consistenza dei loro partiti. Subirono l’Ego straripante di Berlusconi, loro che avevano pensato – come il gatto e la volpe – d’intortarlo, lui ricco ma sprovveduto di politica. Poi Casini, dopo aver remato contro per un po’, si ammutinò e si mise in proprio. Fini restò ancora accucciato, ma poi avuto l’osso, la presidenza della Camera, cominciò ad abbaiare. E anziché aspettare il suo turno, che sarebbe venuto proprio adesso, di guidare il centrodestra, sbroccò e fece sbroccare pure il Cav. Fini e Casini godettero del tifo di giornali e potentati, ma non cavarono un ragno dal buco, al più trascinarono nel gorgo della dissoluzione tutto il centrodestra.

Ora i due levrieri si sono di nuovo accucciati ai piedi del nuovo Tutore, il prof. Monti, e come allora pensano di intortarlo, spremendolo e poi buttandolo via. Ma quando si è passata una vita a seguire qualcuno – Forlani o Almirante/Tatarella, e poi insieme Berlusconi – la seconda vita è la ripetizione farsesca della prima. A sessant’anni suonati o incipienti si ritrovano l’uno senza più il capiente ombrello democristiano e centrista come riparo, l’altro senza i voti e la popolarità ma con l’odio della destra, riassunti nel ruolo di body-guard di Monti, a sua volta segugio di altre sovranità. L’eterna pubertà di Pierfurbo e Gianfalso; una vita da insalate di contorno. Marcello Veneziani, 8 gennaio 2013