Molti elettori sono tentati di votare la lista di Grillo. Su Cinquestelle si è scritto mol­to e dicono che il comico ci riserverà fuochi d’artificio per il gran fi­nale della campagna elettorale. Non ne dubitiamo. Negare la sua capacità di at­trarre simpatia e, su alcuni temi, anche consenso sarebbe da stupidi. Lo dicono i sondaggi, da oggi proibiti, lo si sente di­re al bar e perfino in qualche salotto be­ne. L’uomo catalizza su di sé tutta l’at­tenzione in maniera esclusiva e milita­re, tanto che chi, all’interno del suo mo­vimento, ha tentato di farsi riconoscere dal grande pubblico è stato espulso. Non si tratta solo di ambizione od os­sessione. È una strategia politico-me­diatica ben studiata, tanto che i giorna­li, a differenza di quanto avvenuto con altri partiti, non hanno passato al setac­cio e radiografato liste e candidati del movimento. Detto che Grillo non andrà in Parlamento, noi elettori ancora oggi non sappiamo chi saranno i futuri sena­tori e deputati Cinquestelle. Brava gen­te, ci dice Grillo, pescata dalla società ci­vile. Di questo non ne dubitiamo,ma c’è bravo e bravo, nel senso che ci sono bra­vi liberali, bravi comunisti, bravi fasci­sti. È un caso che gli espulsi più celebri di Cinquestelle abbiano trovato posto nel­le liste di Ingroia e del Pd? Io non credo, e un primo esame dei candidati «anoni­mi » di Grillo lo conferma. La sua è una società civile che arriva soprattutto dal­l’area della sinistra radicale, dal movi­mento No Tav, dai Cobas, dal mondo dell’ambientalismo ideologico. Ciò è le­gittimo, ma mi chiedo perché nascon­derlo con tanta meticolosità. E forse una risposta è che il dichiararlo rende­rebbe meno appetibile quel voto tra gli elettori indecisi che in passato hanno sempre dato la preferenza al centrode­stra. Insomma, chi vota Grillo non manda in Parlamento il simpatico comico, ma persone che mai e poi mai avrebbe vota­to se solo informato. Non perché inde­gne, ma perché lontane anni luce dalla propria idea politica. Ammazzare la ca­sta è un conto e può anche stuzzicare l’appetito. Farsi rappresentare e affida­re il proprio futuro a radicali di sinistra è altra cosa. Perché esaurita la risata del «li abbiamo mandati a casa», ci sarà po­co da ridere. Il Giornale, 10 febbraio 2013