«E il governatore si rivolse di nuovo a loro, dicendo: «Quale dei due volete che vi liberi?». E quelli dissero: «Barabba». E Pilato a loro: «Che farò dunque di Gesù detto Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso». Sono quasi duemila anni che il Vangelo ricorda alle classi dirigenti che non si può governare coi sondaggi. E che Sua Maestà il Popolo, che di tanto in tanto viene invocato come un idolo e ipocritamente confuso con la democrazia, può sbagliare. E di grosso.

Spiegava Marshall Mc- Luhan che «difendere i sondaggi affermando che sono un modo per “consultare la saggezza collettiva” equivale a dire di poter estrarre la radice quadrata di uno spazzolino da denti di color rosa». Parole sante. Non sempre le emozioni, e più ancora le ondate popolari, sono sagge. Anzi.

C’è quindi qualcosa di storto nell’affanno con cui tanti leader politici, dopo avere smesso per anni di parlare con i loro elettori e soprattutto ascoltare le loro ragioni fino a creare quel distacco crescente tra il Palazzo e la società, si precipitano a precisare che su ogni cosa sarà «sentita la base». Ed ecco che c’è chi sta appeso ai cinguettii stizzosi di Twitter, chi agli sfoghi su Facebook, chi agli umori di un blog o di un rilevamento d’opinione. Come se da lì potesse levarsi finalmente una stella polare che indichi il percorso ai viandanti incerti.

L’ultimo, con l’impegno a «sentire tutti gli iscritti» sulla legge elettorale, è stato Guglielmo Epifani. Ma prima di lui Giuseppe Fioroni aveva già chiesto «un referendum consultivo di tutti i circoli pd». E il ministro Gaetano Quagliariello aveva assicurato «entro l’estate l’avvio di una consultazione popolare per coinvolgere i cittadini nel processo costituente sulle riforme». E i capigruppo della maggioranza varato una mozione che plaude alla «volontà del governo d’estendere il dibattito sulle riforme alle diverse componenti della società civile, anche attraverso il ricorso a una procedura di consultazione pubblica». E il titolare della pubblica amministrazione D’Alia lanciato «la consultazione online per chiedere ai cittadini di fare le loro proposte su 100 procedure da semplificare».

Per non dire di Silvio Berlusconi, che come nessuno conosce la pancia della propria gente, e che ad esempio dopo aver annunciato la scelta di «andare in maniera decisa verso il nucleare» definito «indispensabile», bloccò tutto dopo Fukushima perché aveva «spaventato gli italiani, come dimostrano anche i nostri sondaggi». O di Beppe Grillo che invoca referendum a raffica perché convinto della funzione salvifica del voto del popolo buono e sapiente.

Sia chiaro: la voce dei cittadini va sentita sempre. Online, nelle piazze, nei caffè, nelle sezioni… E ripetiamo: se i partiti e i leader politici avessero voluto e saputo ascoltare in questi anni l’insofferenza che saliva dalla pubblica opinione oggi non sarebbero così trafelati nello sforzo spaventato di ricomporre la frattura. Ma una vera classe dirigente, come dice la parola stessa, deve sapersi assumere le proprie responsabilità e mettersi alla guida dei processi storici. Anche a costo, talvolta, di fare scelte al momento impopolari. Se pensa che siano giuste. Sennò, se si accoda via via agli umori (per di più dettati da passioni partigiane) è una classe «accodante». È il succo della democrazia: chi viene eletto è eletto per fare delle scelte. Spiegarle. Difenderle. Se sono buone, il tempo gli darà ragione. A seguire i venti si possono vincere le elezioni, ma non guidare un Paese. Men che meno sotto i nuvoloni neri. Gian Antonio Stella, Il Corriere della Sera, 6 giugno 2013

………………….Abbiamo sempre pensato che governare è decidere. Anche a costo di risultare impopolare e crearsi nemici e magari odi perenni. Ma è così. Nè portrebbe essere diversamente. Divero invece è lo stare all’opposizione. Chi si oppone non ha neppure bisogno di spiegare il perchè, si oppone e basta. E la differneza tra chi governa e chi siede all’opposizione è tutta lì: decidere. Ovviamente si presuppone che la decisione sia mirata al bene collettivo e alle ragioni del benessere comune, al perseguimento di validi obiettivi di natura collettiva. Ma ciò è naturale che sia quando si opera in regime di democrazia e di libertà, cioè dove il popolo ha diritto e dovere di controllo e attraverso il voto  scofessare e modificare  scelte sbagliate. Qundi coglie nel segno Stella, ingiustamente definito “tumore” della democrazia per aver svelato, insieme al suo collega Rizzo,  piccoli e grandi  abusi della classe politica- tutta!- e coglie nel segno anche quando sostiene che il popolo non può essere quello della rete o dei tanti e diversi blog che affollano la rete, così tanti che finisconmo ciascuno pe rappresentare talvolta solo chi vi scrive. Perciò nè i sondaggi, cui si affidano un pò tutti, ciascuno facendo proprio ciò che meglio corrisponde ai propri “desiderata”, nè le consultazioni online – come quella, sommamente ridicola, di Grillo in occasione della elezioni del presidente della Repubblica- possono dirsi o rivedicasrsi il ruolo di vioce del popolo che ne ha una sola: il voto. g.