Ma il Pd non era moribondo? Eppure ha stravinto le amministrative. Ma Grillo non rappresentava il futuro radioso e un nuovo modo di far politica? Il suo ciclo appare già finito? E il Pdl delle rimonte impossibili? Si è afflosciato miseramente. Aggiungete l’eclissi di Sel, l’agonia della Lega, per non parlare di Scelta Civica di Monti (a proposito, esiste ancora?), la misera fine di Fini, di Pietro, di Rifondazione comunista e vi accorgerete di quella che è la nuova realtà della politica italiana: il comportamento dell’elettorato non è più prevedibile.
O meglio, non può più essere analizzato attraverso i vecchi parametri, che limitavano l’erraticità e il voto trasversale ai partiti estremi, mentre il 60/70% era saldamente ancorato ai partiti moderati di destra e di sinistra.

Ora invece l’elettorato è diventato iperliquido, oscilla bruscamente da un fronte all’altro alla ricerca di un Partito o di un leader che lo rappresenti, con fiammate improvvise per alcune figure e altrettanto repentini abbandoni.
Gli zoccoli duri del centrodestra e del centrosinistra ormai sono ridotti a circa il 20% ognuno, con una differenza importante: quello del centrosinistra, che ha ereditato la struttura partitica del vecchio Pci, è stabile e fedele. Marino a Roma non ha vinto perchè bravo, ma perché, a fronte di un astensionismo record, quel misero 20% diventa sufficiente per vincere, anzi per stravincere, le elezioni.

E il centrodestra? Il centrodestra non è mai diventato un vero partito, non si è mai riganizzato capillarmente sul territorio, punta tutto, da sempre, sul voto d’opinione moderato, sulla regolarità delle classi medie, che, però, in un’Italia in crisi appaiono meno motivate, se non amareggiate, sfiduciate e dinque tendono a disertare le urne. Tanto più che il centrodestra appare ancora – anzi, sempre di più – dipendete dalla straordinaria capacità di mobilitazione di Silvio Berlusconi: quando il Cav si impegna in prima persona il centrodestra rimonta (vedi il voto di febbraio) o perde dignitosamente, quando se ne sta in disparte crolla fragorosamente.

E questo è molto preoccupante per il Pdl e in genere per i moderati italiani che rischiano di rimanere senza rappresentanza quando Berlusconi, che non è più un ragazzino, deciderà o sarà indotto a ritirarsi dalla politica. Dietro di lui c’è il nulla.

Ecco perché, paradossalmente, il Pd, per quanto arruginito, poco credibile e cigolante, ha davanti a sé un futuro più radioso del Pdl, che continua a non capire, a non prevedere, a non programmare. Che disastro. Marcello Foa, 12 giugno 2013

.….Purtroppo questa “opinione” di Marcello Foa, giornalista ed opinionista di “destra” non è lontana dal vero. Sempre più si conferma che il PDL e il centrodestra si è appiattito su Berlusconi che sopperisced con la sua leadership alle carenze vistose di un partito la cui classe dirigente, quella degli eletti in primo luogo, è frutto non di esperienzas e capacità, ma solo di “scelt” dall’alto che non reggono sal confronto elettrorale quando Berlusconi non c’è. Del resto questa oipnione di Foa coincide perfettamente con quella oggi espressa in una intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno da Marcello Veneziani, indiscutibilmente ultima espressione dell’intellettualià di destra che sempre più si fa latitante nel Paese e nella cultur italiana. Anche Veneziani sostiene che il partito creato da Berlusconi vive solo della luce riflessa del suo leader la cui “scomparsa” determinerebbe la scomparsa del partito. Occorre correre ai ripari. Ma non sembra che nel PDL  e nella sua mediocre classe dirigente si abbia contezza sino in fondo di ciò che c’è dietro l’angolo. g.