La Destra in Italia non ha ancora reciso il cordone ombelicale né con un’ideologia passatista che la vincola all’autoreferenzialità e la condanna all’autoesclusione, né con il sistema partitocratico che l’accomuna a un modello di potere fallito e odiato impedendole di confrontarsi in modo diretto con i problemi reali degli italiani.

È la conclusione a cui sono pervenuto sabato a Orvieto a un incontro promosso da Francesco Storace. A Palazzo dei Capitani del Popolo era come se il tempo si fosse fermato e se non ci si affacciasse alla finestra del vissuto e della quotidianità delle persone che incarnano l’Italia.

Non sono mancati interventi critici che hanno invocato una prospettiva di apertura al Centro e di sano realismo politico (La Russa, Alemanno e Malgieri), ma la lingua veicolare odorava di società chiusa su se stessa dove si rievocano stereotipi e ci si culla nella nostalgia immaginando che il futuro migliore corrisponda al ritorno al passato. Una scelta che per la gran parte degli oratori si traduce nella riesumazione di An, individuandola come l’unica scelta obbligata in parallelo alla decisione di Berlusconi di riesumare Forza Italia, adducendo come valore aggiunto l’attrazione irresistibile del tesoretto della Fondazione, stimato in 500 milioni. Più che un confronto su come risollevare le sorti dell’Italia, è stato un mercanteggiamento su come ricomporre le varie anime del popolo della Destra, relegando in secondo piano la ragione vera per la quale io e altri che non apparteniamo alla Destra avevamo volentieri accettato l’invito di Storace: l’emergenza nazionale legata alla più grave crisi economica, politica e sociale dal dopoguerra.

Lo scenario che abbiamo di fronte mostra due visioni contrapposte: da un lato coloro che promuovono l’ideologia del globalismo e la dittatura finanziaria e multiculturalista, che liquida lo Stato nazionale, mette al centro la moneta, le banche e i mercati, scardina la famiglia naturale e legittima il matrimonio omosessuale, favorisce l’immigrazionismo e l’islamismo; dall’altro chi crede che la persona sia al centro di tutto quale depositaria di valori inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà, che la famiglia naturale sia il fulcro della società e che la comunità locale sia l’ambito ideale dell’organizzazione e dell’amministrazione della collettività, salvaguardando lo Stato come espressione della sovranità e solidarietà di un popolo che condivide storia, benessere e civiltà. Le Europee 2014 metteranno a nudo l’essenza di questi schieramenti: da un lato chi è favorevole alla dittatura europea che eliminerà ogni residua traccia di sovranità italiana nel nome del globalismo e del multiculturalismo, dall’altro chi è favorevole al riscatto della nostra sovranità monetaria, legislativa, giudiziaria e nazionale per salvaguardare la nostra civiltà.

Al centro la questione monetaria. Nell’intervista concessa al Giornale, alla domanda «Qual è secondo lei la causa di tutti i mali?», Berlusconi ha risposto: «I mai sono tanti e antichi. Certo, in questa situazione pesa il fatto che dobbiamo affrontare i nostri problemi usando una moneta che è come se fosse una valuta straniera, visto che non possiamo fare alcuna politica monetaria: questo è il quadro strettissimo in cui ci muoviamo». Allora affrontiamo questa indubbia causa dei nostri mali rivendicando ad alta voce e in modo finanziariamente irreprensibile l’uscita dell’Italia dall’euro. Creiamo il fronte della sovranità monetaria e nazionale facendo convergere l’impegno di tutti i soggetti politici e delle persone di buona volontà nell’obiettivo di salvare gli italiani. Facciamolo con una Costituente che parta dalla certezza dei valori in cui crediamo e della proposta politica. Organizziamo delle primarie che individuino chi darà il volto alla missione che suggerisco di chiamare «Prima gli italiani», nel senso che gli italiani devono venire prima dell’euro, delle banche, dei mercati, dello spread, del debito pubblico, del Pil, degli immigrati e delle moschee. Magdi Cristiano Allam, Il Giornale, 15 luglio 2013