Il Corriere della Sera pubblica oggi una intervista “a tutto campo” all’on. Casini. Casini che già da settimane ammicca al centrodestra, specie dopo la separazione di fatto da Monti e, ovviamente, dopo la sconfitta di febbraio scorso, conferma i suoi ammiccamenti, pungolato dall’intervistatore che cita quanto scritto ieri da Galli della Loggia il quale dottamente ha evidenziato che nel mondo di oggi non v’è “campo” per posizioni terze rispetto allo schema bipolare che comne ovunque anche in Italia ha profondamente attecchito. Casini fa il mkea culpa per il futuro, si arrampica sugli specchi per il passato nel tentativo, puerile, di dimosrtrare che chi ha sbagliato è stato Berlusconi, riservando a se stesso il ruolo di chi ha dovuto soccombere rispetto alle decisioni di Berlusconi. Lo fa specie nel riuferimento al mnacato varo della  riforma della giustizia dik cui fa carico al sol Berlusconi per aver pensato solo a leggi ad personam piuttosto che a una riforma vasta e complessiva. E’ un bugiardo Casini. Lui, Follini – finchè questi è rimasto nel partito di Casini-, Fini, e la stessa Lega hanno osteggiato qualsiasi ipotesi di riforma della giustizia, specie nel quinquennio 2001-2006, costringendo essi Berlusconi a scegliere la strada – sbagliata – delle leggi ad personam. Se una colpa si può e si deve fare a Berlusconi è quella di aver subito il ricatto dei suoi alleati praticando la politica andreottiana del “tirare a campare piuttosto che tirare le cuoia”: dinanzi ai dinieghi dei suoi alleati Berlusconi avrebbe dovuto mostrarsi ed essere  statista e far cadere il governo mettendo i suoi alleati difronte al bivio: o riformare la giustizia e, ovviamente, tutte le strutture dello Stato, oppure andare a casa. Non lo fece e le conseguenze sono quelle che oggi sono sotto i nostri occhi: le macerie nelle quali è sprofondato il centrodestra benchè largamente maggioritario nel Paese, fra gli elettori, nella società. Naturalmente si può riprendere il discorso e il cammino, ma,  per carità di patria, Casini non pontifichi. Non lo può fare dall’alto delle sue percentuali da prefisso telefonico. g.

Ecco l’intervista a Casini

Pier Ferdinando Casini nell'Aula del Senato (Ansa/Luigi Mistrulli)

Onorevole Casini, Ernesto Galli Della Loggia, sul Corriere, chiede a voi moderati non di sinistra di avere il coraggio di unirvi al Pdl e di rappresentare la «destra», ora che Berlusconi è destinato ad uscire di scena. Raccoglie l’appello?

«Che la democrazia dell’alternanza sia un fatto positivo in ogni Paese è innegabile. Ma se in Italia, dopo 20 anni, non ha funzionato un bipolarismo temperato, con un minimo comune denominatore tra i due poli, è stato proprio per la duplice criminalizzazione, di Berlusconi e dei comunisti. Si è preferito “non fare prigionieri” e così si è persa una grande occasione».

Non è responsabile anche il centro che ha deciso, nelle ultime elezioni di non schierarsi?
«Chi è senza peccato scagli la prima pietra, e forse è il caso che tutti ci asteniamo dalla tentazione. Ma un cattivo risultato non significa negare le nostre buone ragioni. La scorsa legislatura la sconfitta della destra è stata dovuta al fallimento del loro governo. E a sinistra hanno pervicacemente voluto l’alleanza con Sel, che si è infranta addirittura sul voto del capo dello Stato…».

Insomma, non è verso di voi che si deve puntare il dito…
«Ho cercato di moderare il centrodestra dall’interno, fino alla svolta del Predellino. Poi ho ritenuto più coerente una testimonianza solitaria. Ma va detto che se abbiamo vissuto un bipolarismo sbracato è anche per responsabilità di un Pd che, esclusa la parentesi veltroniana, non ha mai voluto avere “nemici” a sinistra. E anche oggi il fatto che Renzi sia diventato l’icona di Sel e di chi vuole sfasciare il governo Letta, deve far pensare».

Ma oggi appunto il quadro è cambiato: la condanna di Berlusconi lascia oggettivamente un vuoto a destra. Siete pronti a muovervi in quella direzione?
«Siamo pronti ad assumerci la responsabilità di scegliere. Ma oggi il Pdl non può sprecare l’occasione scegliendo una deriva avventurista».

Lei si è detto convinto che Berlusconi alla fine darà le dimissioni da senatore, lo pensa ancora?
«Sì, perché conosco la sua intelligenza e so che il presidente più longevo del Dopoguerra eviterà l’umiliazione di un voto che, al Senato, lo vedrebbe pesantemente sconfitto. Mi rendo conto che per lui è una prova dura, ma solitamente nelle circostanze difficili dà il meglio di sé. D’altronde è lui che ha chiesto di separare le sue vicende giudiziarie da quelle del governo, e che continua a sostenere Letta. Se dobbiamo andare verso il bipolarismo del futuro, e creare nuove convergenze in nome delle comuni appartenenze europee del Ppe, l’atteggiamento politico del Pdl in questo momento non può avere equivoci».

Insomma, se il Pdl sceglie la via del sostegno al governo potreste ritrovarvi presto insieme? Siete già in contatto con i vertici del partito?
«In questo momento è giusto e doveroso che il Pdl si stringa accanto a Berlusconi, gli dia la massima solidarietà. Poi è chiaro che dovrà aprirsi una riflessione in tutto il partito: so che alcuni stanno già pensando a come rimettersi in marcia, vedremo i fatti e le scelte».

Intanto però il Pdl chiede «agibilità politica» per il suo leader. Voi siete disponibili a qualche passo, qualche soluzione per venirgli incontro?
«Ci sono temi che sicuramente andranno affrontati, a partire dalla riforma della giustizia. Non parlo della sentenza della Cassazione, ma ho sempre detto e lo ribadisco che un certo accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi è difficile da negare. Ma se non si è fatta la grande riforma della giustizia, pur in presenza di una maggioranza enorme del centrodestra, è stato perché si è preferito inseguire, in modo disarmonico e spezzettato, i singoli procedimenti giudiziari in cui è stato coinvolto Berlusconi ».

Ma cosa fare nell’immediato per garantire, appunto l’«agibilità politica» per Berlusconi?
«Io sinceramente non capisco bene di cosa si stia parlando. Il tema della sentenza di Berlusconi non è eludibile. Bisogna prendere atto, con rispetto e senza giudizi sprezzanti, che la sentenza c’è stata e che avrà i suoi effetti. A parte che pretendere in questo momento la grazia o provvedimenti speciali serve solo a non ottenere nulla, ma concretamente, non vedo cosa ci si potrebbe inventare. Oltretutto, qualsiasi provvedimento parlamentare dovrebbe passare là dove il Pd ha una larga maggioranza: un Pd che è impensabile possa agire sfidando sentimenti, convinzioni e umori della propria base».

E se la soluzione fosse la discesa in campo di Marina Berlusconi?
«Il problema non sono le persone. Per mesi abbiamo chiesto a personalità influenti della società civile di partecipare, abbiamo esortato, pregato, figurarsi se mi scandalizza l’idea che una brava imprenditrice possa impegnarsi. Ma il punto è su quale linea politica si scende in campo».

Non teme che troppi nodi non sciolti per il Pdl, compreso quello sull’Imu, possano davvero portare a elezioni anticipate?
«Le elezioni anticipate non le indice il Pdl, ma Napolitano. Il quale ha detto e ripetuto che con questa legge non si va a votare. Quindi – in caso di crisi – si cercherebbe di formare un nuovo governo che, dovrebbero capirlo gli amici del Pdl, non sarebbe certo un ricostituente… Detto questo, è vero che il governo è nato anche sull’accordo per superare l’Imu nell’attuale forma, su questo nel Pdl hanno ragione. E sono possibili anche soluzioni intelligenti, come quella di una service tax che piace anche a un loro sindaco come Cattaneo. Un accordo andrà necessariamente trovato».Il Corriere della Sera, 12 agosto 2013