La notizia è la seguente. Si scopre che un autorevole membro di governo (la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri) ha telefonato a funzionari di Stato (ispettori del ministero) per perorare la scarcerazione di una donna (Giulia Ligresti) che si trova in stato di detenzione a Torino; donna che la ministra conosce personalmente molto bene, essendo lei amica di famiglia dei Ligresti, che tra l’altro sono datori di lavoro di suo figlio (di recente liquidato con buona uscita di oltre due milioni).

Pochi giorni dopo l’intervento ministeriale, la signora Ligresti viene scarcerata e ieri, a cose note, la Procura di Torino si è affrettata a fare sapere che tutto è avvenuto nel rispetto delle leggi con tanto di diffida a sostenere un nesso tra i due fatti (pressioni-scarcerazione).

La pratica viene definita dagli interessati come un legittimo e innocuo «intervento umanitario», vista la particolare situazione fisica e psicologica della detenuta. Bene, siamo d’accordo, mai interferenza – legittima o no a norma di legge o di opportunità non importa – fu più benedetta e ricordo che a suo tempo, era agosto, facemmo anche noi una campagna per mettere fine alla barbara detenzione preventiva di Giulia Ligresti. Ma ci chiediamo, alla luce di tutto questo: perché se un autorevole esponente di governo (Silvio Berlusconi) telefona a funzionari di Stato (dirigenti della Questura di Milano) per perorare l’affidamento a norma di legge di una donna (Ruby) che lui conosceva e che si trovava in stato di fermo, si becca sette anni di carcere? E perché, in questo caso, i funzionari pubblici che hanno sostenuto che tutto è avvenuto a norma di legge sono finiti sotto inchiesta per falsa testimonianza? La parola di un poliziotto di Milano vale meno di quella di un pm di Torino?

Azzardiamo delle risposte. La Cancellieri ha commesso un reato, ma, a differenza di Berlusconi, la passa liscia perché ha sempre difeso l’operato dei magistrati. Oppure. Ha commesso reato, ma ha lo scudo di essere stata ministra prima di Monti (agli Interni) e poi di Letta, due governi ferocemente antiberlusconiani che si sono rifiutati di affrontare la riforma della giustizia. O ancora. Come Berlusconi, non ha commesso alcun reato, solo che lei non è Berlusconi e quindi giustamente la sfanga. Qualsiasi sia la risposta giusta, fate voi, siamo di fronte alla prova inconfutabile che in Italia la giustizia è marcia fino al midollo, esercitata spesso da criminali che per di più ci prendono per i fondelli. Vero, caro ministro dell’Ingiustizia? Alessandro Sallusti