Il Porcellum non ha mogli, però è stracarico d’amanti. In pubblico non lo vezzeggia mai nessuno; in privato lo sbaciucchiano molte signorine licenziose. Sicché il marchingegno elettorale con la pelle da suino è sempre vivo e vispo, alla faccia di chi vorrebbe celebrarne il funerale. Ma poi, c’è qualcuno che lo desidera davvero? Tutti sanno che per sbarazzarsene occorre una nuova legge elettorale; che quest’ultima non può sbucare fuori dall’idea solitaria d’un partito solitario; che dunque servono accordi, alleanze, compromessi; e invece tutti, nessuno escluso, s’esercitano a impallinare le proposte altrui, o talvolta anche le proprie.
Insomma nessun testo, solo una fiera di pretesti. Compreso il più risibile, che invoca la riforma della Costituzione prima di cambiare la legge elettorale: campa cavallo. Ma se il cavallo campa, è perché i suoi tre vizi diventano virtù, riguardati con gli occhi dei politici. Primo: le liste bloccate, che trasformano ogni eletto in nominato. E trasformano perciò i capipartito negli eredi di Caligola, che per l’appunto fece senatore il suo cavallo. Quando mai sapranno rinunziarvi? Secondo: il premio di maggioranza senza soglia, quindi un superbonus per la minoranza più votata. Tanto che alla Camera il Pd, con il 29% dei suffragi, s’è messo in tasca il 54% dei seggi. Oggi a te, domani a me; e infatti Grillo ha già detto che intende rivotare col Porcellum . Terzo: la lotteria del Senato. Dove il premio si guadagna regione per regione, con esiti bislacchi e imprevedibili. Male per gli elettori, bene per gli eletti, giacché con questo sistema non perde mai nessuno.
Il guaio è che i tre vizi del Porcellum si traducono in altrettanti vizi di costituzionalità, sicché a dicembre la Consulta dovrà prendere il toro per le corna. Ma a quel punto si scorneranno tutte le nostre istituzioni, e tutte ne usciranno un po’ ammaccate. In primo luogo la Consulta stessa, chiamata a un improprio ruolo di supplenza per l’inerzia dei partiti. D’altronde, già in lontananza echeggiano gli spari. I 15 giudici segheranno il premio di maggioranza? Vade retro , ci troveremmo sul groppone un proporzionale puro. Demoliranno l’intera legge elettorale, riesumando il Mattarellum ? Niet , non si può fare. Chissà perché, dato che si tratterebbe viceversa d’un esito obbligato: quel sistema normativo è fatto a strati, è come un grattacielo, se togli l’attico rimarrà l’ultimo piano.
L’illegittimità del Porcellum renderà poi illegittimo l’intero Parlamento. Nel 1994 Scalfaro lo sciolse dopo un referendum elettorale, giacché erano mutate le regole del gioco; adesso la crisi sarebbe ancora più lampante, avremmo la prova d’aver giocato con regole truccate. E infine l’esecutivo: difficile rimanga in sella nello sfascio generale. Da qui l’urgenza di un’iniziativa del governo, prima che la Consulta scriva il finale di partita. Con un decreto legge, perché no? Nel 2012 stava per adottarlo Monti, poi non ne fece nulla per paura di cadere. Cadde lo stesso, com’è noto. E prima o poi cadrà anche Letta. Ma è meglio uscire di scena con onore, e senza troppi calcoli. Può darsi che fra le amanti del Porcellum ve ne sia qualcuna proprio a Palazzo Chigi: dopotutto con questa legge non si può votare, dunque si deve governare. Ma è un altro calcolo miope, un altro sguardo corto. Vorrà dire che alle nostre istituzioni regaleremo un paio d’occhiali.
Michele Ainis, Il Corriere della Sera, 11 novembre 2013

……Tutto vero… tutti a parole vorrebbero a cambiare la iniqua legge elettorale che ha issato  sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama tanti asinelli, ma non v’è alcuno che lo voglia davvero. Non i partiti, tutti, e i loro capobastoni che si scelgono i candidati e la loro posizione,  “utile” ad essere eletti, pardon, nominati, nella lista,  nè  ovviamente i candidati, specie quelli collocati in posizione “utile”, cioè nelle teste di lista, che non devono nè accapigliarsi tra di loro nè sul territorio per conquistare voti e preferenze. Solo gli elettori, tutti, vorrebbero che fosse loro restituito il diritto alla scelta del candidato da votare e far votare. Ma gli elettori sono gli unici  destinati a rimanere scornati, sia perchè il quadro che delinea Ainis è assai realistico, sia perchè, ove pure la Consulta dovesse ritoccare la lege, lo farà solo nella parte che è stata impugnata, cioè la mancata soglia minima necessaria per accedere al  premio di maggioranza, non certo nella parte che statuisce la lista bloccata e l’inibizione agli elettori di esprimere la preferenza e scegliere chi più medrita di rappresentarli in Parlamento. E così gli asini resteranno dove sono, e gli elettori pure!