Sarà che anche per me gli anni passano veloci, ma questa enfasi sulla «nuova generazione» al comando mi lascia perplesso.

A sentire il premier Letta nel suo discorso di ieri, dovremmo tutti noi italiani ringraziarlo per aver portato al governo una generazione di quarantenni che ha scalzato il vecchiume precedente. Non che la cosa mi infastidisca. Mi preoccupa l’idea che la carta di identità sia diventata un lasciapassare in bianco per la gestione della cosa pubblica. Essere giovani è una stagione della vita interessante e invidiabile ma non garantisce capacità e neppure onestà. Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, ha svuotato le casse del suo partito a 40 anni. E il suo collega Belsito ha sbancato la Lega più o meno alla stessa età. Franco Fiorito, detto er Batman, divideva allegramente i soldi pubblici coi compagni del consiglio regionale del Lazio già da trentenne. La Minetti è entrata in politica a 25 anni e sappiamo come è andata. I giovani grillini sono sbarcati in Parlamento sotto il comodo e capiente ombrello dell’ultra sessantenne Beppe Grillo. Quando se la sono dovuta giocare da soli in elezioni regionali o locali quasi nessuno ha superato l’esame. Eppure erano giovani. Certo, parliamo di casi anche diffusi, non della regola. Principio che però dovrebbe valere pure all’inverso. Come c’è giovane e giovane, così ci sono anziani e anziani. Marco Pannella, a 83 anni, è ancora un gigante. Silvio Berlusconi, classe 1936, resta per gli italiani (lo dicono tutti i sondaggi) la carta più valida per guidare un centrodestra vincente. La Merkel in Germania è arrivata al potere passati i cinquanta e continuerà a esercitarlo, salvo imprevisti, fino alla soglia dei settanta. Letta ieri mi è sembrato come quelle signorine che, non possedendo altre doti e capacità, esibiscono la propria giovinezza per sbaragliare la concorrenza matura e accalappiare il fesso di turno. Che in questo caso non è l’anziano «cumenda», ma saremmo noi italiani. Largo ai giovani? Sì, se mi abbassano le tasse e mi tolgono dall’oppressione dello Stato e dell’Europa. Altrimenti mille volte meglio un bel vecchietto liberale con palle e pelo sullo stomaco. Ps. C’è poco da stare allegri, ma comunque a tutti voi lettori un affettuoso augurio di buone feste da parte di tutti noi de il Giornale. Alessandro Salllusti, 24 dicembre 2013

…..Ha ragione Sallusti quando sottolinea che lo scudo della “giovinezza” non solo non basta, ma non è neppure nuovo. Già il fascismo aveva lanciato lo slogan  “largo ai giovani” anche per essere in simbiosi con lo spirito stesso del regime che della giovinezza aveva fatto il suo mito. Ma era solo  appunto uno scudo perchè le giovani leve al momento del dunque non brillarono, salvo pochi  che comunque avrebbero brillato  a prescindere. Certo, una società che vuol crescere deve far spazio ai giovani purchè questo spazio i giovani se lo conquistino con le proprie capacità, e, sopratutto, senza buttare in discarica le generazioni precedenti e con loro l’esperienza e la saggezza che non è solo monopolio dell’età ma lo è anche dell’età. Detto ciò, ci pare che per il resto si possa essere d’accordo con Sallusti, specie quando  parla di “giovani2 come Letta o come Renzi che dei giovani hanno solo l’ansia di arrivare ma che dei vecchi non hanno nè la preparazione nè l’arre della pazienza. Quest’ultima, poi, la pretendono solo dal popolo che deve avere fede, speranza e far loro la carità di credergli. g.