Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (Ansa/Ferrari)

Chi nasce tondo non può morire quadrato, dice il proverbio. Nessuna meraviglia quindi se il Senato, privo fin dall’inizio di una maggioranza politica, sembra tornato a essere la Fossa delle Marianne della legislatura. Per quanto il governo dica di avere i numeri, la realtà è che oggi i numeri a Palazzo Madama non li ha. Non li ha per la riforma costituzionale che abolirebbe il Senato elettivo (prima o poi devono essere 161, ed è risaputo che i capponi non votano per il Natale); ma potrebbero mancargli anche ogni volta che la minoranza pd decide di scavarsi una trincea identitaria. Dunque il premier ha un problema, e deve risolverlo. Finora ha praticato il divide et impera, ha assecondato la frantumazione delle forze parlamentari, ha osservato benevolmente il via vai di fuoriusciti e scissionisti, convinto che più nani ci sono in giro più lui giganteggia. La nuova legge elettorale, l’Italicum, codifica anche per il futuro questa aritmetica, togliendo valore alle coalizioni. Ma ora Renzi, al giro di boa della legislatura, deve provare a riattaccare qualche coccio, a coalizzare un arco di forze che vada oltre la sua maggioranza; perché questa, da sola, è oggi minoranza al Senato.

Le vie che Renzi può seguire sono tre. La prima è la più pragmatica. Consiste nello strappare un numero consistente di senatori pd al fronte del dissenso. Ma devono essere molti. Se Renzi non riesce almeno a dimezzare il gruppo Gotor-Chiti, gli «aiutini» esterni su cui conta potrebbero non essere sufficienti. La scissione di Verdini, che è sembrata più concessa che subita da Berlusconi, può essere un veicolo per nuovi soccorsi sottobanco, ma entro certi limiti. Pareggiare così 24/26 voti contrari nel Pd non è possibile. Staccarne 10/12 non è affatto facile. In più l’operazione si baserebbe troppo sui trasformisti, base fragile per governare.

La seconda via è quella di uno scambio politico alla luce del sole. La minoranza pd voterebbe anche domattina il Senato non elettivo se fosse garantita da una legge elettorale con il premio alla coalizione invece che alla lista. Sarebbe la sua assicurazione sulla vita, in caso di scissione. Forza Italia ne ha a sua volta bisogno per allearsi con Salvini. E ai centristi, se vogliono davvero andare alle elezioni col Pd, servirà comunque una lista, non potendo confluirvi. Molti renziani la considererebbero una resa senza condizioni; ma se Renzi accettasse pubblicamente di ritoccare l’Italicum la partita politica cambierebbe in un istante. Non è escluso che nel prossimo dibattito in Senato sulla riforma costituzionale spunti qualche ordine del giorno che chieda al governo di farlo.

La terza via, la più impervia ma anche la più ambiziosa, sarebbe tornare al punto da cui è partita la legislatura, e cioè a un patto tra il Pd e Berlusconi. Non potrebbe essere una riedizione del Nazareno, accordo troppo oscuro e ambiguo, e comunque fallito con l’elezione di Mattarella, uomo che non l’avrebbe garantito. Oggi molti ne parlano, sia nel Pd che in Forza Italia, come di un accordo di coalizione che dia stabilità al governo; anche se nessuno sa che cosa esattamente sia, e ognuno aggiunge sempre nuovi ingredienti alla trattativa, come la giustizia. È perfino riapparso Gianni Letta, con un mezzo mandato a trattare, di cui ha fatto ampio uso nella vicenda Rai.

Si tratterebbe in ogni caso di un vero e proprio riallineamento del sistema politico, perché staccherebbe Berlusconi dalla destra di Salvini e porterebbe il Pd a una scissione con la sinistra. Forse una rotta troppo ambiziosa per chi naviga a vista. Ma Renzi è incline alla mossa del cavallo, e qualcosa dovrà pure tentarla. Non è un caso se si è tenuto finora nel manico la carta del rimpasto di governo, atteso da mesi. Non si sa mai. Antonio Polito, Il Corriere della Sera, 13 agosto 2015

….Diceva Andreotti, parlando di sè, che lui era si un nano ma in giro non vedeva poi tanti giganti.  Forse è quel che pensa di se Renzi, e forse ciò lo induce a ritenere che egli possa essere invincibile. Allora val la pena di ricordare che ai tempi di Andreotti, secoli fa in politica, pur non essendoci giganti in circolazione,  anche Andreotti, vecchia volpe, finì in pellicceria, come gli aveva pronosticato un altro non “nano” della politica, cioè Craxi, anche lui, a ragione, considerato invincibile e poi costretto dagli eventi e da una vera e propria azione di guerra a deporre le armi. E non solo. g.