Sarà anche a causa (oper merito) di qualche «ex capo mafioso» di Sabratha che ha smesso di aiutare gli scafisti e — per legittimarsi con il governo di Tripoli — adesso anzi li ostacola, ma quel che sta accadendo nei mari libici ha dell’incredibile: ad oggi
il numero dei migranti sbarcati nel mese di agosto sulle coste italiane è di 2.859 contro i 10.366 dell’anno scorso. Sono diminuiti di ben più del 72%. Davvero clamoroso. E pensare che le cose in primavera sembravano essersi messe al peggio: ad aprile gli arrivi erano cresciuti a 12.943 contro i 9.149 del 2016. A maggio erano aumentati ancora: 22.993 a fronte dei 19.957 dell’anno scorso. A giugno lo stesso: 23.526 contro 22.339. Infine quei due giorni maledetti, 27 e 28 giugno, nei quali di profughi ne giunsero diecimila. Diecimila che sbarcarono pressoché contemporaneamente da venticinque navi in altrettanti porti italiani. Poi un nuovo mega sbarco di oltre quattromila persone il 14 luglio.

Ci si aspettava un’estate davvero complicata. Tragica per i migranti, prima di tutto, dal momento che — con quei ritmi di fuga dall’Africa — sarebbe stato assai probabile che un’alta percentuale di uomini, donne, bambini avrebbe trovato la morte in mare. E assai impegnativa per il nostro Paese che avrebbe dovuto accoglierne in quantità alle quali non era preparato. È in quel momento che si è avuta la svolta.

Una svolta iniziata qualche giorno prima delle celeberrime disposizioni del ministro dell’Interno Marco Minniti che impegnavano le navi di soccorso delle Ong ad accogliere a bordo agenti inviati dall’autorità giudiziaria. Tant’è che già nel mese di luglio — nonostante i 4 mila del 14 — i migranti giunti nel nostro Paese erano scesi dai 23.552 del 2016 a 11.459. Cosa è successo? Alcuni personaggi equivoci, come quelli peraltro non identificati di Sabratha, hanno giudicato conveniente mollare i trafficanti al loro destino. Si poi è messa in moto la Guardia costiera libica alla quale l’Italia aveva riconsegnato quattro motovedette riammodernate assieme ad una cinquantina di agenti addestrati alla scuola della Guardia di finanza di Gaeta. E la famosa nave che (su richiesta del presidente Fajez Serraj) abbiamo mandato in acque libiche — invio a causa del quale il generale Haftar ci ha minacciato di ritorsioni armate — funge adesso da officina di riparazione delle motovedette di Tripoli. Un programma che va avanti: entro l’estate di motovedette ne consegneremo altre sei; così come continueremo ad addestrare altro personale della loro Guardia costiera. E la Guardia costiera, sia ricordato a sollievo di chi guarda all’intera vicenda ispirato da autentici principi umanitari, non solo ha reso molto meno facili le attività dei trafficanti di profughi ma ha sottratto ad un destino di sventura (e alcuni a «morte certa», parole che prendiamo da documenti delle Nazioni Unite) diecimila disperati in fuga dall’Africa.

La complessa operazione ha avuto un’altra insperata conseguenza. Invece di crescere a dismisura e di andarsi a stipare in dimensioni straripanti nei centri di accoglienza del nord libico, i migranti che quest’estate hanno raggiunto la costa settentrionale africana, sono diminuiti. La notizia che il trasbordo dalle imbarcazioni degli scafisti a quelle delle Ong era stato reso più complicato, ha avuto, ad ogni evidenza, un effetto deterrente. Anche perché, a seguito dell’incontro di Minniti con i «tredici sindaci» (capitribù ai quali è stata offerta una prospettiva economica alternativa al coinvolgimento nel traffico di esseri umani), hanno cominciato a funzionare alcune attività di frontiera a sud della Libia. Ad un tempo è aumentata — con effetti positivi — la sorveglianza dell’Onu (tramite Unchr) sui centri di accoglienza. E ben cinquemila profughi hanno accettato di tornarsene nei Paesi d’origine grazie anche ad un incentivo economico. Il tutto sotto la sorveglianza delle Nazioni Unite.

Ci si può fidare al cento per cento dell’Onu? Sottovalutiamo la disponibilità della milizia di Sabratha a cambiare nuovamente bandiera? Abbiamo risolto una volta per tutte — almeno per quel che ci riguarda — il problema delle migrazioni? Possiamo escludere che negli ultimi giorni di agosto o in settembre si abbia qualche brutta sorpresa? No. È evidente. Ripetiamo: no. È però accaduto che qualcuno si sia finalmente e provvidenzialmente mosso contro i signori del traffico migratorio. E che qualche risultato si cominci a vedere: gli sbarchi ridotti del 72%, la Guardia costiera libica che ha salvato diecimila persone, cinquemila profughi che accettano il «rimpatrio volontario assistito».

Molti dimenticano che l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti fu preceduta da una vera e propria guerra cinquantennale della Royal Navy inglese contro gli «scafisti» di allora. Dopo che con lo Slave Trade Act (1807) fu reso illegale il commercio degli schiavi, le navi britanniche ingaggiarono nei mari una battaglia contro i trafficanti che si protrasse fino al 1865, l’anno in cui, con la vittoria del Nord abolizionista, si concluse in America la guerra di secessione. Oggi concordiamo sul fatto che senza quella spietata guerra ai negrieri, la strada per l’abolizione della schiavitù sarebbe stata molto più lunga. L’analogia con quella lontana offensiva contro i trafficanti di esseri umani è stata colta — prendiamone nota — da due personalità alle quali, quando si tornerà a parlare di questo agosto 2017, si dovranno riconoscere meriti particolari: Gualtieri Bassetti e Bernard Kouchner. Bassetti è da poco tempo il presidente dei vescovi italiani e nel momento in cui il mondo cattolico appariva incline a criticare in termini aspri la politica del governo sulle Ong, ha pronunciato — il giorno di San Lorenzo, a Perugia — un notevole discorso nel quale ha richiamato la comunità cristiana ad una guerra senza quartiere contro «la piaga aberrante della tratta di esseri umani» e alla pronuncia del «più netto rifiuto a ogni forma di schiavitù moderna». Riferimenti evidenti alla lunga battaglia della marina inglese di cui si è appena detto.

Ancora più esplicito è stato Kouchner l’uomo che nel 1971 fondò Medici senza frontiere, l’Organizzazione non governativa che adesso non ha firmato il Codice di condotta proposto da Minniti e ha ritirato le proprie navi dai mari antistanti la Libia. Kouchner, pur riconoscendo la liceità delle obiezioni di Msf, ha spiegato quanto sia fondamentale la lotta «inesorabile» ai trafficanti, ha definito senza mezze misure «sbagliata» la decisione di chi come Msf si è chiamato fuori dalle operazioni di soccorso, e ha riconosciuto all’Italia (ma anche alla Germania di Angela Merkel) di aver in questi frangenti «salvato l’onore dell’Europa». Dopodiché ha esortato le Nazioni Unite a farsi valere per impedire che i campi di accoglienza in Libia diventino (o continuino ad essere) dei lager. E a trasformare in qualcosa di più ambizioso il piano per la restituzione dei profughi ai Paesi di provenienza. L’Europa in questo piano ha già investito 90 milioni, l’Italia 20, la Germania 50. Altri soldi forse verranno ancora. Funzionerà? Quel che è certo è che nel Mediterraneo non si è avuta la catastrofe umanitaria da molti annunciata; anzi, sono diminuiti i morti oltreché, in proporzioni clamorose, gli sbarchi. C’è la possibilità che qualcuno, anche uno solo, di quelli che avevano trattato questo capitolo dell’attività governativa alla stregua di una riproposizione delle pratiche persecutorie del nazionalsocialismo, sia indotto da ciò che è poi accaduto, a riconsiderare le cose dette e scritte? Improbabile. Ma se qualcuno volesse dar prova di onestà intellettuale, questa sarebbe l’occasione giusta. Il Corriere della Sera, 24 agosto 2017, Paolo Mieli

…..Se anche Paolo Mieli riconosce che la linea MINNITI ha dato buoni risultati e che la diminuzione degli sbarchi di mifgranti sulle nostre coste (in agosto del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) è prova che qualcosa non andava per il verso giusto sino al varo della diretiva del nuovo ministro dell’Interno, vule dire che qualcosa di non corretto c’era. Ora tocca alle Procure fare luce in ogni luogo e in ogni dieezione per stanare i nuovi negrieri che hanno lucrato sull’immigrazione. g.