Archivio per la categoria ‘Costume’

VOTARE CON UN CLIK, ECCO LA DEMOCRAZIA DEL FUTURO

Pubblicato il 31 dicembre, 2010 in Costume, Cultura, Politica | No Comments »

Dall’Inghilterra, che è stata modelo di demcorazia,   arriva la proposta di far partecipare tutti i cittadini al procedimento legislativo

E’ stato il Parlamento di Westminster a fare da modello alle democrazie rappresentative moderne. Proprio ora che è al governo una coalizione formata dal partito conservatore e da quello liberale, che attraverso i loro antenati tories e whigs hanno forgiato la democrazia, il premier Cameron ha una proposta che potrebbe costituire un precedente per le democrazie del futuro: l’iniziativa popolare via web.

Alle elezioni di maggio era questo punto uno dei più innovativi nel programma del Partito Conservatore. “È assurdo che solo una piccola percentuale della popolazione possa mettere mano a una legislazione che si applicherà al 10 per cento della popolazione. Invece che tenere la gente fuori da questo processo, abbiamo bisogno di invitarceli”, aveva detto David Cameron. Già Tony Blair, a dir la verità, aveva istituito un sistema di petizioni collegato alla pagina Internet di Downing Street.

Ed è attraverso questo canale che ad esempio il governo laburista rinunciò a introdurre un sistema di pedaggi che attraverso il satellite avrebbe dovuto estendersi a tutte le strade del Regno Unito, in quando 1.811.424 firme contro ne dimostrarono l’impopolarità. 531.400 firme raccolse invece la proposta di trasformare in giorno festivo quel Remembrance Day con cui l’11 novembre si ricordano i caduti della Prima Guerra Mondiale. In 502.625 firmarono contro un divieto di far volare la pattuglia acrobatica nazionale delle Red Arrowes alle Olimpiadi di Londra del 2012, che peraltro si rivelò poi essere una bufala.  In 304.461 firmarono per far ridurre la tassa sul carburante, 281.882 contro la costruzione di una mega-moschea, 128.622 contro l’imposta di successione, 113.979 per la creazione di un ospedale per militari e veterani, 93.626 per il mantenimento degli assegni familiari, 49.457 in favore della nomina a Primo Ministro di Jeremy Clarkson, noto giornalista esperto in temi automobilistici.

Il valore di questo strumento, però, era poco più che un grande sondaggio di opinione: utile a indirizzare i governanti, ma non vincolante. D’altra parte, non c’erano particolari filtri per impedire che un internauta votasse anche più di una volta. Secondo il nuovo schema tutte le petizioni che via Internet raccoglieranno almeno 100.000 firme di cittadini iscritti nei registri elettorali dovranno essere per lo meno dibattute dalla Camera dei Comuni, entro il periodo tassativo di un anno. È vero che tra questi 100.000 ci dovrà essere per lo meno un deputato, ma in compenso, con un milione di firme la petizione potrebbe proporre direttamente una legge. Già quando la proposta era stata pubblicata lo United Kingdom Indipendence Party aveva promesso: “E allora presenteremo un milione di firme per uscire dall’Unione Europea”.

Qualcuno pensa che i Comuni possano anche presto ritrovarsi a discutere sulla reintroduzione dell’impiccagione: nel febbraio del 2008 un sondaggio del Sun sul tema ebbe 95.000 risposte, e il 99 per cento a favore della pena di morte. Maurizio Stefanini, FOGLIO QUOTIDIANO, 31 GENNAIO 2010

….Sarebbe bello  poter con un semplice clik chiedere al Parlamento, per esempio,  di discutere su Fini  o, sempre per esempio, chiedere l’espulsione di Di Pietro. Sarebbe bello, ma tra la democrazia inglese e quella italiana c’è uno spazio siderale. Però sperare e sognare non è reato.g.

DA DAGOSPIA UN PO’ DI GOSSIP

Pubblicato il 14 dicembre, 2010 in Costume, Gossip, Politica | No Comments »

Riceviamo e pubblichiamo:

Lettera 1
Caro Dago , allora , se ho capito bene : la sinistra si è alleata con l’ex successore di Almirante per essere ancora sconfitta da Berlusconi , giusto ?
OBSERVER

LA SMORFIA DI GIANFRANCO FINI

Lettera 2
Dago darling, anche i titolisti di “Il Messaggero” (de Roma, ovviamente) sono bravissimi nel fare satira. Ecco oggi, mentre Roma “brucia”, il sottotitolo “Le tre partorienti in Aula alla Camera: applausi e carezze”. Non ho letto l’articolo e quindi a tutt’ora non so se poi si sono sgravate lì a Montecitorio e se hanno fatto in tempo ad andare in ospedale.
Natalie Paav

Lettera 3
Egregio Direttore, “Due traditori nell’Idv” . Il Pd ha garantito 206 voti su 206 deputati. “Se non ci fossero stati due traditori dell’Idv avremmo vinto”. Così il capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini. Allora anche il Pd ha scoperto che il problema di questa democrazia è l’Idv di Di Pietro? Era ora, ma come sempre in ritardo: qualcuno, prima di loro, l’aveva detto da tempo e non solo il Pdl. Anche l’Udc e la Lega non vedono di buon occhio il molisano ” Trattorista”. Certo, se questo pensasse di più a casa sua e non a quella altrui…ma questa è altra storia! Grazie per l’attenzione e buon lavoro
L. C. G. – Montepagano (Te)

Berlusconi

Lettera 4
Caro Dago, come agente immobiliare Fini è un fallito, si è fatto occupare l’appartamento di Montecarlo dal cognato e non è riuscito a sfrattare Berlusconi da Palazzo Chigi. E come politico invece? Beh, aspettiamo almeno che cominci prima di giudicare…
Zadeu

Lettera 5
Le Spa italiane dovrebbero proporre, oltre a talassoterapia e tradizionali bagni di fango, fieno, cioccolato, miele ed alghe, anche la “coproterapia”. Nella merda gli italiani ci sguazzano da tempo, ed è di oggi la (fiduciosa) conferma che piace. Shitty business but business.
Marina

Lettera 6
L’unica soluzione rimasta a Fini è quella di ripresentare “Bocchino” non come capo gruppo Fli ma,come un ben più pragmatico punto di programma

Giulia Buongiorno entra alla Camera in sedia a rotelle

Lettera 7

Fini: quella di Berlusconi è una vittoria di Pirro. La sua è una sconfitta da pirla.

Lettera 8
Caro Dago, un’esclamazione per riassumere la giornata: FINI-TOH!!!
Giorgio

Lettera 9
Caro Dago, dopo la débâcle sulla sfiducia, Fini ancora più patetico di prima: “Vittoria numerica, vedremo se politica”. E per lui invece, sconfitta numerica ma non politica? Gianfry vada a farsi una doccia fredda
M.Godiani

Lettera 10
Caro Dago, Berlusconi incassa la fiducia per tre voti di scarto, 314 a 311. Ora Silvio può venderne uno a Di Pietro…
F.K.

Lettera 11
Riassunto della giornata dopo il voto di fiducia: Berlusconi cerca di allargare, a Fini glielo hanno allargato per bene.
Little Tonno

Scilipoti

Lettera 12
caro Dago, un tempo, nel Carosello TV, abbiamo avuto una bellissima donna (Virna Lisi)
alla quale era concesso da tutti dire quel che volesse: “con quella bocca può dire ciò che vuole…” Come poteva pretendere di essere ascoltato Fini parlando con un Bocchino. Come siamo caduti in basso. Ciao.

Lettera 13
Caro Dago, stasera tutti sotto Palazzo Chigi con Fini, Bersani, Di Pietro e D’Alema a guardare il “tramonto” di Berlusconi…
Tuco

Lettera 14
Fini è stato sconfitto. Questi sono i numeri. Per il resto, nonostante abbia avuto l’appoggio dei grandi giornali e nonostante i tentativi, oggi, di inficiare il risultato del voto con storie immaginate di corruzione o di pressioni politiche, la storia del Parlamento registreà come una sconfitta l’arroganza di un leader che ha avuto la stessa disavventura della rana di Fedro. La rana si gonfia per apparire più grossa fino a scoppiare. Voleva prendere il posto di Berlusconi ma non ha avuto la forza. Si è inimicato i suoi stessi elettori di AN, me compreso, che per 2/3 non lo sopportano più per i suoi errori fatti di arroganza e di scorrettezza politica nell’occupare un posto istituzionale e usarlo come come soggetto politico. Cosa volete? I giardinetti lo attendono, perdendo la credibilità che la sinistra gli assegnava fino a quando disturbava il manovratore. Ma ora? Lo abbandoneranno al suo destino. Tanti saluti
Giovanni Gennaro

antonio di pietro idv

Lettera 15
La Polidori contraria alle Case Chiuse …in Camera si spuntano prezzi migliori.
P@°L°

Lettera 16
Caro D’Agostino, gli oppositori hanno tirato un enorme respiro di sollievo: ieri avevano davvero temuto che il governo fosse finito.
Larry Svizzero

Lettera 17
Fini è stato capace di uccidere Msi An Fli, accusato di tentato omicidio di Pdl! roba che nemmeno Rosa e Olindo…

Lettera 18
Caro Dago, alla fine è arrivata la fiducia al governo anche alla Camera con 314 voti contro 311. Non mi pare davvero una maggioranza schiacciante. A determinarla tre voti di aderenti al Fli e soprattutto i parlamentari Scilipoti, Calearo e Grassano. Da osservatore dell’estrema periferia, mi sembra una “vittoria di PIrro” che non risolve i problemi dell’Italia. Cordiali saluti.
Giovanni Attinà

Fini e Bocchino

Lettera 19
Caro Dago, Silvio ha cinque figli naturali. Con un po’ di pazienza e oculatezza Gianfranco Fini avrebbe potuto essere il figlio politico di Berlusconi. Ma invece, stupidamente, ha gettato alle ortiche tutto quello che il destino gli stava consegnando su un piatto d’argento. Solo gli stolti non sanno riconoscere la fortuna quando gli capita tra le mani!
M.P.

Lettera 20
Caro Dago, A proposito di nomignoli : l’Onorevole ( si fa per dire) Guzzanti, che incassa da Camera e Giornale due lauti stipendi dob ( d’origine berlusconiana) e poi sfiducia i Cavaliere, è la prova provata del pecunia non olet. Che ne dici, pertanto, di chiamarlo Paolo Puzzanti ? Salve
Natalino Russo Seminara

Lettera 21

Bocchino ha detto che Berlusconi può dare lezioni su come si dioventa ricchi. Lui invece può prendere lezioni su come si può evitare di parlare con la bava alla bocca.

Lettera 22
Dopo il tenente Garcia De Gregorio, Baffetto Razzi e Cicciobombolo Scilipoti proporrei all’attento selezionatore Di Pietro di cambiare il nome del suo partito….magari l’Italia Dei Voltagabbana.
Vaquiña

Lettera 23
Egregio Direttore, Con riferimento alla maggioranza avuta alla Camera da Berlusconi, Bersani e D’Alema dichiarano: scandalosa compravendita. Ora, finché lo dice Bersani passi pure, ma D’Alema non credo abbia dimenticato come ottenne di fare il Presidente del Consiglio, dove prese la maggioranza e con il soccorso di Chi ( pace all’anima sua). La politica è tutto, a partire dall’arte del compromesso, ma pretendere o di dimenticare il giorno prima o di essere circondati da smemorati, mi sembra troppo!
Grazie per l’attenzione e buon lavoro
Valeria Monteforte – Siracusa (Sr)

Lettera 24
Nel 2005, si profetizzava che i berluscones, se perdevano le elezione, avrebbero fatto le barricate e chissà quali altri orrori. Sappiamo come andò: non accadde niente di niente. E Prodi andò tranquillamente al governo. Oggi invece le maggiori città italiane sono state messe in ginocchio dai cortei anti-cainano. Ma ovviamente questo non è squadrismo, non è intimidazione, non è violenza antidemocratica contro i rappresentanti del popolo, non è un’offesa alla sacra costituzione: è invece giusta e benedetta espressione dei sentimenti altamente democratici della parte sana della nazione.
Francesca

BERSANI Fiducia alla Camera

Lettera 25
caro DAGO, se cito Pascal (“stupido è colui che fa l’altrui male senza ricavarne vantaggio”) chi viene subito in mente fra le massime cariche dello stato? quanto a quello che succede in aula e per le strade della povera cara Roma, come dar torto a Flaiano (“in Italia i fascisti si dividono in fascisti propriamente detti e antifascisti”)?
un caro preoccupato saluto
BLUE NOTE

Fiducia al Senato

SCUOLA DI LIVORNO: VIETATI A NATALE I CANTI RELIGIOSI PER RISPETTO DEI NON CRISTIANI…

Pubblicato il 13 dicembre, 2010 in Costume, Cronaca | No Comments »

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Ci risiamo. Ancora una volta qualcuno ha pensato che, per non turbare la sensibilità dei non cristiani, è giusto che, a scuola, i bimbi non festeggino secondo le nostre tradizioni. Era già accaduto, negli anni scorsi, coi presepi. Ora la storia si ripete con i canti di Natale. “A tutti gli eventi non saranno fatti canti religiosi, nel rispetto delle religioni di tutti, ma solo canti natalizi”: è l’avviso scritto che hanno ricevuto alcune famiglie di una scuola elementare di Livorno da una rappresentante dopo un consiglio interclasse. In realtà nel programma dei concerti dei prossimi giorni ci sono anche delle canzoni che rimandano alla tradizione cristiana.

In ogni caso la preside Manuela Mariani, che di quell’avviso dice di non sapere nulla, non nega lo spirito che la sua scuola intende seguire: “L’obiettivo del concerto da anni è riunire i vari percorsi educativi. È un lavoro di continuità che parte da settembre, con un lungo periodo di preparazione che serve a far partecipare tutti. Mi dispiacerebbe, anzi, che un’eventuale scelta inversa causasse l’esclusione di qualcuno. Per questo il ragionamento, durante quella riunione, sarà stato di scegliere canti attinenti al Natale che non fossero lesivi delle fedi altrui”.

Il concerto di lunedi Nella scuola Thouar del quartiere popolare delle Sorgenti sono iscritti oltre 300 alunni e alcuni arrivano da famiglie di confessione ortodossa e geoviana, ma anche musulmana. Al concerto di Natale di lunedì prossimo parteciperanno peraltro anche gli alunni delle scuole materna e media che fanno parte dello stesso istituto comprensivo. Nel programma compaiono titoli di canti natalizi di chiara tradizione cristiana, come “O notte di Natale” o “Va, dillo alla montagna”.

…..E’ FORSE QUESTA L’INTEGRAZIONE CHE PIACE AI TIPI CME FINI E AL SUO NUOVO PORTABORSE IL RADICALE DELLA VEDOVA? RINUNCIARE  IN CASA NOSTRA ALLE NOSTRE TRADIZIONI RELIGIOSE E CRISTIANE? NON CI STIAMO PERCHE’ SONO QUELLI CHE VENGONO IN CASA NOSTRA A DOVER RISPETTARE LE NOSTRE TRADIZIONI, FERMO RESTANDO CHE A CASA LORO  PRATICHINO LE LORO…..g.

SCANDALI ITALIANI: SUPER PENSIONE AL CATTIVO MAESTRO TONY NEGRI

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Costume, Cronaca | No Comments »

Tony Negri, per chi l’abbia dimenticato o per i più giovani che nulla ne sanno, è il “cattivo maestro”, l’ideologo delle Brigate Rosse, condannato a 30 anni dicarcere per associazione sovversiva, ridotti in appello a 17. Eletto deputato nelle file dei radicali, fece in tempo a partecipare a sole 9 sedute, prima di scappare all’estero, in Francia, per non essere arrestato e in Francia è rimasto fino a quando è rientrato in Itali per scontare un minimo residuo di pena. Ebbene, a questo signore, sovversivo con sentenza passata in giudicato, lo Stato versa ogni mese un vitalizio di circa 3000 euro al mese che ovviamente il prof. Negri, accanito oppositore dello stato borghese e dei suoi benefici, si guarda bene dl rifiutare. Su quyesta vicenda ecco un commneto di Francesco Borgonovo (Libero, 11 dicembre 2010).

Ai tranquilli lettori padovani dev’essere andata di traverso la brioche intinta nel cappuccio sfogliando al bar la copia del quotidiano Il Mattino. Il giornale ha inteso ricordare – nel bel mezzo del clima da fine dei giochi, mentre qualcuno le prova tutte pur di mandare all’aria  la legislatura – che un tempo i parlamentari ci pensavano bene, prima di abbattere un governo. Se non altro perché dopo due anni, sei mesi e un giorno maturavano il diritto alla pensione.

Facendo un riepilogo degli onorevoli che tra la prima e la seconda Repubblica hanno ottenuto il vitalizio, Il Mattino ha pescato anche Toni Negri, il cattivo maestro per eccellenza, il grande nemico dello Stato borghese e capitalista. Questo signore – come riporta il sito internet dell’Espresso – incassa ogni mese dai contribuenti 3108 euro e questo dal 1993, anno in cui varcò la soglia dei sessanta.
Non solo. Questa ragguardevole cifra, superiore alla retribuzione di molti nostri connazionali, se l’è guadagnata col sudore della fronte. Fu eletto infatti nelle liste radicali, uscendo dal carcere dove era stato rinchiuso dal 7 aprile 1979, dopo un processo in cui gli venivamo mosse pesanti accuse per legami col terrorismo rosso.
Fece il suo ingresso in Parlamento il 12 luglio del 1983 e prima che gli onorevoli colleghi autorizzassero il suo arresto, fuggì in Francia e tanti saluti. Dunque la sua esperienza in aula durò 64 giorni. In realtà, però, per via del periodo estivo e delle relative ferie, a Montecitorio vennero convocate soltanto 9 sedute.
La notizia non è nuova, in sé. Anzi, è stata scritta e riscritta, campeggia pure in La Casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, saggio vendutissimo ma forse non abbastanza letto, almeno dai politici. Nel libro, fra l’altro, viene citato un memorabile intervento dell’on. Negri, nel quale afferma: «Mi hanno accusato di aver vissuto in cento bande clandestine, ma l’unico corpo separato in cui mi è toccato di vivere è proprio questo Parlamento».
Però la pensioncina mica gli fa schifo. Anche se è “proprietà privata”.
Quel che sorprende è notare che nonostante tutte le segnalazioni, a Negri continui ad arrivare lo stipendiuccio da ex rappresentante del popolo italiano, garantitogli da quella democrazia borghese e padronale da lui tanto disprezzata.
Soprende ancor di più poiché Negri continua a pubblicare – anche con un certo successo negli ambienti salottieri che contano – i suoi libroni rivoluzionari. L’ultimo dei quali è uscito proprio qualche mese fa e si intitola Comune. Oltre il privato e il pubblico. Nel tempo libero, dicono, Negri si diletta a consigliare sinceri democratici come il caudillo venezuelano Hugo Chávez.
Vero, il professore padovano non è il solo a godere delle prebende da ex politico. Tanti come lui incassano e continuano ad approfittare di scandalosi benefici. Il suo però è un caso abbastanza clamoroso. Sia per il numero di giorni di “lavoro” in Parlamento sia per le dichiarazioni che il maestro rosso ancora sparge in giro.
Fosse così duro e puro come sembra, potrebbe anche fare un bel gesto e rinunciare all’assegno, ma del resto, come scrive nel suo più recente saggio, il mondo va preso com’è, tanto vale approfittarne.
«Dobbiamo renderci conto che, per quanto lo si giudichi con intelligenza critica e radicalità», teorizza,  «siamo destinati a vivere in questo mondo, non solo perché siamo sottomessi al suo dominio, ma anche perché siamo contagiati dalla sua corruzione. Abbandoniamo dunque i sogni di una politica incontaminata e i “grandi valori” che ci permetterebbero di restarne fuori!».  Ecco, basta coi valori, meglio i privilegi.

Ma visto che in Parlamento è accomodato qualcuno che con la scusa dei valori intende ribaltare Berlusconi – il presidente della Camera Gianfranco Fini – ci permettiamo di rivolgergli un appello, anzi un appellino. Lei che di Montecitorio è il massimo rappresentante, faccia una cosa di destra. Tolga queste pensioni ridicole. E, magari, inizi dal rivoluzionario Toni Negri.di Francesco Borgonovo

TUTTE LE REGOLE CHE FINI HA CALPESTATO

Pubblicato il 11 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

La crisi di governo tanto reclamata da Fini e dalle opposizioni è marcita prima ancora di aprirsi, se mai si aprirà davvero dopo le votazioni di fiducia in programma martedì prossimo in Parlamento. Essa è marcita nelle mani del presidente della Camera un po’ per i tempi lunghi imposti da Napolitano a tutela della legge di bilancio, della cui “inderogabilità” Fini si era dimenticato chiedendo il 7 novembre le dimissioni del presidente del Consiglio, e un po’ per l’ostinata resistenza opposta da Berlusconi a minacce e lusinghe. L’ultima delle quali è stata «il reincarico entro 72 ore» che il presidente della Camera ha fatto offrire al Cavaliere dallo sprovvedutissimo Bocchino in cambio delle dimissioni prima, anzi senza le votazioni di martedì. Come se fosse diventata sua la prerogativa del capo dello Stato di affidare, in caso di crisi, il mandato di formare un nuovo governo.
Ormai non si contano più le regole che Fini ha calpestato nella sua guerra a Berlusconi, cominciando col restare al vertice di Montecitorio. Dove di solito si accantonano le insegne di partito, non se ne creano di nuove abusando della visibilità e del prestigio di una carica di garanzia e di equilibrio. Penso con sgomento, fra l’altro, alla disinvoltura con la quale Fini, se non avvertirà il buon gusto di astenersene, presiederà lunedì e martedì le sedute della Camera in cui si svolgerà la partita contro il governo da lui stesso promossa. In un paese normale uno al posto suo si sarebbe dimesso almeno adesso, non foss’altro per assumersi direttamente l’onere e l’onore dell’assalto, intervenendo nel dibattito e votando. Lui evidentemente indossa abiti di stoffa e taglio diversi da quelli immaginati dai nostri cosiddetti padri costituenti. Alcuni dei quali, per esempio Scalfaro, sono ancora vivi ma stranamente tacciono.
Nella lunga vigilia della fiducia o sfiducia al governo tutti gli avversari del Cavaliere hanno perduto per strada credibilità e pezzi, persino Di Pietro. Che anche in questa vicenda ha chiesto aiuto alla solita Procura della Repubblica, dove continua a ritenersi di casa, per cercare di sbattere alla sbarra d’imputato i parlamentari che hanno osato voltargli le spalle e tentennare all’idea di una crisi al buio mentre incombe quella che viene descritta dalle stesse opposizioni come una possibile tempesta finanziaria. Bersani, si sa, è già salito sui tetti e teme di scenderne per non essere preso a pernacchie dai vari Renzi e Vendola. Quel campione di furbizia che sembrava Casini è corso dal medico per l’attacco di bile procuratogli dalla notizia della missione di Bocchino dal Cavaliere.
Fini infine, sempre lui, non sa se temere di più la fiducia della Camera a Berlusconi o la sfiducia. La fiducia, prevedibilmente frutto anche di una divisione fra i suoi, segnerebbe l’umiliazione di Fini. La sfiducia certificherebbe il suo passaggio dalla destra ad uno schieramento opposto, capeggiato per incontrovertibili ragioni numeriche dal Pd-ex Ds-ex Pds-ex Pci. È proprio a questa imbarazzante, direi nefasta certificazione, premessa di una sua scomparsa o quasi al primo appuntamento con le urne, che il presidente della Camera ha cercato di sottrarsi reclamando le dimissioni di Berlusconi prima e senza voto di fiducia. Ma al tempo stesso egli ha partecipato autolesionisticamente, su istigazione di Casini, alla presentazione delle mozioni contro il governo: un’autentica pazzia politica. Senza un manicomio dove poterla curare. Francesco Damato, Il Tempo, 11 dicembre 2010


SONO PAZZI QUESTI FINIANI? A SENTIRLI SEMBRA DI SI

Pubblicato il 10 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

TRATTARE:  E’ troppo tardi. Anzi, perché no? Si può trattare

Metà novembre. Neanche un mese fa. Gianfranco Fini incontra Giorgio N a­politano e Gianni Letta, poi tara il suo me­tronomo: «Ora il Cavaliere pare intenzio­nato ad accettare ciò che gli avevamo chiesto e che ha rifiutato, il Berlusconi­bis. Ma le proposte politiche hanno un loro tempo e la nostra ormai è scaduta». Fine? Fine della presunta trattativa? Fini rincara la dose: «Se votassimo un nuovo esecutivo guidato dal Cavaliere la gente finirebbe per non capire più nulla».

In effetti, la giostra gira e Italo Bocchi­no afferma: «Per noi servono l e dimissio­ni, ma siamo disponibili a un reincarico anche 7 2 ore dopo». Il tempo per il Berlu­sconi- bis, dunque, non è scaduto. Si può fare, si può ancora fare, anche nell’arco di 72 ore. E Silvano Moffa scavalca an­che l’ostacolo delle dimissioni che i suoi compagni di Fli avevano innalzato sulla strada del Cavaliere: «Un nuovo patto di legislatura si può siglare anche senza le dimissioni del premier». Ricapitolan­do: Berlusco­ni bis mai, Berlusconi bis sì, e sì pu­re al Berlusco­ni Berlusco­ni. Berlusco­ni con rima­sto. Ma sem­pre incollato alla sedia di Palazzo Chi­gi.

Giuseppe Consolo, av­voc­ato e parla­mentare futu­rista, sposa le parole di Mof­fa: «Dal punto di vista politico Moffa ha ragione; le dimissioni non sono indispen­sabili se viene offerto u n patto di legisla­tura che rimetta in moto il Paese. Sono d’accordo con Moffa e con me, lo sono in molti». Molti?

Luca Barbareschi prende l a strada o p­posta, per di più nelle stesse ore, quasi in simultanea: «Siamo tutti coesi. Se esiste u n calciomercato? C’è e d è una cosa ver­gognosa. Berlusconi manca di serietà, pensa di avere a che fare con un gruppo di persone in vendita e invece di riflette­r e e fermarsi v a avanti con la logica muo­ia Sansone con tutti i Filistei». Insomma, la trattativa sul Berlusconi bis c’è o no? E chi lo sa. Però Carmelo Briguglio , altro colonnello finiano, è tranchant : «Non c’è nessuna trattativa. Siamo compatti e c’è unanimità nel chiedere le dimissioni di Berlusconi». Saranno pure «compat­ti » m a Briguglio e Moffa affermano l’uno il contrario dell’altro.

LA COLLOCAZIONE: Siamo di destra, anzi con Vendola

Siamo di destra, no siamo di sinistra. No, sono tutto e il contrario di tutto. I finiani procedono una capriola dopo l altra. Basta mettere a confronto il Granatapensiero con il Bocchinopensiero per farsi venire i sudori freddi. Ecco il sogno di mezza estate di Fabio Granata: «Fini è molto gradito a sinistra. È un politico trasversale, capace fuori dal Palazzo, di mettersi alla testa di una rinascita nazionale. Fini-Vendola secondo me vincono perché la gente è molto più avanti di quello che si pensa».
Fini & Vendola? Certo, è il 13 agosto e Granata dilaga: «Sono saltati gli schemi destra-sinistra. E poi cosa ci divide dalla sinistra e da Vendola sulla legalità, il contrasto alle mafie, la cittadinanza, l’immigrazione, la coesione sociale, i problemi del Mezzogiorno, l’evasione fiscale, il federalismo solidale?». Che manca? Nulla, in questa chilometrica lista. Insomma, la destra può andare braccetto con la sinistra, addirittura con quella vendoliana, sua gemella. Ancora Granata, il Granata di mezza estate: «Io non voglio stare cinque anni all’opposizione. Per questo non escludo un’intesa con la sinistra e con Vendola. Questa potrebbe essere l’extrema ratio di fronte ad una rottura traumatica del centrodestra».

Si va sinistra. Anzi, no. Ecco Italo Bocchino, il 20 novembre scorso: «Futuro e libertà è un partito culturalmente e politicamente ancorato al centrodestra. C’è il tentativo di chi ci teme di dire: hanno tradito, stanno andando con la sinistra, hanno cambiato idea su tutto»: A chi si riferisce Bocchino? Forse a Granata? «Noi – prosegue il braccio destro di Fini – non abbiamo cambiato idea su niente, a differenza di altri ci siamo evoluti. Diciamo le cose scritte nei documenti del Partito popolare europeo, della destra francese, tedesca, spagnola». E Vendola? No, nell’elenco di Bocchino non c’è posto per la sinistra pugliese. E neppure c’è nel pantheon di Silvano Moffa: «Fini ha detto chiaramente nel discorso di Bastia Umbra che Fli è nel centrodestra. E non credo sia utile scommettere su una sinistra in crisi d’identità, che non sa decidersi fra l’estremismo di Vendola e il buonismo di Veltroni. Così come è un controsenso sia inseguire il mito di un falso ’68 sia inseguire sui tetti Bersani. Questo crea soltanto incertezza e imbarazzo fra i nostri elettori»

Il Cavaliere? E’ un genio. Anzi, se ne vada

Berlusconi è un genio, parola di Italo Bocchino. Un Bocchino recente, di qualche mese fa, non archeologia repubblicana. Sentite cosa dice al Riformista Bocchino, sì proprio lui, il primo di aprile. E non è un pesce. «Berlusconi ha dimostrato di essere il maggiore interprete del sentimento comune degli italiani. Solo un forte impegno berlusconiano poteva determinare il risultato ottenuto. Un vero e proprio colpo di genio». C’è da stropicciarsi gli occhi. Più berlusconiano di Berlusconi. Più stupito di noi è l’intervistatore. Ma Bocchino insiste: «Il nostro obiettivo è 1’armonia nel partito e lavorare per continuare a vincere».

Tutto vero. Anzi no, Berlusconi va rottamato. Però può restare come capo del governo. Sfidano le leggi della fisica le acrobazie dei finiani sul Cavaliere. L’ex viceministro per il commercio Adolfo Urso il 16 novembre celebra il funerale politico del Cavaliere: «Ormai il Cavaliere si è bruciato i ponti alle spalle. Toccherà a lui – concede generoso Urso – per il bene del Paese, indicare il suo successore per guidare un nuovo governo di centrodestra aperto all’Udc. Che sia Letta o Alfano, Tremonti o Maroni, noi siamo disponibili a parlarne». Disponibili a cercare un capo nuovo di zecca, uno che non cominci per Ber.

Basta, quella è archeologia. Luca Barbareschi, nei giorni scorsi, è categorico: «A noi va bene Tremonti, va bene Alfano e va bene Draghi. Basta che Berlusconi non ci sia più perché Berlusconi è finito e non ha più credibilità». Chiaro? Del resto, il categorico Barbareschi il 12 novembre è stato ancora più categorico. Dopo aver ascoltato una battuta del Cavaliere sui gay, l’attore parlamentare ha sentenziato: «Al posto di Berlusconi mi vergognerei. Fossi in lui, per lui stesso, per la sua famiglia, per i suoi figli, me ne andrei dal Paese». Altro che leader. Ma Silvano Moffa, altro colonnello di Fli, non sembra condividere la linea del collega. «Ma il prossimo leader del centrodestra chi sarà?», gli chiede Il Tempo. «Non c’è nessuno oltre i due leader attuali», risponde Moffa. il giornalista insiste: il nuovo centrodestra può farlo Berlusconi? «Certo – replica Moffa – può farlo anche lui». Degli altri leader virtuali, dei Tremonti e dei Maroni, non c’è più traccia.

LO SQUALLORE DI FINI SUL PALCOSCENICO DI BALLARO’

Pubblicato il 8 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

Ieri sera l’on.  Fini, detto il traditore, è stato graditissimo ospite, naturalmente in video conferenzza,  di Ballarò, una delle tante trasmissioni della RAI, pagata da tutti gli  elettori, ma paurosamente inclinata a sinistra che ormai è il più consono palcoscenico di Fini e dei suoi “compagni”.  Naturalmente Fini è stato trattato con tutti gli onori da parte di Floris per il quale ovviamente l’ironia e il sarcasmo vanno in scena solo quando al telefono c’è il Capo del Governo eletto da milioni di italiani. A Fini, invece,  Floris si è prostrato come sanno fare solo i cortigiani o, al contraro, come sa fare chi  sta maneggiando un cortigiano. Chi fra Floris e Fini è più cortigiano è in verità difficile a dirsi. Ma entrambi sono in lizza per il premio Nobel della categoria. Torniamo a Fini, il quale, sempre più nel pallone per il vicolo cieco in cui la sua boria e la sua saccenza lo hanno infilato, si è lanciato c0me un don Chisciotte (presente in studio il fidato Sancho-Bocchino) contro Berlusconi, che evidentemente è il suo incubo notturno. Incalzato, si fa per dire, da Floris, Fini ha “ingiunto” a Berlusconi di dimettersi prima del 14 dicembre….vien da chiedersi, e se Berlusconi non  si dimette che fa Fini, lo caccia!? Ma l’ingiunzione di Fini a Berlusconi è una pistola scarica o caricata ad acqua, perchè subito dopo, pur saccente  come al solito come, Fini , discettando sulla stabilità del governo, ha inconsapevolemtne rivelato il suo terroe e cioè che Berlusconi ottenga la fiducia anche alla Camera, ma destinato in questo caso “non a governare ma solo a galleggiare, mentre il Paese ha bisogno di un govenro che governi”. Appunto, vien voglia di ricordare a questo signore (si fa per dire),  il governo eletto da milioni di italiani ad aprile del 2008 e che lui sta tentando di affondare per squallidi interessi di bottega personali. Ma il meglio dell’esibizione da avanspettacolo fine anni ‘50 offerta da Fini ieri sera,  è venuto allorchè si è messo a parlare di “ribaltoni”, pratica che gli è molto congeniale avendola praticata da sempre nella sua vita di mestierante della politica. In proposito, giusto per non replicare la litania del suo ventriloquo Bocchino, Fini ha dichiarato che il “vero ribaltone lo ha fatto Berlusconi  allorchè ha cacciato dal partito lui che ne era il cofandatore”.  Ci sarebbe stato bisogno di Edoardo e la sua tecnica della pernacchia nell’indimeticato Oro di Napoli per regalargliene uno di proporzioni adeguate per sottolineare la grossolanità dell’affermazione. Fini se ne è andato per proprio conto perchè incapace di stare in un partito dove lui non decide tutto e il contrario di tutto come ha fatto negli anni in cui ha diretto prima il MSI e poi A.N. . E meno male che ha risparmiato l’altra accusa con cui attacca Berlusconi, cioè di non essere umile perchè se lo fosse stato, secondo Fini,  non avrebbe perso pezzi come invece gli sarebbe accaaduto. Se l’avesse ripetuta, avrebbe meritato  un’altra pernacchia perchè lui di pezzi ne ha perduti e davvero tanti: dei circa 130 parlamentari in quota A.N. eletti nel PDL nel 2008, solo  meno di un terzo lo hanno seguito nella sua avventata decisione di affondare il governo eletto dal popolo dei moderati italiani, mentre gli altri due terzi, 88!,  sono rimasti lealmente nel PDL. E quelli lealmente  rimasti nel PDL sono gli ex vertici,  prima del MSI e poi di A.N.,  e questa circostanza avrebbe dovuto far suonare qualche campanello   nella testa di Fini. Ma Fini, sempre più invaghito di se stesso e del ruolo che il PDL gli aveva assegnato dopo la trionfale vittoria del 2008, ha perduto il ben dell’intelletto e ha creduto e forse pare crederci ancora che egli è il nuovo Profeta. Tanto profeta di se stesso che ha avvertito che anche nel caso il suo squallido affondo contro Berlusconi, il PDL e gli italiani,  dovesse fallire, lui lì rimane, sulla poltrona di presidente della Camera. Benchè, da quando la Procura di Roma ha accertato che la casa di Montecarlo è effettivamente di proprietà del cognatino, da quella poltrona avrebbe dovuto scollarsi, non foss’altro che per mantenere il solenne giuramento sottoscritto in altra video conferenza (mai una volta che il nostro eroe si sottoponga come tutti alle domande dei giornalisti!): se sarà accertato che la casa è di mio cognato, un minuto dopo mi dimetterò da presidente della Camera. Campa cavallo, che l’erba dei ribaltoni finiani cresce in continuazione. Del resto se lasciasse l’alto scranno di  Montecitorio chi sarebbe Fini?Un quaquaracquà  in cerca d’ingaggio. g.

CASINI E IL 118

Pubblicato il 5 dicembre, 2010 in Costume, Politica | No Comments »

L’on. Casini è un bel tipo che quando parla, più che dire parole,  sembra emettere sentenze divine o che appiano dettate dall’Alto. Non c’è giorno che non pontifichi (cercando di togliere la scena a Fini) su tutto e sul contrario di tutto. Si è particolarmente specializzato nel ruolo di consigliere esterno e gratuito di Berlusconi. Al quale ogni giorno regala perle della sua saggezza invitandolo ad ascoltarlo, ad ascoltare lui e non  quelli che pur  sono dalla parte dell’interessato. Neppure nella giornata appena trascorsa della domenica (che quelli come lui fanno finta di dedicare alla preghiera e alla meditazione)  si è risparmiato,  prima invitando ancora una volta Berlusconi a dare ascolto a lui e a dimettersi prima del 14 dicembre e poi dichiarando, con la solita aria di chi  concede suo malgrado il suo alato pensiero, che lui parlerà il 15 dicembre quando,  se Berlusconi dovesse aver ottenuto, al più!, una striminzita fiducia alla Camera, lui, Casini, chiamerà il 118. Per la qualcosa vogliamo dare noi un consiglio a Casini, anche questo, per carità, gratuito e disinteressato: prenoti per tempo il 118 per sè, perchè il 15 dicembre potrebbero essere in  molti ad aver bisogjno del 118. E ci dispiacerebbe che proprio lui, Casini, che ne avrebbe più bisogno di altri, ne rimanesse privo. g.

AMICI SUOI, di Filippo Facci

Pubblicato il 2 dicembre, 2010 in Costume, Cronaca | No Comments »

I funerali di Mario Monicelli, il grande regista che a 95 anni si è suicidato gettandosi dal balcone della clinica in cui era ricoverato, è stata occasione  da una parte di  polemica tra  fautori e contrari   dell’eutanasia e dall’altra per consentire ai soliti noti di tentare di usare la morte del regista come estremo atto di accusa del Monicelli, uomo di sinistra, contro il govenro della destra. Sciocchezza, quest’ultima che si commenta da sè ma come por freno alla logorrea della direttrice dell’Unità ceh di questa tesi si è fatta portavoce con una lettera aperta al defunto Monicelli suo suo giornale? Solo con l’ironia di Filippo Facci. Eccola.

Cara Conchita,

ciao, sono il Monicelli, sono l’anima de li mortacci tua, sono il Mario, quello hai evocato nel tuo editoriale sull’Unità che hai titolato «Caro Mario» per scassarmi i coglioni – scusami – anche da morto: sono qui in Purgatorio che sbrigo scartoffie (stavo per entrare in Paradiso, ma la Binetti e la Roccella hanno fatto ricorso) e voglio dirti che no, ascolta, la devi piantare di associarmi a ’sti giovinastri che occupano stazioni e autostrade spaccano vetrine e rovesciano autoblindi, tu non l’hai letta la mia ultima intervista che ho rilasciato per il libro «Gioventù sprecata» nel giugno scorso: dico che oggi i giovani sono «disinteressati a tutto, gran mammoni viziati, isolati, adagiati sul consumismo, senza interessi, senza il coraggio di dire niente, incapaci di avere qualcosa da dire in contrasto con gli altri».


E tu mi associ a ’sti pecoroni con lo zainetto firmato, a me che di sinistra lo fui davvero, a me che Benigni mi sta qua, a me che sdoganai l’Alberto Sordi che voi morettiani avete snobbato esattamente come Totò e Pietro Germi, a me che già nel ’77 vi spiegai tutto di quel «Borghese piccolo piccolo» che non vi votava e non vi vota, a me che l’odiato maschilismo l’ho fatto trionfare in «Amici miei», a me che devo pure leggermi i tuoi editoriali, adesso,  in cui spieghi che terapia tapioco come se fosse Antani. A me: che io so’ io, e voi siete Conchita.

02/12/2010

FAZIO-SAVIANO: ADDIO ARROGANTE, LA RAI E’ “COSA LORO”

Pubblicato il 30 novembre, 2010 in Costume, Cultura | No Comments »

Roberto Saviano e Fabio Fazio si sono giocati tutto nelle prime tre puntate di Vieni via con me. Ieri sera era l’ultima, volevano tirare fino a mezzanotte, ma la Rai li ha limitati entro il solito orario, e gli ha fatto un grosso piacere. Esaurite le frecce contro Berlusconi, la Lega e il Nord, alla nuova coppia d’oro di Raitre non sono rimaste che le spente guitterie di Dario Fo alle prese con Machiavelli e un dolente monologo dell’autore di Gomorra sui terremoti che hanno devastato il Meridione, dall’Irpinia all’Aquila. Le ultime energie erano state spese nelle interviste della vigilia. «Ora mi fermo un po’ per cercare di ricostruirmi una vita», ha detto Saviano. La vena creativa è un po’ esaurita.

Ne ha approfittato Fazio. Il quale era stato messo un po’ in ombra dall’astro nascente della «gauche tv». Ieri si è preso la rivincita recitando l’elenco delle cose che ha «imparato facendo questa trasmissione». Un bilancio delle fortunate polemiche che hanno decretato il successo di Vieni via con me, un catalogo piuttosto sorprendente per uno come Fazio, che nella tv di Stato ha esordito e per la quale lavora da anni. «Ho imparato che la Rai è ancora un pezzo importante di questo Paese, anche se spesso dimentica di esserlo; ho imparato che per molti televisione pubblica vuol dire che siccome è di tutti, allora non si può dire niente; ho imparato che per molti altri televisione di Stato vuol dire televisione dei partiti». Ma questo, il presentatore di Che tempo che fa lo conosce da tempo.
«Ho imparato che qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potesse definirsi pro-morte». E poi la sferzata più arrogante, pronunciata con il sorrisino beffardo delle grandi occasioni e la sicumera di chi è consapevole che il servizio pubblico è «cosa sua»: «Chi non si è sentito rappresentato da questa trasmissione può farne un’altra: e noi la guarderemo volentieri». Frecciate anche ai commentatori che in questo mese non gli hanno risparmiato critiche: «Ho imparato che tutti quelli che vogliono spiegarti che cosa piace al pubblico per fortuna non lo sanno». Infine i riferimenti alle polemiche più accese: «Ho imparato che tutti sapevano che al Nord c’è la ’ndrangheta, ma se lo erano dimenticati; ho imparato che nessuno sapeva che la spazzatura del Sud arriva anche dal Nord; ho imparato che le facce della gente comune e le facce della gente famosa spesso sono le facce della stessa medaglia».

Saviano invece abbandona la strada di mettere in scena le inchieste giudiziarie per scegliere una via più drammaturgica: sceneggiare le piccole storie degli otto ragazzi sepolti dalle macerie della Casa dello studente dell’Aquila nel terremoto del 2009. Un altro racconto del Sud, dopo quelli sulla malavita e i rifiuti, mescolato alle memorie dell’Irpinia nel 1980: «Avevo un anno, fu mia mamma a raccontarmi le nottate passate in macchina a mangiare frullati». È l’epopea di una città medievale diventata la risposta ai campus anglosassoni, in cui il crollo dell’ostello universitario simboleggia la perdita di ogni speranza.

Vengono evocate le avvisaglie, i timori, l’incredulità degli studenti e la leggerezza di tanti fatalisti per i quali «L’Aquila trema sempre ma non crolla mai». E poi le denunce contenute nelle perizie ordinate dalla procura, un elenco letto dalla sorella dell’universitario più giovane morto nel disastro. «La Casa dello studente era una bomba a orologeria – dice Saviano -, costruita male, con carenze nella progettazione, nell’esecuzione dei lavori e nei successivi adeguamenti. Nell’ala crollata mancava un pilastro; l’edificio era fabbricato con sabbia e calcestruzzo scadente per dirottare altrove i soldi». «È una tragedia di tutti – sentenzia lo scrittore -. A trent’anni dall’Irpinia sembra di vedere sempre la stessa tragedia, di vedere le stesse cose, di sentire la stessa disperazione, le tangenti, la ricostruzione, le cose che non funzionano». Viva l’Italia, come ha cantato – più tristemente del solito – Francesco De Gregori.

IL GIORNALE, 30 NOVEMBRE 2010