Archivio per la categoria ‘Il territorio’
Siamo convinti che la storia di Silvio Berlusconi non si concluderà quando l’aula del Senato, salvo sorprese sempre possibili, avrà definitivamente sanzionato la sua decadenza da senatore. Nè, comunque, la sua storia è la storia di un “pregiudicato evasore fiscale” come qualche imbecille in cerca di padrini ha scritto sui muri del nostro paese. La storia di Berlusconi è innazitutto la storia esaltante che ciascuno di noi avrebbe voluto aver vissuto, partire dal basso e salire in alto sempre più in alto, prima nel mondo dell’imprenditoria, dal complesso settore dell’edilizia, il pilastro della economia che negli anni del secondo guerra segnò la rinascita del nostro paese, a quello innovativo e intrigante del mondo della tecnologia che ruotava negli anni 80 intorno alla televisione, e infine, nella politica. La sua discesa in campo nel 1994 fu inatteso e straordinarimente vincente, issandolo più volte sullo scranno più politicaente importante, quello di presidente del Consiglio. Comunque lo si vuole giudicare il suo impegno in politica, resta il fatto che nessuno nella storia della repubblica ha lasciato maggior segno come lui, amato ed odiato con pari intensità, medesimo passionale trasporto e identica forza, da milioni di persone, fatto segno, tra l’altro, di una invasiva attenzione da parte della Magistratura, la stessa che negli anni in cui mieteva successo nel mondo della economia non lo aveva mai incrociato, almeno come lo ha incrociato dal 1994 in poi, sino ad oggi, sino alla sentenza che lo condanna per frode fiscale, un paio di milioni di euro che sarebbero stati evasi da parte di chi di milioni di euro al fisco ne ha versati a centinaia e centinaia, due miliardi e mezzo negli ultimi ventanni. Ma le senteze sono sentenze e vanno rispettate. Giusto. Ma ciò non significa che chi ne sia stato oggetto debba diventare oggetto di insulti al limite della paranoia. Da chi squallidamente non ha esitato a far riferimento a criticità fisiche dovute all’età e che riguardano il privato, a chi, dalle nostre parti, per offrirsi a buon meracato a qualcuno che se lo comperi a poco prezzo per facilitarne le a dir poco bizzarre aspirazioni di premiership locale, non ha esitato, dimentico di non dimenticate esaltazioni, a scrivere sui muri frasi oltraggiose con abbondanza di inutili maiuscole, che non raggiungono Berlusconi, ma attestano solo la grettezza, la pochezza, la piccolezza morale ed etica del loro autore. Berlusconi ha di certo commesso molti errori, di certo ha mancato a molti impegni, di certo ha disatteso molte speranze, dopo averle alimentate con l’incomparabile traguardo che solo lui ha conseguito, riunire sotto una sola bandiera il popolo dei moderati del nostro Paese, disperso in mille rivoli dopo la fine della prima repubblica, ma fosse solo per questo, destinato ad essere da ora in poi, solo grazie a lui, obiettivo permanente del centrodestra, merita il rispetto di chi come noi ha come parametro della vita il rispetto dei Valori della lealtà, della correttezza, dell’onore, che non si comperano al supermercato: come soleva dire Pinuccio Tatarella, di cui conserviamo per sempre nel cuore il ricordo e l’affetto, o ce l’hai o non ce l’hai. g.
L’ERBA DI CASA NOSTRA….
Pubblicato il 3 ottobre, 2013 in Il territorio | No Comments »
Come è noto, da quest’anno la Tarsu, la tassa sui rifiuti, è stata trasformata in TARES (in attesa di ulteriore trasformazione dal 2014 in Service Tax che dovrebbe ricomprendere anche l’IMU) che per il momento comprende insieme alla tassa sui rifiuti anche quella quella per la manutenzione dei servizi pubblici, tra cui le strade.
Ed infatti…se non ci pensano i cittadini e aspetti il Comune, campa cavallo che….. l’erba cresce. Ed è proprio l’erba, tanta e rigogliosa come in un terreno incolto, quella che, come si vede nella foto che ci è stata inviata perchè la rendessimo di pubblica conoscenza, volenterosi cittadini, sostituendosi al latitante ente pubblico, stanno estirpando lungo i marciapiedi di Via Cadorna, strada non periferica del nostro paesino, percorsa ogni giorno da tantissima gente, compreso poco accorti amministratori pubblici e autorevoli funzionari comunali preposti, questi ultimi, proprio alla responsabilità della settore comunale che si occupa o che dovrebbe occuparsi dell’igiene e del decoro pubblico.
E non è solo via Cadorna che è in queste condizioni. Basta girare per le strade e per le piazze cittadine per constatare che la cosa è abbastanza, anzi molto diffusa e per nulla oggetto di preoccupato interesse di chi dovrebbe provvedere e non lo fa.
Da ciò il timore, fondato, fondatissimo, che i 30 o 40 centesimi a metro quadro che con la rata di conguaglio della Tares i cittadini saranno chiamati a pagare per la cosiddetta mantuenzione dei servizi, null’altro sarà che un aumento camuffato della vecchia Tarsu, senza nessun beneficio per i cittadini.
L’occasione ci è utile anche, visto che ci siamo, per ricordare a chi ne ha la responsabilità che qualche lavaggio in più ai cassonnetti maleodoranti che ornano le nostre strade cittadine non guasterebbe. Anzi!
MACCHE’ AN, BISOGNA RIFONDARE LA DESTRA, di Marcello Veneziani
Pubblicato il 24 settembre, 2013 in Il territorio, Politica | No Comments »
Non mi pare una buona idea rifare Alleanza nazionale. Capisco la boutade di Storace: serviva a conquistare uno spazio nei media il giorno in cui rinasceva Forza Italia, dire che ci siamo pure noi di destra e chiamare a raccolta tutte le destre sparse. Ma rifare An sarebbe un salto indietro e non un ritorno alle origini. Berlusconi che rifà Forza Italia torna alle origini e vi torna col suo stesso fondatore. La destra invece non nasce con An, il suo leader è ormai fuori, e il suo stratega, Tatarella, morì. Sarebbe un riflesso condizionato di Forza Italia rinata.
E poi, An non ha lasciato traccia di sé nei dieci anni di governo, i ricordi sono superati dai rimpianti e dai rancori. La storia di An segnò la progressiva scomparsa della destra. Diventò via via un clone sbiadito di Forza Italia, poi sciolta nel Pdl, si ridusse al ruolo di subalterno ammutinato che fa vertenza al principale. Lasciò più tracce il vecchio Msi che pure fu un partito emarginato di testimonianza ma formò e unì tre generazioni, lanciò messaggi a un’opinione pubblica più vasta, lasciò nostalgie e dignità.
In realtà siamo in procinto di entrare, seppur nel peggiore dei modi, nella Terza repubblica di cui non conosciamo i protagonisti né i contenuti, ma di cui vediamo solo intrattenitori dell’attesa. E la terza repubblica richiede una terza destra, diversa dalle due precedenti, Msi e An. Ovunque la destra si afferma se difende la sovranità e la tradizione dai tiranni finanziari di sopra e dai flussi clandestini di sotto. Stringetevi a coorte… Marcello Veneziani, 23 settembre 2013
……L’altro ieri, promosso dai reduci di Futuro e Libertà, si è svolto a Bari un convegno di rappresentanti delle innumerevoli anime in cui è dispersa la Destra, quel che ne resta, a Bari come ovunque. Palcoscenico di parole e propositi destinati a non incidere nella storia prossima ventura del nostro Paese. Occorre, invece, come scrive Veneziani, una nuova destra, una nuova idea di destra che si disancori innazitutto dalla destra imprenditoriale alla berlusconi che se fu utile – nessuno lo neghi!- a salvare il Paese dalla “gioiosa macchina da guerra” allestita da Occhetto e dai post comunisti per conquistare il Paese dopo la falcidia giustizialista della classe dirigente che aveva ricostruito il Paese dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, nel tempo ha dimostrato tutta la sua inefficiente capacità di “cambiare” il Paese, ad incominciare dalle regole. Nessuno può negare che ci si è provati a farlo, ma è altrettanto vero che i risultati sono stati impercettibili se non contrari ai propositi. Ricominciare dai Valori, ricostruire una identità compromessa da mille “compromessi”, devono essere il percorso di rifondazioone di una Destra moderna e competitiva a cui affidare il compito – arduo ma entusiasmante – di guidare la riscossa del popolo degli uomini “liberi e forti” del Terzo Millennio. E’ un sogno? Può darsi, ma non è forse il primo dei “nostri” Valori sognare di cambiare il mondo? E’ importante farlo, ma per farlo bisogna avere il coraggio di sognare di farlo. g.
IL LABIRINTO PROSSIMO VENTURO
Pubblicato il 21 settembre, 2013 in Il territorio | No Comments »
La gravità della crisi italiana non sta nell’inadeguatezza sia pur grave di questo o quel partito. Sta nella condizione di evidente provvisorietà che caratterizza l’intero sistema politico a causa della natura aleatoria e instabile di tutti i principali partiti. I cui retroterra culturali, alleanze, leadership e programmi, appaiono, potenzialmente in continua quasi incontrollabile evoluzione. Lo si vede bene oggi quando con ogni probabilità ci stiamo avvicinando a una svolta della legislatura, dovuta al fatto che l’attuale «strana maggioranza» – sottoposta com’è alle tensioni prodotte da un lato dalla procedura di espulsione di Berlusconi dal Senato, e dall’altro dall’aggravamento dei conti pubblici, che rende sempre più insostenibile la contemporanea cancellazione dell’Imu e il mantenimento al 21 per cento dell’Iva – non sembra in grado di resistere ancora a lungo.
Ma se la crisi del governo Letta getterà il Pdl/Forza Italia nella più totale incertezza, in balia dell’altalena di ire e di resipiscenze di Berlusconi, dei suoi cambiamenti di umori e di progetti, anche il destino del Pd non lascia presagire prospettive molto rassicuranti. Se Letta venisse costretto alle dimissioni in seguito al ritiro dei ministri della Destra, il cammino che si aprirà davanti ai Democratici sarà infatti tutto in salita. Esclusa l’ipotesi di elezioni anticipate, che Napolitano non vuole, o si aprirà la crisi ovvero il presidente del Consiglio tornerà alle Camere per cercare una nuova maggioranza. In entrambi i casi – essendo fuori gioco una riedizione delle «larghe intese», così come, auspicabilmente, di qualche pasticcio a base di «volenterosi» e transfughi di varia provenienza – il Pd dovrà rivolgersi a Sel e ai 5 Stelle. Come sei mesi fa: solo che questa volta è probabile che ci sia una spinta a concludere positivamente che allora invece fu assai minore o mancò del tutto, perché forse (sia pure molto forse) stavolta i grillini almeno un appoggio esterno finiranno per darlo.
Si aprirà però a questo punto, per il Pd, uno scenario tra i più scomodi: essere il cuore di una coalizione di governo tutta orientata a sinistra, prevedibilmente alle prese con continui fremiti movimentistici, esposta a sollecitazioni di tono e segno estremistico. Che non sarà davvero facile governare senza consumarsi in polemiche, ultimatum, scontri e armistizi, che verosimilmente renderanno la vita della coalizione stessa quanto mai precaria, povera di risultati apprezzabili (se non peggio: è facile immaginare quello che ne penseranno a Bruxelles o a Berlino), e destinata concludersi con nuove elezioni anticipate (diciamo entro la primavera del 2015).
Una competizione elettorale con la Destra e con il Centro che vedrebbe comunque i Democratici in una situazione scomodissima. E oltremodo contraddittoria. Nessuno, è vero, è oggi in grado di leggere nella sfera di cristallo delle vicende congressuali e delle relative lotte interne del Pd, ma che ne resterebbe del «partito a vocazione maggioritaria» dopo dieci mesi – un anno di governo Pd-Sel-5 Stelle? E che ne sarebbe a quel punto dell’immagine politica di Matteo Renzi, della sua credibilità e del suo appeal su settori elettorali non di sinistra, alla guida di un partito siffatto? In conclusione un semplice dubbio: già alla fine del 2011 il Partito democratico sbagliò clamorosamente a non chiedere le elezioni anticipate dopo la fine ingloriosa del governo Berlusconi; non capiterà che tra poche settimane sia destinato a ripetere il medesimo errore?Ernesto Galli Della Loggia, Il Corriere della Sera,21 settembre 2013
BANDITI DI STATO, di Alessandro Sallusti
Pubblicato il 10 luglio, 2013 in Il territorio | No Comments »
Quella che vedete qui a sotto è la storia in numeri della più grande persecuzione giudiziaria mai messa in atto al mondo contro un singolo uomo.
Nonostante siano numeri da fare paura e indegni di un paese civile, l’uomo, Silvio Berlusconi, ha resistito pur pagando prezzi politici, economici e personali rilevanti. Ciò non può essere solo frutto, come sostengono a sinistra, di sotterfugi e presunte leggi ad personam. Detto che sarebbe peraltro legittimo rispondere ad accanimento giudiziario con accanimento difensivo, è che evidentemente non una delle centinaia di accuse rivoltegli contro era fondata. Nessun criminale può farla franca se beccato in castagna. E allora ecco gli intrighi, le furberie per arrivare, dopo 18 anni, alla prima condanna (processo diritti Mediaset, sei anni con sospensione dell’agibilità politica).
Un passo indietro. Tutto iniziò nel 1994 con un avviso di garanzia (poi dimostratosi infondato) consegnato a mezzo stampa dal Corriere della Sera durante il G8 che si teneva a Napoli. E tutto potrebbe finire con l’intimazione fatta ieri dallo stesso Corriere della Sera alla Corte di cassazione di anticipare il verdetto finale sul caso diritti Mediaset. Già, perché rispettando tempi e procedure la sentenza sarebbe dovuta arrivare a settembre, fuori tempo massimo (non vi annoio con i tecnicismi) per provocare effetti definitivi sulla vita personale e politica di Berlusconi. E che fa la Corte? Ubbidisce al Corriere, organo della procura di Milano oltre che di quei tre o quattro poteri che ancora contano nel Paese (Fiat, Mediobanca, Banca Intesa) e a sorpresa anticipa (cosa senza precedenti) la sentenza al 30 luglio. In caso di conferma di condanna, dal 1° agosto Silvio Berlusconi sarà agli arresti e perderà i diritti politici, compresa la carica di senatore.
Accanimento con trucco, in combutta con giornali, banche e aziende che da sempre vanno a braccetto con la sinistra. Questo è quello che sta succedendo e questo a casa mia si chiama banditismo, una trattativa tra Stato (i magistrati) e privati molto più grave di quella tra Stato e mafia già nota alle cronache. Forse non è un caso che i due litiganti per il controllo del Corriere, Fiat e Della Valle, nelle ultime ore siano stati molto attivi, con pratiche inusuali, nei confronti di Napolitano, altro arbitro sulla cui imparzialità i dubbi sono sempre maggiori.
Non è più tempo delle parole, dei distinguo e delle cautele. Dei banditi stanno per sparare non solo al presidente Berlusconi ma a tutto il Pdl per impadronirsi di ciò che resta del Paese. Che facciamo, stiamo a guardare? Spero di no. Chi se ne frega della sorte di questo governo. Meglio lottare dall’opposizione che farsi spegnere in maggioranza. Alessandro Sallusti
…………………..Chissà cosa ne pensano i tanti peones che si ritrovano in parlamento, nelle regioni, nelle provincie, nei comuni, solo grazie a Berlusconi e al suio carisma. Chissà se hanno voglia di andare all’opposizione e prima di andarci imparare a farla, e prima ancora imparare a soffrire le pene della opposizione che spesso significa vessazione, persecuzione, discriminazione. Francamente ne conosciamo pochi di quelli che attaccati al carro di Berlusconi hano fatto carriera, che sarebbero in grado di passare dall’0altra parte della barricata. E’ più facile che ora gridino ma che quando si sarà consumato sino in fondo la vicenda personale di Berlusconi si arrangeranno per trovare il modo di riconvertirsi, redimendosi e ritrovandosi abtriebrlusconiani ante lietteram. Non è la prima volta che accade. La storia è piena di “ridenti” e di miracolati, dal post fascismo al postprimarepubblica, solo per ricordare due eventi cronologicamente vicini a noi a seguito dei quali le metamorfosi politiche, anzi, diaimo meglio, i cambi di casacca sono stati più numerosi delle stelle del firmamento. g.
Quella che vedete qui a sotto è la storia in numeri della più grande persecuzione giudiziaria mai messa in atto al mondo contro un singolo uomo.

Nonostante siano numeri da fare paura e indegni di un paese civile, l’uomo, Silvio Berlusconi, ha resistito pur pagando prezzi politici, economici e personali rilevanti. Ciò non può essere solo frutto, come sostengono a sinistra, di sotterfugi e presunte leggi ad personam. Detto che sarebbe peraltro legittimo rispondere ad accanimento giudiziario con accanimento difensivo, è che evidentemente non una delle centinaia di accuse rivoltegli contro era fondata. Nessun criminale può farla franca se beccato in castagna. E allora ecco gli intrighi, le furberie per arrivare, dopo 18 anni, alla prima condanna (processo diritti Mediaset, sei anni con sospensione dell’agibilità politica).
Un passo indietro. Tutto iniziò nel 1994 con un avviso di garanzia (poi dimostratosi infondato) consegnato a mezzo stampa dal Corriere della Sera durante il G8 che si teneva a Napoli. E tutto potrebbe finire con l’intimazione fatta ieri dallo stesso Corriere della Sera alla Corte di cassazione di anticipare il verdetto finale sul caso diritti Mediaset. Già, perché rispettando tempi e procedure la sentenza sarebbe dovuta arrivare a settembre, fuori tempo massimo (non vi annoio con i tecnicismi) per provocare effetti definitivi sulla vita personale e politica di Berlusconi. E che fa la Corte? Ubbidisce al Corriere, organo della procura di Milano oltre che di quei tre o quattro poteri che ancora contano nel Paese (Fiat, Mediobanca, Banca Intesa) e a sorpresa anticipa (cosa senza precedenti) la sentenza al 30 luglio. In caso di conferma di condanna, dal 1° agosto Silvio Berlusconi sarà agli arresti e perderà i diritti politici, compresa la carica di senatore.
Accanimento con trucco, in combutta con giornali, banche e aziende che da sempre vanno a braccetto con la sinistra. Questo è quello che sta succedendo e questo a casa mia si chiama banditismo, una trattativa tra Stato (i magistrati) e privati molto più grave di quella tra Stato e mafia già nota alle cronache. Forse non è un caso che i due litiganti per il controllo del Corriere, Fiat e Della Valle, nelle ultime ore siano stati molto attivi, con pratiche inusuali, nei confronti di Napolitano, altro arbitro sulla cui imparzialità i dubbi sono sempre maggiori.
Non è più tempo delle parole, dei distinguo e delle cautele. Dei banditi stanno per sparare non solo al presidente Berlusconi ma a tutto il Pdl per impadronirsi di ciò che resta del Paese. Che facciamo, stiamo a guardare? Spero di no. Chi se ne frega della sorte di questo governo. Meglio lottare dall’opposizione che farsi spegnere in maggioranza. Alessandro Sallusti
…………………..Chissà cosa ne pensano i tanti peones che si ritrovano in parlamento, nelle regioni, nelle provincie, nei comuni, solo grazie a Berlusconi e al suio carisma. Chissà se hanno voglia di andare all’opposizione e prima di andarci imparare a farla, e prima ancora imparare a soffrire le pene della opposizione che spesso significa vessazione, persecuzione, discriminazione. Francamente ne conosciamo pochi di quelli che attaccati al carro di Berlusconi hano fatto carriera, che sarebbero in grado di passare dall’0altra parte della barricata. E’ più facile che ora gridino ma che quando si sarà consumato sino in fondo la vicenda personale di Berlusconi si arrangeranno per trovare il modo di riconvertirsi, redimendosi e ritrovandosi abtriebrlusconiani ante lietteram. Non è la prima volta che accade. La storia è piena di “ridenti” e di miracolati, dal post fascismo al postprimarepubblica, solo per ricordare due eventi cronologicamente vicini a noi a seguito dei quali le metamorfosi politiche, anzi, diaimo meglio, i cambi di casacca sono stati più numerosi delle stelle del firmamento. g.
LA CONDANNA DI BERLUSCONI: HANNO FATTO UN DANNO EMORME ALLE DONNE, di Ritanna Armeni
Pubblicato il 25 giugno, 2013 in Costume, Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »
Diciamolo subito: il punto non è quello che avverrà dopo la sentenza e la condanna di Silvio Berlusconi o quali saranno le ripercussioni sul governo e sulle larghe intese, il punto è quello che è già avvenuto, quel che le decisioni dei giudici di Milano significano per il paese oggi, un minuto dopo la lettura della sentenza.
Una sentenza non ha solo un valore in sé. Non è indirizzata solo all’imputato. Certo Silvio Berlusconi è il condannato, ma dietro quei sette anni di carcere per costrizione e prostituzione minorile, dietro quell’interdizione perpetua dai pubblici uffici c’è la condanna di un intero mondo, di un modo di vivere il proprio privato, ci sono le “Olgettine”, le cattive ragazze che ricevono doni e denaro, le feste a sfondo sessuale, i divertimenti osé, le danze scabrose. Era bello quel mondo? Era squallido sicuramente, mette tristezza, fa capire tanto sui rapporti fra il potere e il sesso. Il problema è che in uno stato di diritto, in un stato che non arroga a sé il potere di dettare la morale e il comportamento sessuale dei propri cittadini, non può essere oggetto di condanna in tribunale. Invece nel processo non ha avuto alcuna importanza il fatto che, a cominciare da Ruby, quelle ragazze abbiano negato di aver avuto rapporti sessuali. Anzi la minaccia ora è l’accusa di falsa testimonianza. Non è possibile che chi ha partecipato ai giochi e alle danze non si sia prostituita, hanno, di fatto, affermato i giudici. Non è possibile che non si sia prostituita la minorenne Karima El Mahroug che ha fatto come loro. Puttane e bugiarde. Questo sono quelle ragazze e le loro parole al processo ora sono rinviate alla procura perché le esamini ulteriormente. Perché trovi ulteriori colpe contro di loro.
Non considero delle “erinni” le donne giudici di Milano che hanno letto la sentenza, non considero una “strega” Ilda Boccassini. Non mi piace il modo in cui i tanti oppositori della sentenza oggi le apostrofano, ma hanno sicuramente fatto un danno enorme alle donne. Non solo a quelle cattive ragazze che hanno tutto il diritto di essere cattive, cattivissime e anche puttane. E che non sono considerate incapaci di intendere, ma solo furbe maliziose e bugiarde. Ma anche alle altre. A quelle che pensano di essere dalla parte giusta. Perché, come la storia e la cronaca insegnano, in uno stato etico sono le donne le prime a rimetterci, buone o cattive che siano. Sono loro che in uno stato che decide il comportamento morale si trovano a rinunciare alla loro libertà. E il fatto che in tanti e in tante oggi siano felici per la condanna di quel mondo, si sentano finalmente liberate dallo squallore, dal cattivo gusto, dall’odore di stantio che da esso emana la dice lunga non solo su chi ha pronunciato la sentenza, ma anche su quella diffusa mentalità che fa il doppio errore di giudicare immorali e quindi illegali i comportamenti diversi dai propri. Possibile che un’idea di libertà, di legalità separata dall’etica, oggi debba essere rappresentata solo dalle “cattive ragazze”? Ritanna Armeni, Il Foglio quotidiano, 25 giugno 2013
…….Tra tutti i commenti che oggi si possono leggere sui quotidiani a proposito della condanna inflitta ieri a Milano da un Tribunale composto da tre donne, abbiamo scelto, per commentare una condanna che appare agli occhi di tutti, oltre che esagerata, molto discutibile (si può ancora in Italia discutere le sentenze o si corre il rischio di essere denunciati per lesa giustizia?) questo articolo di Ritanna Armeni. Che non è una giornalista al soldo di Berlusconi, nè sul suo libro paga, nè addomesticata in una delle cene di Arcore. Ritanna Armeni, che oggi scrive sul Foglio di Ferrara, è una giornalista di sinistra, anzi della sinistra extraparlamentare e di quella più agguerrita contro Berlusconi. Per questo la sua opinione ci sembra avere un peso maggiore dei tanti e delle tante che in queste ore si sono avvicendati nella “difesa2, spesso d’ufficio, di Belrusconi. Anche perchè la Armeni senza giri di parole issa sul banco degli imputati, anzi delle imputate, le tre giudici che pur di condannare Berlusconi, si sono a loro volta issate sul cielo della difesa della etica e della morale pubblica, pretendendo di stabilire per legge se una donna, più donne, tante donne, possano o meno avere il diritto di fare del proprio corpo ciò che vogliono. Sia chiaro, non condividiamo del tutto le tesi della Armeni, ma ci pare che in un Paese dove il femminismo è stata più che una moda e che in questi giorni, nel bel mezzo di un gran can can, sta varando una legge che punisce la violenza contro le donne (e quella contro gli uomini da parte delle donne a quando?) è una sopresa che un Tribunale al di là di ogni altra questione si sia posto il problema di stabilire cosa una o più donmne possano fare nel proprio spazio personale del proprio corpo. C’è del fondamentalismo esasperato in questa sentenza, al di là delle colpe, ove davvero ci siano, dell’imputato al quale peraltro è stato riservato un trattamento al quale manca solo la condanna all’evirazione da eseguire sulla pubblica piazza con tanto di constatazione formale dell’avenuto taglio dell’arnese oggetto corpo del reato. Ovviamente a cura delle donne.g.
PRESIDENZIALISMO:IL SOSPETTO INDELEBILE
Pubblicato il 4 giugno, 2013 in Il territorio | No Comments »
«Il presidenzialismo rompe», titola l’Unità . E in effetti tutte le riforme sono una gran rottura per chi non vuol cambiare. Bisogna però capire se ciò che rompono era già rotto. In casi del genere anche il più prudente dei conservatori dovrebbe accettare l’urgenza del cambiamento. Ebbene in Italia da due anni e mezzo il governo non è più espressione del voto dei cittadini: prima con il Berlusconi-Scilipoti, poi con il Monti-Passera e ora con il Letta-Alfano, si è dovuti ricorrere a soluzioni in vario grado extra-elettorali. Di conseguenza il capo dello Stato, figura non eletta direttamente dai cittadini, svolge di fatto da tempo il ruolo di primo piano nella formazione dei governi e del loro programma. La legge elettorale non riesce più a dar vita a una maggioranza in entrambe le Camere. La Corte costituzionale sta per sancirne la illegittimità. Il nostro sistema politico è già rotto, che altro ci vuole a capirlo? Chi dice che non è una priorità cambiarlo usa dunque lo stesso argomento di Grillo, per il quale non era una priorità nemmeno fare un governo.
Eppure è bastato un barlume di possibile accordo tra i partiti sulla riforma costituzionale per far scattare il riflesso pavloviano di chi da vent’anni crede che riforme e berlusconismo siano sinonimi: e giù allarmi di svolta autoritaria, pericoli di scorciatoie carismatiche, mobilitazioni in difesa della Costituzione più bella del mondo, che non si tocca perché non è cosa vostra (dunque è cosa nostra?). Siccome è impossibile dipingere la Francia semi-presidenziale come una Repubblica delle banane, allora si lascia intendere che lo sia l’Italia, malata cronica di autoritarismo e sempre in cerca di un nuovo duce. Gli stessi che sostenevano l’improbabile tentativo di Bersani di reclamare Palazzo Chigi con l’argomento che in Francia Hollande aveva ottenuto l’Eliseo con il 29% dei voti al primo turno, ora inorridiscono all’idea del secondo turno e dell’Eliseo. Chi ha speso anni a raccomandare una radicale rigenerazione della nostra democrazia rappresentativa, ora si accontenterebbe di una «manutenzione». Non è questione di sistemi. Hanno respinto a turno anche il modello americano perché dà troppi poteri al presidente, l’inglese perché ne dà troppi al premier e il tedesco perché ne dà troppi al cancelliere. Ora bocciano il francese per salvare l’unico potere cui tengono: il loro potere di veto.
Qualche giorno fa il governatore Visco ha detto che l’arretramento del nostro Paese dipende dal fatto che da 25 anni non riusciamo più a «rispondere agli straordinari cambiamenti geopolitici, tecnologici e demografici» del mondo. Più o meno la data a partire dalla quale la nostra politica ha cominciato a dividersi tra chi vorrebbe cambiare tutto per non cambiare nulla e chi pensa di fargli un dispetto non cambiando davvero mai nulla. Sarebbe ora di accettare l’idea che anche una comunità, come tutti gli esseri viventi, può perire per paura di cambiare. Antonio Polito, Il Corriere della Sera, 4 giugno 2013
A PALAZZO E’ SEMPRE CAROSELLO
Pubblicato il 18 maggio, 2013 in Il territorio | No Comments »
L’economia non cresce più. Decresce. La politica non ragiona più. Litiga. L’Italia non va avanti. Arretra.
Continua ad esserci una dissonanza tra la drammatica situazione economica del Paese, che peraltro si sta estendendo nel resto d’Europa se la «cugina» Francia è ufficialmente in recessione e la Germania cresce lentissimamente, e la scarsa volontà riformatrice della politica. Andiamo con ordine.
Il Pil, il prodotto interno lordo italiano, è calato per la settima volta consecutiva. La crisi economica continua a frenare il nostro Paese malgrado la politica di austerità imposta da un governo tecnico durato tredici mesi. Nel primo trimestre di quest’anno il Pil è calato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 2,3% nei confronti del primo trimestre del 2012 e, ricorda l’Istat, un’analoga situazione non si è mai registrata dall’inizio delle serie storiche, nel primo trimestre 1990. L’andamento negativo dell’economia italiana è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di un aumento nel settore dell’agricoltura. La variazione acquisita per il 2013 è pari a -1,5%.
Gli ottimisti dicono che guardando bene, la «curva» del Pil mostra una piccola inversione verso l’alto, cioè, nel quarto trimestre dello scorso anno la discesa era stata dello 0,9, da gennaio a marzo 2013 ha recuperato uno 0,4. Potere consolatorio dei decimali… che ieri si è sommato all’approvazione alla Camera (grillini esclusi, chissà poi perché…) del decreto sui pagamenti dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni. Si tratta di quaranta miliardi di euro di disponibilità finanziarie che saranno trasferiti dalle casse del settore pubblico a quelle del settore privato (peraltro così finalmente lo Stato onora i suoi impegni verso le imprese) dopo aver preteso dall’Europa la flessibilità che meritava l’Italia che ha saputo risanare i propri conti e creare le condizioni per uscire dalla procedura per deficit eccessivo.
Un Paese strano che merita fiducia se, sempre ieri malgrado l’Istat, investitori istituzionali hanno destinato i loro soldi (6 miliardi ma le richieste erano per 13) a un Btp che scade tra 30 anni.
Per i comuni mortali, invece, quelli che hanno messo tutti i loro risparmi nella prima, e unica, casa, il consiglio dei ministri ha disposto la sospensione della rata dell’Imu. Poca cosa? Neanche per sogno, se proprio l’imposta municipale insieme alla contrazione della concessione dei mutui hanno fatto crollare il mercato immobiliare e non solo.
E mentre gira questa giostra di numeri impressionanti e soldi mancanti, i nostri politici continuano a pensare alle intercettazioni, ai processi del Cavaliere, al corto circuito giustizia-politica. Ma si rendono conto che gli italiani sono stanchi dei caroselli?
E’ MORTO TEODORO BUONTEMPO, “ER PECORA”, UN AMICO CHE NON C’E’ PIU’
Pubblicato il 24 aprile, 2013 in Il territorio | No Comments »
Un politico di razza, sempre a destra, che non mollò mai. Si è spento questa notte Teodoro Buontempo, il 67enne presidente della Destra.
Nato a Carunchio (in provincia di Chieti), Buontempo ha cominciato l’attività politica sin da giovane. A Ortona a mare, sempre in Abruzzo, ha mosso i primi passi dirigendo le organizzazioni giovanili dell’Msi. A 22 anni si è trasferito a Roma dove ha partecipato alle lotte studentesche. Dirigente della Giovane Italia, nel 1970 è diventato il primo segretario del Fronte della Gioventù di Roma. È stato deputato in cinque legislature, sempre nelle file di Alleanza nazionale e poi della Destra, nonchè per sedici anni (dal 1981 al 1997) consigliere comunale di Roma. Dal dicembre 1993 al settembre 1994 ha ricoperto anche l’incarico di presidente del consiglio comunale. Nel 2007 ruppe con Alleanza Nazionale per partecipare con Francesco Storace alla fondazione della Destra di cui è presidente. Nel 2008 è stato candidato alla presidenza della provincia di Roma, di cui però poi divenne solo consigliere. Dal 2010, invece, è stato assessore alle politiche per la casa durante la Giunta guidata da Renata Polverini in Regione Lazio.
“La politica – disse molto tempo fa durante la presentazione di un suo libro sui sedici anni di vita politicca in Campidoglio – per valere deve lasciare un segno tangibile da consegnarte alla storia”". E Buontempo, di segni tangibili, ne ha lasciati tanti con le sue battaglie politiche.
“Per fare politica – amava ricordare Buontempo – venni a Roma e vivevo in una 500″. La politica vera, quella di base, tra la gente e nelle sezioni. Per questo era stimato da tutti, “camerati” o “compagni”, amici o detrattori. Era considerato un “pezzo” di politica romana, un uomo di valore capace di coniugare la passione e l’onestà. Un politico d’altri tempi ma sempre pronto a cogliere i tempi che cambiavano.Fonte Ansa.
Un politico di razza, sempre a destra, che non mollò mai. Si è spento questa notte Teodoro Buontempo, il 67enne presidente della Destra.

Nato a Carunchio (in provincia di Chieti), Buontempo ha cominciato l’attività politica sin da giovane. A Ortona a mare, sempre in Abruzzo, ha mosso i primi passi dirigendo le organizzazioni giovanili dell’Msi. A 22 anni si è trasferito a Roma dove ha partecipato alle lotte studentesche. Dirigente della Giovane Italia, nel 1970 è diventato il primo segretario del Fronte della Gioventù di Roma. È stato deputato in cinque legislature, sempre nelle file di Alleanza nazionale e poi della Destra, nonchè per sedici anni (dal 1981 al 1997) consigliere comunale di Roma. Dal dicembre 1993 al settembre 1994 ha ricoperto anche l’incarico di presidente del consiglio comunale. Nel 2007 ruppe con Alleanza Nazionale per partecipare con Francesco Storace alla fondazione della Destra di cui è presidente. Nel 2008 è stato candidato alla presidenza della provincia di Roma, di cui però poi divenne solo consigliere. Dal 2010, invece, è stato assessore alle politiche per la casa durante la Giunta guidata da Renata Polverini in Regione Lazio.
“La politica – disse molto tempo fa durante la presentazione di un suo libro sui sedici anni di vita politicca in Campidoglio – per valere deve lasciare un segno tangibile da consegnarte alla storia”". E Buontempo, di segni tangibili, ne ha lasciati tanti con le sue battaglie politiche.
“Per fare politica – amava ricordare Buontempo – venni a Roma e vivevo in una 500″. La politica vera, quella di base, tra la gente e nelle sezioni. Per questo era stimato da tutti, “camerati” o “compagni”, amici o detrattori. Era considerato un “pezzo” di politica romana, un uomo di valore capace di coniugare la passione e l’onestà. Un politico d’altri tempi ma sempre pronto a cogliere i tempi che cambiavano.Fonte Ansa.