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LA VERA STORIA DEL PORCELLUM RACCONTATA DAL SUO INVENTORE

Pubblicato il 15 novembre, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

In quesa intervista di Mattia Feltri per la Stampa, Roberto Calderoli, big della Lega, racconta la storia del porcellum, la legge elettorale i vigore dal 2006, che tutti dicono di voler cambiare, ma che nessuno in verità vuole modificare perchè oiace a tutti i padroni dei partiti. Secondo Calderoli la legge fu partorita da Casini mentre Fini volle le liste bloccate. L’uno e l’altro si strappano le vesti contro questa legge ma ne hanno fatto uso e consumo, nominandosi amici e compari. Ecco l’intervista a Calderoli.

Senatore Calderoli, non le è bastato il Porcellum? Ancora ci si mette?

«A parte che Porcellum fu una definizione di Sartori. Io l’ho definita “porcata”. Ma adesso vi racconto come andò».

Siamo tutt’orecchi.

«Fu una legge figlia del ricatto di Casini che voleva il proporzionale stile Prima repubblica. E se non gliel’avessimo dato non avrebbe votato la riforma costituzionale: si trattava della devolution, della riduzione di oltre il 20% dei parlamentari. Cedemmo al ricatto. Peccato che poi la legge fu stravolta – perché era un’ottima legge – e proprio Casini ne rimase fregato».

Ottima legge?

«Vi spiego. Avevo messo una soglia per il premio di maggioranza al 40%. Sapete chi tolse la soglia? Berlusconi. Perché voleva il premio a tutti i costi».

E le liste bloccate?

«Non c’erano. Le volle Fini perché diceva che prendeva soprattutto voti al Sud e non si fidava delle preferenze».

Fini?! Quello che ora si straccia le vesti?

«Non aveva neanche tutti i torti. Ma fu proprio lui. Un’altra cosa: sapete perché non ci fu il premio di maggioranza su base nazionale al Senato? Perché il presidente Ciampi disse che il premio doveva essere su base regionale. Chiesi appuntamento al Quirinale per spiegare come superare il problema. E lui neanche mi ricevette perché non avevo la delega. Se Prodi non ebbe la maggioranza al Senato, e cadde nel 2008, lo deve soprattutto a Ciampi».

La sinistra in tutto questo non c’entra?

«Nel 2006, con Prodi premier, d’accordo con Napolitano proposi una legge di sei righe che cancellava il Porcellum e riportava al Mattarellum. Non ci fu verso, rimase per mesi in commissione. Poi ho fatto altre otto o nove proposte. Nessuna accolta. Ma ne racconto un’altra: pochi mesi fa, ai margini di un incontro pubblico, Prodi ha contestato a Bersani la mancata riforma del Porcellum».

E Bersani che ha detto?

«Che non l’ha potuto riformare perché Rifondazione comunista non era d’accordo. Ma che cosa c’entra? Avrebbe avuto i voti della Lega, e lo sapeva: Rifondazione non gli serviva».

Voleva evitare attriti.

«Ma se avevano attriti tutti i giorni? Sul lavoro, sulle missioni internazionali… La verità è un’altra, e cioè che, siccome sono trascorsi sette anni dall’approvazione del Porcellum, ed è ancora lì, ne deduco che di estimatori ne ha molti più di quanti si pensi».

Infatti anche stavolta…

«Infatti. Ma adesso vi spiego. Nel 2006 Prodi arrivò al 49%. Nel 2008 Berlusconi arrivò al 47%. Che poi col premio raggiungessero il 55% dei seggi era normale. Il Pd vuole arrivarci col 30%. Cioè vuole raddoppiare i parlamentari. Vuole governare senza voti. Il problema vero, oggi, non è il Porcellum: è che i partiti non li vota più nessuno!».

Quindi il Pd vuole tenerselo il Porcellum.

«Certo. Dice: alla Camera sono a posto. Al Senato i voti non li avrò mai, ma andrò a chiederli a Berlusconi. Del resto anche lui ha interesse che vinca Bersani. Contano di mettersi d’accordo. Piuttosto che Grillo o l’ingovernabilità… E a Monti hanno promesso il Quirinale».

Però i centristi…

«Questo schema non va bene a quelli che ambiscono a qualche presidenza. Diciamo che non va bene a Casini, che spera di fare una legge che imporrà un Monti bis. E così per lui si spalancano le porte del Quirinale. E non va bene anche a qualcun altro che adesso è in difficoltà e magari potrebbe strappare una presidenza della Camera o del Senato».

Fini?

«Può darsi».

Che scenario allucinante.

«Ma c’è un ma. Io ho la netta impressione che, se non ci sarà una nuova legge elettorale, Napolitano interverrà con un messaggio piuttosto energico per ricordare che è perlomeno scorretto non fissare una soglia oltre la quale si ha diritto al premio di maggioranza».

Ed è la discussione di questi giorni.

«Esatto. Allora io ho fatto un tentativo di mediazione. Martedì ho proposto un premio in percentuale sui voti raccolti che oggi ho perfezionato. È l’ultimo tentativo, poi non ci sono più i tempi».

E cioè?

«Cioè se tu prendi dal 25 al 30 per cento, ti do il 15% in più sui tuoi seggi, cioè sali al 33-35. Se prendi dal 30 al 35 ti do il 20% in più, cioè vai intorno al 40. Se prendi dal 35 al 40 ti do il 25% per cento in più, cioè ti avvicini al 50%. Se superi il 40, vai al 52. Attenzione, si può fare anche per le coalizioni».

Ci stanno?

«Mi sembravano meno rigidi del solito, ma non lo so».

E l’alternativa qual è?

«La Grecia».

FATE RIDERE, FATE PENA, di Alessandro SALLUSTI

Pubblicato il 14 novembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

Ieri in redazione abbiamo ricevuto due copie, una per me e una per Vittorio Feltri, di un nuovo libro fresco di stampa di Roberto Maroni, segretario della Lega.

Su uno la dedica autografa dice: «A Vittorio Feltri, il vero numero 1». Sull’altro: «Ad Alessandro Sallusti, buona lettura e buon lavoro». È lo stesso Roberto Maroni che contemporaneamente dava ordine ai suoi di mandarmi in carcere (Vittorio, non te lo auguro ma temo che presto mi seguirai) con una imboscata al Senato. È infatti della Lega l’emendamento alla legge salva-Sallusti (che ridere) che approvato ieri a scrutinio segreto prevede il gabbio per i giornalisti che incappano in condanne per diffamazione.

Nelle dediche di Maroni c’è la rappresentazione plastica della falsità dei politici: ossequiosi e melensi quando si tratta di chiedere ai giornalisti marchette ai loro libri e convegni, subdoli e arroganti quando hanno occasioni di vendetta. Devo dire che la Lega (insieme a quel fenomeno da baraccone di Rutelli, quello che vuole guidare il Paese e che si è fatto sfilare 20 milioni dalla cassa) in fondo è stata la più onesta: ha dichiarato le sue intenzioni, ci ha messo la faccia. Che però è di tolla. Scusi Maroni, lei si ricorda che è libero, e ha potuto fare il ministro dell’Interno, solo perché si è fatto fare una legge ad personam che ha abolito il reato di oltraggio a pubblico ufficiale per il quale era stato condannato a quattro mesi di carcere? Scusi Castelli, nobile senatore leghista, sa che lei è libero solo perché il Parlamento ha negato l’autorizzazione a procedere per diffamazione quando aveva dato dello sprangatore a Diliberto? E scusi senatore Calderoli, ci spiega come mai non ha mai pagato per quegli undici morti negli scontri fuori dal consolato di Bengasi seguiti alla sua idea geniale di presentarsi, in nome della libertà di opinione, al Tg1 con la maglietta anti Islam? E scusate, leghisti, come mai Bossi è a piede libero pur avendo subito decine di condanne per diffamazione a magistrati, capi dello Stato, avversari politici?

In attesa di risposte, vi dico che mi fate ridere e pena (voi, non i vostri elettori che rispetto). Solo un filo meno di quei vigliacchi del Pd e Pdl che con la benedizione dei loro capi (Angela Finocchiaro e Maurizio Gasparri) si sono trincerati dietro l’anonimato per vendicarsi dei giornalisti che più e più volte li hanno presi con le mani nella marmellata e a volte nella merda. Mi consola che io andrò a San Vittore, ma loro tra pochi mesi spariranno nel nulla dal quale provenivano. Cari senatori, cari deputati, lasciate perdere, non è cosa alla vostra altezza. Potete mandarci in galera e rovinarci, ma come diceva un Humphrey Bogart giornalista al potente di turno nel film L’ultima minaccia: «È la stampa, bellezza. La stampa! E tu non puoi fare niente». Proprio niente, vigliacchi senza volto. ALESSANDRO SALLUSTI, Il Giornale, 14 novembre 2012

……………Ad Alessandro Sallusti rinnoviamo tutta la nostra solidarietà, umana e politica. Lui è la vittima sacrificale di una politica in cui abbondano personaggi di mezza tacca solo per caso saliti sul podio della notorietà e del potere e altri, che di mezza tacca non sono, ma che hanno scarso senso dei Valori nel cui nome dicono di battersi, primo fra tutti la lealtà, tanto da sacrificarli sull’altare di provvisori e forse inutili obiettivi personali. Maroni che assomiglia sempre di più ad un prosciutto non stagionato, che ha dato l’ordine ai suoi di votare un emendamento che ripristina il carcere per i giornalisti che “diffamano” e che di certo manderà dietro le sbarre Sallusti, è lo stesso che ordinò ai deputati della sua corrente, solo per giochi interni di partito, di votare per il carcere al deputato pdiellino Papa che si è fatto dietro le sbarre di Poggioreale 4 mesi di carcere dichiarato poi dalla Cassazione illegittimo perchè illegittimo era l’ordine di cattura della Procura di Napoli. E a ripriva che l’uomo non ha molti scrupoli c’è questa vicenda che è miserabile perchè per  fare una “provocazione” , a sentir lui, ora manda in galera un giornalista reo solo di un reato fascista e comunque abnorme chesi  chiama “mancato controllo”, che però è uno dei pochi giornalisti che da destra ha combattuto una difficile battaglia contro la devastante macchina da guerra del giornalismo italiano schierato a piè pari contro il governo di cui la LEGA era parte e Maroni un “invincibile” ministro. Brutto affare. Più brutto il voto di quei senatori di destra che hanno partecipato con il loro voto a tasformare l’emendamento leghista in ordine di carcerazione per Sallusti. Del resto lo avevamo detto subito. Il PDL aveva il dovere di pretendere che Monti modificasse la legge che prevede il carcere per i giornalisti che in quanto fascista è antitetica all’ordinamento democratico dello Stato italiano,  con un decreto legge che in sede di conversione in legge poteva essere migliorato e reso efficace sotto gli aspetti non evidenziati dalla sinteticità del decreto legge. Ma Monti e insieme a lui la Severino si sono messi di traverso. Nè il PDL ha minimamente alzato la bandiera di guerra per difendere il soldato Sallusti, combattente tenace in una battaglia senza esclusioni di colpi che vede contrapposto il centrodestra al resto del mondo. Ed ha lasciato e lascierà che uno dei suoi più valorosi portabandiera finisca in carcere da dove evidentemente non potrà partecipare alla battaglia finale, quella che si combatterà nei prossimi mesi e che rischia di consegnare il Paese per  decenni alla sinistra ( perchè l’attuale centrodestra non è abituato alle traversare nel deserto per cui è facile prevedere che una sua – probabile – sconfitta ne determinerà il disfacimento). E se tanto è vero come pare che purtroppo lo sia, come può il centrodestra, si chiami PDL o come si dovesse eventualmente chiamare nell’immediato futuro, pensare di recuperare i voti del ceto medio e moderato se a questo si offre questo squallido spettacolo di resa al nemico e di abbandono nelle sue mani di uno dei suoi migliori e più coriacei combattenti? Mediti Alfano e oltre che opporsi al voto disgiunto per le regionali reclami a Monti e a Napolitano la libertà per il soldato  Sallusti. g.

ECCO UN PO’ DI TITOLI DEI GIORNALI DI OGGI…NULLA CHE CI POSSA FAR STARE ALLEGRI

Pubblicato il 14 novembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

Pomigliano, corteo della Fiom
Vendola e Di Pietro contestati

La figlia di Beppe Grillo
beccata con la cocaina

IN ITALIA C’E’ LA FABBRICA (FALSA) DEI CONVEGNI: DAI FUMETTI AL SANNIO IN CRISI

Pubblicato il 4 novembre, 2012 in Il territorio, Notizie locali, Politica | No Comments »

Datemi un convegno e mi si­stemerò. Patologia ad al­ta diffusione tra i politici, la «convegnite» ha in questi anni contagiato, trasversalmente, auto­revoli e anche meno autorevoli esponenti di tutti gli schieramenti.

Il ministro del Welfare, Elsa Fornero

E così, dopo l’allarme lanciato da Monti in febbraio che ha invitato «gli amministratori pubblici ad astenersi dall’effettuare spese di rappresentanza evitando di orga­nizzare convegni o altri eventi non strettamente indispensabili» e do­po che un altro pentolone di scandalo, quel­lo ancor più «raffinato» dei convegni inesi­stenti, scoper­chiatoconleno­te spese dall’ex capogruppo Idv in Emilia-Romagna, Pao­lo Nanni sono state passate al setaccio, ciò che ri­bolle nel cuore degli italiani per be­ne, oltre alla comprensibile rabbia per essere stati presi per i fondelli un’ennesima volta, è la constata­zione della sfrontata faccia tosta che molti rappresentanti eletti dal popolo, dai semplici consiglieri co­munali, a parlamentari hanno di­mostrato fino ad oggi nel promuo­vere, varare, organizzare per parla­re (e in qualche caso non parlare addirittura) delle tematiche più di­sparate e disperate.
Secondo quanto ammesso da Nanni buona parte dei convegni da lui organizzati tra il 2005 e il 2010, e pagati coi soldi del gruppo, erano inventati di sana pianta. Cioè non si sono mai svolti e le lo­candine venivano realizzate a po­steriori da lui medesimo. La con­fessione è arrivata, l’altro giorno dopo un interrogatorio di sette ore, di fronte al pm Antonella Scan­dellari. I convegni inventati ad hoc servivano, avrebbe spiegato Nan­ni agli inquirenti, per giustificare le spese delle cene a cui partecipava­no, di solito, numerosi commensa­li, oppure per«mascherare»le spe­se sostenute per partecipazioni te­levisive.
Fra i più simpatici convegni- fan­tasma quello del settembre 2005 dal tema «La mobilità nella nostra regione». Idem per il convegno «Problemi della casa», che risale al 2006. E ancora nel 2006, Nanni ha ammesso di aver realizzato a tavoli­no la locandina del convegno «La logistica dei servizi sociali in Emi­lia- Romagna», mai tenutosi. Così nella classifica dei «contributi» sti­lata recentemente dal Sole 24 Ore in testa c’è la solita Regione Sicilia, che ai gruppi consegna ben 13,7 milioni di euro l’anno,poi la Lom­bardia che eroga ben 12,2 milioni di euro, quindi il Veneto, che è a quota 9,1 milioni. Il Piemonte, con 7,3 milioni.Poi l’Emilia (6 milioni), la Liguria (5,7), la Sardegna (5,1), la Calabria (4,6), la Campania (4,5 milioni). E via proseguendo, fino alla Basilicata e alle Marche, che hanno speso rispettivamente 575 e 531mila euro. Come evidenziato da più parti, una cifra non lontana dal cinque per cento di queste elar­gizioni è stata destinata dai partiti a convegni e festival.
Leciti e interessanti oppure inu­tili e costosi, resta il fatto che, da sempre,l’Italia soffre di«convegni­te ». Un esempio recente e illumi­nante? La quattro giorni, ad alta densità di chiacchiere, promossa dal 4 al 7 settembre dalle varie auto­rità politiche e istituzionali di San­t’Agata dei Goti ( Benevento): mar­tedì 4 alle 19 «Il Sannio e la Campa­nia, tra aree di crisi e modelli di svi­luppo » con Renato Lombardi, con­sigliere provinciale di Benevento. Gennaro Salvatore, capogruppo «Caldoro Presidente» Consiglio Regionale della Campania. Quin­di mercoledì 5 «Prima, Seconda e terza Repubbli­ca: alla ricerca delle nuove classi dirigen­ti! » con Gianpie­ro Zinzi, com­missario regio­nale Udc Cam­pania, Marco Pugliese, coor­dinatore regio­nale Forza del Sud Campania, Arturo Scotto, se­gretario regionale Sel Campania Gianmario Mariniello, coordina­tore nazionale Generazione Futu­ro, Guglielmo Vaccaro, commis­sione Finanze della Camera.
A seguire la «ciliegina» di giove­dì 6: «La politica che non appassio­na: perché i cittadini hanno smarri­to la fiducia nei partiti politici?». Già perché non appassiona? Ci chiediamo sommessamente. Ma sicuramente una risposta più auto­re­vole l’hanno data Pasquale Som­mese, assessore regionale Campa­nia, Antonio Bassolino, presiden­te fondazione Sudd, Cosimo Sibi­lia, presidente della Provincia di Avellino. E per concludere venerdì 7 un altro convegno su «L’albero del mondo. Weimar ottobre 1942» con Carmine Valentino sindaco di Sant’Agata de’ Goti. Pasquale Vie­spoli, presidente gruppo coesione nazionale Senato, Clemente Ma­stella, segretario nazionale Popola­ri Udeur, Mario Pepe, commissio­ne Questioni Regionali della Ca­mera, Nunzia De Girolamo com­missione Giustizia della Camera.
Atavica patologia la «convegni­te » (è rimasta nella storia la memo­rabile conferenza su «L’ area del Sa­lento come ponte fra l’Italia, i Bal­cani e il Mediterraneo», tenuta a New York rigorosamente in lingua italiana e davanti a un pubblico di pugliesi fatti arrivare dalla Puglia) ha portato,in tempi più recenti sot­to l’attenzione della Corte dei Con­ti le spesucce di Matteo Renzi, quando era al timone della Provin­cia di Firenze. Spese di rappresen­tanza per 2 milioni di euro (ma se­condo il dipendente di Palazzo Vecchio, Alessandro Maiorano sa­rebbero ben 20 milioni) nel perio­do dal 2004 al 2009. Qualche chic­ca? Per la gara-convegno intitolata «Cento picnic, prima festa nazio­nale a premi dei picnic » del 6 luglio 2008 furono spesi 40mila euro. Per festeggiare il trentesimo comple­anno della Pimpa nel 2005 ben 100mila euro. E una città che ha di­ch­iarato fallimento come Alessan­dria? Non sarà solo colpa dei con­vegni ma è curioso che ogni anno, dal 2007 in poi, solo l’Assessorato alle Pari Opportunità abbia orga­nizzato un convegno internaziona­le contro «La violenza sulle don­ne ». Mentre a Padova il convegno «Il lavoro prima di tutto» è costato 12mila euro. Magari li avessero di­stribuiti fra i disoccupati qualcuno sarebbe stato più felice. E meno male che da Milano e da Catania so­no appena transitati i due conve­gni internazionali dal titolo inco­raggiante: «Spegni lo spreco…».  Il  Giornale, 4 novembre 2012

…………..E poi ci si meraviglia che le tasse rincarano….non c’è Comune in Italia che non abbia aumentato  le tariffe IMU, sia quelle della prima casa,  sia le altre. A Toritto, per  esempio,l’IMU sulla prima casa è stata aumentata di un punto percentuale che vale, mediamente, cento euro a famiglia, di un punto è stato aumentato anche l’IMU sulle seconde case, che vale più o meno altrettanto. Naturalmente servono, dicono,  per coprere i buchi, ovvio, ma spesso i buchi sono quelli che provengono da spese inutili e spesso destinate a favorire i “clienti”.  Per esempio a Toritto è stato appena assunto a contratto un altro ingegnere, il terzo!, per 24 ore settimanali e destinato ad occuparsi dei Lavori Pubblici, settore tanto oberato di lavoro (chi li ha visti?) da non potere essere seguiti come sinora è accaduto dall’attuale responsabile. Costo dell’operazione una quarantina di migliaia   di euro all’anno. Invece di aumentare l’IMU sulla prima casa che tutti dicono essere una tassa ignobile,  si poteva incominciare col risparmiare quesi soldi. Magari invece di assumere un altro ingegnere che pare sia anche pensionato, si poteva   “riesumare”  l’ingegnere civile , assunto  una decina di anni fa, rigorosamente senza concorso, inquadrato in categoria D3,   come quello ora assunto a contratto, e che da qualche anno sverna in Comune impegnato in attività marginali, sebbene firmatario di istruttorie di pratiche anche di lavori pubblici. Perchè no?  Misteri entro i quali si avvolgono gli sprechi  che caricano sui cittadini  costi che si potrebbero evitare. A proposito,  c’è in Comune qualcuno che segnali tutto ciò alla Corte dei Conti e magari alla Procura della Repubblica? g.

TORNA BERLUSCONI E NE HA PER TUTTI: DA MONTI CHE E’ AGLI ORDINI DELLA MERKEL ALLA MAGISTRATURA

Pubblicato il 27 ottobre, 2012 in Il territorio | No Comments »

Un Berlusconi combattivo che colpisce a 360 gradi. A partire da Monti. Il Cavaliere parla a villa Gernetto, davanti a una platea di giornalisti ed esponenti del Pdl. Giustizia, sentenza Mediaset, tasse, Monti e Merkel. L’ex premier ne ha per tutti. In Italia non c’è democrazia ma una “magistratocrazia”, attacca il Cavaliere commentando la sua condanna, ma citando anche i casi del direttore Alessandro Sallusti (“Solo in Italia può succedere”) e degli scienziati della commissione Grandi Rischi.

Poi si scaglia contro lo stato di polizia fiscale imposto dal governo Monti e contro una politica economica dettata dalla “signora Merkel”. Una bordata senza precedenti all’esecutivo che prelude a una dichiarazione che scuote la politica: “Valuteremo se togliere la fiducia a Monti”.

Silvio Berlusconi, il giorno dopo la sentenza sui diritti tv Mediaset che lo ha visto condannato a 4 anni per frode fiscale, torna a parlare. E lo fa con l’energia di chi non ha intenzione lasciare il campo. All’ora di pranzo, in un intervento telefonico con il Tg5, ha annunciato di “Sentirsi costretto a restare in campo per riformare il pianeta giustizia”. Una dichiarazione che è stata interpretata come una ridiscesca in politica. Da Villa Gernetto, torna sull’argomento ribadendo la decisione comunicata ufficialmente tre giorni fa: “Non mi presenterò come candidato alla presidenza del Consiglio in modo di facilitare l’unione di tutti i moderati” e, ancora una volta, ribadisce il via libera alle primarie (alle quali non parteciperà). Il Cavaliere, dunque, rinuncia a correre per palazzo Chigi, ma non intende dedicarsi a vita privata: “Intendo dedicare la massima parte del mio tempo al mio Paese e continuare l’opera di modernizzazione che ho iniziato nel ’94″. Poi scherza con i giornalisti che gli chiedono se si spenderà in prima persona durante la campagna elettorale: “Sì, riprenderò le dichiarazioni e le visite in Tv. Sono disponibile ad un invito di Vespa e anche dei Tg, diteglielo”.

E lancia un abboccamento al centro: “Credo che Casini e Montezemolo siano da considerarsi parte del centrodestra. È impossibile che le persone di buon senso non capiscano che un “rassemblement dei moderati” è necessario a evitare la vittoria della sinistra.

Ma oltre alla sentenza di ieri, ci sono altri bersagli contro cui si scaglia l’ex premier: “La Germania ha un comportamento egemonico ed egoistico in Ue. Ha forzato il Consiglio dei capi di Stato e di governo ed io non ho condiviso le sue decisioni.” Poi si toglie un macigno dalla scarpa e torna a parlare di quel siparietto internazionale che non ha mai digerito: “I sorrisi di Sarkozy e della Merkel sono stati un tentativo di assassinio della mia credibilità“.Ce n’è anche, e soprattutto, per Mario Monti e l’esecutivo dei tecnici: “Il governo ebbe per nostro preciso invito il compito di cambiare la Costituzione. Ma nessuno di questi cambiamenti è stato presentato. Senza cambiamenti questo paese non è governabile, serve una riforma della Costituzione”. Poi un’altra bordata al Professore: “Ha introdotto misure che portano l’economia in una spirale recessiva”. La politica del governo Monti – accusa Berlusconi – è quella dettata dalla cancelliera Angela Merkel. Una politica economica – affonda il Cav – che precipita l’Italia nella spirale della recessione. “Il governo ha adottato al 100 per 100 le indicazioni della Germania egemone, anche sul piano dell’economia”, ha tuonato.

Al centro delle critiche di Berlusconi l’aumento delle imposizioni fiscali: le misure messe in atto dal governo Monti sono quasi una “estorsione fiscale tipico di uno Stato di polizia tributaria”. Una condizione che uccide l’economia: “Si sta tutti male, gli italiani sono spaventati dalle tasse elevate, dai blitz della Guardia di finanza, da questo sistema violento di trattamento dei contribuenti. Hanno paura a spendere, non consumano quanto consumavano prima“, ha proseguito.

Il Professore è bocciato senza appello e se volesse tentare un bis a palazzo Chigi, questa volta dovrebbe passare dalla urne. “Se Monti crederà di voler partecipare alle elezioni e farsi eleggere con l’attuale legge a candidato premier potrà farsi eleggere – ha risposto il Cav ai giornalisti che gli chiedevano di un eventuale Monti bis -,ma non credo che dopo questa sospensione della democrazia ci sia ancora lo spazio per una indicazione per chiamata e non per elezione”.

Poi torna a bomba sulla condanna. Nelle motivazioni della sentenza c’è un’accusa odiosa, quella capacità naturale di delinquere, che il Cavaliere non accetta: “Ieri il tribunale di Milano ha presentato una sentenza che ho già definito non solo inaspettata ma incredibile e intollerabile nella quale vengo presentato come un individuio, nonostante la mia storia, dotato di naturale capacità a delinquere. Non credo di poter accettare una cosa del genere, credo si sia passato il limite”. Mediaset ma anche il caso Ruby, l’altro procedimento che tiene ancora sulla graticola l’ex premier: “E’ scandaloso. Si basa su stupidaggini. L’accusa di concussione è per una telefonata sola ad un funzionario della questura di Milano che ha confermato di non aver subito nessuna pressione”. La giustizia è sempre in cima all’agenda, ribadisce Berlusconi appoggiato da Ghedini. “La giustizia non può andare avanti così. Questa non è più una emocrazia. È una dittatura dei magistrati. È una magistratocrazia”.

.…………Se la sentenza di ieri è servita a far rinsavire Berlusconi inducendolo a ritornare al passato e alla tradizione liberalconservatrice in un Paese libero e democratico, ebbene benvenuta sentenza. Ciò che ha detto nel pomeriggio di oggi durante la conferenza stampa è un programma politico condivisibile nel nome del quale si può ritornare in prima linea al combattimento per impedire che il goverrno delle tasse succeda a se stesso per finire lo strangolamento degli italiani, per impedire che lo Stato liberale sia defintivamente seppellito da uno stato di polizia giudiziaria e fiscale, per impedire che la “magistrotocrazia2, felice neologismo introdotto oggi da Berlusconi, si sostituisca definitivamente alla castocrazia che sinora ha governato e sgovernato questo Paese. Attendiamo gli eventi. g.

SULLE ELEZIONI AMERICANE PRECIPITA IL DISASTRO DI BENGASI CHE COLPISCE OBAMA E FAVORISCE ROMNEY.

Pubblicato il 20 ottobre, 2012 in Il territorio | No Comments »

E’ il New York Times, il giornalone che tifa apertamente per la rielezione di Barack Obama, a servire un colpo micidiale contro il presidente, a soli quattro giorni dal terzo e ultimo debate contro lo sfidante repubblicano Mitt Romney a Boca Raton, in Florida. Dall’11 settembre, da quando un gruppo armato ha attaccato il consolato americano di Bengasi e ha ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens e altri tre americani, l’Amministrazione lotta per mostrarsi all’altezza della crisi inaspettata. Il presidente ha promesso giustizia con un discorso duro nel giardino delle rose della Casa Bianca e  sui giornali americani s’inseguono voci sullo spiegamento di forze speciali e di droni americani in Libia. Due giorni fa è stato fatto arrivare alla stampa anche il nome dell’indiziato numero uno per l’attacco, Ahmed Abu Khattala, che ora, è stato scritto, “è in fuga nel sud o nell’est del paese, o forse è persino già all’estero”.

Invece Abu Khattala non si è mai mosso e ieri era in un hotel di lusso di Bengasi, in fez rosso e sandali, dove – scrive l’inviato incredulo del New York Times, David Kirkpatrick – sta al bancone del bar e beve frappè alla fragola, anche se aveva chiesto succo di mango. L’intervista è surreale: Khattala dice di non far parte di al Qaida ma di sentirsi vicino alle posizioni del gruppo terrorista, per il suo fervore islamico, sostiene che l’America se li cerca, gli attacchi e gli attentati, con la sua politica estera aggressiva e cerca di convertire Kirkpatrick all’islam. Il debate di lunedì è sulla politica estera e l’intervista all’insolente Khattala potrebbe essere la mazza di ferro che cade inattesa  nelle mani di Romney. IL FOGLIO QUOTIDIANO, 20 otobre 2012

C’E’ L’ORDINE DI CARCERAZIONE PER SALLUSTI:”VADO IN GALERA”. POLITICA CIALTRONA.

Pubblicato il 19 ottobre, 2012 in Costume, Il territorio, Politica | No Comments »

Dopo il rimpallo tra le procure di Roma e di Milano, alla fine è stato spiccato e consegnato l’ordine di carcerazione nei confronti del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, condannato dalla Cassazione a 14 mesi di reclusione per diffamazione.

L’ordine è stato inoltrato dal gip agli ufficiali giudiziari ed è stato ricevuto dal diretto interessato. “La speranza che la politica fosse capace di trovare una soluzione sta naufragando per mancanza di volontà e di capacità“, ha dichiarato Sallusti.

Che poi ha aggiunto:“Io non chiedevo una legge ad personam, ma che venisse ripristinata una banale legge liberale che dicesse che per le opinioni nessuno può andare in carcere. Così non è, ma è peggio. Perché in questi giorni, discutendo in Parlamento di questa legge, c’è chi ha inserito un codicillo che permette ai presidenti delle Province di candidarsi alla Camera o al Senato e capite bene che di fronte ad atteggiamenti del genere non posso permettere che la politica più cialtrona si nasconda dietro a una legge di libertà e dietro al mio nome”.

Il direttore fa “un ultimo appello alla politica di interrompere questa sceneggiata che ha messo in piedi con la scusa di evitarmi dal carcere, cosa per altro da me non richiesta”. E si è detto pronto alla galera: “Ci sono tanti italiani in carcere, uno più o uno meno non credo che questo possa cambiare le sorti del Paese”.

………….I più cialtroni sono quelli che approfittando del testo concordato in Commissione Giustizia al Senato per approvare in sede deliberante l’abrogazione di una norma liberticida che risale al fascismo in virtù della quale la Cassazione,  non concedendo a Sallusti le attentuanti generiche che di solito vengono concesse a tutti gli incensurati, ha potuto emettere una condanna alla galera per il direttore del Giornale per il reato di diffamazione peraltro non commesso da Sallusti ma da altri, anzi da un altro che ha pubblicamente ammesso la colpa, hanno tentato di trasformare la proposta di legge in una specie di legge omnibus nella quale infilarci di tutto. In particolare un senatore del Pdl ha cercato di favorire i presidenti delle provincie con un emendamento che consentiva  la loro  candidatura alla Camera e al Senato. Questa operazione ha consentito a sei senatori della sinistra di impedire l’approvazione della legge in commissione e di ottenerne il trasferimento della discussione in aula, cosicchè di fatto mandando in galera Sallusti, che, quindi, sarà il primo giornalista, dopo il caso clamoroso di Giovannino Guareschi nel 1950, a finirci, tra l’altro per un reato neanche commesso e comunque per un reato di opinione come fossimo nella Unione societica ante 1989 o nei paesi del terzo mondo dove la democrazia e la libertà sono tuttora effimeri concetti senza  divenire diritti. Come che sia, ci domandiamo due cose. Primo: che fine ha fatto il PDL, il suo fondatore e presidente e il suo segretario, i suoi capicorrente, i suoi depoutati e senatori dei quali non leggiamo neppure un rigo di commento e , sopratutto, di intervento a favore di Sallusti e più vastamente a favore della libertà di stampa e di opinione, pilastri isostituibili nelle società liberali? Secondo: perchè il PDL non chiede, anzi non impone a Monti di fare un decreto legge che si limiti a eliminare la norma che sbatte in galera Sallusti, lasciando poi al Parlamento il compito, in sede di conversione in legge del decreto, di più precisa definizione della norma? Ci sarebbe un terzo: perchè non è stato immdiatamente espulso il senatore che con il suo codicillo ha dato il là o l’alibi all’affossa,mento della legge in Senato? Tutte domande che in verità si possono condensare in una sola:come può pretendere questo PDL che non è capace di difendere un suo baluardo intellettuale, uno dei pochi,  quale è stato sino ad oggi Alessandro Sallusti,  di recuperare i voti dei milioni di elettori che,  sentitisi traditi sia per le promesse mancate, sia per essere stati abbandonati nelle mani di un demagogo come Monti,  lo hanno abbandonato rifugiandosi per lo pù tra gli aspiranti astenuti dal voto o tra i prossimi elettori di Grillo? g.

CASA FINI, ATTO SECONDO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 18 ottobre, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Fini ha casa, a con l’acca, ma anche Fini a casa, senz’acca.

Lo aveva giurato lui: se provano che la casa di Montecarlo è di mio cognato, mi dimetto. Bene, noi le pro­ve le avevamo già portate tutte con un’inchiesta giornalistica sul campo pilotata dal nostro Gian­marco Chiocci che meriterebbe una medaglia. Ma Fini, ricorderete, non fu di parola e restò al suo po­sto nonostante l’evidenza. Non contento, lui e i suoi sodali cercarono di farci passare come una «mac­china del fango», tesi che trovò non pochi consensi in nostri colleghi (alcuni anche illustri, vero Gad Lerner?) imbolsiti, invidiosi e soprattutto in malafe­de. Bene, a distanza di due anni, dalle carte seque­strate per un’altra inchiesta giudiziaria, che L’espressopubblicherà sul prossimo numero,c’è la prova definitiva che noi del Giornale avevamo ra­gione e che Fini ha mentito ai suoi, al Paese e ai colle­ghi della Camera: dietro la società offshore che ac­quistò la casa di Montecarlo, svenduta da An, c’era Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, moglie di Fini.

Quindi, caro presidente della Camera, è vero che fango c’è stato, ma non era il nostro. Era il suo. Ha negato, mentito, depistato, è stato spergiuro, quin­di ha infangato lo scranno della terza carica dello Stato sul quale lei siede da abusivo, in quanto eletto da una maggioranza, quella di centrodestra, che ha tradito, rinnegato e osteggiato in spregio ai basilari doveri istituzionali. Lei presidente non solo ha falli­to come politico, non solo si è prestato ai torbidi gio­chi della sinistra per scalzare il governo Berlusconi, non solo ha tramato nell’ombra, non solo è stato scaricato pure da Casini e Rutelli, ma cosa più im­portante ha umiliato i militanti di An, i compagni di partito, ha sfasciato una storia politica importante, e con le sue bugie da quattro soldi ha fatto perdere l’onore a una bandiera, quella tramandata dal Msi di Almirante, che meritava ben altro destino. Ora abbia almeno il coraggio di chiedere scusa, anche a noi, di rimangiarsi querele e minacce, di ritirarsi a vita privata, magari insieme al suo inutile (e danno­so) amico Bocchino e al suo avvocato Bongiorno. Con i vitalizi che incasserete non vi mancheranno gli spiccioli e forse neppure gli euro per completare l’arredamento di Montecarlo con tre sedie a dondo­lo e godervi finalmente la Costa Azzurra. Paghere­mo noi, come sempre, ma tra i tanti soldi che ci ave­te fatto buttare al vento, saranno questi i meglio spe­si. E magari, tanto per onore di verità, la Procura di Roma potrebbe riaprire un’inchiesta giudiziaria chiusa in modo frettoloso con l’archiviazione di un caso che invece ha ancora molto da raccontare, e che soprattutto non va dimenticato sotto elezioni. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 19 ottobre 2012.

.……………..Fini è il peggiore politico italiano, quello che ha tradito tutti e tutto, che ha distrutto partiti e idee, che ha rinnegato fede e morale, che ha mutato opinione come altri cambiano mutande e canotte. Ma nonostante tutto c’era chi aveva sperato che almeno non si fosse impadronito di un lascito testamentario di una militante in buona fede, cioè la casa di Montecarlo per regalarla all’immagine stessa del perdigiorno, cioè il “cognato”, ora suo, fino all’altro ieri di Gaucci, l’ex  attempato compagno della sorella ora comapgna di Fini. Come ricorda Sallusti, all’epoca dello scandalo, archiviato dalla Procura di Roma, Fini querelò a destra e a manca, arrivando a giurare che se mai fosse stato provato che la casa era finita nelle mani del cognato – che pur ci abitava – si sarebbe dimesso. La frettolosa archiviazione del caso da parte della Procura di Roma consentì a Fini di archiviare la sua promessa. Ora il caso lo riapre non l’odiatissimo giornale dell’odiatissimo ex benefattore Berlusconi ma il giornale dela corazzata editoriale di sinistra di proprietà della tessera n. 1 del PD, cioè De Benedetti  con nuovi e inediti documenti  che confermano  quanto sostenuto dal Giornale, con grande delusione di quanti avevano sperato che il fatto non fosse vero.   Fini  querelerà anche De Bendetti e l’Espresso? Certamente no,  perchè l’ultima possibilità di rimanere a galla dopo il 2013 è quella di  continuare a compiacere la sinistra, quella che un tempo era il “nemico” e che al termine delle sue tante giravolte, è la sponda di salvezza, l’unica, che rimane a  questo traditore  che “tradì anche il tradimento” per dirla come l’avrebbe chiosato, alla sua maniera,   l’indimenticato Pinuccio Tatarella” . g.

NELLA NUOVA MANOVRA DI MONTI NUOVI TAGLI AI POVERI, LAVORATORI E PENSIONATI.

Pubblicato il 12 ottobre, 2012 in Il territorio | No Comments »

detrazioni tetto massimo

Dal punto di vista fiscale, la legge di stabilità, l’ultima manovra del governo Monti in fase di approvazione, dà e prende. Peccato che dia dall’anno prossimo e prenda da subito. Il tetto massimo di 3mila euro per le spese detraibili varrà, infatti, già dal 2012, mentre le nuove aliquote Irpef con la riduzione per i redditi più bassi entrerà in vigore nel 2013.

Il taglio a detrazioni e deduzioni previsto dalla nuova manovra, se approvato in via definitiva, peserà non poco sui redditi delle famiglie anche perché sarà accompagnato dall’aumento della franchigia fissa a 250 euro, soglia di spesa sotto la quale non e ammessa la detrazione. Vediamo più nel dettaglio come funziona la nuova disciplina.

Soglia minima e massima

Molte spese sostenute dai contribuenti con un reddito superiore a 15mila euro all’anno (si salvano le fasce meno abbienti) contribuiranno a raggiungere il tetto massimo di 3.000 euro. Si tratta delle spese che possono essere detratte al 19%, quindi lo sconto d’imposta massimo ottenibile è di 570 euro (19% di 3.000).

Ma non basta. Per alcune deduzioni e detrazioni (v. box a fianco) è prevista la franchigia di 250 euro. Fra queste anche le spese mediche, una delle detrazioni più diffuse, che attualmente hanno una franchigia di 129,11 euro (le vecchie 250mila lire). In pratica la soglia minima di detraibilità raddoppia.

Sconti tagliati e salvati

Per quanto riguarda le detrazioni, ecco alcune di quelle che verranno sommate per raggiungere il tetto dei 3mila euro e/o avranno la nuova franchigia di 250 euro, e quelle che invece non subiranno variazioni:

Onere
Percentuale
detraibile
Si somma nel tetto
di € 3.000
Franchigia
di € 250
Interessi sul mutuo 19%
Polizze vita e infortuni 19%
Spese per istruzione 19%
Spese per attività sportive dei figli 19%
Donazioni alle Onlus 19%
Spese funebri 19%
Spese sanitarie 19% No
Spese per ristrutturazioni edilizie 36% / 50% No No
Spese per risparmio energetico 55% / 50% No No
Familiari a carico - No No
Redditi di lavoro dipendente e pensioni - No No

Va osservato che l’aumento della franchigia può anche “mangiarsi” tutta la detrazione: è il caso delle spese per le attività sportive dei figli che attualmente sono detraibili fino a 210 euro per figlio. Per i figli unici la detrazione salta.

Molte spese detraibili hanno già un tetto massimo: per il mutuo sulla prima casa, ad esempio, attualmente è di 4mila euro ma con la nuova norma viene abbattuto a 3mila.

Per quanto riguarda le deduzioni, invece, dalla base imponibile non scatta il tetto massimo ma solo l’eventuale franchigia:

Onere
Deduzione
max
Franchigia
di € 250
Spese sostenute per disabili
Erogazioni liberali (donazioni) alle università
Assegni periodici all’ex coniuge (“alimenti”)
Spese per figli adottivi stranieri (adozione internazionale) 50% delle spese
Contributi previdenziali e assistenziali No
Contributi per previdenza complementare € 5.164,57 No

DA FRANCONE AL POLITBURO, di Mario Sechi

Pubblicato il 4 ottobre, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

La sparizione della democrazia nei partiti è l’origine della malattia che sta conducendo il sistema politico al collasso. Si possono immaginare mille riforme, ma senza una rigenerazione dei partiti qualsiasi sforzo è vano, perché è da questi organismi che emerge una classe dirigente. Quella che abbiamo in questo momento storico è la peggiore della storia repubblicana. Non avevano davanti il dopoguerra come De Gasperi e Togliatti, non dovevano ricostruire il Paese, come Fanfani e Saragat, non si battevano contro l’Utopia armata del terrorismo come Moro e Berlinguer, non dovevano fare i conti tutti i giorni con la Guerra Fredda. Si sono trascinati dalla fine degli anni Ottanta a oggi senza varare una riforma istituzionale per il Paese, autodistruggendo la rappresentanza fino a trasformare i partiti in organizzazioni di nomenklatura dove si coopta, nomina e spesso ruba. Così il centrodestra si è spappolato e il Pdl è un ectoplasma in balìa di un Fiorito che non è un caso isolato ma la punta dell’iceberg, mentre il Pd è il prolungamento di un esperimento antistorico, la funzione invariabile di un gruppo che ha costruito il suo futuro sotto l’ala di Berlinguer e poi l’ha cristallizzato in un eterno presente. Ora tocca a Matteo Renzi provare sulla sua pelle il «niet» del suo partito. Le anticipazioni del testo che verrà sottoposto al voto dell’assemblea del 6 ottobre sono un colpo gobbo: è in corso il tentativo di blindare le primarie del Pd con il doppio turno, l’istituzione di un albo degli elettori, il divieto di votare al secondo turno se non hai partecipato al primo e il ritiro della tessera elettorale. Ciò che non fu fatto per Prodi, Veltroni e lo stesso Bersani ora dopo la sfida del sindaco di Firenze diventa necessario e urgente. Invece di allargare la partecipazione il Pd la restringe. Parola d’ordine: incanalare il voto nel recinto delle tessere, contenere Renzi, farlo correre, ma da perdente in partenza. Qualche giorno fa ho espresso il mio apprezzamento per le primarie nel Pd – cosa di cui il Pdl avrebbe bisogno per riprendersi dal coma – ma se queste sono le regole, quel partito dovrà cambiare nome perché non potrà più dirsi democratico. L’Italia è a cavallo, tra «Francone» e il Politburo. Mario Sechi, Il Tempo, 4 ottobre 2012

……………Sechi nutre ancora speranza che i partiti, quelli nati da Tangentopoli, e che in una Tangentopoli permanente hanno trasformato il sistema politico italiano, siano in grado di rigenerarsi, solo a volerlo. Non è così. E il caso di Renzi che riguarda il PD ma che è comune a tutti i partiti stà li a dimostrarlo. Non abbiamo particolare  simpatia per Renzi, a differenza  di tanti destristi dell’ultim’ora che fanno finta di ammirare lo sfidante di Bersani ma non osano porre in campo alcuna alternativa seria al coma profondo della Destra italiana, pur nonostante  quanto sta per accadere nel PD per impedire anche solo per pura ipotesi che Renzi vinca la sfida contro Bersani, la dice lunga di come viene intesa la democrazia nel nostro Paese la cui nomenclatura  politicante  si riempie la bocca di richiami alla democrazia e alle sue regole ma di fatto si rinchiiude su stessa e, come dice Sechi, si alimenta al suo interno con cooptazioni e familismi amorali che fanno impallidire quelli descritti or sono 70 anni fa da sociologo americano che ne fece un vero e proprio trattato  di costume, anzi di malcostume.  Ecco, il caso Renzi dimostra che i partiti non hanno alcuna vllgia di rigenerarsi o di rinascere…chi li possiede ne vuole sapere di cambiare e, purtroppo, contro la forza, o lo strapotere,  la ragione non può far nulla. g.