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IL PDL RECUPERI ALFANO E LE PRIMARIE SE NON VUOL SPARIRE, di Mario Sechi

Pubblicato il 13 settembre, 2012 in Il territorio | No Comments »

Il Pdl è uscito dagli schermi radar da quando ha accantonato le primarie, archiviato il segretario 40enne Angelino Alfano e varato «l’operazione nostalgia», un bizzarro vai e vieni tra il dolce ricordo del 1994 e l’illusione di essere ancora nel 2008. Travolto da un (in)solito destino il partito che aveva stravinto le ultime elezioni politiche, pensa di riproporre la stessa ricetta a un Paese in recessione oggi e anche domani, con la peggior produzione industriale d’Europa, il terzo debito pubblico del mondo e il più basso livello di fiducia nei partiti mai toccato nella storia. Lenin si sarebbe chiesto: che fare? Esclusa la rivoluzione del proletariato, al Pdl qualche carta da giocare resta, ma se la pesca dal vecchio mazzo, sta fresco. Il tema non è più vincere, ma sopravvivere con un futuro da costruire e non andare al voto per eleggere una modesta nomenklatura. Le coalizioni sono saltate, il Pdl è uno dei due partiti superstiti del bipolarismo all’italiana, ma non è al primo posto e rischia la marginalizzazione per incapacità di visione. Più di un anno fa Berlusconi aveva fatto la mossa giusta: nominare un segretario politico, Angelino Alfano, e avviare un’altra stagione. Poi nel partito ha vinto la linea del «facciamo secco il delfino» e «Silvio sei tutti noi», la classica manovra salva-apparato. Così Berlusconi ha fatto sapere di voler tornare a guidare la carica elettorale. Risultato? Black out. I fili della corrente sono stati tagliati e il Pdl è piombato in un isolamento totale. Mentre nel Pd si è aperta una stagione di rinnovamento – comunque vada, Renzi è destinato ad essere protagonista, bastava vedere con quale grinta si è battuto ieri sera a Ballarò – il Pdl è imbalsamato. Mentre a sinistra i militanti sono impegnati in un dibattito che produce mobilitazione, a destra regna un cimiteriale silenzio. La ricetta di Bersani e soci è archeologica, ma tutti vedono che quella visione del mondo è al suo ultimo giro di giostra perché un’altra generazione prenderà presto il potere che gli spetta, per ragioni storiche, politiche e anagrafiche. Modesto consiglio a chi non vuole ascoltare: recuperate Alfano e fate le primarie. Non è mai troppo tardi per non sparire. Mario Sechi, Il Tempo, 12 settembre 2012


“IL LAVORO NON E’ UN DIRITTO”: L’ULTIMA STUPIDAGGINE USCITA DALLA BOCCA DEL MINISTRO FORNERO. INTANTO LA CAMERA DA’ IL VIA LIBERA ALLA RIFORMA CHE NON PIACE A NESSUNO.

Pubblicato il 27 giugno, 2012 in Il territorio | No Comments »

“Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato”. Le dichiarazioni della Fornero al Wall Street Journal hanno scatenato un putiferio.

Elsa Fornero

Nello stesso giorno in cui il disegno di legge sul lavoro passa alla Camera, il ministro del Lavoro risponde al quotidiano, che aveva definito inconcludente la riforma in via di approvazione e in un’intervista specifica l’intento dell’esecutivo.

Le dichiarazioni del ministro si trovano contro un fronte compatto di critiche. Da Di Pietro, che lo mette sul suo blog, a Paolo Ferrero di Rifondazione Comunista, fino alla Lega Nord, tutti fanno notare che i ministri giurano sulla costituzione. E che senza andare troppo avanti nella lettura del testo, è il primo articolo a parlare di una Repubblica fondata sul lavoro.

La badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’articolo 1 della Costituzione“, scrive Di Pietro. “Si rilegga gli articoli 1 e 4“, incalza Ferrero. E Gianvittore Vaccari, senatore del Carroccio, si chiede se il ministro del Lavoro abbia giurato “sulla Costituzione o su Topolino”.

Ma per la Fornero l’intera discussione è basata su un malinteso. Il ministro replica a quanti la criticano e tenta di correggere la rotta, sottolineando come  intendessi dire che bisogna “proteggere le persone, non i loro posti”, perché il lavoro “deve essere guadagnato”.

A difendere il suo punto di vista ci pensa il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo, che rincara la dose e risponde alle critiche dell’opposizione: “Non c’è dubbio che la Costituzione riconosca il diritto al lavoro, ma questo diritto va sostanziato perchè ahimè in un’economia di mercato non basta fare appello alla Costituzione”.

Idv e Lega hanno presentato singolarmente due mozioni di sfiducia contro il ministro del Lavoro, che saranno esaminate nella settimana dal 2 al 6 luglio, con discussione il 3 e voto il 4.

Intanto la Camera ha dato il via libera definitivo alla riforma, con 393 voti favorevoli, 74 contrari e soltanto 46 astenuti.

…………………Insomma i tecnici chiamati a governare il nostro Paese non solo sono degli incapaci e stolidamente inetti, ma sono anche presuntuosamente a digiuno di una delle norme fondanti della Carta Costituzionale, quella che recita che ciascun cittadino italiano ha diritto al lavoro. Ci voleva la Fornero, sinora modesto anche se superfortunato barone della nomenclatura di sinistra nella Torino rosseggiante,  per spiegarci che quel che recita la Costituzione è una falsa norma, anzi una norma inesistente, e ci vuole uno dei più ridicoli oltre che balbettanti sottosegretari di questo govenro, cioè Polillo, quello che a proposito degli esodati in TV arrivò a dire che questi per far valere i loro diritti potevano rivolgersi alla Magistratura, ci voleva costui perchè ci fosse spiegato che l’enunciato costituzionale è, appunto, solo una enunciazione. Ma chi li ha messi lì dove sono questi sbracati ignoranti e questi pretenziosi incapaci? Intanto la Camera, con una striminzita maggioranza ha varato la riforma sul lavoro. Una riforma che non piace a nessuno, che non risolverà nessuno dei problemi che assillano il mondo e il mercato del lavoro e di cui c’è già l’impegno di Monti a cambiarla, subito dopo che l’avrà esibito come trofeo al vertice della UE domani a Bruxelles. Il che è, peraltro, la controprova che ci troviamo di fronte a nuovi prestigiatori, privi anche del senso del ridicolo. Se Monti pensava che il varo della riforma potesse costituire una sorta di vangelo per i mercati che tengono sotto tiro il nostro Paese, come può pensare che quello che ha promesso ai partiti che controvoglia hanno votato la riforma sfugga ai mercati e ai suoi protagonisti, cioè gli investitori? Se serviva la riforma a fornire assicurazioni a costoro, la promessa di modificarla a tambur battente finisce col rendere scarico il fuciletto che Monti pensava di poter agitare al tavolo delle trattive. Una prova di più che tutta la cosiddetta bravura di Monti evapora alla prova pratica. Sin qui il governo. Ma non meno grave è il comportamento dei partiti che hanno votato la riforma benchè la considerano una brutta legge, incapace di produrre risultati positivi. Lasciamo perdere l’UDC di Casini che ormai sembra un giocatore al tavolo della roulette, punta tutto sul 17 nella speranza di sbancare il banco. Ma il PD e il PDL  sono davvero alla frutta. Il Pd ha rinunciato alla tutela degli esodati e si è accontentato di una vaga promessa di futuri aggiustamenti  di un governo il cui ministro del lavoro mette in discussione in tema di lavoro la dichiarazione di principio della Costituzione per cui non è affidabile quando promette di risolvere un problema che da solo è sufficiente a far saltare la fragile impalcatura costruita con la sabbia e appiccicata con lo sputo. Peggio il PDL che per bocca di Alfano ha sollevato più di una perplessità sull’impianto complessivo della legge. Non solo. Ieri sera, alla trasmisisone televisiva Ballarò, una deputata del PDL, di cui ci sfugge il nome benchè giovane e carina, è arrivata a dire che lei non condivideva la legge, la riteneva una brutta legge, ma l’avrebbe votata per disciplina di partito. Una dichiarazione di questo tenore basta ed avanza perchè crolli totalmente la credibilità dell’istituto parlamentare. Se una legge è una brutta legge  non c’è ragion di partito che tenga: non la si vota e basta. Non c’è da meravigliarsi che i sondaggi danno in caduta libera il PDL che se si votasse oggi riporterebbe alla Camera appena 80 dei 270 parlamentari “nominati” nel 2008. Fra i quali di certo c’è la giovane e impudente oltre che imprudente deputata esibitasi a Ballarò.g.

QUEL GENIACCIO DELLA MERKEL: PARLA E CI BRUCIA 12 MILIARDI EURO

Pubblicato il 26 giugno, 2012 in Il territorio | No Comments »

“Anche giovedì a Bruxelles tutti gli occhi saranno sulla Germania”. La cancelliera Angela Merkel lo sa fin troppo bene. Al prossimo vertice dell’Eurozona ci sono in ballo il futuro della moneta unica e la tenuta dell’Unione europea, ma soprattutto sono in ballo i rapporti tra la Germania e gli altri Paesi membri.

La cancelliera tedesca Angela Merkel

Intervenendo a una conferenza sullo sviluppo sostenibile, la Merkel ha voluto lanciare un avvertimento netto in vista del summit: “Quando penso al Consiglio di giovedì prossimo a Bruxelles mi preoccupa che si parlerà assolutamente troppo di tutti i possibili modi per condividere il debito, e troppo poco di migliorare i controlli e di misure strutturali”.

Un diktat che ci costa davvero caro: l’intrandigenza di frau Merkel ha buttato giù tutte le Borse (Milano compresa) mandando in fumo i nostri risparmi. Solo oggi Piazza Affari ha bruciato oltre 12 miliardi di euro di capitalizzazione.

Giornata nera oggi sulle principali piazze finanziarie con il panico seminato dalle incertezze legate alla situazione economica in Spagna e Grecia, con la prima che ha chiesto ufficialmente aiuti per il settore bancario, e la seconda che vorrebbe una proroga alle misure di austerity. Il governo di Cipro ha ufficialmente informato le autorità europee della decisione di chiedere aiuto finanziario facendo ricorso al “fondo salva Stati”.Secondo la cancelliera tedesca, è quantomeno “avventuroso” parlare di crescita sostenibile senza pensare al rigore di bilancio: “Si parla troppo di condivisione del debito e poco delle riforme strutturali”. Proprio per questo motivo, la Merkel ha spiegato che “il discorso su eurobond, eurobill, garanzie di condivisione del debito e molto altro, oltre che non compatibile con la nostra costituzione, è sbagliato e controproducente dal punto di vista economico”. Per la cancelliera tedesca, “responsabilità e controllo non devono trovarsi in un rapporto sbagliato”. “Ma devono avere – ha sottolineato in un passaggio molto applaudito – lo stesso peso”.

Oggi le Borse del Vecchio Continente hanno archiviato la seduta ai minimi dal primo giugno sulla scia dei timori per la crisi del debito europea. L’indice FTSEurofirst 300 è andato giù dell’1,5% a 987 punti, il calo più marcato dal -1,9% registrato il 1 giugno scorso. Secondo gli analisti, l’andamento riflette lo scetticismo degli investitori secondo cui il consiglio europeo previsto in settimana non prenderà alcuna decisione per risolvere la crisi. A Francoforte il Dax ha perso il 2,09%, a Parigi il Cac40 il 2,24%, a Londra il Ftse100 l’1,14%. Peggio ha fatto Madrid (-3,67%). A Piazza Affari il Ftse mib ha chiuso a -4,02% a 13.113 punti, mentre l’All share ha ceduto il 3,75% a 14.064 punti. Crolli a ripetizione per gli istituti di credito, con lo spread risalito oltre i 450 punti: Unicredit (-8,4%), Intesa (-6,4%), Mediobanca (-6,9%), Monte dei paschi (-6,7%), Bpm (-8,5%). Milano manda in fumo 12,46 miliardi di euro in una seduta.

IL CALCIO DELLA MERKEL, di Mario Sechi

Pubblicato il 21 giugno, 2012 in Il territorio | No Comments »

Nel centro di Budapest - sullo sfondo il Parlamento ungherese - l'omaggio a Ronald Reagan per il suo contributo alla caduta del comunismo e alla ritrovata libertà del popolo ungherese

Sport e politica sono mondi paralleli, in apparenza distanti, in realtà intimi, intrecciati, indissolubili. Se si volesse leggere la storia della contemporaneità, nessuna metafora è più efficace dello sport e della corsa allo spazio. Superamento del limite. Bandiera. Orgoglio nazionale. Le Olimpiadi, i mondiali di calcio, le sfide a ping pong tra Stati Uniti e Cina, i lanci di razzi e satelliti tra Russia e America. Le relazioni internazionali raccontate da cronache terrestri e spaziali che parlano di cento metri, salto in lungo, gol e rigore, zona totale, catenaccio, lancio, orbita, allunaggio e rientro. Superamento dei limiti. Ecco perché ai campionati europei Il Tempo dedica un’attenzione che può sembrare insolita: è la geopolitica che si manifesta in altre forme, la storia delle nazioni che si fa e disfa mentre un pallone rotola sull’erba. Ecco perché Angela Merkel ieri ha preso una decisione poco diplomatica: ha chiesto a Monti e Hollande di anticipare il vertice europeo perché vuol essere in tribuna a Danzica domani ad assistere alla sfida tra Germania e Grecia. Monti non rinviò il vertice con Hollande a Palazzo Chigi qualche giorno fa. È la differenza che passa tra un politico (Merkel) e un tecnico (Monti). Sport? Sì, ma c’è di mezzo la politica, il prestigio, la potenza della Germania. La Grecia deve perdere. È la vittoria di Berlino su Atene. La crisi è in campo e nello spogliatoio: gli azzurri sono pronti a rinunciare al loro premio europeo. È un bel gesto. La Federazione lo accolga. Gli italiani apprezzeranno. Il direttore di questo giornale tiferà Grecia e sarà in buona compagnia. Ho ammirazione per i deboli che sfidano i titani. Faranno altrettanto i colleghi de Il Foglio di Giuliano Ferrara, milioni di italiani e europei che non condividono la linea teutonica del rigore costi quel che costi. Ricordo la frase di un mitico allenatore della Sampdoria, Vujadin Boskov: «Rigore è, quando arbitro fischia». Ecco, la Germania non può essere l’arbitro dei nostri destini. Perché è un giocatore in campo. Può essere un partner, certo, ma solo se lavora a un progetto di crescita comune dell’Europa. Cosa che per ora non c’è. I giocatori della Grecia in campo domani sono la metafora del Paese povero, con una classe dirigente inetta, che ha bisogno di aiuto e fiducia, non di un programma di strangolamento per mezzo dello spread e dello swap. Ho grande rispetto per i tedeschi, la loro grandiosa musica e filosofia, ma mi preoccupa la loro tendenza ad allargarsi, il naturale dispotismo insito nel loro linguaggio. Hanno «fame di spazi», fa parte dello spirito tedesco e si manifesta a ondate nella storia. Devono essere fermati. Il calcio serve anche a questo. Forza Grecia. Mario Sechi, Il Tempo, 21 giugno 2012

………………..A differenza del direttore Sechi, noi non vedremo la partita. Non è necessario tifare, neppure metaforicamente, per la Grecia calcistica per manifestare alla Grecia Nazione  tutta la possibile solidarietà contro la Germania e i suoi arcigni e e di scarsa memoria dirigenti politici che l’azzannano come fa il cane con l’osso. Non è necessario confondere lo sport che è al di sopra e al di fuori delle controversie politiche, per sentirsi, come Kennedy  che  annunciò al mondo,  dinanzi alla Porta di Brendeburgo, simbolo della Berlino occupata dai comunisti, che tutti gli europei si sentivano berlinesi, che tutti gli europei oggi si sentono  greci,  contro lo strapotere di un nuovo revanscismo tedesco che s’erge sulle rovine dell’Europa, la stessa che meno di 70 anni fa versò il sangue di milioni di suoi figli per liberare la Germania dal nazismo e dalla oppressione di un  regime sanguinario e dispotico. Sono senza memoria la Merkel e i suoi compagni di governo che strangolano i popoli europei. Senza memoria e senza riconoscenza,  benchè figli una Nazione che ha dato al mondo  straordinarie testimonianze di cultura e di arte, tanto da farcela amare profondamente, costringendoci oggi a sentircene  orfani. Eppure la riconoscenza, benchè merce assai rara in politica e fra i popoli, proprio alla Germania non dovrebbe far difetto, inducendola a ben diversi e più cordiali approcci verso la Grecia e verso tuttti gli altri popoli europei, specie se si considera che talvolta la storia, nei corsi e ricorsi vichiani,  e la natura,  si prendono gioco anche dei più coriacei, punendoli, anche a distanza di tempo,  delle intemperanze o, come ora, delle teutoniche certezze di cui fa sfoggio la Merkel. La quale dovrebbe prendere esempio dalla vicina Ungheria che memore di dovergli la libertà,  ha eretto in una centralissima piazza di Budapest una statua Ronald Reagan, quasi a contatto di gomito con quella che ricorda Imre Nagy, il capo della rivolta del 1956, impiccato dai sovietici e riabilitato nel 1989. Mediti la Merkel e sappia che spesso è assai facile cadere  – precipitosamente – dall’altare nella polvere. g.

GRAZIE A FINI, UNA LEGGINA PER SALVARSI LA PAGA E’ L’ULTIMA FURBATA DELLA CASTA

Pubblicato il 10 giugno, 2012 in Il territorio, Notizie locali, Politica | No Comments »

Grazie a Fini, aumentano i deputati che possono essere assenti giustificati: così evitano i tagli alla diaria

Leggina per salvarsi la paga L’ultima furbata della Casta

Hanno tirato la cinghia sotto il pressing dei media e dell’opinione pubblica, ma a un certo punto non ce l’hanno più fatta. I deputati hanno chiesto e ottenuto dal presidente della Camera Gianfranco Fini un ammorbidimento delle regole che portano a togliere loro una quota della diaria (3.500 euro al mese) per ogni seduta di aula in cui  non partecipano ad almeno un terzo delle votazioni o per le sedute di commissione in cui non siano riusciti a fare rilevare la loro presenza (o attraverso la tessera digitale o firmando un registro). Lo sconto che il preside ha concesso alla sua scolaresca è stato approvato a metà marzo lontano dai riflettori, ma questa settimana è stato pubblicato nel bollettino sommario degli organi collegiali che riporta tutte le riunioni del collegio dei questori e dell’ufficio di presidenza della Camera dei deputati.

Proprio qui alla presenza di Fini è stato approvato questo sostanziale sconto ai monelli che bigiano scuola (anche chi preferisce non perdere tempo in lavori parlamentari spesso inconcludenti e dedicarsi alla propria e più redditizia professione). Con un mini regolamento sono state definite le cause di assenza che possono ogni mese essere giustificate dal collegio dei Questori. Le prime sono banali, e varrebbero per qualsiasi altro lavoratore: “si può ritenere giustificabili i deputati risultati assenti per ricovero ospedaliero ovvero per malattia certificata da un medico dell’azienda sanitaria locale di appartenenza o da una struttura sanitaria pubblica. Potrebbero altresì essere giustificati i deputati assenti per motivi di lutto di congiunti e, per un numero massimo di tre giorni al mese, per assenza ai familiari permanentemente invalidi”. Poi si passa al vero e proprio condono che salva le trattenute dei rimborsi della diaria: “Inoltre, tenendo conto di una esigenza rappresentata dai gruppi parlamentari, si propone di incrementare il numero dei deputati giustificabili da parte dei gruppi medesimi, in ragione della loro consistenza numerica”.

Cosa significa? Che i vari gruppi avevano un numero limitato di parlamentari nelle proprie fila che potevano essere giustificati a prescindere per le proprie assenze, percependo quindi la diaria anche se non partecipavano ai lavori. Di solito si tratta dei leader dei partiti politici: usano questo vantaggio Pierluigi Bersani, Angelino Alfano, Pierferdinando Casini e pochi altri importanti dirigenti di quei partiti. Ora la platea dei condonati si allarga, il suo numero non è stato rivelato (dicono per questioni di privacy che c’entra come il due di picche), e si sa solo che dipenderà dalla consistenza dei gruppi parlamentari. Questo significa che non saranno permesse 20 eccezioni per un gruppo che abbia 20 parlamentari, ma che saranno sicuramente di più nel Pd e nel Pdl. Fra le cause in cui l’assenza risulterebbe giustificata ci sono anche quelle della legge 104 del 1992, che regola i permessi e i congedi di lavoro. di Fosca Bincher, Libero, 10 giugno 2012

…………E dire che proprio ieri sera gli epigoni locali del peggior traditore della storia politica del secondo dopoguerra italiano,  avevano chiamato a raccolta le masse (sic!) per dare, in nome appunto del loro “capo”,  lezioni di moralità, di etica politica, di legalità (triplo sic), ai politici che,  a leggere il loro manifesto,  dovevano zittire per ascoltarli. Ad ascoltarli non c’erano i politici, salvo quelli – pochi anche questi – interessati a “comprare” a poco prezzo qualche decina di voti “posseduti” da   abituali faccendieri, abituati a cambiar partito come altri cambiano le mutande – una volta al giorno -  ma solo pochi “coscritti”, reclutati in virtù dell’immorale uso di dati sensibili utilizzati per “indurli” a  discutibili parate destinate a far da sfondo  a utopici  incoronamenti futuri di locali barbari sognanti che mai hanno pagato scotto per i loro intemerati cambi di casacca. A questi pochi però nessuno ha detto che il grande capo, sopra riportato in effigie,  dopo aver assicurato al proprio cognato  l’uso gratuito di una lussuosa dimora in quel di Montecarlo, sottraendola ai beni del partito che fu,  ha anche l’altro ieri concesso uleriori benefici ai suoi colleghi deputati, compreso l’applicazione anche per loro dei benefici della legge 104 del 1992, quella che consente ai parenti di disabili di usufruire di tre giorni al mese di  assenze  retribuite dal posto di lavoro, come se i deputati  non potessero permettersi con quel pò pò  che guadagno una badante per i loro cari, recandosi, loro, a svolgere le mansioni a cui sono stati eletti e per le quali percepiscono stipendi da nababbi.  Questo, ovviamente, s’è dimenticato di stigmatizzatore il loquace – alle spalle! – fustigatore degli altrui doverosi e inderogabili rilievi di accertati illeciti. Il che ci fa supporre che è pronto a compierne…. g.

SE SI VOTA AD OTTOBRE PER IL CENTRODESTRA SI PREVEDE UNA CATASTROFE, PEGGIO SE SI VOTA AD APRILE DEL 2013, CONTINUANDO A SOSTENERE MONTI

Pubblicato il 9 giugno, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

L'incubo del voto a ottobre Vince il Pd, Grillo secondo

Se si votasse oggi 234 deputati attualmente in Parlamento si aggiungerebbero all’esercito degli «esodati». Nessuno di loro – la maggiore parte vincitore delle elezioni 2008 – avrebbe la possibilità di tornare a Montecitorio. Il grande ribaltone è certificato dall’applicazione della legge elettorale esistente al più fresco dei sondaggi politici sfornato dalla Swg il 7 giugno scorso (su www.sondaggipoliticoelettorali.it). Se sono veritiere le intenzioni di voto degli italiani, oggi vincerebbe la coalizione della foto di Vasto (Pd+Idv+Sel) e si prenderebbe una sonora bastonata una eventuale coalizione di centrodestra (Pdl+Lega+La Destra). Ce la farebbe a superare – sia pure di poco – la soglia del 10 per cento la coalizione del Terzo Polo (Udc-Fli-Api). Arriverebbe infine al 20 per cento il movimento 5 stelle di Beppe Grillo, che in un solo colpo sarebbe il leader dell’opposizione parlamentare. Non ci sarebbero dubbi sulla vittoria della coalizione di Vasto, perché le distanze fra loro e i secondi sono talmente ampie da risultare incolmabili.  Ma il Parlamento risulterebbe assai più frazionato di quel che avvenne nel 2008.

Voti ridotti All’epoca chi vinse le elezioni (Silvio Berlusconi) ebbe bisogno di un premio di maggioranza di 53 seggi per arrivare ai 340 assegnati al vincitore secondo quanto previsto dal Porcellum, la legge elettorale in vigore. Oggi la differenza fra primo e secondo sarebbe molto più ampia di allora, ma i voti del vincitore assai più ridotti: ad un eventuale Pierluigi Bersani vincitore servirebbe un premio di maggioranza di 85 deputati per arrivare alla stessa necessaria quota di 340 deputati. Sia Pd che Pdl dovrebbero fare i conti con l’effetto del massiccio ingresso di grillini in Parlamento. I primi vincendo meno bene di quel che prevedevano, i secondi avviandosi a una marginalità parlamentare che mai si sarebbero immaginati. Se si votasse oggi infatti il Pd prenderebbe 213 seggi, che sono appena otto in più degli attuali (205), 14 in più se non si considera la piccola (6 deputati) pattuglia dei radicali, che questa volta avrebbero tutta la convenienza di associarsi al trio di Vasto come partito aggiunto alla coalizione (otterrebbe così 15 seggi, 9 in più degli attuali). Per restare ai vincitori il vero affare lo farebbero gli altri due partiti della foto di Vasto. Antonio Di Pietro raggiungerebbe 56 seggi, 35 più di quelli oggi alla Camera (dopo alcuni cambi di casacca dei suoi). Stessi seggi per Nichi Vendola e i suoi, che entrerebbero in Parlamento per la prima volta. Sia Idv che Sel dunque sarebbero determinanti per la maggioranza di sinistra: per fare cadere il governo basterebbe che poco più della metà di uno solo dei loro gruppi si impuntasse su un no a una decisione di politica economica, di politica estera o sulla giustizia.

Situazione difficile per chi vince dunque perfino più di quel che capitò a Romano Prodi nel 1996 e nel 2006, ma situazione davvero tragica per gli ex vincitori del 2008. Perderebbero tutti, sia quelli che sono rimasti nel centrodestra che quelli finiti nel Terzo Polo. Ma ad essere travolto un po’ dalle urne un po’ dal contrappasso di quella legge elettorale che si era inventato nel 2005 sarà soprattutto il Pdl. Al momento conquisterebbe 80 seggi alla Camera, perché con l’arrivo di Grillo sarebbe molto affollata la platea dei perdenti destinata a dividersi 278 seggi. Ottanta seggi sono 130 in meno di quelli oggi del gruppo Pdl a Montecitorio. Ma sono 151 in meno se si considera anche il gruppo di Popolo e Territorio che in parte viene dal Pdl in parte pretenderà di essere candidato in quelle fila.

Pdl sconfitto Che torni al comando Silvio Berlusconi o resti alla guida Angelino Alfano, cambia poco: nessuno di loro due sarà nemmeno il leader dell’opposizione. Carica che spetterà invece a Beppe Grillo o a uno dei suoi Pizzarotti portati in parlamento: secondo le attuali previsioni sarebbero in 104.  Il particolare non è di poco conto, perché senza quel ruolo il Pdl rischierebbe di essere nella posizione più irrilevante che il centrodestra abbia mai avuto dal 1994: il governo sarebbe in mano alla sinistra e l’opposizione sarebbe in parte interna allo stesso esecutivo (Vendola e Di Pietro), in gran parte monopolizzata da Grillo. Inevitabile la marginalizzazione fino a rischiare la scomparsa dalla scena politica. Stesso discorso per il Terzo Polo, che ha annunciato di sciogliersi senza però ricollocarsi in alcun altro posto (quindi resta ancora in piedi). Pochi danni per l’Udc di Pierferdinando Casini: 35 seggi, 3 meno di oggi. Ai minimi termini Gianfranco Fini: 16 seggi, dieci meno di oggi. Scomparso Francesco Rutelli. di Franco Bechis, Libero, 9 giugno 2012

.………….Per il centrodestra e il PDL che ne innalza la bandiera si preannuncia una catastrofe di proporzioni enormi, tale da marginalizzare il centrodestra per decenni a venire. E mentre gli unni sono alle porte, ancora nel partito che appena nel 2008, 4 anni fa, non 4 secoli addietro,  conquistava il voto della maggioranza degli italiani, si continua a cincischiare, peggio a scimmiottare  la sinistra, convocando le “primarie” per scegliere il candidato premier, invece di fare ciò che i suoi elettori chedono a gran voce: buttare in aria il governo dei tecnici che si sono rivelati per un verso tanti dilettanti allo sbaraglio e per altro verso tanti  mussolini in miniatura,  solo impegnati a fare in prima persona ciò che per decenni avevano fatto dietro le quinte del potere ufficiale: farsi i c..zi propri. Ora, a spegnere gli entusiasmi più o meno fasulli del gruppo dirigente del PDL arriva questo sondaggio schock che fa giustizia di tutte le sciocchezze che negli ultimi giorni hanno invaso i giornali, quelli nemici e anche quelli amici, ora trattati da nemici, ad opera dello stesso Berlusconi e poi di Alfano e di tutti gli altri, talmente inebetiti da non rendersi conto della ghigliottina politica che li attende appena dietro l’angolo del tempo che inesorabile cammina. Ultimo in ordine  di tempo, il commento di Alfano al colpo di mano di Monti che, come ha detto Di Pietro (cosa ci tocca fare…citare Di Pietro!), ha al posto del cervello le Banche, e quindi ha nominato presidente della Rai la vicegovernatrice della Banca d’Italia, un’altra lady di ferro!: ha detto Alfano che va benissimo…. . E la politica, e il Parlamento….? ancora una volta sono stati messi in naftalina, a fare la guardia al bidone vuoto della benzina… . compito del quale saranno incaricati proprio coloro i quali ora per conservarsi qualche mese in più di stipendio parlamentare consentono che la democrazia e il Parlamento restino commissariati. In attesa che gli elettori a loro li  mandino in pensione. g.

SISMA, COME PREVISTO AUMENTA L’ACCISE SULLA BENZINA.

Pubblicato il 30 maggio, 2012 in Il territorio | No Comments »

Per sostenere i danni del sisma in Emilia, il Consiglio dei ministri ha deciso di estendere lo stato d’emergenza e aumentare di due centesimi le accise sui carburanti.

Alla fine del Cdm il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha promesso “interventi immediati”. Per sostenere la ricostruzione, oltre all’aumento delle accise, saranno stanziati i fondi recuperati grazie all’applicazione della spending review (la revisione della spesa pubblica). Disposta anche la deroga del Patto di stabilità, entro un limite definito per i Comuni, delle spese per la ricostruzione e il rinvio dei versamenti fiscali e contributivi a settembre.

…………….Tutto come previsto. Il governo dei tencici e degli innovatori non ha saputo fare altro che aumentare l’accise sulla benzina per finanziare la copertura dei danni provocati dal terremoto in Emilia. Qui la terra trema ancora, sono salite a 17 le vittime del terremoto, i magistrati aprono ibnchieste a posteirori alla ricerca del capro espiatorio di una politica del territorio che ha invece nei vertici politici e burocratici i veri responsabili della trasandata politica di tutela e di prevenzione. E intanto si trona a torchiare i soliti noti, con la burla che sa di sfottimento secondo cui ai danni si farà fronte con quanto si ricaverà (chissà quando) dall’applicazione (chissà quando)  del cosiddetto spendig review, terminologia in lingua inglese così nessuno sa cos’è e che   vuol  dire 2revisione della spesa pubblica”…infatti Napolitano dall’alto dei 248 milioni di euro l’anno e dei duemila dipendenti del Quirinale che nessuno sa cosa fanno, vuole per forza che si faccia la parata del 2 giugno (l’ultima del suo settennato),  però “sobria” spendendo soldi che ben potrebberoessere dirottati a favore delle terre e delle popolazioni colpite dal sisma. Parole, parole, parole…..g

IL CENTRODESTRA FORSE C’E’. MA SERVE QUALCHE IDEA, di Gennaro Malgieri

Pubblicato il 28 maggio, 2012 in Il territorio | No Comments »

Grande è la confusione sotto i cieli della politica, ma nel Pdl il casino è totale. Formattatori, demolitori, azzeratori, rottamatori, seniores affaticati ma con l’ambizione di essere i ricostruttori: tutti contro tutti. Fanno appello al popolo, si schierano contro l’apparato, mettono in croce chiunque, ma paradossalmente non muovono un solo addebito a Berlusconi; si scandalizzano per le veline catapultate in politica e per una Minetti diventata consigliera regionale come se al Pirellone l’avesse inviata una forza misteriosa; vogliono le “primarie delle idee”, ma si guardano bene dall’avanzarne almeno una, al di là della solita litania dei valori non declinati e dei programmi neppure abbozzati. La mitizzazione dei social network è l’orizzonte a cui sembrano votarsi, immaginando che la politica delle parole anzi dei twitt sia il frammentato avvenire verso cui tendere, come una primavera araba qualsiasi. È il neo-populismo degli adepti del web del centrodestra.
</DC>Se questa è la reazione delle forze nuove del Pdl alla disfatta politica e culturale, prima che elettorale, c’è poco da stare allegri. Non vedo come si possa ritrovare una strada se non si sa dove si vuole andare. E, francamente, non ho capito l’estemporaneo movimentismo di chi si è messo in testa di smuovere le acque stagnanti del partito berlusconiano soltanto agitando qualche slogan, facendo la faccia brutta, cavalcando il disgusto generato (non certo da un mese a questa parte) da una pratica partitica che ha seguito rituali ammuffiti fino a proiettare nell’empireo politico, come è stato detto in una delle assemblee dei giorni scorsi, le Minetti e gli Scilipoti.
Ma il giovanilismo, da cui pure il segretario del Pdl, Angelino Alfano, pare essere stato contagiato, al di là delle ovvie incazzature, è capace di produrre qualcosa su cui vale la pena riflettere oppure il suo scopo è quello di mettere alla porta i “vecchi” del partito, esautorarli insomma – tutti, ma proprio tutti – e prenderne i posti per assicurargli un più fulgido avvenire? Si discuterà a lungo di tutto ciò e non è detto senza costrutto. Ma per adesso l’impressione che si ricava da tanta “ammuina” è il non trascurabile disagio di quanti, giovani e meno giovani, hanno visto spegnersi negli ultimi quattro anni la prospettiva del cambiamento che il “partito unico” prometteva e non si sono minimamente curati – e questa verità è incontestabile – di avanzare riserve sulla deriva impolitica che il Pdl stava raggiungendo a rapidi passi fino alla débâcle di questo maggio crudele.
Inutile ribadire ciò di cui necessitava il soggetto politico intorno al quale ruotava il centrodestra: non vorrei passare per noioso ripetitore di avvisi ai naviganti sempre caduti nel vuoto. Ma soltanto ricordare agli agitati di oggi, che non si agitavano ieri quando si organizzavano i casting per le candidature e le igieniste dentali venivano inserite nei listini bloccati senza aver mai distribuito in precedenza neppure un volantino, che la buona politica si costruisce con le idee e non con i meccani elettorali di cui il Pdl ha fatto un uso smodato all’epoca delle vacche grasse, dimagrite all’improvviso.
C’era bisogno che esplodesse il vulcano della politica perché si rimettesse in circolazione un grande disegno come la Repubblica presidenziale, in un contesto di integrale rinnovamento delle istituzioni? O forse non sarebbe stato meglio rilanciarla a tempo debito e, indipendentemente dall’esito immediato, costruire attorno ad essa una mobilitazione tale da scuotere gli italiani ed offrire al centrodestra una buona occasione per guidare il fronte dei riformatori, al di là della destra e della sinistra?
Occorre ripensare tutto quello che poteva essere fatto e non è stato fatto, insomma. Ripartire dalle idee e da una nuova classe dirigente da costruire sul territorio (non necessariamente formata da imberbi volenterosi tuttavia); nobilitare l’impegno attraverso la militanza (non sarà molto trendy, ma è comunque indispensabile); giovarsi dell’apporto intellettuale di studiosi trascurati perché non ritenuti funzionali al collage di mode e tendenze da assecondare secondo i canoni televisivi o più generalmente del glamour tipico dello star system. E, naturalmente, tornare tra la gente, consumare le suole delle scarpe, organizzare un movimento di presenza attiva laddove il disagio è più forte. Ecco, alcune delle cose da fare. Subito. Con passione e intelligenza. Non credo che comunque il Pdl possa rinascere, ma almeno si può nutrire la speranza che il centrodestra, strutturandosi diversamente, non muoia. O almeno non si trasformi in un’indistinta marmellata chiamata “mondo dei moderati”. Una roba da brivido. Gennaro Malgieri, Il Tempo, 28 maggio 2012

..………….Malgieri è un vecchio militante di partito, più esattamente   del Msi, è giornalista ed ha diretto Il Secolo d’Italia,il quotidiano missino,  ora è parlamentare del PDL,  eletto in Campania. Se non ne conoscessimo la antica sua militanza, potremmo dubitare della sua buona fede e pensare che egli fa come gli altri, come quelli che fanno finta di voler cambiare  tutto e in verità non vogliono cambiare nulla. Invece Malgieri descrive senza veli la situazione del centrodestra che di c’è, c’è, ma dov’è,  nessuno lo sa. E’ nel PDL, di certo, ma il PDL conserva qualcosa di destra o non si è trasformato in qualcosa nel quale gli elettori di centrodestrra, che sono la maggioranza nel nostro Paese, da sempre!,  non si riconoscono più? In questi mesi non abbiamo nascosto la nostra delusione per un partito che ha abbandonato le postazioni conquistate per inseguire obiettivi che la stragrande maggioranza dei suoi elettori non condivide.Come può un partito che è espressione di chi lo vota non tener conto della opinione dei suoi elettori, non rispettare i loro sentimenti, non modificare il suo percorso ritornando ad essere il partito di centrodestra che in quanto tale fu scelto nel 2008,  e prima ancora, da milioni di elettori ed elettrici, di ogni ceto sociale, di ogni condizione intellettuale, donne, uomini, giovani, tanti giovani, raccoltisi intorno a valori ed ideali in nome dei quali hanno compiuto scelte talvolta difficili,talvolta ampiamente controcorrente, talvolta anche pericolose? Eppure il PDL ha fatto tutto questo e la sua classe dirigente , ad ogni livello, si muove come se ancora fosse valido il leti motiv secondo il quale sul territorio si può essere latitanti perchè tanto è Berlusocni che prende i voti. Ora Berlusconi,  che rimane di certo un riferimento nonostante i suoi tanti errori (per i peccati ci sono altri luoghi dove parlarne..) non è più in grado di raccogliere quel vasto consenso che lo ha cirondato per 18 anni, dal 1994 in avanti. Ora il rapporto personale tra Berlusconi e l’elettorato di centrodestra si è inceppato, ora avrebbe dovuto prenderne il posto il partito, sostituendosi nell’azione e nella proposta allo stesso Berlusconi. Proprio ora invece si delinea un partito debole se non inesistente, un contenitore vuoto incapace di essere tramite con gli elettori, un organismo che nella recente quanto  falsa stagione congressuale ha mutuato antichi rituali coniugati però con la pretesa di mantenere inalterati i ruoli conquistati antecongressi. Così si è dato vita soltanto a una finzione che alla prima prova elettorale ha fatto fiasco. Come ampiamente svuotati di significato appaiono recenti iniziative che benchè ascrivibili da sempre, come ricorda Malgieri, nel dna del centrodestra, come la Repubblica presidenziale (senza dimenticare che prima ancora del MSI almirantiano ci fu un “certo” Randolfo Pacciardi, partigiano, repubblicano e fondatore del movimento Nuova Repubblica ad innalzare negli anni 70 del secolo scorso  il vessillo della riforma costituzionale in  forma presidenziale)  li si propone ora sullo spirare di una legislatura che nata col vento in poppa del centrodestra, sta per morire con un centrodestra agonizzante. Nè sono rassicuranti le uscite del segretario pdiellino Alfano che per inseguire i “rottamatori” (nanche nella terminologia si  riesce nel centrodestra  ad essere innovatori e inventivi, dovendo scopiazzare termini in uso a sinistra) promette che si faranno le primarie  non per scegliere i candidati, ma per  scegliere le posizioni in lista di candidati scelti da altri,  cosicchè dando per scontato – ennesima burla per gli elettori di ogni colore – che la legge elettorale non si cambierà e si voterà con le liste bloccate, con  gli eletti  determinati non dal loro valore ma dalla posizione loro assegnata in lista. Magari preferendo nelle posizioni di testa i detentori del potere di partito, conquistato con congressi dove gli iscritti- votanti sono stati trasportati con torpedoni. Di questo passo al centrodestra che forse c’è,  non servirannio solo le idee che non ci sono ma anche dei veri e propri kamikaze per i quali il voto al centrodestra somiglierà ad un suicidio. Che nessuno onorerà! g.

ORA O MAI PIU’, IL NUOVO O IL NULLA, l’anmmonimento di Marcello Veneziani

Pubblicato il 25 maggio, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Giustamente, saggiamente il popolo del centro-destra ha saltato il giro, si è ritirato dal voto. Ora che la Lega si accascia, la destra si sfascia, il Terzo Polo s’affloscia, il Pdl s’ammoscia, B.

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cade nel burlesque, Bossi-Fini nel pirlesque, è il momento giusto, tragico e perfetto, per far nascere un’Altra Storia.

Un movimento rigoroso e forte, duttile ai fianchi ma duro al centro, onesto e animato da passione civile, etica e ideale, un amor patrio di quelli che non odorano di stucco e rimmel, ma vero e severo, che fa tornare il gusto della politica.

Stavolta non si lascia il monopolio dell’etica alla retorica faziosa della sinistra, non si lascia l’esclusiva della sobrietà ai tecnici, non si lascia ai giudici stabilire l’onestà,non si lascia la rabbia popolare ai grillini. Si fa sul serio. Si chiamano i migliori, si usano i tecnici per raddrizzar la barca ma senza dar loro il comando: devono risponderne, e non alle banche o ai poteri esteri.

Il primo atto è la selezione, la cerca dei dieci, e dai dieci dei cento e dai cento dei mille, per costituire una nuova élite, con fresche energie, scegliendo il meglio che c’è nel Paese; il minimo indispensabile tra chi c’era prima, gli altri a casa o in fila senza priorità d’imbarco.

Che vale dirlo se non hai nomi né voce in capitolo, è utopia. Sì, avete ragione, ma l’alternativa qual è? Fingere che nulla sia accaduto, assistere inermi alla scomparsa, affondare indecorosamente per non cambiare ispirazione e squadra? C’è un’estate intera per fondare il nuovo o finire nel nulla. Marcello Veneziani, 23 maggio 2012

………………Non è utopia, è ciò che s’ha da fare. Sebbene, parafrasando Rossini, va detto che spesso “il nuovo non è bello e il bello non è nuovo”. Ma con un pò di fortuna e di audacia si può tentare di smentire Rossini e fare in modo che il nuovo sia bello, almeno migliore del passato e, sopratutto, del presente.g

IL DIRETTORE DI LIBERO LANCIA UN SONDAGGIO SUL PDL: DIMETTETEVI TUTTI. ECCO IL PRIMO RIULTATO

Pubblicato il 23 maggio, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Dopo la batosta alle amministrative nessuno nel partito si prende le sue responsabilità. Secondo il direttore di Libero è ora di rivoluzionare il movimento. Siete d’accordo?

Belpietro al Pdl: "Dimettetevi tutti"

Sì, dimettetevi tutti

89%

No, non è tutto da buttare

11%