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IL GOVENRO DEI TECNICI STA DIVENENDO IL PROBLEMA DELL’ITALIA, di Mario Sechi

Pubblicato il 24 gennaio, 2012 in Il territorio | No Comments »

Mario Monti è stato chiamato a Palazzo Chigi per mettere al sicuro i conti pubblici, battere il partito dello spread e lasciare che la democrazia poi torni a fare il suo corso. Figlio di uno «stato d’eccezione», il governo «strano» (Monti dixit) ha allargato i suoi orizzonti occupandosi di tutto senza curarsi troppo del Parlamento. Scelta legittima, ma singolare per un esecutivo che si presenta come «di scopo», con una missione precisa e un limite che non deve dimenticare: non è stato eletto. Ho sostenuto la necessità del governo di transizione, l’ineluttabilità della scelta di Monti, il dovere di farlo governare fino alla fine della legislatura. Ma attenzione, non a qualsiasi condizione e soprattutto con lo sguardo rivolto al programma, alla sua utilità per il Paese. Quando Monti ha varato la prima parte della manovra «salva Italia» ho messo in evidenza la recessività di un’operazione tutta tasse e imposte, ma l’ho considerata inevitabile in quel contesto. Poi è arrivato il decreto sulle liberalizzazioni e, francamente, è una delusione. Hanno la possibilità di rifarsi. Ma la realtà è che la prospettiva del governo è di breve periodo (si vota nel 2013) e rischia di inchiodare un Paese alle corte vedute di Palazzo Chigi. Il fatto che Monti e i suoi ministri non abbiano una prospettiva politica – cosa che in realtà hanno e soprattutto cercano – non può mettere l’Italia nella condizione di uno Stato a potenzialità limitata. Un esempio per chiarire subito cosa intendo: Roma è candidata alle Olimpiadi del 2020. Una sfida globale e un obiettivo degno di una grande potenza qual è l’Italia. Bene, ieri abbiamo appreso che il governo avrebbe delle perplessità e punterebbe a far correre la Capitale per quelle del 2024. Mi chiedo: ma Monti davvero pensa questo? Realmente ragiona su un’Italia incapace di partecipare alla sfida? Immagina seriamente che la terza economia d’Europa possa gettare la spugna facendo finta di rilanciare? Se è così, mi dispiace, ma il governo dei tecnici comincia a essere non la soluzione, ma il problema.

L’Italia ha bisogno di una rigorosa manutenzione del bilancio – cosa già avviata dal governo Berlusconi con Tremonti – ma ancor di più ha una disperata necessità di credere in qualcosa, darsi una missione ed essere protagonista nel mondo. L’Italia deve crescere nel Pil e nello spirito. Se il governo riduce l’esistenza di una nazione alla lettera di Bruxelles, allora qualcosa non torna. Se la Capitale deve essere mortificata con un getto della spugna perché un esecutivo di professori non solleva gli occhi dal pallottoliere e dimentica di tenere alta la nostra bandiera, allora i professori non stanno sopra ma sotto la cattedra. I benpensanti dicono: ci sono altre priorità. Benissimo. Ma non siamo soli nell’universo. Londra, che quest’anno ospiterà i Giochi Olimpici, ha attraversato una crisi economica terribile, ha avuto il Paese messo a ferro e fuoco dalle proteste, ha visto un paio di crac bancari risolti con nazionalizzazioni mascherate, dal 2008 la City vive la drammatica trasformazione del capitalismo di cui è il centro finanziario mondiale. Ma Londra non ha mai esitato un minuto ed è pronta all’appuntamento con le Olimpiadi. Dio ha salvato la Regina, non so se avrà tempo per salvare i tecnici.  Mario Sechi,  Il  Tempo,4/01/2012

.………..Ci stupiva il fatto che  Sechi avesse sposato il govenro dei tecnici, sostenendolo senza condizioni. Ci stupiva e un pò ci preoccupava, nel senso che ci domandavamo cosa si nascondesse  sotto la repentina disponibilità di Sechi a sostenere un governo che quasi tutta la stampa di centrodestra, e tutti i variegati siti web dello stesso orientamento, apertamente osteggiavano, ovviamente insieme a tanta parte della classe dirigente del partito di riferimento che, lo sanno tutti, masticano amaro per la scelta voluta da Berlusconi e sposata da Alfano. Non nascondiamo che avevamo pensato cose non positive, secondo il vecchio ma sempre valido concetto andreottiano secondo il quale a pensar male si fa peccato ma talvolta, anzi spesso la si azzecca. Questa volta non è stato così, nel senso che a pensar male abbiamo fatto peccato, si,  ma non l’abbiamo, fotunatamente, azzeccata. Questo ediroriale di Sechi ne è la prova. Nel monento in cui Monti e il suo governo hanno mostrato tutti i loro limiti, Sechi non ci ha messo un secondo a denuciarlo e a dire che “il governo dei tecnici non è la soluzione, ma il problema”. Bentornato fra noi, Sechi. g.

ECCO LA CRICCA DI CARTA CHE “PROTEGGE” NIKI VENDOLA, di Carlo Vupio

Pubblicato il 23 gennaio, 2012 in Costume, Il territorio | No Comments »

Caro direttore, il vostro articolo che denunciava la «cricca di Vendola», è solo uno dei tanti «incroci pericolosi» che vedono protagonista il governatore pugliese.

Nichi Vendola

Nichi Vendola
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A me è capitato diverse volte, mio malgrado, di finire al centro di questo incrocio. Due vicende esemplari aiuteranno a capire meglio.

La prima. Per il mio giornale, il Corriere della Sera , scrivo che la giunta Vendola incarica un consorzio guidato dal gruppo Marcegaglia di realizzare in Puglia alcune discariche, tra le quali una a ridosso di un sito neolitico. Non vengo querelato, né smentito. Ma quando sul litorale di Brindisi viene trovata una finta bomba con un messaggio di protesta per un depuratore non realizzato, Vendola coglie al balzo l’occasione e a reti (Rai) unificate pronuncia una «fatwa » gravissima: dice in sostanza che il mandante morale di quella bomba sono io. Lo querelo. Ma passano due anni e mezzo e non succede nulla. Presento un esposto alla procura generale di Bari, chiedendo che, come vuole la legge, il caso venga avocato dal procuratore generale a causa dell’inerzia nell’esercizio dell’azione penale da parte del pm a cui era stato assegnato.

Improvvisamente, quel pm si fa vivo, tira fuori dal cassetto la querela e dice che deve astenersi perché lei (è una signora) è molto amica di Vendola. Il pm è Romana Pirrelli in Carofiglio (pm anch’egli e senatore Pd). La vicenda finisce dunque sulla scrivania del procuratore capo, Emilio Marzano (ora in pensione, di area Ds), il quale chiede l’archiviazione (ma va?) con una motivazione a dir poco fantastica: «È vero che Vendola ha gravemente diffamato Vulpio dice il procuratore – ma Vulpio lo ha provocato». Sì, hai capito bene, pur non avendo ricevuto querele e smentite, il mio diritto di cronaca e di critica garantito dalla Costituzione è diventato «provocazione». La seconda vicenda si svolge nel pieno dell’inchiesta sui disastri della Sanità pugliese. A Vendola non erano piaciute le cose che avevo scritto sull’argomento.Ma poiché erano cose vere non ha potuto querelarmi, né smentirmi. E allora, interrogato dal pm Desireé Digeronimo, mi tira in ballo senza ragione e con un livore senza eguali, e nonostante sappia bene che sono incensurato, mi definisce «noto diffamatore professionale». L’atto giudiziario viene pubblicato da quasi tutti i giornali e finisce su tutti i siti web. Questa volta, oltre a querelarlo, poiché pure lui è un giornalista, lo deferisco anche all’Ordine dei giornalisti della Puglia.

Sì, lo stesso di cui parlate nel vostro articolo, proprio quello presieduto dalla moglie del capo di gabinetto di Vendola.L’Ordine,esaminati gli atti, archivia. Avrebbe fatto lo stesso a parti invertite, se fossi stato io a definire Vendola «noto diffamatore professionale »? Ah, saperlo… In ogni caso, c’è sempre la querela. Di cui si occupa il procuratore aggiunto di Bari, Annamaria Tosto. La quale chiede l’archiviazione con un’altra,meravigliosa motivazione: sostiene, la pm, che le parole di Vendola non possono considerarsi diffamatorie, poiché il sottoscritto ha subito molti procedimenti per diffamazione (che poi non sia mai stato condannato, è per la pm un dettaglio), dando così a Vendola «licenza di uccidere» con tutte le parole che vuole. Adesso, attendo la pronuncia della Camera di consiglio sulla mia opposizione all’archiviazione.

Intanto, tacciono tutti. Dai «paladini » della libertà di stampa e di espressione alle ronde anti-bavaglio, dall’Ordine dei giornalisti nazionale alla Federazione nazionale della stampa, il cui presidente, Roberto Natali, ha recentemente fatto passerella accanto a Vendola, elogiando i giornalisti che ne elogiano le gesta: l’ Istituto Luce , al confronto, è il New York Times . Carlo Vupio, Il Giornale 23 gennaio 2012

FUORI UNO, MA NON BASTA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 11 gennaio, 2012 in Il territorio | No Comments »

Due mesi di governo Monti dimostrano tre cose: non è vero che i go­verni tecnici offrono garanzie etiche e di tra­sparenza superiori a quelli politici; non è vero che l’attacco speculativo all’Italia era colpa della debolezza del governo Berlu­sconi; è vero che i governi tecnici si pos­sono permettere di fare i forti coi deboli e i de­boli con i forti

Questo governo dei tecnici, per parafrasare la dichiarazione di Monti sui politici, fa un po’ pena. Altro che superuomini. Dopo poche settimane di vita il premier professore perde per dimissioni un pezzo, il sottosegretario Carlo Malinconico, travolto dallo scandalo delle vacanze di lusso pagate da imprenditori chiacchierati. E a fatica, per ora, gestisce il caso del ministro Patroni Griffi, quello che ha comperato a prezzi stracciati (1.500 euro al metro) una casa in centro vista Colosseo grazie all’ aiuto, guarda caso, dello stesso Malinconico e a una perizia che, cosa rara a Roma, dichiarò l’edificio a rischio sismico.

Siamo stati noi de Il Giornale i primi a chiedere, due giorni fa, il passo indietro del sottosegretario. Ci compiaciamo che sia successo, ma questo non cambia di molto il giudizio complessivo. Questo governo infatti non ha solo il problema delle disgrazie dei suoi membri che stridono con l’arroganza e la spocchia moralista che ha accompagnato la sua nascita. Vacilla perché nonostante i proclami non sta portando alcun beneficio. Anzi. Ha aumentato le tasse ma lo spread è rimasto a livelli da record. Ha permesso alle banche di lucrare sui fondi europei che erano stati erogati per finanziare imprese e famiglie ma vuole azzerare per decreto il tesoretto di taxisti e farmacisti. Anche i mercati internazionali stanno perdendo la pazienza. Ieri l’agenzia Fitch ha annunciato un possibile, ulteriore taglio del rating dell’Italia. Una bocciatura che avrebbe effetti economici gravi e che non potrebbe non avere conseguenze politiche serie.

Questi due mesi di governo Monti dimostrano tre cose. La prima: non è vero che i governi tecnici offrono garanzie etiche e di trasparenza superiori a quelli politici. Secondo: non è vero che l’attacco speculativo all’Italia era colpa della debolezza del governo Berlusconi. Terzo: è vero che i governi tecnici si possono permettere di fare i forti coi deboli e i deboli con i forti. Morale. Forse è meglio ripensare a quella cambiale in bianco consegnata al professor Monti su richiesta del presidente Napolitano. Nel Pdl si era detto: firmiamo per senso di responsabilità. Visto come stanno andando le cose forse è meglio valutare se ritirarla, la cambiale, perché non si salverà l’Italia se prima non si salvano gli Italiani. Pdl e Lega possono farlo, caso Cosentino permettendo. Avanti così e le urne potrebbero essere meno lontane di quello che sembra. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 11 gennaio 2012

TAGLIARE GLI STIPENDI AI POLITICI? E’ COME ANDARE SU MARTE.

Pubblicato il 3 gennaio, 2012 in Costume, Il territorio, Politica | No Comments »

La Commissione incaricata di indicare i tagli da fare: dati insufficienti a capire come tagliare i costi della politica. Insomma di tagliare gli stipendi dei parlamentari non se ne parla per ora, salvo che Fini e Schifani non mantengano le loro promesse e entro gennaio procedano comunque ai tagli. Vedremo!

La domanda è semplice: si possono tagliare gli stipendi dei parlamentari italiani? La risposta non lo è altrettanto. Secondo Enrico Giovannini, presidente Istat, che guida la Commissione incaricata di valutare la questione, il problema è che sì, i nostri deputati e senatori guadagnano più dei loro colleghi europei.

Ma se in termini di stipendio i nostri politici sono “più costosi”, a rendere più difficile il confronto è il fatto che ad abbassare i costi della politica nostrana sono il numero minore di assistenti, i portaborse e le minori spese aggiuntive.

A denunciare la situazione è il rapporto pubblicato sul sito della Funzione pubblica. Impossibile mettere a paragone la nostra situazione e quella degli altri Paesi dell’Eurozona. Difficile anche il lavoro della Commissione incaricata di occuparsi della questione, istituita già dal governo Berlusconi, che denuncia il troppo poco tempo a disposizione per giungere a un verdetto, che era atteso entro il 31 dicembre.

Qualche dato? L’indennità parlamentare per i deputati in Italia è di 11.283 euro, contro i 7.100 della Francia, gli 8.500 dei Paesi Bassi e i 2.813 della Spagna. E se le cifre in Italia sono già alte, all’indennità si deve aggiungere una diaria da 3.500 euro. Ma se le cifre italiane sembrano sproporzionate, è anche vero che non tengono conto delle minori spese accessorie.

In Italia ogni mese i deputati spendono in spese di segreteria e rappresentanza circa 3.690 euro, una cifra sensibilmente inferiore ai 9.100 che i francesi spendono per i collaboratori.

La camera dei deputati

Diversa la situazione in Austria e Germania. Nel primo caso i portaborse sono dipendenti della Camera, mentre nel secondo vengono pagati dal Parlamento, per un totale di 14.700 euro.

Non solo: ai politici di casa nostra vanno anche 1.331,7 euro per i trasporti, nonostante la possibilità di viaggiare gratis su treni, autostrade, navi e aerei, 258,2 euro per le spese telefoniche e 41,7 euro per la dotazione informatica. Molto diversa la situazione francese. I politici d’oltralpe percepiscono 6.412 per le spese di rappresentanza, ma non prendono nessuna diaria, che gli permetta di pagarsi un affitto nella capitale. Hanno però la possibilità di accedere ad alloggi a tariffe agevolate. Inoltre non hanno nessun rimborso per i trasporti, bensì un carnet di biglietti che gli consentono 40 viaggi da Parigi al proprio collegio d’appartenenza e una carta ferroviaria con sconti ulteriori.

E ad essere sproporzionato rispetto alla media europea è anche il vitalizio che ogni parlamentare riceve dopo cinque anni di mandato, ora sostituito dalla pensione con metodo contributivo, pari a 2.486 euro al mese. Per lo stesso periodo in Francia vengono corrisposti ai parlamentari 780 euro con un versamento del 10,5% dell’indennità legislativa.Ma la Commissione denuncia: “I dati raccolti sono del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una utilizzazione ai fini indicati dalla legge“. Ovvero insufficienti perché si possa capire se, come e dove tagliare i costi della politica. Non è bastato “l’impegno profuso“, soprattutto “tenendo conto dell’estrema delicatezza del compito ad essa affidato, nonchè delle attese dell’opinione pubblica sui suoi risultati“, che non ha messo la Commissione “in condizione di effettuare il calcolo di nessuna delle medie di riferimento con l’accuratezza richiesta dalla normativa“. Andrea Cortellari, Il Giuornale, 3 gennaio 2012

……..E voilà! Per tagliare le pensioni, imporre le tasse, aumentare la benzina, e tutti gli altri aumenti che sono già scattati  da ieri l’altro senza nessuna preoccupazione per milioni di persone che se prima non potevano arrivare alla quata settimana del mese ora non sanno come arrivare alla seconda, non vi sono nè dubbi, nè incertezze; invece  per tagliare gli stipendi, le indennità, i benefit e i privilegi dei nostri parlamentari,  incapaci sinanche di esprimere un governo politico e ridottisi a subire i burocrati che magari essi stessi hanno aiutato a far carriera, non c’è commissione che sia capace di districarsi nella giungla deegli stipoendi europei.  Il presidente della commissione incarica di proorre i tagli,  che è anche presidente dell’Istat, ha fatto sapere che è difficile stabilire come e di quanto tagliare gli stipendi di loro signori. E ci pare sia  l’ennesima presa per i fondelli degli italiani da parte della casta. Vedremo se difronte a tale siffatta (e molta dubbia) dichiarazione di impotenza,  i due presidenti delle Camere, Fini e Schifani, sapranno mantenere il loro impegno di poche settimane fa quando hanno assicurato che se la commissione non avesse concluso i lavori, avrebbero provveduto loro  due entro gennaio. Non voremmo essere facile profeti ma si insinua il dubbio del solito sofisma nei quali è maestro più che Schifani, Fini, il quale potrebbe essere tentato dal distinguere tra conclusione dei lavori (che c’è stata ) e  esito  degli stessi che invece non ci sono. Per cui in mancanza di esiti non si può procedere…e gli stipendi della casta continueranno ad essere salvi e noi tutti rimarremo cornuti e gabbati.g

VENDOLAE’ UN ROBIN HOOD AL CONTRARIO: RUBA AI PUGLIESI POVERI PER RESTARE RICCO LUI

Pubblicato il 2 gennaio, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

In Puglia la mazzata peggiore per l’addizionale regionale Irpef. Il governatore e leader di Sel l’ha portata all’1,73%

Vendola Arriva Nichi, Robin Hood al contrario: ruba ai pugliesi poveri per restare ricco lui

Il giorno prima del varo del decreto salva-Italia il Governatore della Puglia, Nichi Vendola, è uscito quasi trionfante dal vertice delle Regioni con il premier, Mario Monti. A sentire lui aveva sventato il taglio dei trasferimenti del Fondo sanitario nazionale alle Regioni, limitando assai i danni per la sua Puglia. Vero che nel decreto legge c’era un aumento dell’aliquota base dell’Irpef regionale dallo 0,90% all’1,23%, ma per i pugliesi questo avrebbe significato assai poco: proprio Vendola alla vigilia dell’estate aveva aumentato quell’aliquota per il 2011 portandola all’1,20%: la variazione avrebbe dovuto essere leggerissima (0,03%). Tanto che il suo assessore al Bilancio, Michele Pelillo, si è lasciato andare a dichiarazioni stampa rassicuranti: «Avendo già deciso gli aumenti, la Puglia lascerà inalterate le addizionali».

I contribuenti devono avere sorriso e perfino applaudito, poverini. Non sapendo che il linguaggio dei politici deve sempre essere interpretato. Solo due settimane più tardi i pugliesi hanno scoperto l’amara verità: non solo la nuova aliquota base per loro non è dell’1,23%, essendo salita all’1,53%, ma la stangata è soprattutto sui redditi bassi ed è perfino più tenue su quelli medio-alti, per cui la nuova aliquota è dell’1,73%. Nel 2010 infatti la Puglia aveva due addizionali regionali Irpef: una dello 0,90% fino a 28 mila euro di reddito complessivo, e una dell’1,40% da quella cifra in su, senza distinzione fra redditi medio-bassi, medi, medio-alti, alti e super-alti. Secondo la divisione tradizionale in queste categorie per altro Vendola appartiene alla tranche dei redditi alti (circa 14 mila euro al mese), risparmiata dalla sua manovra. Nel giro di un solo anno infatti l’addizionale regionale pugliese è cresciuta del 70% sui redditi bassi e perfino su quelli inferiori ai mille euro lordi al mese.

Per chi guadagna anche ventimila euro netti al mese invece la scure fiscale di Vendola è stata assai più comprensiva: l’aumento è stato del 23,6% rispetto al 2010. E certo l’idea che nella Regione del governatore rosso che più rosso non si può vengano presi a ceffoni i poverelli e trattati con i guanti i ricchi, fa una certa impressione. Tanto più che Vendola aveva tutti i poteri di legge per compensare le entrate diminuendo su redditi bassi e bassissimi (ad esempio fino ai 10-15 mila euro) l’aliquota base fino allo 0,73%, e diversificando le aliquote a seconda dei redditi (1,40 fra 15 e 28 mila e 1,73 come ha fatto da lì in su). Perché abbia fatto l’esatto opposto di quanto professato in centinaia di comizi, interviste e discorsi vari, Vendola l’ha fatto capire per la prima volta durante una delle ultime puntate della trasmissione Servizio pubblico di Michele Santoro: «Perché ho tassato anche i redditi al di sotto dei 15 mila euro? Perché sopra i 15 mila non si becca nulla». Verità un po’ disarmante, e a dire il vero anche ampiamente disarmata da quel che avviene in altre Regioni. I poveri sono trattati meglio di quanto non faccia Vendola in Emilia Romagna, Lombardia, Marche, Liguria, Piemonte, Umbria, Veneto, Toscana, Sardegna, Basilicata, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle D’Aosta. Quasi dappertutto, quindi.  Franco Bechis, Libero, 2 gennaio 2011

AGENZIA DI VIAGGI NIKI VENDOLA. UNA MISSIONE OGNI 5 GIORNI

Pubblicato il 2 gennaio, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Nel 2011 per Vendola e gli assessori della Puglia trasferte da New York a Sidney. La spesa? 784mila euro

Bisogna ammetterlo: da quando c’è Nichi Vendola, la regione Puglia viaggia. Soprattutto il suo presidente: macina migliaia di chilometri, al prezzo di decine di migliaia di euro.

Nichi Vendola, leader del Sel

Ecco perché andrebbe completata la frase con cui il governatore ha varato il bilancio 2012: «Con la crisi quest’anno abbiamo avuto tutti l’idea di essere malati e privati di qualcosa». Tutti privati, tranne lui. La crisi non ha impedito a Nichi di impegnarsi febbrilmente nelle missioni all’estero, quei viaggi fatti in nome (e a spese) del contribuente all’insegna di una diplomazia estera che manco l’Onu. In un anno sono state firmate 67 delibere per autorizzare un’ottantina di missioni fatte dal presidente della Regione, dagli assessori della giunta, e dai funzionari dell’ente. A sfogliare le delibere del 2011 si riceve un’impressione netta: la Regione Puglia è più animata di un porto di mare, ogni cinque giorni in media qualcuno ha fatto le valigie ed è partito.

Tra gli ultimi viaggi che hanno trovato una copertura finanziaria c’è quello che Vendola ha fatto in Cina dal 7 al 14 novembre. Obiettivo della missione: rafforzare la cooperazione tra la provincia del Guangdong e le organizzazioni pugliesi del settore green economy. Vendola, come un novello Marco Polo si è incamminato lungo la via della seta in compagnia di Francesco Manna, suo capo di Gabinetto per un viaggio che è costato in tutto 24mila euro. «È importante essere qui in Cina, – ha commentato il governatore pugliese – perché è terra di innovazione e di prodigi». E in effetti prodigiosa è anche la cifra che Nichi e il suo accompagnatore sono riusciti a spendere per soggiornare negli alberghi del Guangdong e di Hangzhou, la seconda meta del pellegrinaggio cinese: 6.690 euro in tutto. Vale a dire in media 477 euro a testa per ogni notte passata nel Paese del dragone. E se le spese per il pernottamento fanno pensare a un trattamento da nababbo, quelle aeree non sono da meno: Vendola e Manna hanno speso infatti 6.371 euro.

Per capire i prodigiosi sviluppi dell’intesa tra Vendola e il Guangdong bisognerà aspettare, ma il leader Sel oltre a essere un navigatore è anche un sognatore. In Cina infatti ha avuto una visione e ha fatto una promessa: «Sogno un mondo in cui è possibile che migliaia di studenti pugliesi possano laurearsi qua e migliaia di studenti cinesi vengano a studiare in Puglia». Per questo ha raggiunto un accordo con la provincia cinese per istituire a Bari una sede dell’Istituto Confucio, il nono in Italia. Proprio quello che ci voleva.

La Regione Puglia è un faro di alacrità nel pianificare le missioni, un tour operator dalle innumerevoli risorse organizzative. E soprattutto economiche: a maggio è stata firmata la delibera per approvare la spesa di 784mila euro da destinare alle missioni. Magari Vendola dirà che è sempre meno del Milione di Marco Polo, chissà se i suoi elettori saranno d’accordo. L’ente spende in media più di duemila euro al giorno per far viaggiare il proprio presidente, gli assessori e i funzionari.

Di queste risorse, 675mila euro sono destinate proprio alle missioni all’estero: dalla sede della Regione Puglia non c’è angolo di mondo che non si possa raggiungere, New York, Sidney, Londra, Parigi, Siviglia sono solo alcune delle moltissime mete dei globetrotter pugliesi. E poi ci sono i viaggi tra Bruxelles e Bari, perché i funzionari devono raggiungere la città pugliese dall’ambasciata regionale in Belgio: 500 metri quadri in Rue de Throne che la Regione ha pagato 2milioni di euro. «Sarà un polo di accoglienza per tutta la comunità pugliese con pavimenti in pietra di Trani e decori di marmo della Murgia» aveva assicurato Vendola. Di certo, sui pavimenti destinati alle suole della comunità scorrono via veloci anche i trolley dei dirigenti in partenza per Bari. Il Giornale, 2 gennaio 2011

.…………..Ovviamente il Niki, profeta della gente povera, saprà trovare le parole giuste per spiegare che tutti quei soldi in viaggio, compreso quello in Cina, come Craxi un ventennio fa, li ha spesi per studiare da vicino come fare per aiutare i derelitti pugliesi ai quali vende tanto fumo quanto ne producono tutte le fabbriche del mondo messe assieme. Naturalmente senza arrosto, perchè l’arrosto è riservato a lui e ai suoi colleghi consiglieri regionali che hanno si modificato le norme sul vitalizio ma con decorrenza 2020. Perchè loro non sono fessi:le regole decorerranno per gli altri, mica per se stessi. Naturalmente il Niki troverà chi lo difenderà, anzi un particolare avvocato d’ufficio già ce l’ha. E’ il presidente della provincia di Bari, il noto Schiuttli che un giorno conciona e l’altro pure, il quale sulla Gazzetta di oggi ha trovato il modo di bastonare,a parole, ovviamente, quanti hanno criticato l’ingenrenza del Niki nella nomina di un primario medico  al San Paolo, il prof. Sardelli, a favore  del quale, secondo la testimonianza resa ai PM dall’ex lady di ferro della sanità pugliese, Lea Coserntino, furono riaperti i termini di un concorso  poi vinto dallo stesso Sardelli. “Ha fatto benissimo Vendola, ha tuonato il nuovo Catilina Schittulli, perchè Sardelli è bravo, parola mia che l’ho visto curare mio padre”. Il punto è, ma lo dimentica Schittulli che tuona contro gli sprechi e gli abusi quando riguardano gli altri,  che non è in discussione la bravura di questo o quello, il punto è che sono in discussione le regole che o ci sono o non ci sono e se ci sono debbono valere per tutti, compreso Niki e Sardelli. Ma Schittulli che vede all’orrizzonte sfumare il sogno di divenire il nuovo Garibaldi in salsa pugliese, sogna di diventare almeno sindaco di Bari dopo Emiliano. Per questo….lecca lecca a Vendola. g.

SCANDALO SANITA’ IN PUGLIA: ECCO IL CODICE VENDOLA

Pubblicato il 22 dicembre, 2011 in Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

dal nostro inviato a Lecce

Il devastante interrogatorio dell’ex manager Asl di Bari Lea Cosentino, un tempo fedelissima di Nichi Vendola, si arricchisce di nuovi, incredibili, dettagli.

l’AFFABULATORE NIKI VENDOLA

Nel verbale incentrato sulla mala gestione della sanità pugliese da parte del governatore e dei suoi assessori, interrogatorio (pubblicato in parte ieri) rimasto a lungo coperto da omissis e inviato per conoscenza a Lecce per i riferimenti ad alcuni magistrati, la Cosentino non si risparmia quando è chiamata a snocciolare esempi sulle pressioni ricevute per promuovere medici o dirigenti targati Pd o Sel. Per avere un’idea di come Vendola e compagni di giunta concepiscano la sanità pubblica, basta riportare un altro stralcio di questo interrogatorio top secret dell’ 8 aprile scorso. Nomi, fatti, circostanze oggetto di indagini approfondite che rischiano di travolgere l’uomo nuovo della politica che a casa sua aveva aperto le braccia anche al tanto vituperato Don Verzé.

«L’assessore (alla Sanità, ndr ) Fiore – dice la Cosentino – mi contestava il fatto che io non espletassi il concorso per la nomina del primario di rianimazione di Altamura, ma io sapevo che avrebbe vinto il dottor Milella perché uomo di fiducia del professor Fiore. Subii pressioni a cui comunque non cedetti non ritenendo di dover espletare con urgenza questo concorso. Un’altra pressione riguarda la nomina di primario per l’unità operativa complessa di chirurgia toracica del presidio ospedaliero San Paolo. Nel 2008 era andato in pensione il professor Campagnano, molto bravo e infatti quel presidio andava molto bene. Bandimmo il concorso e Vendola mi chiese di procedere velocemente e sponsorizzò la nomina del dottor Sardelli del policlinico di Foggia, suo amico e secondo lui molto bravo: espletai il concorso ma il dottor Sardelli non presentò la domanda confidando di poter essere collocato presso il Di Venere in un istituenda unità complessa.

Quando Sardelli appurò tramite Francesco Manna, già capo di gabinetto di Vendola, che l’istituzione dell’unità di chirurgia complessa del Di Venere non si sarebbe realizzata, Vendola mi chiese insistentemente di riaprire il concorso per consentire al dottor Sardelli di parteciparvi. Io, a fronte di tali richieste e nonostante fosse stata già composta la commissione che non si era ancora riunita, riaprii i termini del concorso, anche se non ero d’accordo, con la scusa di consentire il massimo accesso a tutte le professionalità. Era chiaramente una forzatura ma Vendola mi disse di farlo perché mi avrebbe tutelata». Alla fine, coincidenza, per quella pressione e quell’intromissione di Vendola a cose fatte, «vinse il dottor Sardelli» anche perché più titolato.

A un’imposizione ne seguì un’altra. «Sardelli poi mi impose, attraverso Vendola, di fare una ristrutturazionedel reparto e di dotare il reparto stesso delle attrezzature idonee per la funzionalità dello stesso».
Quanto all’attuale senatore Pd Alberto Tedesco, all’epoca assessore alla Sanità, la manager confessa: «Riguardo alla nomina del professor Acquaviva vi è stata una forte pressione dell’assessore Tedesco sia sui tempi dell’espletamento del concorso sia sul nome dell’Acquaviva: quest’ultimo si era candidato in precedenza alle lezioni amministrative, non ricordo quali, nella lista del Tedesco, il quale sosteneva che Acquaviva fosse ilmigliore». La Cosentino passa poi a parlare del mondo affaristico interessato, attraverso la politica, ad allungare le mani sui milioni della sanità pubblica. Sul punto i magistrati contestano alla manager la famosa intercettazione all’Hotel De Russie di Roma presenti Gianpi Tarantini e l’imprenditore Alberto Intini, vicinissimo a Massimo D’Alema. I pm le chiedono se «ha mai sentito parlare Intini e Tarantini di ripartizione degli appalti »e se la cosa«la coglieva di sorpresa ».

Lea Cosentino, sorpresa non lo era affatto: «In quel periodo mi stavo rendendo conto che le cose che mi raccontavano Tarantini, Gero Grassi (parlamentare Pd, ndr) e Loizzo (ex assessore ai Trasporti, Pd, ndr) e cioè che vi erano delle consuetudini per cui il politico del territorio aveva degli imprenditori di riferimento e si facevano pressioni sulle gare di appalto, erano vere».Sull’incontro al De Russie, precisa, «fui invitata da Tarantini, sapevo che partecipava Intini, ho fatto da agente provocatore avendo avuto percezione nel corso della mia attività dell’esistenza di un sistema che prescindeva dalla mia volontà e che mi avrebbe potuto soverchiare.

Gianpaolo Tarantini mi aveva detto, infatti, in ciò rafforzando la mia percezione e le mie preoccupazioni, che l’appalto delle pulizie e sull’ausiliariato che aveva un valore di 55 milioni di euro circa era stato già oggetto di spartizione fra alcuni imprenditori ». Alla gara partecipò inizialmente anche un’Ati con Intini, poi escluso e che per rientrare «minacciava ricorsi» per altri torti subiti. Loizzo le disse che Intini era molto arrabbiato e «mi chiese di intervenire presso di lui, così lo incontrai al De Russie».

Il governatore tace imbarazzato. E per una volta non sbaglia visto che il suo ex assessore Tedesco (attuale senatore Pd) rischia di nuovo il carcere essendo stata avanzata richiesta d’arresto a Palazzo Madama e il suo ex numero due in giunta, il dalemiano Frisullo, coinvolto nel giro-escort di Tarantini, rischia il processo. Sulla sanità privata è prossima una «bomba » che nessuna fuga di notizie pro Pd, stavolta, potrà attenuare. È una torbida storia che si incrocia anche con gli inciuci da 50 milioni di euro all’ospedale Miulli di Acquaviva. Sta per essere raccontata dalla magistratura. Occorre solo trovare un Narratore. Gian Marco Chiocci, per Il Giornale, 22 dicembre 2011

.………..Per molto meno il pm napoletano, ex potentino, Woodwock avrebbe già emesso mandato di cattura e trasferito il reprobo in una auto 500 a qualche sperduto carcere del pianeta, ristretto con una ventina di detenuti (che goduria!) in attesa di interrogatorio di garanzia. Ma questo è solo un sogno per cui non c’è reato, almeno sino a quando i solerti magistrati italiani non avranno motu propri trasformato il sogno in delitto. g.

E’MORTO VACLAV HAVEL, IL SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE DI VELLUTO CHE LIBERO’ PRAGA DAL GIOGO SOVIETICO

Pubblicato il 18 dicembre, 2011 in Il territorio, Storia | No Comments »

Morto Vaclav Havel, simbolo della Rivoluzione di Velluto

Simbolo della dissidenza anticomunista, difensore dei diritti dell’Uomo, presidente, drammaturgo e regista, Vaclav Havel, morto oggi a 75 anni, ha scritto le grandi pagine della storia del suo Paese. Artista non conformista e grande appassionato di musica rock dei Rolling Stones e di Frank Zappa, questo intellettuale, dalla figura esile, ha incarnato la “Rivoluzione di Velluto” del 1989 che ha messo fine, senza spargimento di sangue al regime totalitario di Praga. Primo presidente della Cecoslovacchia post-comunista (1989-1992) poi primo capo dello Stato della Repubblica Ceca, è stato l’artefice della democratizzazione del suo Paese e dell’adesione alla Nato (1999) e ha gettato le basi per l’ingresso nell’Unione europea, conclusa nel 2004. Dopo la fine del suo mandato, nel febbraio 2003, malgrado la sua fragile salute, il drammaturgo e ex dissidente anticomunista della Charta 77 si dedica alla lotta per i diritti dell’Uomo a Cuba, in Bielorussia, in Birmania e in Russia. Riprende a scrivere pubblicando nel 2006 le sue memorie politiche e una commedia per il teatro “Partire”, nel 2008, titolo anche del suo primo film, presentato in anteprima il 14 marzo scorso a Praga. Nato il 5 ottobre del 1936 a Praga da una famiglia benestante, proprietaria di studi cinematografici e di numerosi immobili nella capitale, Vaclav Havel è costretto a lasciare gli studi per la lotta antiborghese del regime comunista che aveva preso il potere in Cecoslovacchia. Allora comincia a lavorare nei teatri come macchinista, poi come autore del teatro dell’assurdo. Rifiuta l’esilio dopo l’occupazione sovietica nel 1968 ed entra nella dissidenza per redigere il manifesto della Charta 77, un appello per i diritti umani e per la democrazia con cui sfida la supremazia sovietica. Per il suo impegno sociale viene rinchiuso in carcere per quattro anni durante i quali scrive le celebri “Lettere a Olga”, sua prima moglie. E’ stato uno dei leader della cosiddetta “Rivoluzione di Velluto” del 1989, durante la quale viene arrestato nuovamente, il 28 ottobre. Il 29 dicembre dello stesso anno, nella sua qualità di capo del Forum Civico, viene eletto presidente dall’Assemblea Federale. Dopo la morte di Olga, nel 1996, si risposa con Dagmar Veskrnova, un’attrice di 20 anni più giovane. Una polmonite curata male in prigione e un cancro al polmone sono all’origine dei numerosi problemi di salute di cui soffriva l’ex presidente Ceco. Nel dicembre del 1996, Havel è stato operato di un cancro al polmone destro. Oltre ad avere una bronchite cronica, il drammaturgo ceco ha sofferto anche di problemi cardiaci e intestinali. Negli ultimi mesi, Havel ha trascorso il suo tempo nella casa di campagna a circa 150 chilometri da Praga, dopo un ricovero nel marzo 2011 per una grave polmonite. Sabato scorso l’ultima uscita pubblica a Praga dove ha incontrato il Dalai Lama, il capo spirituale dei buddisti tibetani. Fonte ANSA, 18 dicembre 2011

.…………..Havel era anche un valente clarinettista e gli piaceva suonare, da dilettante, in una delle più famose birrerie di Praga, la Tigre d’Oro, nei pressi della piazza Nemesti, piccola e piena di fumo. Entrandoci,  la prima cosa che noti è una grande foto sulla parete  che ritrae insieme Havel e Clinton che suonano il clarinetto. Chi ci vide ammirare la foto, in uno stentato italiano ci disse: Havel, padre della libertà. Ci piace ricordarlo così. g.

IL GOVERNO GRIGIO: TRISTEZZA AL POTERE

Pubblicato il 15 dicembre, 2011 in Il territorio, Politica | No Comments »

Ieri guardavo il premier Mario Monti parlare al Senato. Noioso. Capisco che ci sia poco da ridere, ma il nostro premier va molto oltre, è l’immagine della tristezza.

Uno lo guarda, lo ascolta, e si deprime. Non è un insulto, ma una banale considerazione. Monti è in buona compagnia: Giacomo Leopardi, sommo poeta, fece l’elogio della noia come «il più sublime dei sentimenti umani». Banchieri e intellettuali hanno evidente almeno un punto in comune: il lusso del pessimismo. Noi comuni mortali non possiamo permettercelo: ci tocca alzarci la mattina e sperare che giri bene. E invece non ci parlano che di pensioni, di tasse, di spread. Si punisce chi fuma, chi vuole avere una bella macchina, chi ha una barca, chi si è comperato una casa e chi ha due risparmi da parte. Dobbiamo diventare tutti perfetti e anche un po’ modesti, come ci vorrebbe anche quel gaglioffo di Di Pietro che in vita, privata e pubblica, ne ha combinate (e ne combina) più di Bertoldo.

Stiamo andando verso uno Stato etico, oltre che di polizia. Un manipolo di ricchi e tristi signori che ci impone con la forza ( delle leggi e dei controlli) di diventare morigerati e più poveri. Dicono: ce lo impone la situazione. Già, ma forse la situazione imponeva alla prima banca italiana (Unicredit) di non dare, solo pochi mesi fa, 40 milioni di liquidazione al suo manager (Profumo), ritenuto inadeguato dagli azionisti. Eppure è successo, e ora paghiamo noi il conto con l’aumento delle sigarette. Smettere di fumare fa bene, è fuori dubbio, ma vorrei vivere in un Paese dove la scelta sia libera e non condizionata o imposta dal governo dei puritani. Per fortuna in serata a distrarci, e a divertirci un po’,ci ha pensato Enrico Mentana con il giallo delle sue dimissioni ma non del tutto. È come passare dalla Corazzata Potemkin a Vacanze di Natale dei fratelli Vanzina. Almeno per lui,l’incasso è assicurato. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 15 dicembre 2011

.…………..Nel mitico e ormai lontanto “68″ si gridava nelle piazze di tutta Europa: la fantasia al potere. E molti la considerarono un’utopia e lo era. Ma non era meglio l’utopia di una irraggiungibile meta piuttosto che il grigiore di una classe dirigente impostaci con la forza senza alcun consenso, nè formale, nè virtuale che governa all’insegna della tristezza? La tristezza è l’anticamenra della disperazione e della depressione: Monti e il suo govenro rischiano di portarci al suicidio non necessariamente materiale ma con le stesse conseguenze. Quando ad un intero popolo si toglie la speranza lo si induce al suicidio. Complimenti al re e imperatore Giorgio 1°: ciò che non riuscì 65 anni fa al suo ispiratore politico, Togliatti, è riuscito a lui. E’ riuscito a togliere al popolo italiano anche la voglia della speranza issando sullo scranno del comando un uomo grigio, in tutti i sensi. g.

DALLE TASSE CHE CI SONO AI TAGLI CHE NON CI SONO

Pubblicato il 14 dicembre, 2011 in Il territorio, Politica | No Comments »

Ormai è fatta per Monti. Nelle prossime ore, dopo il dibattito parlamentare  che non riserverà sorprese e che vedrà tante anime belle far finta di piangere sui morti viventi quali sono i lavoratori e i pensionati italiani, la Camera, salvo sussulti dell’ultima ora, approverà, con o senza ricorso al voto di fiducia, la manovra di sangue e lacrime che il governo dei superbravi ha messo su nei giorni che vanno dal loro innalzamento sulle poltrone ministeriali ad opera del Re e Imperatore Giorgio 1° ad oggi. Il decreto “salva Italia”, come pomposamente lo ha denominato Monti, subito dopo l’altrettanto scontata approvazione da parte del Senato produrrà da subito i suoi effetti, anzi taluni li ha già prodotti come l’impennata dei prezzi della benzina, ormai bene di lusso riservato a pochi, o di alcuni prezzi sul mercato per via dell’aumento dell’IVA, tutti a carico dei cittadini, in primo luogo lavoratori e pensionati, sui quali peserà quasi per intero una manovra che, anche grazie agli emendamenti concordati ieri tra governo e commissioni parlamentari, è destinata solo a fare cassa senza raggiungere nessuno degli obiettivi più importanti, due sopratutto, la riduzione del debito pubblico, causa prima della situazione economica in cui versa il nostro Paese, e la ripresa della crescita. Questa, in particolare, a sentire quasi tutti gli economisti, che a differenza di Monti non hanno passato il tempo a poltroneggiare su comodi scranni nazionali o internazionali, non riceverà alcun impulso da una manovra che riducendo in miseria i “soliti noti” bloccherà i consumi e quindi la circolazione del denaro che è la condizione prima perchè la crescita possa ricevere impulso. Sin qui la nostra modesta analisi del decreto che il super Monti, investito della presunzione di essere una specie di Dio minore disceso sulla terra dall’olimpo sul quale sinora si era rintanato, ha messo a punto con la prosopopea degli unti del Signore. Ma accanto a queste considerazioni, c’è la disperata constatazione che mentre i sacrifici per i “soliti noti” sono stati individuati da subito e da subito messi in cantiere e in opera, per i partecipanti da sempre  al festino Italia, cioè i componenti della casta, quell’orrendo mostro a mille teste che vive nel lusso e sprofondato nei benefit, i tagli, neppure quelli simbolici, sono tutti rinviati a scadenze sempre più misteriose. Alcuni esempi. I tagli delle indennità parlamentari che nel decreto era stabilito dovessero essere fatti dal governo, si è “scoperto” che invece non può farli il governo ma deve farli il Parlamento in virtù della sua autonomia gestionale e funzionale. Non solo. Si è sottolineato che l’allineamento delle indennità dei nostri parlamentari alla media europea debbono essere fatti previo completamento dell’indagine affidata ad una commisisone presieduta dal presidente dell’Istat il quale ha fatto sapere – somma ingiuria per i “soliti noti” – che ci vorrà molto tempo perchè la commissione completi il lavoro e, peraltro, che in ottemperenza alla norma che ha istituito la commisisone l’auspicato allineamento deve partire dalla prossima legisaltura. E’ vero che Schifani e Fini si sono precipitati ad assicurare che comuqnue vadano le cose l’allineamento lo farà autonomamente il Parlamento entro il 31 gennaio 2012, ma chi ci crede? Un altro esempio. Il decreto aveva stabilito che le giunte delle Provincie dovessero essere sopresse entro il 30 aprile 2012 e le funzioni dell’ente provincia trasmesse a Comuni e Regioni entro il 30 novembre 2012. Dopo modifiche intermedie, alla fine le Provincie restano in campo sino alla scadenza naturale del loro attuale mandato…poi Dio vede e provvede. E ancora. Nel decreto era stabiito che da subito cessavano di percepire gettoni e indennità i consiglieri circoscrizionali e quelli delle Comunità Montane in  ossequio alla norma che stabiliva che tutte le cariche per organismi non previsti dalla Costituzione dovessero essere gratuite. Anche per loro, invece, con emendamento del governo che ha quindi emendato se stesso, i gettoni, le indennità, i benefit anche di queste figure del tutto inutili, restano sino alla fine del loro mandato. Morale: per i cittadini comuni, i lavoratori e i pensionati, le stangata parte da subito, per gli addetti ai lavori tutto si rinvia nel tempo. Perchè il tempo aiuta e come dice il proverbio campa cavallo che l’erba cresce. Dopo di che siamo autorizzati a dire che Monti ha preso per fondelli (ma ci sta bene anche un sostantivo più colorito…) tutti gli italiani, ovviamente con l’aiuto del Re e Imperatore Giorgio1° da Mosca. g.