IN AMERICA SI RIACCENDE LA CORSA ALLA PRESIDENZA: NEL PRIMO CONFRONTO VINCE ROMNEY
Pubblicato il 4 ottobre, 2012 in Politica estera | No Comments »
Il primo dibattito tra Obama e Romney va al repubblicano. Lo dicono tutti in America, anche David Axelrod, uno dei consulenti più ascoltati dal presidente: “Sapevamo che Romney era bravo nei dibattiti e probabilmente avrà dei benefici sui sondaggi”.
Poi però tira acqua al suo mulino: “Ma le sue risposte erano tutte sbagliate”. La cosa che più conta è l’ammissione della prova “opaca” del presidente nel primo faccia a faccia in diretta tv andato in onda dall’università di Denver, in Colorado (uno degli stati in bilico). Un sondaggio a caldo fatto dalla Cnn parla chiaro: il 67% pensa che il vincitore sia Romney, e solo il 23% dà la vittoria a Obama. Divertente la battuta dello stratega repubblicano Alex Castellanos: “Obama ha imparato la lezione, mai fare un dibattito il giorno del tuo anniversario di nozze…”. In effetti era davvero il giorno dell’anniversario per Obama, il cui staff aveva pubblicato, su Facebook, una foto in bianco e nero del giorno delle nozze con Michelle (1992). Il presidente lo ricorda a inizio dibattito. E Romney, cogliendo la palla al balzo, cattura la simpatia del pubblico: “Questo è il posto più romantico dove il presidente può trascorrerlo (l’anniversario, ndr)…”.
Dicevamo che Romney ha convinto di più. In effetti ha trascorso i 90 minuti del dibattito all’attacco, snocciolando cifre e guardando dritto in faccia il suo avversario, mettendogli pressione. Obama ha abbassato la testa più di una volta, è parso sin troppo moderato. Può darsi che fosse una mossa studiata, per cercare di attirare i voti di chi sta al centro. L’elettorato meno schierato, quello più in bilico. Ma in questo modo il presidente ha prestato il fianco al repubblicano, che in più di un’occasione ha affondato il colpo.
Il dibattito si è incentrato, come da programma, su econonomia, debito, fisco, riforma sanitaria e sul ruolo del governo federale. Il moderatore, Jim Leher (giornalista Pbs), non ha avuto particolari problemi a tenere a bada i “duellanti”. In rarissime occasioni le voci si sono sovrapposte. Massimo il rispetto delle regole. “Non sono perfetto, ma vi prometto che continuerò a lottare per la classe media“, “e che tutti avranno le stesse opportunità, che per tutti varranno le stesse regole”. Ha chiuso così Obama il proprio intervento. Il suo è un bagno di umiltà (calcolato) e di realismo. C’è da fare tanto per risollevare l’America. Lui lo sa e lo ammette. Anche per non essere accusato di prendere in giro la nazione. ANSA, 4 ottobre 2012




Il tema di cui discutiamo è la sovranità. Ma le elezioni presidenziali in Francia e quelle in Grecia segnalano un’inversione di tendenza: siamo tornati alle nazioni. Come reazione alla politica europea che non è condivisa dai popoli. A Parigi si è votato pour la France e contre l’Allemagne, ad Atene hanno vinto i partiti «no Euro», «no Bruxelles», «no Bce», tutto ciò che era ed è l’Europa di cui stiamo parlando qui, nel Parlamento. Ho ascoltato con grande attenzione le parole di Cohn Bendit, e devo dire che condivido il fondo della sua analisi: c’è una perdita di democrazia, rispetto ai dogmatismi contabili e agli accordi dei governi, i Parlamenti contano sempre meno. Ecco perché le elezioni nazionali hanno avuto come argomenti principali l’Europa e i suoi mali. Ma in quale scenario si sta svolgendo questo dibattito? Cari amici, sull’agenda ci sono almeno quattro parole chiave: 1. Lavoro: secondo gli ultimi dati del fondo monetario internazionale nel mondo industrializzato ci sono duecento milioni di uomini e donne in cerca di occupazione. Duecento milioni! Questa è una minaccia, un problema sociale che può sfociare in una guerra sociale. 2. Crescita: l’ho sentita evocare spesso nel Parlamento italiano e anche in questa sala più volte. È l’ultimo mantra di una politica che però non riesce a crearla. Sembra di vedere un veliero fantasma galleggiare in un mare morto. E mentre i governi cercano la crescita, la recessione sta distruggendo imprese, posti di lavoro, ma soprattutto speranza. Il fiscal compact che alcuni Parlamenti hanno approvato senza neppure leggerlo e altri non hanno nemmeno discusso ma dato per buono, è contro qualsiasi ipotesi di crescita, anzi è un ammazza-crescita. Verrebbe quasi da sospettare, ma lo facciamo solo per amore dell’analisi di scenario, che la Germania lo difenda così tanto perché in fondo consente ai tedeschi, attraverso il gioco degli spread, di finanziare il proprio sviluppo emettendo debito a bassissimo tasso d’interesse.
PARIGI – Ne’ Francois Hollande, ”falsa speranza”, ne’ Nicolas Sarkozy ”nuova delusione”: Marine Le Pen, leader del Fronte nazionale, non votera’ nessuno dei due candidati al ballottaggio. Lo ha annunciato lei stessa in un discorso a migliaia di sostenitori del Fn radunati per la sfilata del 1 maggio in memoria di Giovanna d’Arco.
