Custodire la Chiesa è il compito del Papa, custodirci tra noi è quello di ogni individuo, custodire la creazione è il compito dei potenti. Perché il vero potere è il servizio verso i deboli anche se sulla terra ci sono troppi Erode che tramano progetti di morte, che non proteggono i disegni di Dio scritti nella natura. Almeno 200mila persone hanno assistito alla messa d’inizio del ministero petrino di Francesco, nei modi e negli abiti, rigorosamente Vescovo di Roma. Una carezza al mondo che scalda i cuori quell’invito a non temere la tenerezza, un programma di governo quell’omelia densa di principi dottrinali che mostrano l’altra faccia del Papa pastore, quella del maestro di vita cristiana, del teologo che oltre ai gesti opererà atti. Dirompenti, rivoluzionari per cambiare un papato già cambiato dalla rinuncia epocale di Ratzinger. Francesco dovrà affrontare la secolarizzazione in rapporto all’evangelizzazione, dovrà avere il carisma per conquistare i fedeli, dovrà avere la forza per governare l’istituzione-Chiesa. È per questo che chiede le preghiere, anche ai bambini, colombe sul suo cammino, chiede l’affetto corale per proteggersi dai lupi, che pure ci sono e lui lo sa… La sua affabilità, i suoi gesti moderni servono ad accorciare le distanze, ad includere, non escludere, la gente che lui vuole «sentire». È questa la sfida, saper ascoltare il mondo contemporaneo, le istanze etiche e politiche, i non credenti, rendere infinito il feeling che ha instaurato da quel primo «buonasera». Ma non tragga in inganno la gentilezza di Francesco. Userà le stesse parole di Ratzinger su aborto, matrimoni gay, eutanasia, pedofilia… E allora, s’indebolirà quel feeling? Questo Papa è la novità che ha riacceso la speranza per la Chiesa e per il mondo. Sarà Francesco a salvarla come nel sogno di Papa Innocenzo III, reso immortale dall’affresco di Giotto, che vede il fraticello d’Assisi arrestare la rovina della Chiesa innalzando le mani al cielo. Il Papa sudamericano con l’umiltà, i sorrisi e la forza potrà farcela, facendo dimenticare anche i suoi predecessori che pure hanno detto «buonanotte», come Giovanni XXIII, hanno baciato i bambini, come Giovanni Paolo II, hanno invitato a «non deturpare la Chiesa» come Benedetto XVI. Il Tempo, 20 marzo 2013
Jorge Mario Bergoglio, gesuita, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina e sprovvisti di Ordinario del proprio rito, è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico, ma poi ha scelto il sacerdozio ed è entrato nel seminario di Villa Devoto.
L’11 marzo 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù, ha compiuto studi umanistici in Cile e nel 1963, di ritorno a Buenos Aires, ha conseguito la laurea in filosofia presso la Facoltà di Filosofia del collegio massimo San José di San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è stato professore di letteratura e di psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fe e nel 1966 ha insegnato le stesse materie nel collegio del Salvatore di Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 ha studiato teologia presso la Facoltà di Teologia del collegio massimo San José, di San Miguel, dove ha conseguito la laurea. Il 13 dicembre 1969 è stato ordinato sacerdote. Nel 1970-71 ha compiuto il terzo probandato ad Alcala de Henares (Spagna) e il 22 aprile 1973 ha fatto la sua professione perpetua. E’ stato maestro di novizi a Villa Barilari, San Miguel (1972-1973), professore presso la Facoltà di Teologia, Consultore della Provincia e Rettore del collegio massimo.
Il 31 luglio 1973 è stato eletto Provinciale dell’Argentina, incarico che ha esercitato per sei anni. Fra il 1980 e il 1986 è stato rettore del collegio massimo e delle Facoltà di Filosofia e Teologia della stessa Casa e parroco della parrocchia del Patriarca San José, nella Diocesi di San Miguel. Nel marzo 1986 si è recato in Germania per ultimare la sua tesi dottorale; quindi i superiori lo hanno destinato al collegio del Salvatore, da dove è passato alla chiesa della Compagnia nella città di Cordoba come direttore spirituale e confessore. Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo titolare di Auca e Ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno dello stesso anno ha ricevuto nella cattedrale di Buenos Aires l’ordinazione episcopale dalle mani del Cardinale Antonio Quarracino, del Nunzio Apostolico Monsignor Ubaldo Calabresi e del Vescovo di Mercedes-Lujan, Monsignor Emilio Ogénovich. Il 3 giugno 1997 è stato nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino.
E’ autore dei libri: Meditaciones para religiosos del 1982, Reflexiones sobre la vida apostolica del 1986 e Reflexiones de esperanza del 1992. E’ Ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina che non possono contare su un Ordinario del loro rito. Gran Cancelliere dell’Università Cattolica Argentina. Relatore Generale aggiunto alla 10/a Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2001). Dal novembre 2005 al novembre 2011 è stato Presidente della Conferenza Episcopale Argentina. Dal Beato Giovanni Paolo II creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001, del Titolo di San Roberto Bellarmino.
.……….La preghiera per Papa Benedetto XVI, la preghiera per Lui, la preghiera per il mondo: così si è presentato, emozionato e umile, al popolo romano e straniero che gremiva Piazza San Pietro e alle centinaia di milioni di credenti che alla notizia della fumata bianca, alla quinta votazione del Conclave, lo hanno seguito dinanzi alle televisioni di tutto il mondo, il nuovo Papa, il cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio che ha preso il nome del Santo Patrono d’Italia, Francesco, il primo Papa ad assumere questo nome, dopo i 265 che si sono seduti sul trono di San Pietro.
Fumata nera nel primo giorno di Conclave. Era scontata eppure emozione e delusione non sono mancate. Non soltanto per chi, malgrado la pioggia, era in piazza San Pietro a fissare quel comignolo. Anche chi ha seguito in tv sperava di vedere un pennacchio bianco illuminare la notte romana. Basta attesa, il mondo voleva il miracolo. Invece ieri, a un mese esatto dalla rinuncia di Benedetto XVI, con una fumata nera (e poi si sono spente anche tutte le luci di San Pietro) è iniziato il Conclave. Un evento che è riuscito a mettere la sordina al resto delle notizie, seppur importanti, per il nostro Paese. Alla politica sguaiata (protesta Femen compresa) si è preferita la preghiera, la celebrazione, i riti solenni che precedono l’elezione di sua Santità.
«Spondeo, voveo ac iuro», cioè «prometto, mi obbligo e giuro», hanno ripetuto, alcuni con la voce incrinata, i 115 principi della Chiesa. E mentre nuvole minacciose avvolgevano il «Cupolone», i Cardinali con la mano sul Vangelo aggiungevano: «Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli, che tocco con la mia mano». Poi, dopo l’extra omnes, il cigolante portone della Cappella michelangiolesca si è chiuso con un rimbombo inquietante. Per chi stava fuori ma probabilmente anche per chi è rimasto dentro.
Non sarà facile per i Cardinali eleggere il successore di Benedetto XVI, un Pontefice che dovrà riformare la Curia ma anche rimediare a quel deficit di testimonianza da parte della Chiesa su gravi problemi, come la pedofilia. Sarà un Papa dal «cuore generoso» ha auspicato il cardinal Sodano celebrando la messa «pro eligendo Pontifice» ma comunque dovrà dar vita al cambiamento e alla discontinuità che i cattolici si aspettano. Anche se la sua elezione fosse il frutto di un compromesso con la Curia, il prossimo papa dovrà mettere in pratica il Concilio Vaticano II, passando dalle parole ai fatti, proprio in questa fase storica in cui si celebra l’anno della Fede.
Gli elettori porporati, al cospetto del Giudizio Universale del Buonarroti e guidati dallo Spirito Santo sapranno scegliere tra di loro la persona più adeguata a sopportare il peso del ministero petrino, a «governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo con il vigore sia del corpo sia dell’animo». Quelle caratteristiche che l’anziano e stanco Ratzinger aveva umilmente ammesso di non avere più. I Cardinali dovranno trovare una rinnovata forma di unità attorno al nuovo Pontefice che sentirà su di sé tutto in una volta, nell’attimo stesso in cui gli chiederanno se accetta l’incarico, il peso delle decisioni per il resto dei suoi giorni. Lui, eletto dopo un’abdicazione che dovrà convivere con un Pontefice Emerito, potrà piangere nella stanza delle lacrime. I suoi fedeli piangeranno di gioia alla vista della fumata bianca che annuncerà al mondo: «Habemus Papam». Sarina Biraghi, Il Tempo, 13 marzo 2013