Archivi per marzo, 2013

OMAGGIO AD UN GRANDE CAMPIONE DEL SUD: PIETRO MENNEA

Pubblicato il 21 marzo, 2013 in Il territorio | No Comments »

È morto questa mattina a Roma Pietro Mennea, ex velocista azzurro, per anni primatista mondiale dei 200 metri.

Il prossimo 28 giugno avrebbe compiuto 61 anni e da tempo era gravemente malato. La camera ardente sarà allestita oggi pomeriggio nella sede del Coni a Roma. Da oggi fino a domenica, inoltre, ci saranno bandiera a mezz’asta listata a lutto e minuto di silenzio prima di tutte le manifestazioni sportive, come disposto dal presidente del Coni, Giovanni Malagò.

Uno dei simboli dello sport italiano, Mennea iniziò la sua carriera nell’atletica internazionale nel 1971, debuttando agli europei e conquistando il terzo posto nella staffetta 4×100 e il sesto posto nei 200 metri. Partecipò per la prima volta alle olimpiadi l’anno successivo, dove conquistò la medaglia di bronzo nei 200 metri. Nel 1979, alle Universiadi di Città del Messico, corse i 200 metri in 19″72, segnando un record del mondo che è resistito ben 17 anni e che è ancora il primato italiano ed europeo. L’oro olimpico arrivò invece nel 1980 a Mosca. Soprannominato “La Freccia del Sud”, stabilì un altro primato nel 1983 nei 150 metri piani, con 14″8 sulla pista dello stadio comunale di Cassino. Un record ancora imbattuto. Fonte Ansa, 21 marzo 2013

..……………….Era nato a Barletta Pietro Mennea, era un uomo del sud che ha fatto onore allo sport italiano e alla terra da dove era partito e con cui non aveva mai rescisso legami ed affetti. Ci uniamo al cordoglio di tutti gli sportivi italiani che in Mennea si identificarono nell’orgoglio di essere italiani. g.

LE PAROLE DEL PAPA: IL VERO POTERE E’ IL SERVIZIO, di Sarina Biraghi

Pubblicato il 20 marzo, 2013 in Costume | No Comments »

Custodire la Chiesa è il compito del Papa, custodirci tra noi è quello di ogni individuo, custodire la creazione è il compito dei potenti. Perché il vero potere è il servizio verso i deboli anche se sulla terra ci sono troppi Erode che tramano progetti di morte, che non proteggono i disegni di Dio scritti nella natura. Almeno 200mila persone hanno assistito alla messa d’inizio del ministero petrino di Francesco, nei modi e negli abiti, rigorosamente Vescovo di Roma. Una carezza al mondo che scalda i cuori quell’invito a non temere la tenerezza, un programma di governo quell’omelia densa di principi dottrinali che mostrano l’altra faccia del Papa pastore, quella del maestro di vita cristiana, del teologo che oltre ai gesti opererà atti. Dirompenti, rivoluzionari per cambiare un papato già cambiato dalla rinuncia epocale di Ratzinger. Francesco dovrà affrontare la secolarizzazione in rapporto all’evangelizzazione, dovrà avere il carisma per conquistare i fedeli, dovrà avere la forza per governare l’istituzione-Chiesa. È per questo che chiede le preghiere, anche ai bambini, colombe sul suo cammino, chiede l’affetto corale per proteggersi dai lupi, che pure ci sono e lui lo sa… La sua affabilità, i suoi gesti moderni servono ad accorciare le distanze, ad includere, non escludere, la gente che lui vuole «sentire». È questa la sfida, saper ascoltare il mondo contemporaneo, le istanze etiche e politiche, i non credenti, rendere infinito il feeling che ha instaurato da quel primo «buonasera». Ma non tragga in inganno la gentilezza di Francesco. Userà le stesse parole di Ratzinger su aborto, matrimoni gay, eutanasia, pedofilia… E allora, s’indebolirà quel feeling? Questo Papa è la novità che ha riacceso la speranza per la Chiesa e per il mondo. Sarà Francesco a salvarla come nel sogno di Papa Innocenzo III, reso immortale dall’affresco di Giotto, che vede il fraticello d’Assisi arrestare la rovina della Chiesa innalzando le mani al cielo. Il Papa sudamericano con l’umiltà, i sorrisi e la forza potrà farcela, facendo dimenticare anche i suoi predecessori che pure hanno detto «buonanotte», come Giovanni XXIII, hanno baciato i bambini, come Giovanni Paolo II, hanno invitato a «non deturpare la Chiesa» come Benedetto XVI.  Il Tempo, 20 marzo 2013

LA PROCURA DI NAPOLI FA FLOP: IL GIP LA DERIDE SUL CASO BERLUSCONI-DE GREGORIO

Pubblicato il 20 marzo, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

Volevano processare subito Silvio Berlusconi per una presunta compravendita di deputati all’epoca del governo Prodi, inchiesta napoletana nota come caso De Gregorio. Ma era soltanto l’ennesima bufala di una magistratura sciagurata e ieri la gip ha fermato i due pm, il solito Woodcock e l’inseparabile collega Piscitelli, che avevano chiesto il rito immediato e ventilato addirittura la possibilità di arresto istantaneo per l’ex premier. La motivazione non lascia spazio a fantasia: non ci sono prove evidenti che De Gregorio abbia votato contro Prodi per dare vantaggi a Berlusconi, tantomeno che questo sia avvenuto dietro compenso, non c’è stata alcuna corruzione.
L’inchiesta era stata gettata come una bomba post elettorale, così tanto per fare un po’ di casino, e minacciava di interferire pesantemente sulle trattative per la formazione del nuovo governo. Già sinistra – Pd in prima linea – e grillini assaporavano il piacere di votare per l’arresto di Berlusconi e inaugurare così la legislatura all’insegna del giustizialismo politico. Gli è andata buca, il presunto impresentabile Berlusconi non è un corruttore di parlamentari, resta invece impresentabile Lucia Annunziata, campione di diffamazione impunita e arrogante.

Se non è questa persecuzione giudiziaria, dite voi. Nessuna cautela, nessun controllo, parole in libertà tramutate in prove schiaccianti: questa è la nostra giustizia, e purtroppo non soltanto nei confronti di politici scomodi alla casta dei pm. Migliaia di italiani, senza mezzi per resistere e lontano dai riflettori, subiscono ogni anno trattamenti del genere: uomini, famiglie e imprese rovinate dalla sciatteria dei magistrati, che se poi si salda con l’Annunziata di turno, addio. Vai poi a spiegare all’opinione pubblica, a parenti e amici che si era trattato di un clamoroso errore dovuto a malafede e imperizia. Ci piacerebbe conoscere in merito l’opinione del neopresidente del Senato, Piero Grasso, fresco ex procuratore d’assalto. Avrà il coraggio di condannare l’ennesimo assalto al senatore Berlusconi o tacerà? Si accettano scommesse, ma io un’idea ce l’ho già: butterà a mare i suoi nuovi colleghi per difendere i vecchi. Perché? Non si sa mai. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 20 marzo 2013

…………….Abbiamo letto l’ordinanza con cui il GIP di Napoli respinge la richiesta di rito immediato per Berlusconi accusato di corruzione e di aver “comprato” l’ex senatore De Gregorio per fasr cadere il governo Prodi, dietro la quale si nacondeva il “colpaccio” dell’arresto dell’ex premier. E’ un atto di accusa alla supericialità, per non dir altro, della Proicura e dei due PM che hanno costruito un teorema senza capo nè coda e senza neppure prendersi la briga di verificare se almeno una delle cose dette da De Gregorio contro Berlusconi corrispondesse al vero. Neppure una, ha scritto il GIP, sconfessando,   sino alla derisione,  i due PM che hanno sinanco confuso le date  e addirittura frainteso il principo secondo il quale ciascun aprlamentare esercita il suo ruolo senza vincolo di mandato e operando le sue scelte secondo le  “sue” scienza e coscienza. Pco male. Ci ha pensato il GIP a rimettere le cose a posto, compreso la dimostrazione che c’è chi compike satti no n seocndo giustizia ma secondo ingiustizia. Nei confronti di Berlusconi. g.

GRASSO E BOLDRINI SI TAGLIANO LO STIPENDIO

Pubblicato il 19 marzo, 2013 in Politica | No Comments »

I presidenti di Camera e Senato si riducono lo stipendio del 30%. E propongono ai parlamentari di imitarli

Qualcosa si muove in Parlamento. A partire dai vertici. Laura Boldrini e Pietro Grasso hanno deciso di tagliarsi lo stipendio del 30%.

E stanno studiando un piano per diminuire (dal 30 al 50%) anche quelli degli altri parlamentari.

Un programma concordato oggi pomeriggio a Palazzo Madama e illustrato alle seguenti conferenze dei capigruppo di Camera e Senato. Tra i tagli, ci sarebbe anche un piano di razionalizzazione delle spese del Parlamento che porterebbero a risparmi significativi. Allo studio c’è un’immediata riduzione – o addirittura la soppressione – di indennità di ufficio e altri rimborsi per per i titolari delle altre cariche interne a partire dalle spese di rappresentanza.

Per senatori e deputati, in particolare, sarà proposta la trasformazione di tutti i rimborsi forfettari in rimborsi a piè di lista, in modo che ogni singola erogazione sia giustificata in relazione alle finalità istituzionali. Contemporaneamente, i collaboratori dei parlamentari saranno assunti con contratti a tempo determinato.E poi largo spazio alla trasparenza, con la pubblicazione su internet di tutte le consulenze . Fonte ANSA, 19 marzo 2013

.……………..Speriamo che non sia una favola pasquale.E che sia l’inizio della fine di privilegi e sprechio che offendono la gente e fa prolificare  il grillismo, a incominciare da quello paesano.g.

ODIO DI STATO IN DIRETTA TV, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 18 marzo, 2013 in Costume, Politica | No Comments »

Isterica e acida Lucia Annunziata lo è sempre stata. Avete presente quelli che hanno la puzza sotto il naso e ti guardano dall’alto al basso perché si sentono i più intelligenti, che hanno studiato e frequentano solo gente giusta di sinistra? Ecco, lei è quella roba lì, un Mario Monti in gonnella, o come la definivano ai tempi della sua, e mia, frequentazione al Corriere della Sera, una insopportabile rompicoglioni. Ieri, durante la sua trasmissione Mezz’ora su Raitre, ha definito il suo ospite Alfano e tutto il Pdl una manica di impresentabili. Cara maestrina Lucia, campione di giornalismo dei miei stivali, impresentabile sarai tu e tutti quelli come te. Una manica di frustrati che non ne hanno mai azzeccata una, politicamente umiliati dalla storia e sconfitti dalla cronaca, soprattutto quella elettorale. Sarà presentabile il suo partito di riferimento, il Pd di Bersani, quello dello scandalo Montepaschi di Siena, delle tangenti di Penati, quello tanto presentabile da chiedere in ginocchio un salvagente in Senato a undici disgraziati grillini.

E dire che i suoi amici comunisti, per ringraziarla di tanta fedeltà, anni fa le avevano affidato pure la presidenza della Rai. È stata, ed è, la Annunziata, una lottizzata della politica (quella sì impresentabile), ha campato, e campa, con (tanti) soldi pubblici frutto anche dei sacrifici dei dieci milioni di «impresentabili» elettori del centrodestra.

Sono per la libertà assoluta di parola, non mi fanno paura gli insulti, ma mi chiedo se un servizio pubblico può essere impunemente così fazioso. Ormai siamo all’odio di Stato sulla tv di Stato e quello di donna Lucia per i liberali ricorda quello dei nazisti per gli ebrei. Oggi ci vuole cacciare dal parlamento perché impresentabili, domani chissà. Cosa dici Lucia, i nostri figli potranno ancora frequentare le scuole pubbliche? E le nostre donne che devono fare? Le mandiamo a rieducarsi o le chiudiamo in un ghetto. Siamo passati dalla tv etica di Santoro alla tv razzista della Annunziata.

Sostieni Berlusconi e protesti contro la giustizia politicizzata? In galera, razza di impresentabile. Non è uno scherzo, con me l’hanno fatto, col silenzio complice della democratica Lucia Annunziata.

Ma andate tutti a pettinare le bambole con Bersani, che magari quello vi viene bene. Il Giornale, 18 marzo 2013

NON FACCIAMOCI PROCESSARE NELLE PIAZZE E NELLE AULE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 17 marzo, 2013 in Politica | No Comments »

Sintesi del primo round post elettorale. Primo: la magistratura conquista la seconda carica dello Stato grazie all’elezione a presidente del Senato di Piero Grasso, già pm e procuratore antimafia. Secondo: i comunisti, con Laura Boldrini (una terzomondista, giustizialista e arrogante) si prendono la terza carica, quella di presidente della Camera. Terzo: i grillini dell’antipolitica si concedono subito il più classico dei riti politichesi, l’inciucio: grazie ad alcuni di loro infatti Bersani ha ottenuto i voti necessari per fare eleggere Grasso al Senato. Quarto: Monti si è definitivamente bruciato dimostrandosi per quello che è: un pasticcione egocentrico e incapace che dopo quella elettorale incassa un’altra umiliazione, tentando inutilmente di farsi eleggere presidente del Senato. Quinto: chi nel Pdl pensa ancora che con tutta questa gente si possa dialogare o cavare un ragno dal buco esce scornato: noi liberali saremo soli a difendere i nostri diritti, le nostre libertà e il nostro presidente Silvio Berlusconi, inseguito anche ieri da pm impazziti.

Morale: magistrati e comunisti, con l’aiuto di quel furbetto in malafede di Grillo, dopo aver preso possesso delle istituzioni ora proveranno a prendere quello del Paese. Non c’è progetto politico, solo la voglia di sovvertire il risultato delle elezioni togliendo di mezzo il centrodestra che alla vigilia era stato dato per morto ma che nelle urne morto non era. Non ce la faranno, perché governare è un fatto politico e non aritmetico, ma è sicuro che le proveranno tutte.
Ieri, nel suo discorso di insediamento, Piero Grasso ha ricordato Aldo Moro, di cui ricorreva l’anniversario del sequestro. Ha detto, il neopresidente del Senato, tante parole retoriche sullo statista ucciso dalle Br, ma ha volutamente omesso quelle più importanti, urlate da Moro in faccia a magistrati e giustizialisti: «Sia chiaro a tutti, la Dc non si farà processare nelle piazze e nelle aule». Un altolà che calmò gli animi e riportò buonsenso. Ecco, rompiamo noi i troppi silenzi e l’omertà dello smemorato neopresidente del Senato: attenti, noi moderati e liberali non ci faremo processare nelle piazze e nelle aule. Perché la questione la si risolve nelle urne. Anche se la piazza, sia chiaro, non ci fa paura e se sarà il caso sapremo usarla. Il Giornale, 17 marzo 2013

.………..E, aggiungiamo noi, non possiamo consentire che il cenrodestra venga vilipeso da qualche giornalistina da quattro soldi. E’ accaduto oggi, in Tv, su RAI 3, nell’intervista ad Alfano da parte della signora Annunziata, che vanta tanti meriti ma ovunque sia andata ha collezionato altrettanti flop. Costei, saccente e sprezzante, rivolta ad Alfano che rivendicava al centrodestra il diritto di indicare il nuovo Capo dello Stato dopo l’occupazione militare del Parlamento da parte del PD e la elezioni degli ultimi tre capi di stato di sinistra, la giornalista,   dipendente del servizio publico, pagato e pagata  con i soldi dei contribuenti italiani, tra cui i 10 milioni di elettori che appena due settimane fa hanno votato centrodestra, si è permessa di definire “impresentabile” il centro destra. Incalzata da un furente e pur calmo Alfano che ironicamente, ma non troppo, le ha chiesto dall’alto di quale cattedra etica si fosse permessa di insultare il centrodestra, la balbettante giornalista si è giustificata citando il caso della “marcia” dei parlamentari del PDL dinanzi al Tribunale di Milano. Una toppa peggiore del buco. Perchè quella di “marciare”  è un diritto  sacrosanto di tutti e quello di farlo davanti al Tribunale di Milano altrettanto e altrettanto lo è quello di entrare nel Tribunale di Milano che giudica ed emette sentenze “in nome del popolo italiano” del quuale i parlamentari sono gli unici, legittimi rappresentanti. Lo ha ricordato con forza Alfano, che però, per buona educazione, forse, ha dimenticato di invitare la giornalista che si issa da sola sul podio delle ovvietà che forse le conviene fare ripetizione della Cosituzione in nome della quale c’è chi, come oggi  la Annunziata, sciorina incredibili corbellerie. g.

LA NON POLITICA E I SUOI CALCOLI, di Ernesto Galli Della Loggia

Pubblicato il 17 marzo, 2013 in Politica | No Comments »

Con l’elezione alla presidenza delle Camere di Pietro Grasso e di Laura Boldrini, grazie ai voti della coalizione di sinistra animata dal Partito democratico, che li aveva eletti – si consuma definitivamente quella lunga storia della Sinistra italiana che per settant’anni ha avuto al suo centro l’esperienza comunista, e della quale quel partito è stato fino a oggi in qualche modo la prosecuzione.

Una lunga storia, dicevo: che nei decenni passati ha visto già sedere sul più alto scranno di Montecitorio quattro suoi eminenti rappresentanti: Pietro Ingrao, Nilde Iotti, Giorgio Napolitano e Luciano Violante. Basta per l’appunto ricordare quei nomi per misurare l’ampiezza senza misura della frattura che oggi si consuma a sinistra. Non si tratta delle idee. È ovvio che i valori e le visioni del mondo delle persone che oggi sono investite delle due massime cariche parlamentari siano molto diversi da quelli dei loro predecessori ricordati sopra. Ma ciò che innanzitutto colpisce è quanto siano sideralmente distanti le rispettive biografie. In sostanza, infatti, nelle biografie degli attuali presidenti del Senato e della Camera non ha il minimo posto la politica; che invece è stata la vita e la passione inesausta degli altri.

Intendo la politica come scontro di idee, esperienza di conflitti sociali, come elaborazione di strategie di lotta, come partecipazione ad assemblee elettive e pratica nell’attività deliberativa e legislativa: nulla di tutto questo c’è nel passato di Grasso o di Boldrini. Non si tratta di stabilire se ciò sia un bene o un male. Quel che importa notare è che qui c’è un punto di diversità assoluta rispetto a quella che per decenni, viceversa, è stata la vita concreta (e aggiungo l’ideale di impegno civile) degli uomini e delle donne che si sono riconosciuti nella Sinistra. Alla quale peraltro non risulta che fino a ieri né l’uno né l’altra abbiano mai detto di appartenere. Si può allora forse dire che l’elezione di Grasso e di Boldrini segni non tanto una vittoria dell’antipolitica quanto piuttosto, in senso proprio, della non politica.

È come se quella Sinistra che viene da lontano (e la parte cattolica che da tempo le si è aggiunta) si fosse convinta di non poter più trovare al proprio interno, nella propria storia, né volti, né voci, né biografie capaci di rappresentarla veramente. Come se essa giudicasse ormai irrimediabilmente inutilizzabile la propria vicenda politica, vicina e meno vicina: in un certo senso le proprie stesse radici. Rifiutatasi dopo essere stata comunista di divenire socialdemocratica, e sempre in preda all’antica paura di dispiacere a sinistra, la cultura politica del Partito democratico sembra aver smarrito il filo di qualunque identità che si colleghi al suo passato. Sicché oggi le è apparso naturale designare ai vertici della rappresentanza del Paese da un lato un importante membro della magistratura inquirente, dall’altro una apprezzata funzionaria internazionale, impegnata nella difesa dei diritti umani.

Certo, dietro tale designazione c’era evidentemente anche un calcolo politico. Quello che, presentando candidature ben viste a sinistra, il Pd riuscisse finalmente ad agganciare i grillini, nella speranza di portarli domani ad appoggiare il tentativo di un governo Bersani. A tale obiettivo è stato consapevolmente sacrificato vuoi ogni residuo rapporto con il Centro di Monti, vuoi ogni eventuale avvio di negoziati armistiziali con il Pdl e con la Lega. È quanto mai dubbio, però, che una manciata di voti grillini per il presidente Grasso annunci davvero una conversione del Movimento 5 Stelle e l’alba di un nuovo ministero. Assai più probabile, dopo questa giornata, è che sull’orizzonte italiano si allunghi, invece, solo l’ombra di elezioni anticipate.

L’ELEZIONE DI PAPA FRANCESCO UNA SCELTA GEOPOLITCA COME QUELLA DI WOJTYLA, di Vittorio Messori

Pubblicato il 14 marzo, 2013 in Storia | No Comments »

(Ansa)

Mi scuso di cominciare con un episodio personale. Ma, come si vedrà, sullo sfondo c’è un problema molto grave che riguarda la Chiesa intera e con il quale, dunque, Francesco dovrà confrontarsi in modo prioritario. Spero dunque mi sia perdonato l’apparente personalismo.

Nel mese trascorso dalla fatidica ricorrenza di Nostra Signora di Lourdes, l’11 febbraio, innumerevoli colleghi sia italiani sia stranieri mi hanno chiesto una previsione sul cardinale che i confratelli avrebbero eletto come successore di Benedetto XVI. Sempre, senza eccezione, mi sono schermito, a nessuno ho risposto, ricordando che a un cristiano non è lecito tentare di rubare il mestiere allo Spirito Santo; e rievocando episodi, vissuti di persona nella redazione dei giornali, in cui le indicazioni dei papabili da parte degli esperti erano state regolarmente smentite. Per questo motivo, pur scusandomi, non ho partecipato a quella sorta di divertissement dei colleghi del Corriere che, sorridendo, hanno indicato ciascuno una loro terna.

Ho fatto una sola eccezione al riserbo che mi era imposto con un collega – che è anche un vecchio amico e col quale ho scritto un libro sulla fede – Michele Brambilla, ora a La Stampa ma formatosi in questo nostro quotidiano e buon conoscitore dei problemi religiosi. Chiedendogli di tenere per sé la cosa, sino a Conclave concluso, gli ho proposto scherzosamente di farmi da notaio e gli ho affidato un nome, uno soltanto: Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires. L’amico collega mi ha telefonato anche ieri, sotto il diluvio di piazza San Pietro dove attendeva la fumata e mi ha ricordato quella previsione, chiedendomi se la confermavo: gli ho detto che mi sembrava di poterlo fare. Michele mi ha ricordato che Bergoglio non era tra coloro che la maggioranza dei colleghi dava come papabile: almeno in questo Conclave, mentre in quello che elesse Joseph Ratzinger pare sia stato colui che ebbe il maggior numero di voti dopo l’eletto. Ma otto anni sono passati, il cardinal Bergoglio ha ormai 76 anni, tutti attendevano un Papa nel pieno delle forze. Un limite che qualcuno aveva fissato sotto i 65 anni. Tra l’altro, sarebbe stato il primo gesuita a divenire Papa, dignità alla quale la Compagnia non ha mai mirato, secondo la raccomandazione del fondatore Ignazio. Eppure, insistetti su quella candidatura argentina.

Doti da indovino, confidenze del Paraclito, collegamenti occulti con le Sacre Stanze cardinalizie? Macché, non facciamola grossa, solo un poco di conoscenza della realtà della Chiesa attuale. Avevo infatti spiegato all’amico: «In Conclave, dove si conosce la condizione della Chiesa nel mondo intero, si potrebbe decidere per una scelta «geopolitica», come fu per Karol Wojtyla. Una scelta fortunata: non soltanto si ebbe uno dei migliori pontificati del secolo, ma si gettò nel panico la Nomenklatura dell’Unione Sovietica e di tutto l’Est che prevedeva guai, da un Papa polacco. Non sbagliava nello spaventarsi. In effetti, vennero Walesa, Solidarnosc, i cantieri Lenin di Danzica, gli scioperi operai che per la prima volta un regime comunista non osò reprimere nel sangue. Fu quella la crepa che, allargandosi, alla fine fece cadere tutti i muri dell’Impero. Ma nulla sarebbe stato possibile senza un Pontefice polacco, e di quale tempra e prestigio!, che sorvegliava e consigliava dal Vaticano». Ebbene, continuavo nel ragionamento, oggi una scelta geopolitica potrebbe rivolgersi in due direzioni: chiamare alla cattedra di Pietro il primo cinese nella storia che partecipi a un Conclave, l’arcivescovo di Hong Kong, John Tong Hon. Il panico, stavolta, non sarebbe a Mosca o a Varsavia ma a Pechino, nella capitale della superpotenza del futuro, dove il governo – non potendo estirpare i cattolici, coriacei alle persecuzioni – ha tentato di creare una Chiesa nazionale, staccata da Roma, nominando persino i vescovi. E i credenti fedeli al Papa sono ridotti alla clandestinità. come continuare a tenerli nelle catacombe o nei lager, con uno dei loro divenuto Papa?


Ma la Chiesa non ha mai fretta, giudica secondo i tempi delle «lunghe durate», come dicono gli storici degli Annales, il turno della Cina verrà probabilmente in un prossimo Conclave allorché, come capita in tutti i regimi totalitari, il sistema comincerà il declino e sarà indebolito, pronto per il colpo di grazia. E in questo, di Conclave? In questo, pensavo, c’era spazio per un’altra scelta geopolitica e stavolta davvero urgente, anzi urgentissima, anche se in Europa non si conosce la serietà dell’evento. Succede, cioè, che la Chiesa romana sta per perdere quello che considerava il «Continente della speranza», il Continente cattolico per eccellenza nell’immaginario comune, quello grazie al quale lo spagnolo è la lingua più parlata nella Chiesa. Il Sudamerica, infatti, abbandona il cattolicesimo al ritmo di migliaia di uomini e donne ogni giorno. Ci sono cifre che tormentano gli episcopati di quelle terre: dall’inizio degli anni Ottanta ad oggi, l’America Latina ha perso quasi un quarto di fedeli. Dove vanno? Entrano nelle comunità, sette, chiesuole degli evangelicals, i pentecostali che, inviati e sostenuti da grandi finanziatori nordamericani, stanno realizzando il vecchio sogno del protestantesimo degli Usa: finirla, anche in quel Continente, con la superstizione «papista». Occorre dire che i grandi mezzi economici di cui quei missionari dispongono attirano i molti diseredati di quelle terre e li inducono a entrare in comunità dove tutti sono sorretti anche economicamente. Ma c’è pure il fatto che le teologie politiche dei decenni scorsi, predicate da preti e frati divenuti attivisti ideologici, hanno allontanato dal cattolicesimo quelle folle, desiderose di una religiosità viva, colorata, cantata, danzata. Ed è proprio in questa chiave che il pentecostalismo interpreta il cristianesimo e attira fiumane di transfughi dal cattolicesimo. Dunque, i padri del Conclave probabilmente avrebbero valutato l’urgenza di un intervento, secondo un programma proposto e gestito da Roma stessa, insediandovi come Papa uno di quel Continente.

Ma l’emorragia riguarda soprattutto il Brasile e l’America delle Ande: perché, se Papa sudamericano doveva essere, perché un argentino, un arcivescovo di un Paese meno toccato dalla fuga verso le sette? Probabilmente ha giocato il fatto che il cardinal Bergoglio (a parte l’alta qualità dell’uomo, la preparazione teologica, l’esperienza) è al contempo iberoamericano ed europeo. La sua è una famiglia di immigrati recenti dall’astigiano, l’italiano è la sua seconda lingua materna: poiché per la Chiesa non sono urgenti solo i problemi di oltreatlantico ma anche quelli di un riordino energico della Curia, occorreva un uomo che sapesse fronteggiare certe situazioni vaticane. Insomma, non una predizione la mia, un semplice ragionamento. Molti altri ragionamenti saranno necessari, a cominciare dalla scelta del nome, Francesco, inedito nella storia del papato. Ma l’ora è tarda, il tempo stringe. Ci sarà tempo per riprendere il discorso. Vittorio Messori

BENVENUTO AL NUOVO PAPA: FRANCESCO, L’UMILE CARDINALE JORGE MARIO BERGOGLIO

Pubblicato il 13 marzo, 2013 in Storia | No Comments »

Joge Mario Bergoglio

Jorge Mario Bergoglio, gesuita, Arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina e sprovvisti di Ordinario del proprio rito, è nato a Buenos Aires il 17 dicembre 1936. Ha studiato e si è diplomato come tecnico chimico, ma poi ha scelto il sacerdozio ed è entrato nel seminario di Villa Devoto.

L’11 marzo 1958 è passato al noviziato della Compagnia di Gesù, ha compiuto studi umanistici in Cile e nel 1963, di ritorno a Buenos Aires, ha conseguito la laurea in filosofia presso la Facoltà di Filosofia del collegio massimo San José di San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è stato professore di letteratura e di psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fe e nel 1966 ha insegnato le stesse materie nel collegio del Salvatore di Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 ha studiato teologia presso la Facoltà di Teologia del collegio massimo San José, di San Miguel, dove ha conseguito la laurea. Il 13 dicembre 1969 è stato ordinato sacerdote. Nel 1970-71 ha compiuto il terzo probandato ad Alcala de Henares (Spagna) e il 22 aprile 1973 ha fatto la sua professione perpetua. E’ stato maestro di novizi a Villa Barilari, San Miguel (1972-1973), professore presso la Facoltà di Teologia, Consultore della Provincia e Rettore del collegio massimo.

Il 31 luglio 1973 è stato eletto Provinciale dell’Argentina, incarico che ha esercitato per sei anni. Fra il 1980 e il 1986 è stato rettore del collegio massimo e delle Facoltà di Filosofia e Teologia della stessa Casa e parroco della parrocchia del Patriarca San José, nella Diocesi di San Miguel. Nel marzo 1986 si è recato in Germania per ultimare la sua tesi dottorale; quindi i superiori lo hanno destinato al collegio del Salvatore, da dove è passato alla chiesa della Compagnia nella città di Cordoba come direttore spirituale e confessore. Il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo ha nominato Vescovo titolare di Auca e Ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno dello stesso anno ha ricevuto nella cattedrale di Buenos Aires l’ordinazione episcopale dalle mani del Cardinale Antonio Quarracino, del Nunzio Apostolico Monsignor Ubaldo Calabresi e del Vescovo di Mercedes-Lujan, Monsignor Emilio Ogénovich. Il 3 giugno 1997 è stato nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino.

E’ autore dei libri: Meditaciones para religiosos del 1982, Reflexiones sobre la vida apostolica del 1986 e Reflexiones de esperanza del 1992. E’ Ordinario per i fedeli di rito orientale residenti in Argentina che non possono contare su un Ordinario del loro rito. Gran Cancelliere dell’Università Cattolica Argentina. Relatore Generale aggiunto alla 10/a Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2001). Dal novembre 2005 al novembre 2011 è stato Presidente della Conferenza Episcopale Argentina. Dal Beato Giovanni Paolo II creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 21 febbraio 2001, del Titolo di San Roberto Bellarmino.

.……….La preghiera per Papa Benedetto XVI, la preghiera per Lui, la preghiera per il mondo: così si è presentato, emozionato e umile, al popolo  romano e straniero che gremiva Piazza San Pietro e alle centinaia di milioni di credenti che alla notizia della fumata bianca, alla quinta votazione del Conclave, lo  hanno seguito dinanzi alle televisioni di tutto il mondo, il nuovo Papa, il cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio che ha preso il nome del Santo Patrono d’Italia, Francesco, il primo Papa ad assumere questo nome, dopo i  265   che si sono seduti sul trono di San Pietro.

FUMATA NERA, LA PIAZZA VOLEVA ILMIRACOLO, di Sarina Biraghi

Pubblicato il 13 marzo, 2013 in Costume | No Comments »

Fumata nera nel primo giorno di Conclave. Era scontata eppure emozione e delusione non sono mancate. Non soltanto per chi, malgrado la pioggia, era in piazza San Pietro a fissare quel comignolo. Anche chi ha seguito in tv sperava di vedere un pennacchio bianco illuminare la notte romana. Basta attesa, il mondo voleva il miracolo. Invece ieri, a un mese esatto dalla rinuncia di Benedetto XVI, con una fumata nera (e poi si sono spente anche tutte le luci di San Pietro) è iniziato il Conclave. Un evento che è riuscito a mettere la sordina al resto delle notizie, seppur importanti, per il nostro Paese. Alla politica sguaiata (protesta Femen compresa) si è preferita la preghiera, la celebrazione, i riti solenni che precedono l’elezione di sua Santità.

«Spondeo, voveo ac iuro», cioè «prometto, mi obbligo e giuro», hanno ripetuto, alcuni con la voce incrinata, i 115 principi della Chiesa. E mentre nuvole minacciose avvolgevano il «Cupolone», i Cardinali con la mano sul Vangelo aggiungevano: «Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli, che tocco con la mia mano». Poi, dopo l’extra omnes, il cigolante portone della Cappella michelangiolesca si è chiuso con un rimbombo inquietante. Per chi stava fuori ma probabilmente anche per chi è rimasto dentro.

Non sarà facile per i Cardinali eleggere il successore di Benedetto XVI, un Pontefice che dovrà riformare la Curia ma anche rimediare a quel deficit di testimonianza da parte della Chiesa su gravi problemi, come la pedofilia. Sarà un Papa dal «cuore generoso» ha auspicato il cardinal Sodano celebrando la messa «pro eligendo Pontifice» ma comunque dovrà dar vita al cambiamento e alla discontinuità che i cattolici si aspettano. Anche se la sua elezione fosse il frutto di un compromesso con la Curia, il prossimo papa dovrà mettere in pratica il Concilio Vaticano II, passando dalle parole ai fatti, proprio in questa fase storica in cui si celebra l’anno della Fede.

Gli elettori porporati, al cospetto del Giudizio Universale del Buonarroti e guidati dallo Spirito Santo sapranno scegliere tra di loro la persona più adeguata a sopportare il peso del ministero petrino, a «governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo con il vigore sia del corpo sia dell’animo». Quelle caratteristiche che l’anziano e stanco Ratzinger aveva umilmente ammesso di non avere più. I Cardinali dovranno trovare una rinnovata forma di unità attorno al nuovo Pontefice che sentirà su di sé tutto in una volta, nell’attimo stesso in cui gli chiederanno se accetta l’incarico, il peso delle decisioni per il resto dei suoi giorni. Lui, eletto dopo un’abdicazione che dovrà convivere con un Pontefice Emerito, potrà piangere nella stanza delle lacrime. I suoi fedeli piangeranno di gioia alla vista della fumata bianca che annuncerà al mondo: «Habemus Papam». Sarina Biraghi,  Il Tempo, 13 marzo 2013