Archivio per la categoria ‘Economia’

L’INSUPERABILE TABU’ ITALIANO: RIDURRE LE SPESE

Pubblicato il 13 luglio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

La scorsa settimana Enrico Letta, al termine del vertice europeo, ha comunicato di aver ottenuto un grande successo: maggior flessibilità per i nostri conti pubblici. Poiché il governo Monti – ipotizzando di continuare a far pagare l’Imu a tutti e di aumentare l’Iva a luglio – prevedeva per il 2013 un deficit del 2,9%, maggior flessibilità dovrebbe significare poter oltrepassare, almeno temporaneamente, il limite del 3% imposto dalle regole europee. Altrimenti dove sarebbe la maggior flessibilità? Poche ore dopo il ministro Saccomanni ha spiegato che sarà assai difficile trovare lo spazio per evitare un aumento dell’Iva o per eliminare definitivamente l’Imu sulla prima casa. Non sorprende che tanti cittadini siano confusi e non capiscano che cosa intenda fare il governo.

Proviamo a capire. Se veramente, come sostiene Letta, l’Unione Europea ci avesse concesso più spazio sul deficit, allora potremmo non solo evitare l’aumento dell’Iva e cancellare l’Imu sulla prima casa, ma anche cominciare a ridurre le tasse sul lavoro. Se non lo si può fare significa che quella flessibilità non c’è (come dice Saccomanni), o che il governo pensa di usarla non per ridurre la pressione fiscale, ma per aumentare le spese. Infatti si è subito cominciato a parlare di «investimenti pubblici produttivi». Di tutto l’Italia ha bisogno tranne che di più spesa pubblica. I consumi delle famiglie sono scesi del 6% in due anni (2012-13). Nel medesimo periodo la spesa delle amministrazioni pubbliche al netto degli interessi è salita dal 45% del Prodotto interno lordo al 45,8 (era il 41,4% dieci anni fa). L’Italia ha bisogno di meno tasse sul lavoro per far crescere l’occupazione, e meno tasse sui consumi per far ripartire la domanda. Aumentare la spesa pubblica significa che prima o poi le tasse dovranno crescere ancora di più.

Dall’esperienza dei Paesi europei che negli ultimi tre anni hanno cercato di uscire dalla crisi tagliando il debito e ricominciando a crescere, si impara una lezione molto chiara. L’Irlanda, che ha corretto i conti soprattutto riducendo le spese, ha ricominciato a crescere: la stima per quest’anno è un aumento del prodotto pari all’1,3%. L’Italia invece si è limitata ad aumentare la pressione fiscale senza far nulla per ridurre le spese delle amministrazioni pubbliche, che anzi continuano a crescere. Risultato, non riusciamo ad uscire da una recessione profonda: la stima per quest’anno è un’ulteriore contrazione del reddito pari all’1,9%. Non bisogna quindi sorprendersi se Standard & Poor’s giudichi l’Irlanda, che pure ha un debito elevato quasi quanto il nostro (ma in discesa), più affidabile dell’Italia.

Continuiamo a commettere il medesimo errore: lo fece il governo Monti due anni fa e, se non si tagliano le spese, lo ripeterà Letta oggi. Non siamo capaci di varare un piano credibile di radicale riduzione delle uscite, quindi ci affidiamo all’aumento della pressione fiscale. Le agenzie di rating, e soprattutto i mercati, capiscono che limitandosi ad aumentare le tasse la crisi non si risolve e ci obbligano a fare di più. E la sola cosa che finora i governi hanno saputo fare è stato incrementare ancor più la pressione fiscale, peggiorando la situazione. È un circolo vizioso che sta distruggendo l’economia. Il Corriere della Sera, 13 luglio 2013, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi

……………..A dire il vero Alesina e Giavazzi, sopratutto il secondo, queste osservazioni, sensate, le facevano già all’epoca del governo Monti che ci subissò di tasse senza tagliare una sola spesa. Anzi Giavazzi fu chiamato a far parte di una delle tante commissioni  preposte allo scopo e guidate da Bondi, l’ottantenne che salvò la Parmalat e da allora passa per il salvatore di tutto e da tutto, anche dai terremoti, tant’è che lo hanno mandato anche a Taranto per salvare l’Ilva….Ebbene anche Giavazzi alla fine del govenro Monti non potè iscrivere sul suo curriculum alcunchè di  positicvamente conseguito in materia di riduzione della spesa pubblica  di cui tutti parlano, alternativamente alla sempre dichiarata guerra alla evasione fiscale, e che rimane, la riduzone della spesa pubblica improduttiva,  il grande tabù intoccabile del nostro Paese. Lo ricertificano di nuovo Alesina e Giavazzi dalle colonne autorevoli del Corriere della Sera, le stesse che provocando, secondo taluni,   lo tsunami dell’accelerazione giudiziaria in danno di Belrusocni, contribuisce, di fatto, a creare le condizioni perchè la casta dei politici, in complicità con tutte le altre caste italiane, continui a salvaguardare la intoccabilità delle spesa pubblica, anzi a creare ulteriori spazi di spesa – è di poche ore fa la creazione dell’ennesima e costosissima Autority, quella dei Trasporti-  che deterinano le ragioni di ulteriori salassi fiscali, diretti e indiretti, entrambi in accelerata dirittura di arrivo. Con buona pace di esperti ed economisti, compresi Alesina e Giavazzi. g.

SPIATI I CONTI CORRENTI: SARANNO PUNITI SOLO GLI ONESTI

Pubblicato il 23 giugno, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Spazi di libertà che se ne vanno. Da domani sarà operativo il SID, il nuovo sistema di anagrafe tributaria dei conti correnti.

Non si sa quanto sia voluta la scelta di un nome minaccioso (qualcuno si ricorderà che era la vecchia sigla dei Servizi Segreti italiani) ma di certo fa tremare perché tutti i dati del proprio conto corrente finiranno retroattivamente, a partire dal 2011, nelle mani di Attilio Befera. «Ma come?» Dirà qualcuno «Male non fare, paura non avere! Chi è in regola non deve temere nulla». Ahimè no, perché la storia della fiscalità italiana è costellata di vessazioni perpetrate proprio ai danni dell’onesto contribuente.

Le armi del grande evasore si chiamano Svizzera, Singapore, Cayman. I metodi di pagamento del malvivente non sono mai l’assegno o il bonifico. I grandi indagati per tangenti erano sempre stati pescati con il conto a Montecarlo o con i lingotti nell’imbottitura del puf, non si ricordano alle cronache malfattori col conto risparmio. Se ci fosse tuttavia la certezza di un utilizzo leale da parte dello Stato per combattere la famigerata evasione, la cosa potrebbe trovare giustificazione ma non è questo il caso per due motivi principali: innanzitutto un nuovo patto col contribuente fatto di punizioni esemplari e di controlli ferrei dovrebbe accompagnarsi ad una sostanziosa riduzione delle aliquote. Il concetto è difficile da digerire per l’onesto che paga tutto e che pensa che come lo può fare lui lo dovrebbero fare anche gli altri, tuttavia occorre sforzarsi e ragionare sui numeri: oggi il rapporto tra tasse incassate e Pil è ai vertici mondiali. Questo significa che se magicamente, mantenendo le aliquote attuali, tutti pagassero il dovuto, la pressione fiscale in Italia lo renderebbe il Paese più tassato del mondo di molti punti percentuali. Anche la vecchia storia del «se tutti pagassero le tasse le aliquote sarebbero più basse» è una solenne bugia perché mai ad un aumento della proporzione del gettito si è accompagnato un calo delle aliquote. Né mai succederà, tenuti presente i nostri impegni di bilancio. E qui arriviamo al secondo punto.

Ci ricordiamo le parole di Prodi che promise che «chi già pagava tutto non doveva temere nulla» salvo poi seppellirlo di gabelle? E soprattutto di Monti che disse che per una tassa «generalizzata» sul patrimonio occorrevano strumenti di accertamento che al momento non c’erano? Ebbene, dato che delle buone intenzioni dello Stato abbiamo imparato da tempo a diffidare e che governi di ogni colore hanno sempre calpestato i diritti dei cittadini con tasse irragionevoli e addirittura retroattive, non si può non pensare che si stia preparando l’ennesima tonnara per macellare il contribuente, magari in nome dell’Europa. Una trappola che incenerisce anche gli ultimi barlumi di privacy e che rischia di colpire ancora una volta gli onesti, lasciando gli evasori del tutto indenni al riparo dei loro conti esteri e schermati. Paradossalmente l’unica difesa del contribuente sarebbe la crisi, come dimostrato dalla recessione provocata dagli inasprimenti di Monti. Spiati, vessati e a rischio fallimento: non esattamente le migliori condizioni per un rilancio economico. Il Giornale, 23 giugno 2013

………………..Tutti, da destra a sinistra, avevano assicurato che sarebbe stato posto un freno all’invasione barbarica di Equitalia nella privacy degli italiani. Infatti da domani Equitalia e i suoi sceriffi di Nottingham potranno contare i peli dei contribuenti italiani, naturalmente di quelli onesti, che le tasse le pagano dal primo all’ultimo centesimo. Gli altri, i milioni che già  sfuggono al fisco, continueranno a farlo tranquillamente, perchè l’Himmler di Equitalia avrà altro di cui occuparsi.

L’ELEMOSINA AGLI ITALIANI DEL GOVENRO LETTA: 5 EURO DI RIPARMIO IN TUTTO IL 2013 SULLE BOLLETTE ENEL

Pubblicato il 18 giugno, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

ROMA – Quattro-cinque euro annui in meno sulla bolletta della luce del 2013, il doppio l’anno prossimo. Tanto dovrebbe valere per le famiglie italiane (che ogni anno pagano in media 511 euro di luce) la riduzione, pari a 550 milioni, del prezzo dell’energia elettrica, deliberata dal governo Letta nel decreto «Fare».
Il condizionale è d’obbligo, visto che ieri i tecnici dei ministeri competenti erano ancora al lavoro per «cifrare» il decreto e nelle ultime ore è circolata l’indiscrezione di 150 milioni di euro, di cui ora dispone l’Erario, provenienti dalla cosiddetta componente A2 della bolletta (oneri per la messa in sicurezza del nucleare), e che potrebbero essere destinati al taglio delle bollette. Se queste risorse fossero risorse aggiuntive, genererebbero un ulteriore sconto quest’anno di due euro, ma potrebbero anche essere soltanto sostitutive di qualche altra voce.Fonte ANSA, 18 GIGUNO 2013

……………Insomma il decreto del “fare” ha partorito per gli italiani l’ennesimo topolino o, se si vuole, l’ennesima presa in giro. Letta, nella conferenza stampa di presentazione del decreto legge, annunciava,  tutto giulivo, che le bollette della luce sarebbero state diminuite nell’anno 2013. A conti fatti si tratta di 5 euro all’anno, che potrebbero salire a 7 ma non di più. Cioè quanto gli italiani di buona volontà fanno cadere nel cestino delle offerte durante la messa domenicale. Quindi una elemosina all’anno quella del governo delle larghe intese a fronte delle esosissime tasse che gli italiani pagano per mantenere in vita un sistema che fa acqua da tutte le parti. g.

BASSO MERITO, ZERO AMBIZIONI

Pubblicato il 21 maggio, 2013 in Costume, Cultura, Economia, Politica | No Comments »

C’è stato un tempo felice in cui tutto il corpo sociale viveva di impulsi politici. Dalla fine della guerra fino al crollo della Prima Repubblica la vita di tutti era segnata dal primato della politica: dal primato delle grandi ideologie dell’epoca (comunismo, liberismo, corporativismo, dottrina cattolica); dal primato della dialettica fra i sistemi geopolitici (mondo occidentale, mondo arretrato, Paesi cosiddetti non allineati); dal primato anche quotidiano di scontri sociali e mobilitazioni di classe. Tutto era politica.
Ma, al di là della forte ruvidezza conflittuale di quegli anni, la politica non ci dispiaceva, perché ci trasmetteva un messaggio comune: crescete, andate avanti, salite la scala sociale, diventate altro da quello che siete. Ci spingevano a tale dinamica coloro che esaltavano le lotte operaie come coloro che coltivavano l’ampliamento del ceto medio; coloro che speravano nella potenza politica dei braccianti come coloro che trasformavano i braccianti in coltivatori diretti, cioè in piccoli imprenditori; coloro che spingevano per dare spazio a più ampie generazioni studentesche come coloro che coltivavano le alte professionalità industriali; coloro che predicavano il politeismo dei consumi come coloro che richiamavano alla sobrietà dei comportamenti. Gli obiettivi e i conflitti della politica erano tanti, ma l’anima era unica: «Crescete e salite i gradini della scala sociale». Ed era verosimilmente per questo incitamento alla mobilità che la politica piaceva.
Oggi è quasi disprezzata. I giornali sono pieni di possibili spiegazioni: la politica è estranea ai bisogni della gente; i politici fanno casta e se ne approfittano; sotto i partiti ci sono interessi inconfessabili; non c’è più una dinamica di rappresentanza democratica. Spiegazioni plausibili, ma è possibile che la cattiva fama della politica derivi dal fatto che essa non spinge più a crescere e salire, ma a far restare tutti ai gradini bassi in una filosofia di eguaglianza che si collega all’idea di una comune cittadinanza che rischia di diventare populismo, obbedendo alla logica di «invidia e livellamento» di cui lo stesso Marx aveva timore.
Guai a diventare «qualcuno», per la politica attuale. Dobbiamo restare cittadini a pari e basso merito, collocazione corroborata da giudizi morali tanto gridati quanto semplicistici. Non sorprende che i due terzi dei nostri giovani parlamentari siano «programmaticamente» cittadini a basso merito che si proclamano eticamente superiori. E se c’è «qualcuno» che vuole o tenta di essere protagonista, è rapidamente cecchinato. Il messaggio profondo della politica oggi sta proprio nel diffondere, anzi imporre, l’appiattimento al basso della cultura collettiva, della dinamica sociale. Ed è colpa ben più grave dei vizi di casta, perché inquina la chimica intima della società, ne riduce le dinamiche in avanti e le speranze.
Per questo bisognerà cominciare a difendersi dalla politica; diffidando di come oggi il suo primato sia diventato regressivo e non propulsivo. Forse il meglio è altrove, nella dinamica sociale, dove ancora vive un po’ della voglia di crescere e salire che ci avevano dato i politici di prima, che tutto erano meno che dei semplici cittadini a basso merito.
Giuseppe De Rita, Il Corriere della Sera, 21 maggio 2013

MUTUI CASA: IN FORTE RIBASSO E SOLO PER IL 60% DEL VALORE DELLA CASA

Pubblicato il 14 maggio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

N el 2012 sono state comprate in Italia, secondo i dati ufficiali rilasciati dall’Agenzia delle Entrate, 155.466 abitazioni con il ricorso al mutuo; rispetto all’anno precedente la diminuzione è del 38,6%. Se invece si guarda al numero di alloggi acquisiti per contanti si scopre che la diminuzione è stata «solo» del 15,2%. Nel 2011 le case comprate con finanziamento erano il 44,8% del totale, nel 2012 sono scese al 37%. Tutto questo significa che vi è senz’altro una congiuntura molto negativa per l’immobiliare, ma anche che la maggiore responsabilità va cercata proprio nella stretta sui finanziamenti ipotecari.

Valutazione
Le domande di mutuo a loro volta hanno registrato lo scorso anno un calo del 42% sul 2011; la variazione, calcolata dal Crif, però misura il numero di istruttorie avviate e non può tenere conto del fatto che buona parte dei potenziali debitori si scoraggia di fronte al rifiuto preliminare allo sportello e non avvia nemmeno l’istruttoria. Secondo i dati della Bussola mutui di Crif e del broker web mutuisupermarket.it nei primi tre mesi di quest’anno la domanda si sarebbe contratta di un ulteriore 11%.

Il problema principale è nella forte stretta data ai criteri di valutazione del cosiddetto «merito di credito». In particolare sono diventati più severi i due requisiti fondamentali per ottenere il benestare al mutuo: quello reddituale (il rapporto tra rata e proventi del debitore) e quello patrimoniale (il rapporto tra somma erogata e valore dell’immobile dato in garanzia). E a tutto questo si aggiunge il fatto che i redditi devono derivare da lavoro dipendente a tempo indeterminato presso un’azienda in buona salute economica o da attività professionale consolidata da anni e che spesso vengono richieste garanzie supplementari sotto forma di assicurazioni o di terzi che si impegnano ad accollarsi le rate che il debitore non onorasse.

I conti
Abbiamo cercato di valutare quanto la stretta sui finanziamenti stia rendendo difficile comprare casa e per questo abbiano calcolato quanto oggi un potenziale sottoscrittore di mutuo possa ottenere con il suo reddito e di quanto deve disporre come minimo in contanti; abbiamo poi verificato come queste cifre siano cambiate rispetto al 2004-2005, gli anni del boom delle vendite immobiliari e delle erogazioni di mutui in Italia. Il confronto lo facciamo con quegli anni anche per un’altra ragione: i mutui e i prezzi della case (che hanno toccato il picco nel 2007) di quel periodo sono sostanzialmente analoghi a quelli attuali.

Con duemila euro al mese oggi è ragionevolmente possibile avere un finanziamento a 20 anni a tasso fisso da 75mila euro, nel 2005 se ne ottenevano 89mila; con un reddito di 4.000 euro oggi si è finanziati per 160mila euro, nel 2005 se ne ricevevano 189mila. Si potrà obiettare che siccome i tassi sono analoghi nel 2005 si aveva di più, ma si pagava anche di più. Ad esempio con 2.000 euro oggi si pagano a tasso fisso per 20 anni circa 516 euro al mese mentre per gli 89mila di otto anni fa ne servivano 616. Vero, bisogna però tenere conto della perdita di potere d’acquisto: i 1.400 euro al mese circa che rimanevano una volta pagato il mutuo nel 2005 valgono di più dei 1.500 che restano in tasca oggi.

Inoltre bisogna considerare che nel 2005 non c’era problema, in presenza di un buon requisito reddituale, a farsi finanziare fino all’80% del valore della casa dichiarato dell’acquirente mentre oggi è ben difficile superare la quota del 60% del valore stimato dal perito della banca. Se l’inizio d’anno è stato negativo e le previsioni sono ancora improntate a un certo pessimismo in questi giorni si sta verificando un fatto nuovo che potrebbe cambiare scenario: la caduta dello spread Bpt-Bund. Il perdurare del calo dei rendimenti del debito pubblico italiano da un lato ridarebbe fiducia agli investitori e dall’altro farebbe riconsiderare l’importanza dei mutui nelle strategie delle banche, che, con i Btp a lunga scadenza attorno al 3%, potrebbero ritenere interessante prestare denaro garantito da ipoteca al 5-6%.

E’ invece difficile ipotizzare una discesa repentina degli spread applicati ai mutui: oggi sono tra il 3 e il 3,5%, in media un punto e mezzo in più rispetto a quelli applicati due anni fa. Una riduzione di questi spread porterebbe a surrogare in pratica tutti i mutui erogati negli ultimi due anni, innestando una competizione inedita per le banche italiane.Gino Pagliuca, Il Corriere della Sera, 14 maggio 2013

VISITE FISCALI NELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE: SOSPESE DALL’INPS PER MANCANZA DI FONDI

Pubblicato il 2 maggio, 2013 in Economia | No Comments »

Antonio Mastrapasqua visite fiscali 367

L’Inps sospende tutte le visite fiscali d’ufficio per i dipendenti della pubblica amministrazione.
La decisione, resa nota dall’agenzia di stampa Agi, è stata comunicata in una circolare rivolta ai medici denominata “Temporanea sospensione delle procedure riguardanti le visite mediche di controllo” ed è stata presa al fine di raggiungere l’obiettivo di 500 milioni di risparmi sul bilancio 2013, previsto dalla legge di stabilità.

Sembrano lontani i tempi in cui il ministro Brunetta tuonava contro i “fannulloni” del pubblico impiego annunciando le nuove modalità per le  visite fiscali d’ufficio, per verificare le assenze per malattia in aziende ed enti pubblici.

La soppressione delle visite fiscali è la conseguenza della crisi dell’Inps. L’istituto di previdenza spende annualmente 50 milioni per questo tipo di attività e le visite fiscali d’ufficio da sole ammontano al 75% delle visite totali, pari a circa 1,5 milioni di controlli.
Contro la circolare si sono schierati i medici di famiglia della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) che temono un picchi di assenteismo e il licenziamento di qualcosa come mille medici.

“L’Istituto – ha dichiarato Alfredo Petrone, coordinatore nazionale di Fimmg Inps – ha deciso la temporanea sospensione delle visite mediche di controllo disposte d’ufficio. Si tratta di un provvedimento preso senza alcun preavviso e rispetto al quale esprimiamo forte dissenso. In poche settimane verificheremo un importante aumento delle assenze per malattia e quindi una spesa ben superiore rispetto a quanto l’Istituto investe in un anno per le visite mediche di controllo d’ufficio. Per questo motivo chiederemo un incontro urgente con la dirigenza dell’Inps e con il ministro del Lavoro, riservandoci di informare anche la Corte dei conti di ciò che si profila come un errore perfetto”.
Se è vero infatti che sospendendo le visite l’istituto risparmia, “basta un aumento dello 0,1% di assenze per malattia – fa notare ancora Petrone -  per far perdere 100 milioni“.

Assenteismo e produttività

Rimane aperta la possibilità che a decidere la visita sia l’azienda, a patto che ne sostenga il costo.
La lotta all’assenteismo, considerato una delle zavorre principali della produttività, rimane una delle priorità delle aziende. E tra le sue cause prevalgono le malattie brevi. Un’emicrania, un mal di denti, una generica indisposizione “non epidemica” sufficiente a stare a casa qualche giorno. In molte aziende sotto una certa soglia non serve nemmeno il certificato medico. E comunque nessuna visita fiscale potrebbe sbugiardare un falso malato di questo tipo. Risultato: l’incidenza delle assenze per malattie brevi sulla produttività è alta.

Val la pena ricordare che in un importante contratto collettivo nazionale – quello del commercio - il tabù della malattia retribuita è crollato due anni orsono. L’accordo concluso a fine febbraio 2011 ha introdotto un giro di vite sulle malattie inferiori a 12 giorni.
La regola prevede che per i primi due episodi di malattia la retribuzione:

•  per i primi tre giorni è al l00%,
•  per il terzo e il quarto giorno al 50%,
•  dal quinto giorno in poi viene tagliata del tutto.

.….Fonte: Virgilio, 2 maggio 2013 (NELLA FOTO IL PRESIDENTE DELL’INPS CHE PERCEPISCE UNO STIPENDIO DA NABABBI NON ASSOGGETTATO A RIDUZIONI….)

ASSICURAZIONE RC: IN ITALIA PREZZI PIU’ ALTI DELL’80% RISPETTO ALLA GERMANIA

Pubblicato il 22 febbraio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Rc auto, in Italia prezzi piu' alti in UeROMA – I premi rc auto sono in Italia in media più elevati e crescono più velocemente rispetto a quelli dei principali paesi europei. E’ quanto emerge da un’indagine Antitrust sul settore. Il premio medio è più del doppio di quelli di Francia e Portogallo, supera quello tedesco dell’80% circa e quello olandese di quasi il 70%.

La crescita dei prezzi per l’assicurazione sul periodo 2006-2010, rileva il Garante per la concorrenza, è stata quasi il doppio di quella della zona Euro e quasi il triplo di quella registrata in Francia. Anche per quanto riguarda la frequenza sinistri e il costo medio dei sinistri, il costo è in Italia tra i più elevati tra i principali paesi europei: in particolare, la frequenza sinistri è quasi il doppio di quella in Francia e in Olanda e supera di circa il 30% quella in Germania; il costo medio dei sinistri in Italia supera quello della Francia di circa il 13%, quello della Germania di oltre il 20% ed è più del doppio di quello del Portogallo. Tuttavia il numero delle frodi accertate ai danni delle compagnie in Italia appare quattro volte inferiore a quello accertato dalle compagnie nel Regno Unito e la metà di quello accertato in Francia.

Riformare il sistema del risarcimento diretto e introdurre nuovi modelli contrattuali finalizzati al controllo dei costi per ridurre i premi. Facilitare la mobilità tra una compagnia e l’altra, introducendo sistemi di confronto semplici e rivedendo il meccanismo delle classi di merito interne. E’ la ricetta dell’Antitrust per ridurre il costo delle polizze rc auto, a chiusura dell’indagine conoscitiva sul settore. FONTE ANSA: 22 febbraio 2013

…..Ecco un’altra cosa di cui nion abbiamo sentito parlare in campagna elettorale, cioè dell’industrai dello sfruttamento degli automobilisti da parte delle compagnie assicurative che fanno quello che vogliono alla faccia non solo degli utenti ma anche dei tanti antitrust del mondo. Chissà se stgasera alle ultime  battute, qualcuno dei contendenti si ricorderà di questo sistema organizzato di truffa ai danni degli automobilisti. g.

DAL MONTE DEI PASCHI ALLA FINMECCANICA: LATITANTI SONO LE REGOLE, di Sergio Rizzo

Pubblicato il 14 febbraio, 2013 in Economia, Giustizia, Politica | No Comments »

Dopo l’arresto di Giuseppe Orsi la sospensione dei pagamenti alla Finmeccanica da parte dell’India era scontata. Non finirà lì, temiamo. Si parla di un’azienda pubblica nel cui capitale sono presenti molti investitori privati, che opera in un settore strategico e ha una fortissima proiezione internazionale, con rapporti anche governativi. È impossibile prevedere quali ripercussioni avrà questa vicenda in quei contesti. Ma nell’opera di ricostruzione dell’immagine aziendale i nuovi vertici dovranno impegnarsi a fondo. La Finmeccanica ha 70 mila dipendenti, rappresenta il cuore tecnologico dell’industria italiana ed è espressione di quel poco che ancora ci resta della grande impresa manifatturiera.

Le implicazioni rischiano dunque di rivelarsi ben più pesanti di una giornata di passione in Borsa. Anche perché, in concomitanza di una campagna elettorale che getta un’ombra di incertezza sulla stabilità di qualunque futuro governo inquietando i mercati, quella della Finmeccanica non è l’unica ferita a grondare sangue. Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, altra grande impresa pubblica il cui ruolo viene spesso paragonato a quello di un vero e proprio ministero degli Esteri «parallelo», è indagato per una faccenda di presunte tangenti algerine. Mentre l’ex presidente della terza banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena, è sotto inchiesta per aver nascosto agli organi di vigilanza alcune operazioni che hanno causato gravi perdite: con l’aggravante, per Giuseppe Mussari, di essere stato per tre anni il capo dei banchieri italiani, incaricato di trattare in nome e per conto di tutti loro gli accordi di Basilea. Lo scandalo senese, poco ma sicuro, non migliorerà i rapporti internazionali delle nostre banche.

In questa tempesta perfetta non mancano pesanti responsabilità. Così premurosa quando si tratta di spartire poltrone nelle aziende pubbliche e in certe banche, la nostra politica non mostra mai identica reattività quando sarebbe necessario. Nel caso del Monte dei Paschi, ha tollerato il permanere di un rapporto perverso fra banca e partiti locali. Per non parlare della colpevole inerzia del governo di fronte al dilagare del tumore dei derivati. Nel caso della Finmeccanica, invece, ha chiaramente sottovalutato il rischio. Si poteva intervenire prima? Probabilmente si doveva. Difficilmente, in Paesi come la Germania o il Regno Unito, l’azionista pubblico sarebbe rimasto completamente indifferente davanti a un’accusa di corruzione internazionale formulata dalla magistratura già molti mesi fa. Non fosse altro, per tutelare entrambi: l’azienda e l’accusato. In Italia, invece, no.

Anziché intervenire per tempo, qui si preferisce fare esercizi di dietrologia. Sempre dopo. C’è chi si chiede se lo scandalo del Monte non sia scoppiato ad arte proprio ora per mettere in difficoltà il Pd, e chi sospetta che l’arresto di Orsi nasconda un siluro alla Lega Nord, partito certo non ostile a quel manager, il cui leader Roberto Maroni punta a governare la Lombardia. Altri non escludono che pure l’inchiesta sull’Eni faccia parte di un’offensiva dei magistrati in piena campagna elettorale… L’unico fatto sicuro è che quando in certi casi la politica non agisce tempestivamente lo spazio vuoto viene occupato dalla magistratura. Lo sappiamo da almeno vent’anni. Peccato che la lezione non sia servita a niente. Sergio Rizzo, Il Corriere della Sera, 14 febbraio 2013

IL MONTE (DEI PASCHI) E DEI FAVORI: SCONTI A PD, CGIL E ARCI

Pubblicato il 3 febbraio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Ecco il Monte dei favori:  sconti sui mutui a Pd, Cgil e Arci. E gli altri protestavano...Giuseppe Mussari e Susanna Camusso

di Franco Bechis

Ha una convenzione con il Partito democratico direzione nazionale, ormai estesa a gran parte delle federazioni locali. È  sui conti correnti del Monte dei Paschi di Siena che ora affluiscono i finanziamenti pubblici al Pd, come quelli privati  e la percentuale che viene chiesta dal partito sullo stipendio dei propri eletti, designati e nominati in incarichi pubblici e privati. Ma il Monte dei Paschi di Siena ha un rapporto commerciale speciale con l’intera galassia rossa: partito, associazioni, sindacato di riferimento. È  la banca rossa che si gioca questo primato ormai con un solo concorrente: il gruppo Unipol, nato e cresciuto fra le cooperative rosse. La banca rossa della rossa Toscana da una parte e la banca rossa della rossa Emilia dall’altra. Non è un caso se spesso fra i due gruppi c’è stata tensione (come all’epoca dei contrapposti piani su Bnl), se il partito si è spaccato spesso fra i tifosi dell’uno e dell’altro polo finanziario.

Monte dei Paschi di Siena ha una convenzione bancaria quadro con tutta la Cgil di Susanna Camusso. È  una convenzione talmente importante e favorevole da essere stata inserita fra i principali motivi di adesione alla Cgil nelle ultime campagne tesseramento del sindacato guidato dalla Camusso. Per non fare torto a nessuno dei due poli finanziari rossi la Cgil ha sottoscritto una convenzione assicurativa con il gruppo Unipol e una bancaria con Mps che «prevede per gli iscritti alla Cgil agevolazioni importanti nella gestione dei conti correnti, per i mutui, per i risparmi, i prestiti personali, anche a favore dei lavoratori atipici e immigrati».

Infatti le convenzioni Mps-Cgil sono più di una, in modo da dare un prodotto adeguato per ogni categoria assistita dal sindacato. C’è una convenzione generale di cui possono usufruire tutti gli iscritti. Ma ce ne è una per i pensionati della Camusso sottoscritta fra la banca senese e lo Spi-Cgil: 5 euro di spese bancarie al trimestre per operazioni illimitate, bancomat gratuito il primo anno, tassi assai favorevoli anche per lo scoperto di conto corrente da una a sei mensilità della pensione ricevuta, e in  più (per chi avesse questo privilegio), abbattimento del 50% di tutti i costi standard per la gestione, amministrazione e custodia di titoli, e addebito gratuito di tutte le utenze in conto corrente. C’è una convenzione per gli immigrati iscritti alla Cgil, che abolisce le commissioni su rimesse e bonifici all’estero fino a 250 euro e da lì in poi applica una commissione dello 0,15%. Si tratta in genere di condizioni assai vantaggiose, che non poche volte hanno provocato le proteste di altre forze sindacali che non sono riuscite ad avere con la banca rossa o altri istituti di credito convenzioni paragonabili.

Anche una parte consistente dell’associazionismo rosso ha trovato nel Monte dei Paschi di Siena la banca di riferimento, e chissà se il solido rapporto riuscirà a sopravvivere alla bufera politico-finanziaria di queste ore. Ci sono convenzioni specifiche ad esempio con buona parte della galassia Arci. Le condizioni dipendono anche dal numero degli iscritti. Il contratto ad esempio con Arci pesca è buono, ma non così favorevole come quello dei pensionati Cgil. Gli sconti maggiori riguardano l’abbattimento del 50% delle spese di custodia titoli e delle spese di istruttoria per le pratiche di mutuo fondiario, per cui sono garantiti finanziamenti a 40 anni. Tassi più favorevoli di quelli di mercato anche per i prestiti personali a rimborso rateale per importi fino a 60 mila euro rimborsabili in un arco massimo di dieci anni.

La raffica di convenzioni dimostra come il Monte dei Paschi sia diventata ben al di là di Siena la banca rossa per eccellenza per il Pd, la Cgil e tutto il loro retroterra. Come lo dimostra la progressiva trasformazione compiuta dalla metà degli anni Novanta in banca di riferimento delle lotte intestine al Pd. Qualcosa si è capito durante le primarie dell’autunno scorso, quando Matteo Renzi, infilzato da Pier Luigi Bersani per il suo rapporto con Davide Serra e i paradisi fiscali, lo ha zittito: «Spieghi lui Mps e le operazioni con  Banca 121 e Antonveneta». Parole non colte nella loro profondità. Assai interessanti ora che è esploso lo scandalo finanziario legato proprio a quelle operazioni di Mps. Libero, 3 febbraio 2013

…..…C’è ancora qualcuno che possa mettere in dubbio il legame tra il PD e il Monte dei Paschi di Siena?

MPS: ADESSO CI DEVONO SPIEGARE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 31 gennaio, 2013 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

Da oggi la finanza legata alla sinistra ha un nome: quelli del 5 per cento, che è il valore delle tangenti che i signori trattenevano per sé.

Il presidente di Mps Alessandro Profumo

La presunta superiorità morale ed etica di quel mondo sta crollando sotto i colpi di una inchiesta, quella sulla banca Monte dei Paschi, che il cauto procuratore di Siena ha definito ieri «esplosiva». Il buco creato dai banchieri del Pd lo abbiamo già tappato noi, versando quei quattro miliardi di Imu sulla prima casa che corrispondono alla somma girata a Siena dal governo Monti per tamponare il buco e salvare la baracca.
Ora Bersani la smetta di minacciare. Ci sbrani, se vuole mantenere la parola data per tentare di silenziare il caso. Ma credo che il suo problema sia oggi quello di non essere rincorso con i forconi dai suoi elettori, truffati dalla banca e beffati dall’uso disinvolto di euri pubblici fatto dai consiglieri Pd della Regione Lombardia (20 indagati, compresi i soci che fanno capo a Di Pietro). Ma anche Monti la deve smettere di fare il santarellino indignato. Il suo governo ha dato, di fatto, copertura economica e mediatica a quello che è il più grande scandalo bancario della Repubblica. Di più. Il suo ministro dell’Economia, quello dell’Imu, del rigore, dell’aiuto al Montepaschi, del «non abbiamo soldi per i terremotati», quello che ieri si è presentato in Parlamento per autoassolversi, non la racconta tutta. Per esempio, lui che all’epoca era già ai vertici dell’economia italiana, non ha spiegato come mai il Monte dei Paschi gli concesse un mutuo superiore al valore della casa che stava per comperare. Prassi anomala, con i tempi che corrono è già tanto se a un comune mortale le banche finanziano il 50 per cento del necessario.
Insomma, Bersani e Monti volevano farci fessi, con i loro loden e le loro primarie democratiche. Per fortuna non è che tutti gli altri sono «qui a pettinare le bambole», come ama dire il leader del Pd. E adesso che lo spieghino agli elettori cosa è successo. E ci restituiscano i soldi dell’Imu, che noi in questo schifo non c’entriamo nulla. Il Giornale, 31 gennaio 2013

.…………….Oggi i giornali titolano che la Banca senese era governata da una banda di malfattori. Ma a sentire la papessa Bindi ieri sera a Porta a Porta la faccenda è diversa. Come nessu no lo dice, nè lo ha detto la Bindi che dall’alto della presunta supeirorità etica del centrosinistra tentava, inutilmente, di arginare l’offensiva assai documentata del direttore di Libero Maurizio Belpietro ( a proposito, il PDL eviti di mandare in trasmisisone belle “guaglione” ma assai inadatte a controbattere una come la Bindi…) che tra l’altro ha citato lo statuto del PD  senese che tutti i nominati negli enti, pubblici e privati, come appunto il Monte dei Paschi di Siena, hanbno l’obbligo di versare oboli sostanziosi al partito. Come Mussari, il pluriindagato in quyesta storiaccia, che al PD ha versato in qualche anno ben 700 mila euro. “Liberalità“, li ha definiti la Bindi… Dopo di che, ogni commento è inutile e superfluo.g.