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MONTE DEI PASCHI DI SIENA: DIECI DOMANDE A BERSANI

Pubblicato il 29 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Il Partito fa il partito, la banca fa la banca. Alza un bel muro, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Lui sta da una parte, i banchieri di Siena, quelli di ieri che hanno svuotato il più antico istituto di credito al mondo e quelli di oggi che tentano di salvarlo, dall’altra.

Il segretario Pd Pier Luigi Bersani e Giuseppe Mussari

Ma questo muro dev’essere un argine invisibile. Non c’era quando Mussari arrivava nel 2001 alla testa della Fondazione, benedetto dalla dirigenza del partito. Fra una standing ovation e l’altra. Non c’era quando la Fondazione, che controlla in modo ferreo, oggi per fortuna un po’ meno, l’istituto di credito era una galleria di facce targate Pd e ancora Pd: 13 su 16 nel board che conta. E non c’era nemmeno quando Mussari, dopo aver fato il bello e il cattivo tempo per un decennio e anche più, se n’è andato. Consegnando cumuli di macerie alla collettività. E allora ecco dieci donande per Bersani.

1. Onorevole Bersani, lei afferma di non avere alcun imbarazzo per la vicenda Mps perché il Pd si occupa di politica, non di banche. Perfetto. Però Massimo D’Alema, che se non sbaglio è del suo stesso partito, ha dichiarato alla Stampa: «Noi, e per noi intendo il Pd di Siena nella persona dell’ex sindaco Franco Ceccuzzi, Mussari lo abbiamo cambiato un anno fa, assieme a tutto il consiglio d’amministrazione del Monte dei Paschi». Il Pd di Bersani non si occupa di banche, il Pd di D’Alema invece sì, al punto di cambiare tutto il vertice del Mps?

2. Il partito non si occupa di banche, però i 16 membri del comitato d’indirizzo della Fondazione Mps che a sua volta controlla la banca vengono così nominati: 8 dal Comune di Siena, targato Pd, 5 dalla Provincia di Siena, targata Pd, 1 dalla Regione Toscana, targata Pd e uno a testa, infine, dall’università e dalla Curia. Il Pd non ha le mani nella banca ma ha, a stare bassi, tredici dei suoi uomini nello strategico comitato d’indirizzo della Fondazione. Tredici su sedici: non è un è po’ troppo per dire che il partito è estraneo alla banca?

3. Il Pd non poteva sapere, perché il Pd, e i DS prima del Pd, e il Pds, prima dei Ds, e il Pci, prima di tutti gli altri, pensa alla politica. Però tutti questi partiti, che poi sono lo stesso nelle sue diverse evoluzioni, seguivano con attenzione quel che avveniva in una città simbolo come Siena. Le risulta che uno dei cavalli di battaglia del candidato sindaco Franco Ceccuzzi fosse: «La Fondazione non scenderà mai sotto il 50 per cento della banca»? Come mai Ceccuzzi diventò sindaco contravvenendo alla regola aurea che lei adesso richiama: «Il Pd non si occupa di banche»?

4. Ceccuzzi fu di parola. A luglio 2011, la Fondazione si svenò sottoscrivendo un aumento di capitale della banca e così s’indebitò, facendo saltare tutti i parametri, per mantenere il controllo assoluto della banca. Non vede una certa coerenza fra i comizi di Ceccuzzi e il comportamento della Fondazione? E, dettaglio ulteriore, le risulta pure che questa coerenza fosse il frutto di un documento scritto, con la Fondazione come cassa di risonanza dei desiderata del primo cittadino? Coda curiosa: il collegio sindacale della Fondazione si oppose all’aumento di capitale, ma l’operazione andò avanti…

5. Le risulta anche che il tentativo di svecchiare e rinnovare la Fondazione, che ripeto è la cabina di regia della banca, sia partito proprio dall’unico posto da cui poteva partire cioè il gruppo del Pd in consiglio comunale, grossomodo alla fine del 2011? E forse le risulta anche che il tentativo di cambiamento provocò una feroce spaccatura dentro il partito nella città del Palio e che il sindaco, sempre per seguire la massima che la politica è estranea alla banca e alle sue vicende, di fatto governò il rinnovamento della Fondazione centellinando le facce nuove?

6. L’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, avvocato calabrese e storico militante del Pci-Pds-Ds, nel periodo che va dal 27 febbraio 2002 al 6 febbraio 2012 ha versato a titolo personale nelle casse del partito, il suo partito, 683.500 euro. Forse avete cacciato un vostro disinteressato benefattore? Certo, i soldi sono stati destinati alla federazione provinciale di Siena, ma questo basta per dire che Roma non c’entra niente con questa storia? Comunque ancora ad agosto 2012, con la banca in acque agitate, Mps sponsorizzava con 10 mila euro la Festa del Pd. Marketing? Mah. Piuttosto, sempre e solo simpatia?

7. Le risulta che l’arrivo dell’avvocato Mussari nel 2001 alla testa del Monte dei Paschi fosse stato sponsorizzato, sempre per il principio che il partito non fa incursioni nel mondo della finanza, dai seguenti personaggi: il magnifico rettore dell’università Luigi Berlinguer, oggi curiosamente capo dei probiviri del Pd; il parlamentare eletto in città Franco Bassanini; Massimo D’Alema e Giuliano Amato da Roma? D’Alema del resto rivendica, come abbiamo ricordato un momento fa, l’uscita di scena di Mussari, dunque tutto torna. O no?

8. L’alleanza fra i quattro, il quadrilatero, si ruppe rovinosamente negli anni successivi ai tempi dell’operazione Unipol. A dirlo, sempre in base al fatto che il partito fa gli affari suoi e pure quelli delle banche, fu proprio Bassanini in un’intervista a Panorama: «Consorte e D’Alema fecero pressioni su Siena perché si alleasse con Unipol», ovviamente nella scalata a Bnl. «Chi difese l’autonomia di Mps – prosegue Bassanini – come me e Amato venne emarginato». Non le pare, visto tutto quello che è successo, un’accusa grave?

9. Massimo Mucchetti, autorevole giornalista economico per lungo tempo vicedirettore ad personam del Corriere della sera, oggi che è candidato del suo partito, capolista al Senato in Lombardia, dice ala Stampa: «Non vedo una responsabilità oggettiva del partito, ma della città». Solo che la città è da sempre nelle mani del partito comunista e dei suoi eredi. Insomma, passando per Siena non è che si ritorna Roma, alla sede del suo partito? Non è che buttare tutte le colpe, passate, presenti e future, sulle teste calde del Granducato di Toscana sia un modo un po’ troppo comodo per sfuggire a responsabilità che sono molto più grandi e gravi?

10. C’è chi dice che l’attuale numero uno di Mps Alessandro Profumo sia stato scelto a Roma, dopo frenetiche consultazioni ai piano alti del suo partito. Solo malignità e voci incontrollabili che non meritano nemmeno una precisazione? Certo, Profumo, che pure sta meritoriamente aprendo i cassetti in cui sono custoditi i segreti e le sofferenze della banca, si è impegnato in campagna elettorale sostenendo in Lombardia il candidato del centrosinistra al Pirellone Umberto Ambrosoli. Insomma, siamo ancora al tanto vituperato collateralismo fra il partito e l’istituto di credito più antico ma oggi anche più invecchiato al mondo?

MONTI: UN PIFFERAIO CHE PROMETTE MENO TASSE…DOPO AVERLE MESSE.

Pubblicato il 29 gennaio, 2013 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

All’improvviso la situazione economica italiana sembra essere migliorata (a dispetto di quanto però dicono prestigiose istituzioni) al punto da incoraggiare la prospettiva di un Eden fiscale nella prossima legislatura. Così ecco che mentre Berlusconi si impegna su una serie di sforbiciate a aliquote e tasse, Monti rilancia alla grande. «Presenteremo presto un piano per ridurre il gettito di Imu, Irap e Irpef, da finanziare con una riduzione spesa pubblica sul Pil pari al 4,5% in cinque anni». In una bozza circolata in serata i dettagli: aumento a partire dal 2013 della detrazione sulla prima casa da 200 a 400 euro. Raddoppio delle detrazioni per figlio a carico da 50 a 100 euro per figlio. Introduzione di una detrazione di 100 euro per gli anziani che vivono soli. Tutto fino a un massimo di 800 euro. Il costo stimato è di 2,5 miliardi. La copertura viene dal contenimento della spesa corrente primaria pari a circa 3 miliardi. «Lo Stato – spiega il Prof – non spenderà un euro in più rispetto al 2012». Per il taglio dell’Irap Monti promette l’«eliminazione del monte salari dalla base imponibile Irap». Il risultato sarà un dimezzamento dell’attuale carico fiscale sul settore privato. Per l’Irpef il taglio fiscale avverrà attraverso l’aumento delle detrazioni per i carichi familiari e la riduzione delle aliquote a partire da quelle più basse. Lo Stato detasserà il salario dei dipendenti delle imprese che aumentano la produttività. Il credito di imposta prevede sgravi fiscali per le imprese che introducono innovazione di prodotto e di processo. Il costo della misura è pari a circa un 1,3 miliardi di euro. Il valore complessivo del pacchetto di interventi è di circa 30 miliardi. Rilancia l’idea di una grande coalizione per le riforme, ma al tempo stesso minaccia l’ipotesi di una manovra correttiva in primavera: «Dipende dal voto». Intervenendo a Omnibus, Monti è sibiliino: anche se nel 2013 il Pil andasse peggio di quanto previsto tempo fa, e se fosse negativo questo non porterebbe di per sè la necessità di una manovra, perché l’obiettivo di bilancio è in temini strutturali, non per ciclo. Quindi io escludo la manovra, ma non escludo niente in certi casi di esiti del voto. In una bozza circolata in serata si prospettava una riforma del mercato del lavoro. Si punta a sperimentare soluzioni più flessibili, partendo da quanto è consentito dall’articolo 8, quello sulle deroghe contrattuali, che ha effetti anche sul recesso dal rapporto di lavoro. Sempre in tema di occupazione il piano del premier propone un piano straordinario per dare l’opportunità di lavoro ad ogni giovane che esce da un ciclo scolastico, mentre a chi non ha opportunità di lavoro, deve essere offerta un’opportunità «dal servizio pubblico, in collaborazione stretta con organizzazioni private imprenditoriali e no, entro il termine massimo di 4 mesi». Anche ieri Monti ha lanciato bordate al Pd accusandolo di essere «molto condizionato» dalla Cgil. «È un peccato che si facciano meno riforme di quelle necessarie, semplicemente perchè ci sono queste gabbie. Io credo che bisogna superarle». Torna a smentire un’alleanza con Berlusconi ma ribadisce che invece vuole essere un punto di riferimento per quanti elettori del Pdl rimasti delusi. «Credo che ci siano molti elettori del Pdl che dovrebbero essere delusi, la rivoluzione liberale e federalista che avevano promesso, non ci sono state. Credo che il nostro programma vada incontro a molte delle esigenze di iniezioni di cose liberali in Italia, un desiderio frustrato degli elettori di Berlusconi. Voglio avere a che fare con questo popolo».Il Tempo, 29 gennaio 2013

…..Che Monti oltre che essere uno spergiuro (aveva garantito che in cambio della nomina n a senatore a vita avrebbe mantenuto una rigorosa distanza dalla politica e poi vi si è buttato dentro come un topo nel formaggio) era anche un incompetente tanto da applicare ad una economia disastrata un0 aumento vertiginoso delle tasse bloccando di fatto ogni possibilità di crescita che si poggia, come sanno anche gli studenti al primo anno di economia, sui consumi che le tasse invece bloccano, è un fatto. Ma che si trasformasse in un qualsiasi politicastro tanto da lui “rigorosoamente” insultato, davvero non se lo aspettava nessuno. Un mese fa, allorchè Berlusconi, da lui definito pifferaio magico, primise che ove vincesse avrebbe tolto l’IMU dalla prima casa, sornione e sarcastico, Monti dichiarò, urbi et orbi, con quella mano a grappolo che è ormai la sua inimitabile rappresentazione scenica, che se tanto fosse accaduto l’anno successivo l’IMU avrebbe dovuto essere rimessa, raddoppiata! E’ un fatto. Ciascuno è libero di dire quel che vuole, ma un minimo di decetente coerenza pur è obbligatoria. Per gli altri, ma per se medesimo Monti non la pretende. Infatti ora non solo annuncia che vuol togliere l’IMU sulla prtima casa, ma annuncia ulterori tagli e riduzioni su altre voci della infinita gamma delle tasse italiane. Come definirlo? Lo lasciamo decidere agli elettori italiani, quelli che ogni giorno si alzano e che vadano a lavorare o vadano ai giardinetti (i pensionati) devono gfare i conti con la miseria, quella che di certo non attanaglia nè lui, nè la di lui moglie, nè la di lui famiglia, essi tutti al sicuro dal laticlavio senatoriale oltre che dalle richhe prevbende ottenute nel passato dalla destra e dalla sinistra. In nome del suo (falso) ecumenismo. g.

MONTI E BERSANI SBANCATI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 27 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Ci sono impresentabili ladri di polli, altri perché truffatori da strada, altri ancora che fanno la cresta sulle note spese pubbliche.

Non ci stupiamo più, ne abbiamo viste e raccontate di ogni genere. Ma i peggiori, e più pericolosi, sono gli insospettabili che si muovono con autorevolezza tra salotti e palazzi e che godono di buona stampa.

Non elemosinano una vacanza o un’auto di lusso, stanno alla larga, almeno ufficialmente, da donnine e vizi italici. È che sono assetati di potere e, per arrivarci o mantenerlo, hanno bisogno di montagne di soldi, centinaia di milioni, a volte miliardi. Altro che P2, P3 o P4. Gli impresentabili veri e invisibili oggi si annidano in quella ragnatela di potere che è la finanza rossa, un intreccio tra banche, colossi assicurativi, sistema di cooperative e giornali che fanno girare i soldi per alimentare e sostenere il Pd. Il quale ricambia, tramite la politica (governi, comuni, enti pubblici), procurando loro nuovi affari e commesse.

La Coop non sei tu, come dice lo slogan, sono loro, un cerchio magico di politici e affaristi che godono, a differenza di altri, di una sostanziale immunità giudiziaria. Per questo fa ridere che Bersani e soci cerchino di chiamarsi fuori dallo scandalo Monte dei Paschi. Hanno permesso che miliardi di euro, privati e pubblici, venissero usati dalla «loro» banca con una disinvoltura criminale. Hanno ottenuto coperture di livello, silenzi che valgono oro. Non si sono chiesti come mai il Monte abbia acquistato per 10 miliardi una banca, l’Antonveneta, che tre mesi prima ne valeva 6. E oggi non si chiedono se per caso la differenza sia finita in qualche tasca invece che a finanziare aziende e famiglie. Belsito e Bossi Trota, a confronto, sono galantuomini gettati in pasto all’opinione pubblica per saziare la rabbia popolare.

Ma soprattutto fa ridere che solo ieri Monti si sia accorto che il Montepaschi è una banca del Pd. Ma chi vuole prendere in giro, lui che è cresciuto a pane, banche e circoli esclusivi, quanto ben informati? Il premier in loden sente puzza di bruciato e si chiama fuori dopo che aveva fatto approvare con voto di fiducia un nuovo finanzia­mento miliardario alla banca rossa. Monti e Bersani hanno paura e scappano, come dei Corona qualsiasi. E si scaricano a vicenda le colpe come fanno, appunto, gli impresentabili. Non sono Trote, ma pesci sì, in barile. Il Giornale, 27 gennaio 2013

MONTI HA USATO I SOLDI DEGLI ITALIANI. QUELLI DELL’IMU IN PARTICOLARE, PER SALVARE LA BANCA ROSSA DI BERSANI

Pubblicato il 23 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Monti, i soldi dell'Imu per salvare la banca rossa
I Monti-bond da 3,9 miliardi equivalgono a quanto pagato dagli italiani per la tassa sulla prima casa

Per capire quello che sta succedendo oggi bisogna fare un salto nel 2007. Quando Mps, la più antica banca italiana, compra da Santander Antoneventa a un prezzo di gran lunga superiore (10 miliardi di euro) rispetto a quello che era stato pagato (6,5 miliardi di euro) dal gruppo spagnolo solo tre mesi prima . Se è vero che Mps diventa la terza banca del Paese con oltre tre mila sportelli, è altrettanto vero che dall’acquisizione a prezzi stratosferici cominciano molti guai per l’istituto di credito senese. Sull’operazione la Procura apre un’inchiesta per capire se fu accompagnata da un giro di tangenti a politici e intermediari. Così la banca storicamente vicina alla sinistra, diventa una sorvegliata speciale sia da parte dei mercati che della magistratura.  I risultati di bilancio sono pessimi e peggiorano con il passare degli anni. Mps si lancia quindi in operazioni finanziarie che si trasformano in un boomerang per i propri conti, presiti, derivati, e chiede un aumento di capitale ai propri soci nel tentativo di chiudere il buco.  Ieri, mercoledì 23 gennaio, Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi, ed ex presidente di Mps si è dimesso in seguito allo scandalo derivati conclusi nel 2009.

I Monti-bond Lo scorso dicembre, contro il parere di Mario Draghi, il governo italiano ottiene il via libera dalla Ue per l’erogazione di 3,9 miliardi di euro di aiuti di Stato alla banca senese. La formula allunga-debito, prevede che alla scadenza del prestito o Mps rimborsa o fa entrare lo Stato nell’azionariato. Ed oggi sono proprio i Monti-bond che infiammano la polemica politica.  Sì, perché l’ Imu sulla prima casa che tutti gli italiani proprietari di immobili hanno dovuto versare entro lo scorso dicembre, ammonta proprio a 4 miliardi di euro. E così questo scandalo bancario rischia di trasformarsi in un boomerang per la sinistra, esattamente come nel 2006 accadde con il caso Unipol (Fassino, intercettato al telefono, con Consorte, diceva “Abbiamo una banca): se è vero che a vincere fu il centrosinistra, la Cdl fece un ottimo risultato al Senato (156 seggi contro 158)

Amico dei banchieri “Le banche hanno badato troppo alla finanza e poco all’economia reale, alle famiglie e alle imprese. Monti ha coccolato le banche e dato schiaffi al ceto medio”. attacca il segretario del Pdl Angelino Alfano: “Noi abbiamo due richieste precise per le banche  la prima è restituire all’economia reale, alle famiglie e alle imprese, i soldi avuti a basso tasso di interesse dalla Bce; il secondo riaprire i rubinetti del credito”. Attacchi al governo dei banchieri arrivano anche da Antonio Di Pietro “La vicenda che ha coinvolto il dimissionario presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, è gravissima. Ma è ancor più grave che il governo Monti abbia finanziato le casse del Monte dei Paschi di Siena con un prestito da 3,9 miliardi di euro, cifra equivalente all’Imu sulla prima casa, l’imposta con cui questo esecutivo ha tartassato gli italiani. Si tratta di soldi pubblici, presi dalle casse dello Stato e dalle tasche dei cittadini, e versati a Mps da questo governo di banchieri”, aggiunge Di Pietro, “Tutta quest’operazione rappresenta l’ennesimo schiaffo alle famiglie italiane salassate da Monti con le politiche del rigore. Politiche che hanno fatto pagare il costo della crisi ai lavoratori, ai giovani, ai pensionati, ai più onesti, alle piccole e medie imprese e agli artigiani che, in questo momento, sono presi per il collo dal sistema bancario. Ci auguriamo che la magistratura faccia al più presto luce su questa torbida vicenda”. In tutta la vicenda che sta emergendo riguardo al Monte dei Paschi di Siena, si conferma che gli azionisti e i clienti, cioè i cittadini, sono sempre e semplicemente carne da macello, rincara Sandro Bondi, del Pdl, che aggiunge: “Mentre le conseguenze delle scelte avventate compiute dai vertici della Banca vengono coperte dagli aiuti del governo Monti, i rubinetti dei prestiti alle imprese e alle famiglie vengono chiusi determinando un’ulteriore spinta alla recessione”.Questa è la filosofia del governo Monti: difendere i ceti oligarchici contro il popolo. Proprio la funzione che nell’antica Roma era affidata alla figura del dictator: ‘Adversus plebem dictator’”, conclude Bondi. Libero, 23 gennaio 2013

MONTI E’ STATO IL COMMISSARIO LIQUIDATORE DELL’ITALIA:PAROLA DI LUIGI ZINGALES

Pubblicato il 22 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

zingalesLUIGI ZINGALES

Meno tasse, meno burocrazia, meno Stato e più impresa. Praticamente, spiega Luigi Zingales, «siamo la nuova Lega». Il professore di imprenditorialità e finanza all’Università di Chicago, bocconiano doc, tra i promotori del movimento guidato da Oscar Giannino che si presenta alle prossime elezioni “Fare per Fermare il declino”, non ha dubbi: «Noi riproponiamo lo spirito originario delle proposte leghiste, che era quello liberale e liberista».

Inutile ricordargli che di quel progetto faceva parte anche Silvio Berlusconi. All’economista il Cav non piace. «Ha fatto», dice, «lo stesso errore che sta facendo ora Mario Monti, si è circondato di persone sbagliate».

Il Financial Times, però,sembra convinto che i difetti di Monti vadano al di là dei compagni di viaggio…
Il principale difetto dell’attuale premier è quello di aver fatto il commissario liquidatore dell’Italia. Un modo per accontentare i creditori, senza però pensare ai debitori, che sono gli italiani e sono stati caricati di tasse.

Cosa si poteva e doveva fare di più?
Ci sono tanti punti su cui non è stato fatto tutto il possibile. Mi viene in mente una cosa che può sembrare marginale, ma è emblematica: perché non ha tolto tutte le auto blu agli ex ministri?

Non avrebbe aiutato molto i conti pubblici…
Ma forse avrebbe reso un po’ meno odiose le imposte, che tra le altre cose anche quelle auto vanno a finanziarie. La lotta all’evasione non si fa trasformando tutti i cittadini in presunti colpevoli, come fa il redditometro, ma abbassando le tasse e offrendo servizi più efficienti.

Se doveste vincere le elezioni cosa fareste dell’Imu?
In linea di principio tra un’imposta sulla casa e l’Irpef preferisco la prima, anche perché se fosse effettivamente destinata tutta ai Comuni rientrerebbe in quel meccanismo virtuoso di controllo da parte dei cittadini del rapporto tra imposte e servizi. Detto questo credo che l’Imu debba essere ridisegnata sulla base della capacità contributiva dei cittadini e resa più graduale.

Niente riduzione delle tasse, dunque?
Tutt’altro. Credo che la priorità sia quella di abbattere la spesa (6 punti percentuali in 5 anni) e tagliare di conseguenza le tasse. A partire da quelle sul lavoro e sui giovani.

Anche Berlusconi ha proposto di detassare i giovani assunti. Cosa ne pensa?
Che sia una buona idea. Ma deve essere finanziata. E un’ipotesi potrebbe essere quella di toccare le pensioni d’oro, ma solo quelle con un rapporto sproporzionato tra contributi versati e assegno incassato.

silvio BerlusconiE sul fronte del lavoro, pensa che la riforma Fornero vada nella giusta direzione?
La riforma Fornero non ha migliorato le cose, probabilmente le ha peggiorate. E in questo caso era meglio non fare alcuna riforma che farla sbagliata. Ma il vero problema in Italia non è solo la flessibilità. Il principale gap di competitività delle nostre imprese riguarda il peso della burocrazia. È qui che bisogna intervenire con una riforma che rivoluzioni l’efficienza della Pa, perché oggi ogni imprenditore si alza la mattina e deve combattere per tre ore contro la burocrazia prima di poter iniziare a lavorare.

Ci hanno provato in tanti…
Lo so. Serve la determinazione di una Thatcher, che con la forza del coraggio e delle idee è riuscita a trasformare un Paese alla deriva in un Paese che ancora oggi produce più del nostro.

E il welfare?
Il liberismo non rifiuta il welfare. Anzi. La rete di protezione per i lavoratori è necessaria anche perché aiuta le persone, senza togliere il costo del fallimento, ad assumersi i rischi dell’impresa. Libero, 22 gennaio 2013

MONTI E I SUOI: TECNICAMENTE INCAPACI

Pubblicato il 21 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

RomaPer il sottosegretario Polillo vale la regola del budino: «Per sapere se è buono bisogna assaggiarlo». Assaggiate un po’ di riforme dei tecnici, il budino non pare troppo riuscito.

Il banco del governo presieduto da Mario Monti

«Solo gli stolti non ammettono gli errori» si è difesa Elsa Fornero, il ministro più attaccato per «incapacità tecnica» sulle sue riforme, ma in buona compagnia tra gaffe, sbagli e retromarce.

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A LA «BOIATA» DEL LAVORO

Così ha definito la riforma il presidente di Confindustria Squinzi, mentre Monti dice già che «va riformata». Si voleva rendere più flessibile il lavoro, si è ottenuto l’opposto. Per ridurre gli «effetti impropri» dei contratti a progetto i precari sono stati resi più costosi e vincolanti per le imprese, con effetti peggiorativi sull’occupazione, mai cosi bassa come nel 2012, l’anno dei ministri non «incapaci».

B PASTICCIO FORNERO

Altro pasticcio firmato Fornero che riforma le pensioni, alza l’età e aumenta gli anni necessari, ma dimentica gli over 55 usciti dal mercato del lavoro, senza più stipendio ma senza ancora pensione: gli esodati. Quanti? 65mila per la Fornero, oltre 300mila secondo i vertici Inps, raggiunti dall’anatema del ministro per averla sconfessata: «Nel privato sarebbero stati licenziati». Si è trovata una copertura provvisoria, ma quello degli esodati resta ancora una bomba da disinnescare.

C IMU GIÀ DA CAMBIARE

Monti ha difeso la tassa sulle abitazioni con orgoglio nella conferenza stampa delle dimissioni, ora ammette che «va modificata». L’Imu sulla prima casa colpisce tutti, ricchi e poveri, senza tenere conto del reddito annuo e con valori catastali aumentati del 60% che hanno portato ad una patrimoniale pesante per le famiglie. Senza parlare del caos delle aliquote. Un’altra stangata al settore immobiliare e al mattone, cassaforte delle famiglie. Una «tassa iniqua» persino secondo la Commissione Ue.

D BUFALE FINANZIARIE

La Tobin Tax è una delle bufale più incredibili dei tecnici. Apparentemente nessuno se ne vuole assumere la responsabilità. Ma da metà 2013 entrerà in vigore. Si tratta di una bufala non solo per l’inutilità a fermare la speculazione (sempre che questo sia un obiettivo desiderabile), ma per la sua costruzione tecnica. Dovrebbe portare ad un gettito di un miliardo, in realtà frutterà molto di meno. Il buco, previsto in 800 milioni di euro, sarà dovuto proprio alla cattiva scrittura della norma. Si prevede infatti di tassare le compravendite di titoli italiani, fatte da stranieri, su mercati esteri. Come introdurre un’imposta sugli spaghetti al pomodoro cucinati a Londra da inglesi. È evidente che non sarà possibile riscuotere alcuna tassa all’estero: non ne abbiamo alcuna giurisdizione. I tecnici lo sanno? Se la risposta è affermativa la situazione è persino peggiore. Non si tratta più di un buco creato dall’incapacità, ma da un buco volontario per non tassare le banche. Trattasi di falso in bilancio. Pubblico.
E «REFUSO» DISOCCUPATI

In un disegno di legge viene reintrodotto il pagamento del ticket sanitario per i disoccupati, che per legge ne sono esentati. Nessuno se ne accorge finché non arriva in Parlamento. Niente paura, era solo un «refuso» nella legge, spiega il governo dei capaci.

F TERZI BOCCIATO

Un anno fa il ministro degli Esteri Terzi di Sant’Agata annunciava il suo prossimo viaggio in India per «far tornare alle loro famiglie» i due soldati italiani arrestati in India. Ma lì sono rimasti per tutto l’anno. A Natale un permesso per tornare dalle famiglie, poi di nuovo alle autorità indiane. Un altro insuccesso degli «ottimati».

G TAGLI AI MALATI, ANZI NO

Altro grosso pasticcio il taglio dei fondi per l’assistenza dei malati di Sla, costretti a manifestare in barella e respiratori davanti a Palazzo Chigi per riavere l’assistenza. E il ministro Fornero pianse ancora.

H IL FLOP DI BONDI E AMATO

Vengono chiamati da Monti come supervisori dello stesso governo: Enrico Bondi (spending review), Giuliano Amato (costi della politica), Enrico Giavazzi (contributi alle imprese). Risultati non eclatanti, la spending review è poca cosa, il valore aggiunto di Amato non è chiaro, mentre Bondi chiede ai cittadini di suggerire dove tagliare. Arriva una mail ogni 2 secondi. Domanda: che fine hanno fatto tutti quei consigli?

I LE GAFFE

Dagli universitari sfigati se si laureano tardi, ai giovani «choosy», schizzinosi con il lavoro, ai complimenti di Obama a Monti, mai pronunciati dalla Casa Bianca ma comparsi magicamente nel resoconto sul sito del governo.

J PASSERA PROMETTE

«Punto e a capo, è una ripartenza nel rapporto tra la Fiat e l’Italia» annuncia Monti a Melfi, davanti agli operai e a fianco di Marchionne. Che qualche giorno dopo annuncia la chiusura di Melfi. Mentre di Passera, superministro, si ricordano – oltre ai mille tavoli aperti e non chiusi – le mirabolanti promesse di 100 miliardi per la crescita «entro l’anno» e di 120mila nuovi posti di lavoro. Per ora solo nelle carte del superministro. Paolo Bracalini, 21 gennaio 2013

.………………Ieri Monti, ormai ben calato nel ruolo del camdidato, all’apertura della sua campagna elettorale, è riuscito anche a commuoversi e a piangere (proprio come la Fornero quando presentava la sua riforma lacrime e sangue del lavoro)   parlando dei suoi nipoitini (che per loro fortuna il latte lo possono comprare grazie al sostanzioso stipendio che il nonnino percepisce al Senato) e assicurando che il suo governo ha agito pensando ai tanti “nipoti” italiani per salvare i quali ha affamamto i loro padri e anche i loro nonni. Regista di questo squallido spettacolo è il il ministro Riccardi, cattolico d’annata, il quale sa bene, per mestiere, cosa si deve fare per prendere per i fondelli la gente comune, l’uomo della strada. E pare che l’algido Monti, quello, per dirla con Bersani, che guarda gli altri dal’alto in basso,  che nel 1994 si fece predn ere in guiro da Berlusconi e i cambio ottgenne la comoda e ben retribuota poltrona di commissario europeo, ha imparato la lezioncina e l’ha messa in campo nella convention bergamsca dove in prima fila c’era uno che, Cordero di Montezemolo, non assomiglia affatto ai poveri pensionati italiani, defraudati, incostituzionalmente, dell’adeguamento pensionistico che per il 2013 varrà circa 800 euro e per il 2012 è valso circa 350 eruo in meno all’anno. No, Montezemolo, con le mani in pasta in tante cose, a tutto può assomigliare meno che ai milioni di contribuenti italiani posti sotto torchio da Monti, senza che ciò, lo scrive oggi il Financial Time di Londra,  sia servito nulla, se non ad impoverire gli italiani, mentre, scrive sempre l’autorevole giornale economico brittannico che ai temtpi di Berlusconi era una sopecie di Bibbia per i suoi oppositori, le sue rifvorme sono state acqua fresca, anzi, diremmo noi, acqua putrida. E allora perchè mai gli italiani dovrebbero votrarlo? Solo per soddisfare il suo immenso “io” oppure per consenire a vecchia rnesi della politica del nulla – Fini e Casini – di contiunuare a ciarlare senza costrfutto? Gli elettori sapranno come rispondere.g.




LA CURA MONTI A BASE DI TASSE: BUONA, MA PER L’ITALIA CHE NON C’E', di Francesco Forte

Pubblicato il 20 gennaio, 2013 in Economia | No Comments »

Ma certo che occorreva questo redditometro di massa di 110 voci, articolato in 5 aree geografiche e 11 classi di nuclei familiari, ossia 6.050 tipologie.

Se non ci avesse pensato, con sollecitudine tempestiva, l’Agenzia delle Entrate, sulla base del provvido decreto del Ministro dell’Economia del Governo Monti, (che se ne è dato carico benché dimissionario), sarebbe stata necessaria una campagna di stampa per ottenerlo.
Naturalmente stiamo scherzando. E quello che segue, purtroppo, è il racconto fantaeconomico di un altro mondo. Non questo in cui viviamo, bensì l’unico in cui avrebbero il senso (e che invece qui non hanno) le politiche del governo Monti.
Un mondo dove è sempre più necessario dare la caccia agli evasori, per scopi di equità fiscale, perché non c’è alcuna giustificazione all’evasione, quando il carico fiscale è così mite e le imposte sono così poche e semplici come ora, dopo un anno e due mesi di tregua tributaria, da parte di un governo che si è guardato bene dall’introdurre imposte nuove o aumenti di aliquote delle previgenti.
Questo redditometro, con sette categorie di spesa, come i sette peccati capitali – abitazione, assicurazioni e contributi previdenziali, mezzi di trasporto, istruzione, attività sportive-ricreative e di cura della persona, attività varie significative quali oggetti d’arte, preziosi donazioni a Onlus, assegni al coniuge separato e infine investimenti mobiliari e immobiliari – occorreva qui in Italia, per moderare, con la remora della verifica fiscale, le spese troppo generose per noi e i nostri gatti e cani.
Il gonfiamento continuo dei consumi è preoccupante. Se ne è avuto un segnale con il boom delle vendite prenatalizie, di fine anno e dell’Epifania, che non sono mai state tanto euforiche. Le tredicesime hanno gonfiato i portafogli dei cittadini che, ottimisti sul futuro dell’economia e del lavoro, non gravati da oneri di fine anno e confidenti nell’arrivo di un governo di sinistra che prosegua nella politica di moderazione tributaria dell’ attuale, si sono buttati negli acquisti.
E ora mancano quegli annunci di sconti di fine stagione che in passato venivano pubblicizzati per smaltire i saldi. C’è un’inflazione a due cifre, favorita dal fatto che la Bce ha adottato una politica di estrema espansione, tanto nell’acquisto di debito pubblico che nella fornitura di denaro alle banche, che lo prendono e lo spendono subito rincorrendo i clienti, con l’offerta di un credito facile, sia peri mutui per la casa, sia per gli arredi, sia per le aziende.
Così, saggiamente, il redditometro affianca le spese di consumo delle famiglie, dei single e dei loro animali domestici. Anche i loro investimenti di beni durevoli (dagli elettrodomestici alle automobili), il cui boom non è mai stato così elevato, specialmente per le tipologie di vetture che fanno capo al gruppo Fiat, che non fa a tempo a produrre e smaltire gli ordinativi. Esso chiede conto anche degli immobili frenandone, opportunamente, il mercato che è in boom, con prezzi in continua ascesa. Questa tendenza euforica alla spesa di consumo corrente e in beni di investimento, che si va a monitorare con la remora del redditometro, è naturale perché il tasso di crescita del nostro Pil, che è fra i più alti del mondo e siamo in una situazione di pieno impiego (soprattutto tra i giovani).
Ne discende che la domanda di consumi è troppo gonfia: è bene raffreddarla. Le statistiche infatti dicono che, di fronte al boom odierno impallidisce quello che si verificò, all’apice del miracolo economico, agli inizi degli anni Sessanta, quelli de «Il sorpasso», con Vittorio Gassmann e Jean-Luis Trintignant a 130 all’ora, nelle loro auto rombanti. E impallidisce il boom alla fine degli anni Sessanta, l’epoca del «vogliamo tutto». Nessun paragone neanche con quello degli Ottanta, con gli yuppies di Carlo Vanzina.
Il nuovo redditometro ha anche un valore etico, perché ci sollecita a essere prudenti nel mandare i bambini agli asili nido, nel donare denaro alle Onlus e nel separarci dal coniuge, perché dagli euro che gli diamo si può desumere il nostro tenore di vita. E poi ci stimola a conservare scontrini e ricevute, da tenere in appositi album, come quelli delle foto, che si sfogliano per rivivere i ricordi. La sua retroattività è un bene, perché aiuta a considerare la memoria del passato. La sua inversione dell’onere della prova, è un doppio bene, perché incita alla prudenza. Tutti, dopo i primi dubbi, ora elogiano questa straordinaria innovazione. Ed è davvero un peccato mortale che sia solo «sperimentale».
Meno male che abbiamo scherzato.

IL PIANO CASA’ NESSUNO LO VUOLE MA TUTTI SE LO PIGLIANO

Pubblicato il 15 gennaio, 2013 in Economia | No Comments »

Quando nel marzo 2009 l’allora premier Silvio Berlusconi lanciò l’idea del “Piano casa”, per offrire al  cittadino la possibilità di “effettuare interventi di ampliamento e/o ricostruzione della propria abitazione” e di “semplificare le procedure burocratiche inerenti lavori di edilizia”, sui media italiani scoppiò quasi il finimondo. Repubblica, non da sola, avviò una campagna martellante contro la nuova “legge truffa” (copyright del vicedirettore Massimo Giannini), colpevole allo stesso tempo di leso ambientalismo e di eccessivo liberismo. Scesero in campo, tra gli altri, anche il normalista Salvatore Settis, che parlò di “frutto di cinica improvvisazione in caccia di voti” fermato per un momento solo da “centinaia di morti”, disse riferendosi al terremoto in Abruzzo. Poi Andrea Carandini, archeologo e presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, che preferì l’espressione “legge scempio”. A quasi quattro anni di distanza, però, tutte le regioni italiane hanno confermato in questi giorni la volontà di proseguire con il Piano casa (unica eccezione, l’Emilia Romagna).

Molti governatori allora si dissero costretti da Roma a legiferare in materia. Il governo centrale infatti non poteva agire direttamente, così fu raggiunta un’intesa nella Conferenza stato-regioni nella quale si dettavano le linee guida; dopodiché le regioni approvarono i loro piani, ma con precisi limiti temporali, generalmente triennali. Come dire: proviamo, ma non ci crediamo, quindi siamo pronti a lasciar cadere tutto. Tuttavia in queste settimane, con Berlusconi via da Palazzo Chigi da un anno e Mario Monti dimissionario, non c’è regione che non abbia scelto di prorogare quei termini e continuare con il Piano casa, in maniera bipartisan e piuttosto felpata. “Le attese di un rilancio dell’economia sulla base del solo Piano casa furono esagerate. Ma certo oggi è venuto meno il pregiudizio politico del 2009 – dice al Foglio Luca Dondi, economista e responsabile Settore immobiliare di Nomisma – L’iniziativa già allora conteneva elementi positivi sull’aspetto della semplificazione delle procedure, ora questi aspetti positivi sono stati colti. Oggi poi ancora di più ci si rende conto che con un ‘mercato del nuovo’ in difficoltà, il settore immobiliare e delle costruzioni può limitare i danni soltanto con un rafforzamento della manutenzione”. E’ d’accordo anche Paolo Pietrolucci, presidente della Confedilizia di Roma e del Lazio: “Lo scontro fu soprattutto ideologico. Il Piano avrebbe poi avuto più successo se ci fosse stato un dibattito pubblico non incentrato soltanto sulla ‘stanzetta’ in più o in meno da costruire, ma  su una più ampia opera di riqualificazione”. La Cgil, in un report appena pubblicato dal dipartimento Politiche abitative, parla di “numeri decisamente inferiori alle aspettative”, però non cita alcuna cifra. Piuttosto ammette che “spesso, comunque, le leggi di proroga sono intervenute anche sulle norme di sostanza dei piani casa originari, nel tentativo di allentare i vincoli o incrementare il numero di domande”. L’intesa base prevedeva aumenti volumetrici del 20 per cento per le abitazioni e del 35 per cento nei casi di demolizione e ricostruzione. La Basilicata, prorogando a dicembre il Piano casa, ha per esempio consentito ampliamenti anche per immobili condonati o per i condomini.

Dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) fanno sapere che l’aggravarsi della crisi e le ristrettezze del credito hanno “rallentato tutto”, ma ricordano che al momento le regioni dove sono state presentate più “istanze” per ampliamenti, ristrutturazioni e via dicendo, sono il Veneto (26 mila richieste al luglio 2011) e la Sardegna (6.500 richieste alla stessa data, poi per Confartigianato diventate quasi 20 mila nel 2012). Tra i principali quotidiani, soltanto il Sole 24 Ore, sabato, ha registrato le ultime proroghe arrivate “al fotofinish” in Toscana (governo di centrosinistra), Campania (centrodestra) e Piemonte (Lega): “I governatori di ogni colore politico – ha commentato Giorgio Santilli – hanno dovuto riconoscere (magari senza dirlo) che il piano casa berlusconiano coglieva il cuore del problema italiano: l’eccesso di vincoli, di burocrazia, di procedure può uccidere l’attività economica anche più micro”. Non era una “legge truffa”? Fonte:Il Foglio, 15 gennaio 2013

IL 41% DEGLI ITALIANI NON ARRIVA A FINE MESE

Pubblicato il 12 gennaio, 2013 in Economia | No Comments »

(Ansa)

Il 2012 è stato un anno nero per gli italiani. La crisi ha colpito l’80% delle famiglie, l’86% delle quali ha dovuto ridurre le spese. È quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg secondo cui il 41% della popolazione ha avuto difficoltà ad arrivare a fine mese sia con i propri redditi che con quelli familiari. E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%. Cresce invece di 5 punti rispetto a due anni fa il numero di coloro che ce la fanno solo fino alla seconda settimana (ora il 23% del campione), mentre sale di ben 8 punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana (passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012). L’80% degli intervistati segnala che la crisi ha colpito anche il proprio nucleo familiare: il 37% ha ridotto fortemente le spese, il 21% ha invece tagliato sulle attività di svago. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie italiane che hanno registrato: la perdita del posto di lavoro (il 14%) o la cassaintegrazione per uno dei suoi membri (il 6%). Per gli italiani, quindi, evidenzia il sondaggio Confesercenti-Swg, il nuovo governo dovrà puntare tutto sull’emergenza lavoro: la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro. È significativo che, subito dopo, gli italiani chiedano di abbassare le tasse e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi). Ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare l’insostenibile pressione fiscale, come sostiene da tempo e con molta forza la Confesercenti.9 ITALIANI SU 10 NON CREDONO IN RIPRESA – Gli italiani sono sempre più scettici sull’uscita rapida dalla crisi. Per i prossimi dodici mesi, solo il 16% dei nostri concittadini – la metà dello scorso anno – vede in arrivo un miglioramento per l’economia del Paese, mentre il restante 86% pensa che il 2013 non porterà alcuna evoluzione positiva, ma addirittura un ulteriore peggioramento. È questo il quadro che emerge dal sondaggio Confesercenti-Swg sulle prospettive economiche dell’Italia per l’anno appena iniziato. La salute dell’economia italiana è giudicata negativamente dall’87% del campione. In particolare, spiega il sondaggio Confesercenti-Swg, il 36% la ritiene inadeguata, mentre il 51%, la maggioranza, addirittura pessima. A promuoverla solo il 13%, che la segnala come discreta (11%, in aumento del 3% sullo scorso anno) o buona (2%, in calo dell’1%). Anche sulle prospettive si registra una grave sfiducia. Solo il 16% degli intervistati vede una svolta (lo scorso anno erano esattamente il doppio (32%). Ad avere una visione più positiva sono i giovani sotto i 24 anni (22,9% di ottimisti) e chi vive nelle Isole (22,2%). Aumentano significativamente i pessimisti, che passano dal 30 al 44% del campione generale, che pensano che nel 2013 andremo incontro ad un ennesimo peggioramento dell’economia. Una percentuale che sale al 45,6% tra gli abitanti del Nord Ovest e addirittura al 49% nella fascia d’età 35-44 anni. Il 40% degli italiani ritiene invece che la situazione resterà la stessa del 2012: anche in questo caso, i valori massimi si registrano nella fascia d’età tra 18 e 24 anni, dove si registra un picco del 42,9%. Il Corriere della Sera, 12 gennaio 2013

ALLA U.E. NON PIACE L’IMU

Pubblicato il 8 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Le nuove tasse sulla proprietà “non hanno un impatto sulle disuguaglianze in Estonia e Italia” ed è previsto che determinino “un leggero aumento della povertà in Italia”. Lo scrive nel suo rapporto sull’occupazione e gli sviluppi sociali la Commissione Ue, con riferimento alla reintroduzione dell’Imu sulla prima casa nel 2012. Secondo il rapporto, anche se la nuova tassa comprende alcuni aspetti di equità, altri potrebbero essere “ulteriormente migliorati per aumentarne la progressività“. In particolare, la Commissione cita l’aggiornamento dei valori catastali, le deduzioni non legate alla capacità dei contribuenti a pagare le imposte sul reddito, una definizione di residenza principale e secondaria.

Eliminare l’Imu sui bassi redditi per concentrarla sui grandi patrimoni. Una proposta, quella di Stefano Fassina, che, per il responsabile economico del Pd, garantirebbe “maggiore equità al prelievo fiscale”. Spiega Fassina a Radio Anch’io, su Radio Uno: “Dobbiamo essere seri. Sembra che siamo tornati in una situazione normale, ma non è così. C’è un peso insostenibile delle tasse soprattutto per coloro che sono in regola con i pagamenti”. “Il redditometro – aggiunge – può essere uno strumento importante, ma si concentra sulla piccola evasione. Servono accordi interanazionali per la grande evasione. Per quanto riguarda l’Imu, va eliminata per le classi medie e i redditi bassi, per concentrarla sui grandi patrimoni”.

“Quando si dice che Monti ha solo anticipato l’introduzione dell’Imu si dice una bugia”, dice Giulio Tremonti rilanciando la sua proposta: “Una cosa concreta che può essere fatta immediatamente dai cittadini è un ricorso gratuito contro l’Imu sulla propria abitazione”. L’ex ministro dell’Economia, ora leader di ‘Lista Lavoro e Liberta”, dai microfoni di Radio Ies per ‘Dalle 10 alle 12′, rileva che “per prima cosa, l’introduzione dell’Imu doveva avvenire nel 2014, secondariamente era prevista per legge a invarianza di gettito, ovvero dalle tasche dei cittadini non doveva uscire un euro”. “La nostra Imu non prevedeva una rivalutazione catastale così violenta e lasciava comunque fuori la prima casa. L’impatto bestiale dell’Imu – ribadisce – sta nel fatto che colpisce la prima casa, distrugge il mercato immobiliare e i valori degli immobili, lasciando il debito fiscale immutato. L’Imu è, pertanto, una creatura di Monti”. Foglio quotidiano, 8 gennaio 2013