Un affezionato visitatore ci ha inviato un articolo di Claudio Cerasa, giornalista del Foglio di Ferrara, dal titolo provocatorio: il centrodestra non esiste. Nell’articolo Cerasa spiega perchè, a suo parere,  il centrodestra, almeno quello che oggi si identifica nel PDL, non esista e non lesina critiche al PDL, e sopratutto alla classe dirigente, non nascondendo di considerare Berlusconi il responsabile della situazione in cui versa il PDL e l’intero centrodestra. Pur condividendo molte delle considerazioni dell’articolista e molte delle critiche – in primo luogo quella che riguarda la classe dirigente spesso incolore e di poco spessore politico- nutriamo la speranza (che come è noto è l’ultima a morire) che il centrodestra sappia trovare in se la forza e la vitalità necessarie per uscire dall’attuale stato di incertezza che senza alcun infingimento riconosciamo essere vero. Ma non irreversibile. Così come ci chiede il nostro visitatore pubblichiamo l’articolo anche come stimolo ad un dibattito sul titolo dell’articolo che abbiamo trasformato in domanda: il centro destra esiste o no? 
Al netto dell’eterno effetto doping Berlusconi, il Pdl, Forza  Italia, o come si chiamerà, non è un progetto politico. Né tantomeno  liberale. 
 
 
 
 
 
Roma – A due mesi dalla nascita del governo Letta, e a poco più di  tre mesi dalle ultime elezioni, si può dire con una buona dose di  razionalità che il centrodestra italiano è una realtà politica che, con  rispetto parlando, vive all’interno di una nuvola che riesce a non  perdere quota solo grazie a uno stupefacente di nome Berlusconi. La  diciamo grossa ma almeno così attiriamo la vostra attenzione e siamo  certi che ci seguirete nel ragionamento.
Mettiamola così: i sedicenti liberali italiani, quelli che prima si sono  ritrovati sotto le bandiere di Forza Italia, che poi sono passati sotto  le bandiere del Pdl e che ora stanno tornando sotto le bandiere di  Forza Italia, vivono da vent’anni sotto l’effetto del doping  berlusconiano. Senza il doping, come si è visto alle ultime elezioni  comunali, il centrodestra non esiste. Con il doping, come si è visto  alle ultime politiche, il centrodestra riesce ancora a rimanere in gara  ma solo perché il suo avversario ha passato tre mesi a darsi allegre e  spensierate bottigliate in mezzo alle gambe (a meno che non siete tra  quelli che credono davvero alla favola della straordinaria rimonta del  Pdl alle ultime elezioni…).
 
Oggi però, vuoi per questioni anagrafiche vuoi per questioni di  carattere giudiziario, l’eterna e irrisolta questione del che succede se  il centrodestra dovesse improvvisamente ritrovarsi priva del suo capo, e  dunque del suo doping, esiste più di prima, esiste ogni giorno di più,  ed esiste, e preoccupa, perché, molto semplicemente, il Pdl senza  Berlusconi non c’è: non c’è un progetto culturale credibile, non c’è un  leader futuro plausibile, non c’è una struttura autonoma, non c’è una  classe dirigente in grado di poter correre con le proprie gambe, non c’è  un percorso tracciato da seguire, insomma, niente, il centrodestra non  esiste, è sparito, puf. In questo deprimente quadro clinico, e per certi  versi comico, pesa il fallimento del sogno liberale che ha permesso al  centrodestra di crescere a metà degli anni novanta. Ma pesa ancora di  più il modo in cui la corte di Berlusconi non è riuscita a  sottrarsi  alla stessa patologia che negli anni ha colpito il centrosinistra:  costruire la propria identità non attraverso la declinazione di proprie  policy ma attraverso la pura e semplice e pigra contrapposizione a un  altro progetto politico.
 
E qui arriviamo al secondo doping di cui ha usufruito in questi anni  il centrodestra, doping gentilmente concesso dagli amici del  centrosinistra. In nome della vecchia teoria della divisione degli  elettori in grandi compartimenti stagni, non comunicanti gli uni con gli  altri, il centrosinistra da anni evita con cura di “rubare temi” agli  avversari, e così facendo, rivolgendosi dunque solo al proprio  elettorato, ha regalato continuamente praterie politiche agli avversari,  dando dunque così la possibilità al centrodestra di poter trasformare  il proprio “no” (no alle patrimoniali, no a nuove tasse, no alla  sinistra che vuol far piangere i ricchi”, “no a una sinistra che vuole  spendere e spandere”) in un preciso progetto politico. Oggi questa  rendita di posizione di cui ha goduto per anni il centrodestra comincia a  perdere consistenza (complice il salutare scontro tra leader nel Pd), e  il popolo della libertà, o come diavolo si chiamerà, deve dunque  necessariamente trovare qualcuno che rileggitimi il centrodestra  deleggittimando chi questo centrodestra lo ha portato alla situazione di  oggi. A Berlusconi dunque serve una nuova corte dei miracoli, che  riesca nell’impresa di creare attorno al suo leader un nuovo progetto,  una nuova squadra. Pensare di riconquistare una parte del paese dicendo  no imu, no iva, no comunisti, no Vendola è un insulto ai propri  elettori.
 
Al centrodestra occorre una cura da cavallo per cominciare a correre  senza doping. Servono nuovi leader, servono nuovi imprenditori, servono  nuovi strumenti, nuovi centri studi, nuovi creativi, nuovi spin doctor  (magari non quelli di Monti) nuove idee, nuove storie da raccontare,  nuove strategie per rubare temi al Centrosinistra e per fare concorrenza  già da oggi al prossimo probabile candidato premier del Pd, ovvero  Matteo Renzi. O si fa così oppure, molto semplicemente, il popolo di  Berlusconi prima o poi si ritroverà in overdose da doping, e regalerà il  paese a Vendola e Fassina. Ne vale la pena? Claudio Cerasa, il Foglio.